Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25725 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25725 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/09/2025
1.NOME COGNOME docente di scuola primaria a tempo indeterminato dall’a.s. 2007/2008, ha adito il Tribunale di Termini Imerese chiedendo che venisse accertato il suo diritto al trasferimento, per assegnazione definitiva di sede, in uno degli ambiti di suo gradimento della provincia di Agrigento.
La COGNOME aveva dedotto di avere partecipato al piano straordinario di mobilità per l’ a.s. 2016/2017 e di avere preso parte alla fase B1 dei movimenti interprovinciali con un punteggio di 82+6 ed aveva lamentato l’illegittimo accantonamento delle sedi assegnate in via provvisoria per l’a.s. 2015/2016 in favore degli IGM 2012.
Il Tribunale di Termini Imerese, con sentenza n. 514/2020, ha accolto il ricorso condannando il MIUR a trasferire la ricorrente nell’ambito richiesto, ricompreso nella provincia di Agrigento (Sicilia 003), seguendo l’ordine delle preferenze espresse nella domanda di mobilità 2016, tenuto conto del punteggio e dei posti disponibili nei vari ambiti richiesti, al netto degli accantonamenti per idonei del concorso a cattedra 2012.
La Corte di Appello di Palermo ha accolto il gravame proposto avverso tale sentenza dal Ministero dell’Istruzione e l’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, ed ha rigettato le domande proposte dalla COGNOME.
Avverso tale sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
Il Ministero dell’Istruzione e l e sue articolazioni territoriali sono rimaste intimati.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 108, della legge n. 107/2015, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Deduce la nullità delle previsioni contenute nella contrattazione integrativa che prevedono un preventivo accantonamento di posti in favore di docenti idonei di cui alle GM 2012; sostiene che tali disposizioni sono in contrasto con il dettato normativo.
Addebita alla Corte territoriale di avere individuato, in assenza di una previsione normativa, un criterio di preferenza nelle procedure di mobilità in favore dei docenti idonei al concorso indetto con D.D. n. 82/2012, e di avere erroneamente ritenuto indisponibili le sedi provvisoriamente assegnate con il piano straordinario di assunzione ai docenti idonei al concorso del 2012.
Sostiene che il legislatore ha accordato una preferenza ai docenti idonei di cui alle GM 2012 nella fase di assunzione, mentre, quanto alla mobilità, non ha previsto in favore dei medesimi alcuna preferenza che possa tradursi in una riserva di posti; precisa che in sede di mobilità l’unica preferenza è stata accordata ai docenti immessi in ruolo entro l’ a.s. 2014/2015.
Evidenzia che la mobilità straordinaria è stata strutturata secondo un preciso ordine di progressività di fasi, allo scopo di garantire l’assegnazione di una sede definitiva agli assunti nel 2015, senza pregiudicare la mobilità dei docenti assunti entro l’ a.s. 2014/2015, e che gli assunti ante 2015 sono stati collocati nella sottofase B.1, mentre gli assunti nel 2015 da GM 2012 sono stati collocati nella successiva sottofase B.3.
2. Il motivo è infondato alla luce del principio di diritto espresso di questa Corte (Cass. n. 34602/2024 in continuità con Cass. n. 1055/2024, e ribadito da Cass. n. 6190/2025), secondo cui ‘In tema di mobilità dei docenti di ruolo di scuola pubblica per l’anno 2016/2017 disposta ai sensi dell’art. 1, comma 108, della legge n. 107 del 2015, il Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente la mobilità del personale docent e, educativo ed A.T.A. per l’a.s. 2016/2017, sottoscritto l’8 aprile 2016 , adottato ex artt. 4, comma 2, e 10 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del Comparto
Scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007, e l’ordinanza ministeriale 241/2016 hanno previsto che gli insegnanti provenienti da graduatorie di merito 2012 assunti da fasi B e C del 2015/2016 siano ammessi, a domanda, alla fase B della mobilità 2016/2017, con riferimento alla mobilità endoprovinciale su ambito, con la conseguenza che essi sono preferiti, rispetto all’ambito richiesto, ai docenti delle medesime fasi assunzionali provenienti da GAE, in quanto questi ultimi sono stati inseriti nella successiva fase C della mobilità 2016/2017, espressamente da svolgersi sui posti vacanti e disponibili dopo le operazioni di cui alle fasi precedenti; al contrario, rispetto alla diversa mobilità interprovinciale su ambito, gli insegnanti provenienti da graduatorie di merito 2012 sono postergati ai docenti provenienti da GAE assunti nelle fasi B e C del 2015/2016, siccome nella mobilità 2016/2017 i primi docenti sono stati ammessi in fase d, mentre quelli provenienti da GAE hanno partecipato alla fase C. Tale regolamentazione non è sindacabile, in linea di principio, atteso che è espressione di scelte di merito e tecniche per definire l’assetto dei contrastanti interessi dei candidati che partecipano al procedimento, purché non si ponga in contrasto con norme di legge, non realizzi ingiustificate disparità di trattamento o non risulti manifestamente irragionevole’ .
E’ dunque conforme a tali principi l a sentenza impugnata, che ha ritenuto coerenti con le fonti di rango primario le previsioni contenute nel CCNI e nell’O.M. n. 241/2016 riguardanti l’accantonamento dei posti negli ambiti provinciali di prima assegnazione i docenti assunti da graduatorie di merito del concorso 2012.
Con il secondo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 cost., dell’art. 111 Cost. e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata per avere erroneamente attribuito alla ricorrente l’onere di dimostrare di essere stata illegittimamente pretermessa, provando che i posti disponibili avrebbero dovuto essere assegnati alla medesima, e non agli altri partecipanti alla mobilità.
Sostiene che la ricorrente era tenuta ad allegare l’inadempimento, mentre gravava sulla P.A., anche sulla base del principio di vicinanza della prova, l’onere
di dimostrare di avere rispettato le regole poste a presidio del trasferimento interprovinciale.
Il motivo non può trovare accoglimento, in quanto il dispositivo della sentenza impugnata è conforme a diritto e questa Corte può limitarsi a correggere la motivazione ai sensi dell’ art. 384 cod. proc. civ.
La Corte territoriale ha ritenuto che, a fronte della pretesa della COGNOME di ottenere il trasferimento in uno degli ambiti territoriali indicati nella domanda di mobilità, era tenuta ad allegare e provare di essere stata illegittimamente pretermessa da altri colleghi nel trasferimento verso un determinato ambito; ha inoltre rilevato che dette allegazione e prova non erano state fornite.
Non è corretta l’affermazione secondo cui incombeva sulla COGNOME l’onere di dimostrare la non correttezza delle operazioni.
Questa Corte , dopo avere premesso che dedotto l’inadempimento, spetta al Ministero comprovare l’adempimento, ha chiarito che l ‘obbligazione datoriale sottesa all’intero sistema dei trasferimenti è obbligazione di fare, ovverosia di prescegliere i beneficiari in modo conforme con l’assetto di diritto delineato dalle varie norme coinvolte e chi agisce denunciando la violazione delle regole che governano la procedura e chiedendo l’assegnazione del posto rivendicato, domanda tale adempimento alla propria controparte (Cass. n. 1055/2024 cit.)
Vale pertanto il consolidato e risalente principio secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione di fare, il creditore che agisca per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (Cass. S. U. n. 13353/2001).
Si è tuttavia precisato, iniziando dagli oneri di allegazione ed in linea di continuità con Cass. n. 36356/2021, che la domanda di chi adduce l’inadempimento altrui vada formulata individuando quale sia l’obbligo che si assume violato.
Inoltre, tanto più per il trattarsi di rapporti soggetti a diritto privato, non è tutelato un interesse astratto alla regolarità della procedura, sicché va anche
indicato l’effetto sfavorevole conseguito al dedotto inadempimento e, con esso, il concorrente o (anche come categoria) i concorrenti che sono stati favoriti dall’affermato inadempimento datoriale ; è rispetto a tali circostanze che si calibra l’onere probatorio della controparte.
Tali conclusioni si pongono in linea di continuità con il principio, di carattere generale, secondo cui chi agisce in giudizio non può proporre la sua domanda in modo generico, ma deve consentire che il suo contenuto sia compiutamente identificato o percepito, affinché possa essere oggetto di accertamento, con la conseguenza che, ove l’azione esercitata concerna l’inadempimento contrattuale, l’attore è onerato di allegare non solo l’inadempimento in quanto tale, ma anche le specifiche circostanze che lo integrano, in caso contrario incorrendo nella violazione dell’onere di allegazione (Cass. n. 6618/2018).
Nel caso di specie la ricorrente aveva agito in giudizio eccependo la nullità della contrattazione integrativa che aveva attribuito un’ingiustificata precedenza ai docenti risultati idonei all’esito del concorso del 2012, sicché, una volta escluso il denunciato profilo di inadempimento, la domanda non poteva che essere rigettata e null’altro il Ministero era tenuto a dimostrare, quanto alla correttezza delle operazioni espletate.
4. In ordine alla questione relativa al litisconsorzio (solo accennata nel ricorso e maggiormente sviluppata nella memoria), trovano applicazione i principi enunciati dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 24172/2025, secondo cui ‘qualora il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare espressamente su un vizio processu ale rilevabile d’ufficio (in base alla norma del processo o desumibile dallo scopo di interesse pubblico, indisponibile dalle parti, sotteso alla norma processuale che stabilisce un requisito formale, prescrive un termine di decadenza o prevede il compimento di una determinata attività), la parte che abbia interesse a far valere detto vizio è onerata di proporre, nel grado successivo, impugnazione sul punto, la cui omissione determina la formazione del giudicato interno sulla questione processuale in applicazione del principio di conversione del vizio in motivo di gravame ex art. 161, comma primo, c.p.c.,
rimanendo precluso tanto al giudice del gravame, quanto alla Corte di cassazione, il potere di rilevare, per la prima volta, tale vizio ex officio .
A tale regola si sottraggono, così da consentire al giudice dei gradi successivi di esercitare il potere di rilievo officioso, i vizi processuali rilevabili, in base ad espressa previsione legale, ‘in ogni stato e grado’ e i vizi relativi a questioni ‘fondanti’, la cui omessa rilevazione si risolverebbe in una sentenza inutiliter data, ovvero le ipotesi in cui il giudice abbia esternato la propria decisione come fondata su una ragione più liquida, che impedisce di ravvisare una decisione implicita sull a questione processuale implicata’.
Orbene, dagli atti risulta che in primo grado il contraddittorio era stato integrato nei confronti dei controinteressati (il ricorso contiene la richiesta di notifica per pubblici proclami e la sentenza del Tribunale dà atto dell’avvenuta notificazione respingendo l’eccezione proposta dall’avvocatura) , mentre nel giudizio di appello il litisconsorzio non è stato integrato; la Corte d’Appello avrebbe pertanto dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio prima di decidere nel merito.
Tuttavia, tenuto conto della infondatezza nel merito della domanda e del rilievo che la mancata integrazione del contraddittorio in appello non ha in alcun modo pregiudicato i diritti dell’appellata, sulla base del criterio della ragione più liquida (che la recente pronuncia delle Sezioni Unite ha ritenuto applicabile anche alle questioni processuali) non si giustifica la cassazione della sentenza impugnata, in quanto si risolverebbe unicamente in una lesione del principio della ragionevole durata del processo in fattispecie nella quale nessun pregiudizio ha subito la parte che il vizio fa valere.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Non va adottata alcuna statuizione sulle spese di lite, in quanto le amministrazioni sono rimaste intimate.
7 . Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 10 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME