Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31547 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31547 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21356-2020 proposto da:
COGNOME domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
AZIENDA TRASPORTI MESSINA IN LIQUIDAZIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 613/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 20/11/2019 R.G.N. 372/2018;
Oggetto
Risarcimento pubblico impiego
R.G.N. 21356/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 21/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
la Corte d’appello di Massina, con sentenza n. 613 del 20 novembre 2019, decidendo sull’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso la sentenza emessa dal locale Tribunale in data 12 gennaio 2018, la rigettava;
la sentenza del Tribunale, confermata sia pur con diversa motivazione dal giudice d’appello , aveva rigettato la domanda, proposta nei confronti dell’Azienda Trasporti Messina, di declaratoria dell’illegittimità del termine apposto a plurimi contratti, illegittimamente prorogati per un periodo superiore a 36 mesi, in ragione del pregresso status di LSU (lavoratrice socialmente utile) della lavoratrice in menzione, con conseguente applicabilità del regime speciale di cui all’art. 25 della legge reg. Sicilia n. 21/2003, donde anche la reiezione della domanda risarcitoria;
la Corte di appello rilevava che era da escludere l’applicazione del d.lgs. n. 368 del 2001 e dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva del 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio, sussistendo l’espressa deroga per i rapporti di lavoro volti alla stabilizzazione dei soggetti impiegati in LSU, in quanto essi non configurano, a causa delle loro specifiche modalità costitutive, ordinari vincoli lavorativi a tempo determinato;
nel caso di specie, si rinveniva in tutti i contratti prodotti dalla lavoratrice l’indicazione non di esigenze temporanee organizzative e
produttive dell’impresa, ma di esigenze natura politico-sociale, volte a superare il rapporto assistenziale costituito dal lavoro socialmente utile e a far acquisire professionalità e qualificazione al personale appartenente a tale categoria;
con riguardo poi alle mansioni, era precisato che la lavoratrice era stata assunta «per lo svolgimento delle attività di cui al comma 132 dell’art. 17 della legge n. 127/1997 e/o per la vendita dei titoli di sosta, di trasporto e integrati, e/o informazioni al pubblico e/o attività che su direttiva di massima richiedono la conoscenza di procedure tecnicoamministrative di limitata complessità »;
il diritto alla retribuzione corrispondente alla qualifica reclamata avrebbe «potuto essere riconosciuto solo nel caso in cui le prestazioni si fossero discostate per contenuto, orario e impegno, da quelle dovute in base al programma cui si riferiva il contratto originario», mentre nel caso in esame «si è riscontrata la corrispondenza tra i compiti affidati e quelli previsti dal contratto, avendo la lavoratrice svolto quelle stesse mansioni per le quali è stata assunta»; del resto, anche in punto di allegazione, proseguiva la Corte di merito, la ricorrente «mai (aveva) sostenuto di aver svolto mansioni diverse rispetto a quelle di assunzione»;
4. per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice con due motivi di ricorso, mentre l’azienda rimane intimata.
CONSIDERATO CHE:
1. col primo mezzo si denuncia l’ omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.; la Corte territoriale affermava erroneamente, a pag. 8 della sentenza, che «in punto di allegazione la ricorrente mai ha sostenuto di avere svolto mansioni diverse rispetto quelle di assunzione», non accorgendosi che
sia in primo che in secondo grado veniva specificatamente indicato dalla ricorrente lo svolgimento di mansioni di conducente di mezzi di trasporto di persone, allegando delibere e contratti da cui risultava chiaramente l’attività svolta nonché allegando altra sentenza intervenuta tra le medesime parti in cui veniva riconosciuto il diritto alle indennità di guida ‘ parametro 140 ‘ ; attività evidentemente diversa da quella prevista dal contratto di assunzione del 20 luglio 2005;
1.1 il motivo è inammissibile;
la ricorrente non coglie il decisum atteso che la decisione impugnata si regge sull’accertamento fattuale di corrispondenza tra le mansioni espletate e quelle per cui la ricorrente era stata assunta con contratto del 20.7.2005; solo in termini rafforzativi delle argomentazioni spese il giudice d’appello si fa in essa riferimento a un deficit di allegazione rispetto alla diversità delle mansioni espletate;
non sussiste, peraltro, l’omessa valutazione di fatto decisivo perché esso, se riferito alla corrispondenza tra mansioni di assunzione e quelle espletate, è stato valutato, sia pure con esiti non conformi a quelli auspicati dalla parte ricorrente, la quale ritiene piuttosto che una diversa e più corretta disamina della documentazione in atti e del compendio istruttorio avrebbe indotto i giudici di secondo grado a ritenere che le mansioni de quibus fossero, invece, state variate nel corso del rapporto;
né può affermarsi che il fatto decisivo, non valutato, consisterebbe in un’errata valutazione in ordine ai deficit allegatori della lavoratrice perché un siffatto apprezzamento, ancorché errato,
non potrebbe configurarsi in termini di omessa valutazione di fatto decisivo, vizio che si riferisce a un ‘fatto storico’ e non all’ errata valutazione e/o interpretazione degli atti difensivi delle parti;
l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla legge n. 143 del 2012, prevede l’ «omesso esame» come riferito ad «un fatto decisivo per il giudizio» ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr., Cass., n. 2268 del 2022), non assimilabile in alcun modo a «questioni» o «argomentazioni», quali quelle interpretative, degli atti difensivi o dei documenti, che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. n. 31332/2022);
2. con il secondo motivo si denuncia «violazione o falsa applicazione ex art. 360 comma 1, n. 3, cod. proc. civ. del c.c.n.l. Autoferrotranvieri 2000, parametro 140, e dell’art. 17 legge n. 127/1997, comma 132»: la Corte peloritana rigettava le domande della ricorrente ritenendo erroneamente sussistente la rispondenza tra le mansioni di servizio ispettivo nei confronti dei viaggiatori assegnate ai LSU di cui al comma 132, art. 17, legge n. 127/1997, e l’inquadramento contrattuale della ricorrente quale autista;
l’art. 17, comma 132, legge cit., comprende va sì l’attività di ispezione e verifica, ma non anche l’attività di «guida di mezzi aziendali per il trasporto di persone»;
2.1 anche il secondo motivo è da disattendere;
è utile rammentare al riguardo che il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi,
implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, ma nei limiti fissati dalla disciplina applicabile ratione temporis; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (fra le più recenti, tra le tante, Cass. 12.9.2016 n. 17921; Cass. 11.1.2016 n. 195; Cass. 30.12.2015 n. 26110);
nel caso in esame, il motivo tiene chiaramente a presupposto l’erronea ricostruzione della fattispecie concreta, avendo la ricorrente dedotto, appunto, l’erroneo accertamento di corrispondenza tra mansioni contrattualmente definite (attività di cui al comma 132 dell’art. 17 legge 127/1997) e mansioni in concreto espletate (‘vendita titoli di sosta, di trasporto o integrati ecc.’ nonché attività di ispezione e verifica): corrispondenza che è stata affermata, invece, dal giudice d’appello con accertamento di fatto a lui devoluto e che non può essere (evidentemente) sindacato in questa sede di legittimità;
3. conclusivamente, il ricorso dev’essere nel complesso rigettato; nulla per le spese di legittimità, essendo l’Azienda rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro,