Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26606 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26606 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27081-2021 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1688/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/04/2021 R.G.N. 2946/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/07/2025 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Mansioni superiori
RNUMERO_DOCUMENTON. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/07/2025
CC
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Roma ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede con la quale, in parziale accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME contro la RAGIONE_SOCIALE, veniva accertato il suo diritto ad essere inquadrato nel livello 3 dal 7.3.2008 e veniva condannata la società al pagamento in suo favore delle differenze retributive maturate da tale data, oltre accessori.
In particolare, la Corte distrettuale, rigettando l’appello principale del lavoratore, inquadrato nel livello 5 del RAGIONE_SOCIALE, con mansioni di addetto alla pianificazione dei turni di lavoro dei registi e degli assistenti alla regia assegnati alle testate giornalistiche, per l’accertamento in via principale del diritto ad essere inquadrato nel livello 1, e l’appello incidentale della società per il rigetto della domanda subordinata accolta in primo grado, riportate le pertinenti declaratorie contrattuali collettive e valutate le prove raccolte, confermava, ai fini dell’inquadramento riconosciuto, il rilievo del grado significativo di autonomia e di iniziativa del lavoratore, nell’ambito delle direttive generali dettate dal dirigente.
3. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore con quattro motivi, illustrati da memoria; resiste la RAGIONE_SOCIALE con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per insussistenza dei requisiti di cui agli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per avere la Corte
di merito negato il riconoscimento del livello 1 limitandosi a sostenere erroneamente che dagli atti non emergono prove che confermano l’assunzione delle relative responsabilità.
Con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dei CCL RAI 9.5.1990, 8.6.2000, 2004/2007 e dell’art. 115 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito ha errato nel non avvedersi delle molteplici previsioni della declaratoria, ritenendo che la mancanza di un requisito (responsabilità, coordinamento o controllo di unità organizzative) ne determinasse il non accoglimento, sussistendo il requisito dell’elevata specializzazione delle mansioni.
Con il terzo motivo, deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa valutazione di motivo di gravame sull’autonomia e discrezionalità dei poteri esercitati.
Con il quarto motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) omesso esame di un fatto decisivo in relazione a determinante materiale probatorio.
Il primo e il terzo motivo sono inammissibili.
Non è apprezzabile nella motivazione della sentenza impugnata la dedotta nullità, atteso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017; conf. Cass, n. 20921/2019), restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111,
sesto comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053 e 8054/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019).
Neppure è integrata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per cui occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; è, invece, inammissibile la diversa doglianza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; la censura in esame si risolve in una contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, riservata al giudice di merito e pertanto, qualora congruamente argomentata, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 29404/2017, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, S.U. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023).
Inoltre, per integrare il vizio di omessa pronuncia o di omesso esame di punto decisivo non è sufficiente il semplice difetto di statuizione o motivazione del giudice su una richiesta delle parti, se il rigetto della richiesta sia implicito nella costruzione logico-giuridica della sentenza, essendo soddisfatto l’obbligo motivazionale anche attraverso una motivazione implicita, allorché le ragioni giustificatrici di una pronuncia siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito impugnata.
Parimenti inammissibile è il quarto motivo.
La Corte d’Appello ha confermato integralmente le statuizioni di primo grado, così realizzandosi ipotesi di cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell’art. 348 -ter c.p.c. (ora
art. 360, comma 4, c.p.c.) e dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.; quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può es sere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della censura ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni sono fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023).
11. Il secondo motivo non è meritevole di accoglimento.
12. La sentenza impugnata resiste alle censure svolte con il motivo, perché conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, in base alla quale, nel procedimento logicogiuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato, non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda; l’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione
(così Cass. n. 28284/2009; tra le molte successive conformi, v. Cass. n. 8589/2015, n. 18943/2016, n. 14413/2024).
13. Nel caso di specie, tale procedimento trifasico è stato svolto e adeguatamente motivato sulla base di elementi probatori congrui e conseguenti, in rapporto alle declaratorie ed esemplificazioni della normativa contrattuale collettiva applicata al rapporto riportate nella motivazione, valorizzando le circostanze di fatto rilevanti ai fini del richiamato e imprescindibile procedimento trifasico, che, peraltro, non richiede che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio, concorrendo a stabilirne le conclusioni (cfr. Cass. n. 30580/2019, n. 10485/2023, n. 21296/2024).
14. In ragione della soccombenza parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore di parte controricorrente, liquidate come da dispositivo.
Al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale dell’8 luglio 2025.
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME