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Mandato senza rappresentanza: quando è inammissibile

Una società ha citato in giudizio i suoi locatori per danni dopo che il loro presunto rappresentante ha bloccato la vendita dell’azienda rifiutando il trasferimento del contratto di locazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto cruciale è stata la mancanza di prova di un “mandato senza rappresentanza” dai locatori al rappresentante, rendendo le sue azioni non imputabili ai proprietari.

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Mandato senza rappresentanza: La Prova è Decisiva

In materia di locazioni commerciali, la gestione dei rapporti contrattuali tramite intermediari è prassi comune, ma nasconde insidie significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: senza una prova adeguata dell’esistenza di un mandato senza rappresentanza, le azioni di un intermediario non possono essere automaticamente imputate al proprietario dell’immobile. Questo principio diventa cruciale quando si discute di risoluzione del contratto e risarcimento del danno, come dimostra il caso che analizzeremo.

I Fatti del Caso

Una società, conduttrice di un immobile adibito a pizzeria, stipulava un contratto di locazione con due sorelle anziane. Tutti i rapporti venivano gestiti da una parente di queste ultime. Ad un certo punto, la società decideva di cedere la propria azienda e trovava diversi acquirenti interessati. Tuttavia, la cessione richiedeva anche il subentro nel contratto di locazione.

La parente-intermediaria, facendo leva su una clausola contrattuale che vietava la cessione senza il consenso scritto delle locatrici, si opponeva sistematicamente, causando la perdita di diverse opportunità commerciali. La società conduttrice, ritenendo tale clausola nulla per violazione di legge e subendo un ingente danno, citava in giudizio sia le proprietarie sia la loro intermediaria, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento dei danni.

Il Percorso Giudiziario e la Prova del Mandato

Il Tribunale di primo grado accoglieva le richieste della società, riconoscendo la nullità della clausola e ritenendo che l’intermediaria avesse agito come mandataria delle proprietarie. Di conseguenza, condannava queste ultime all’inadempimento e al risarcimento.

La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione. Pur confermando la nullità della clausola, i giudici di secondo grado ritenevano non provato che le proprietarie avessero conferito all’intermediaria un vero e proprio mandato a trattare con terzi. La sua figura, secondo la Corte, era più assimilabile a quella di un nuncius, un mero messaggero. Pertanto, il suo rifiuto non poteva essere considerato un inadempimento delle locatrici.

Le Motivazioni della Cassazione

La società conduttrice proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su diversi motivi, tutti incentrati sulla presunta errata valutazione del rapporto tra le proprietarie e la loro parente. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile.

La Mancata Prova del Mandato Senza Rappresentanza

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra un rappresentante e un semplice portavoce. La ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare l’ipotesi di un mandato senza rappresentanza. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che il problema non era la qualificazione giuridica del rapporto, ma la sua stessa esistenza. La Corte d’Appello aveva concluso che mancavano elementi fattuali sufficienti per dimostrare che le proprietarie avessero incaricato la parente di compiere atti giuridici per loro conto. La critica mossa nel ricorso è stata giudicata troppo generica e incapace di scalfire il nucleo della motivazione della sentenza d’appello.

L’Inammissibilità dei Motivi e il Divieto di Riesame dei Fatti

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. I motivi di ricorso che mirano a una nuova valutazione delle prove e dei fatti (come le conversazioni telefoniche o le mancate contestazioni) sono inammissibili. La ricorrente, secondo la Corte, tentava di ottenere un riesame della quaestio facti (la questione di fatto), ovvero se esistesse o meno un mandato, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione di grande importanza pratica: nei rapporti contrattuali gestiti tramite terzi, è fondamentale che i poteri di rappresentanza siano chiari e, soprattutto, provabili. La presunzione o l’apparenza non sono sufficienti a fondare la responsabilità del soggetto rappresentato. Chi si affida alle dichiarazioni di un intermediario deve essere consapevole che, in caso di contenzioso, l’onere di provare l’esistenza di un mandato ricadrà su chi intende far valere quel rapporto. In assenza di una prova solida, come in questo caso, le azioni dell’intermediario restano nella sua sfera personale e non possono essere utilizzate per chiedere la risoluzione del contratto o il risarcimento dei danni al proprietario.

Quando le azioni di un intermediario sono attribuibili ai proprietari di un immobile?
Secondo la sentenza, le azioni sono attribuibili solo quando è fornita una prova sufficiente che i proprietari abbiano conferito all’intermediario un mandato per agire per loro conto. Il semplice fatto di essere un parente o un punto di contatto non è sufficiente a dimostrare un potere rappresentativo.

Cosa differenzia un mandatario da un semplice “nuncius”?
Un “nuncius” è un mero portavoce che trasmette la volontà altrui senza alcun potere discrezionale. Un mandatario, anche in un mandato senza rappresentanza, ha il potere di compiere atti giuridici per conto del mandante, agendo in nome proprio. La Corte ha ritenuto che non ci fossero prove per elevare il ruolo dell’intermediario oltre quello di nuncius.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni della società ricorrente miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti del caso (ad esempio, se dalle prove emergesse l’esistenza di un mandato), attività preclusa alla Corte di Cassazione. Quest’ultima giudica solo la corretta applicazione della legge e la logicità delle motivazioni, non può riesaminare il merito della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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