Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 430 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 430 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 32155/2018 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
– Controricorrente –
E contro GRIPPO EUGENIO, AURICCHIO ANTONIO.
Compensi avvocato
– Intimati –
Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3108/2018 depositata il 25/06/2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 19 dicembre 2023.
Rilevato che:
con ricorso ex art. 702bis , cod. proc. civ., depositato in data 08/04/2015, gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali concreditori solidali, hanno chiesto la condanna in solido di RAGIONE_SOCIALE (società controllante di diritto francese) e di RAGIONE_SOCIALE in liquidazio ne RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE , società controllata) al pagamento di euro 1.760.000, per l’attività di assistenza e consulenza legale svolta dai ricorrenti in relazione alla domanda di concordato preventivo proposta (per quanto adesso rileva) da RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) , in data 21/11/2013, nella quale RAGIONE_SOCIALE svolgeva il ruolo di assuntore (delle obbligazioni concordatarie), omologata dal Tribunale della Spezia, con decreto del 17/07/2013, con la precisazione che il concordato non aveva avuto esecuzione in quanto il decreto di omologazione era stato revocato dalla Corte d’appello di Genova in data 09/01/2014, con conseguente dichiarazione di fallimento di Gestioni Ambientali;
il Tribunale di Milano, con ordinanza del 17/03/2016, ha rigettato la domanda sul rilievo che la revoca del concordato preventivo aveva fatto venire meno le obbligazioni sorte in capo a ll’assuntore nell’ àmbito della procedura concordataria;
la Corte d’appello di Milano, riuniti i gravami proposti dai tre avvocati, ne ha respinto l’appello e ha condannato gli appellanti al pagamento delle spese del grado, in forza di queste ragioni:
(a) il Tribunale di Milano ha respinto la domanda degli appellanti ritenendo che la revoca del concordato preventivo proposto da RAGIONE_SOCIALE avesse fatto venire meno gli obblighi dell’assuntore. Nell’atto di appello i tre professionisti sostengono , per la prima volta, che la causa petendi della loro domanda consisteva nel mandato professionale (e, quindi, ne l contratto d’opera) che essi avevano ricevuto da RAGIONE_SOCIALE, connesso alla procura alle liti conferita, unitamente a RAGIONE_SOCIALE , nell’àmbito dell’istanza di ammissione al concordato preventivo.
In realtà, la complessiva interpretazione del ricorso introduttivo del giudizio, il cui significato letterale non è chiaro, consente di affermare che l’originario fondamento della pretesa dedotta in giudizio fosse l’accollo del debito da parte di RAGIONE_SOCIALE, in qualità di assuntore della procedura concordataria, non già il rapporto professionale intercorso tra la stessa società e i tre avvocati;
(b) pertanto, la domanda formulata nell’atto di appello è una domanda nuova in quanto fondata su una diversa causa petendi ;
(c) in ogni caso, l’appello deve essere respinto ‘in entrambe le ipotesi’ in quanto è condivisibile la decisione del primo giudice secondo cui, in conseguenza della revoca del concordato preventivo, viene meno l’obbligo gravante su NOME in qualità di assuntore;
(d ) quand’anche la domanda di pagamento dei compensi possa considerarsi fondata sul mandato conferito da RAGIONE_SOCIALE ai tre professionisti, del pari essa sarebbe da disattendere in quanto gli appellanti , ai quali spetta la prova dell’esistenza e del contenuto del mandato professionale, non hanno assolto al relativo onere, non essendo a tal fine sufficiente la procura alle liti ad essi rilasciata da RAGIONE_SOCIALE (nella persona del dott. NOME COGNOME, a margine del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE al Tribunale della Spezia il 21/11/2012, per l’ammissione al concordato preventivo .
Ed infatti la procura alle liti deve ricondursi alla partecipazione all’atto da parte di RAGIONE_SOCIALE nell’esclusiva veste di assuntore del concordato, in posizione distinta rispetto alle socie illimitatamente responsabili di RAGIONE_SOCIALE;
per la cassazione della d ecisione d’appello, l’avv. COGNOME ricorre con cinque motivi, ai quali RAGIONE_SOCIALE in liquidazione resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative per l’adunanza camerale;
Considerato che:
il primo motivo -ai sensi dell’art. 360, n. 4), cod. proc. civ. , violazione dell’art. 345, cod. proc. civ. -denuncia l’ error in procedendo della sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibile l’appello in quanto fondato su una domanda nuova, per novità della causa petendi , in ragione del fatto che, mentre l’originaria domanda contro V eolia era fondata sui suoi obblighi di assuntore del concordato (ammesso e successivamente revocato) di RAGIONE_SOCIALE, in sede di appello il titolo della richiesta di pagamento del compenso per l’attività professionale è stato per la prima volta indicato nel mandato connesso alla procura alle liti conferita agli avvocati da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE nell’istanza di ammissione al concordato preventivo.
L’avvocato ligure rimarca che dal significato testuale del ricorso introduttivo del giudizio nel quale si afferma che ‘il mandato per l’espletamento della suddetta attività è stato altresì confermato, in forza di specifica procura, anche dalla sub-holding di diritto italiano VSA ‘ -si ricava che, in realtà, la procura alle liti era esplicitamente indicata quale fonte della pretesa creditoria;
il secondo motivo ai sensi dell’art. 360, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e seguenti, cod. civ. –
censura l’erronea interpretazione della domanda da parte del giudice d’appello che, là dove ha ritenuto che la menzione, nell’atto introduttivo del giudizio, della procura alle liti fosse riferita soltanto al ruolo di COGNOME come assuntore, ha devalutato l’elemento letterale, che costituisce il primo criterio ermeneutico del contratto e per estensione anche della domanda giudiziale, e ha trascurato che l’avv. COGNOME nella sua iniziale domanda, aveva allegato la sottoscrizione della procura alle liti e (cfr. pag. 16 del ricorso per cassazione) ‘ciò non era stato adombrato sol perché VSA era un mero assuntore, posto che era stata parimenti messa in luce la sottoscrizione del ricorso sempre da VSA ‘ ;
il terzo motivo – violazione degli artt. 83, cod. proc. civ., 2230, 2233, 2697 e 2727-2729, cod. civ. -denuncia che la sentenza impugnata avrebbe violato il principio dell’onere della prova per non avere colto che una volta provata dal ricorrente, in via presuntiva, l’esistenza del mandato in vi rtù del rilascio della procura alle liti, spettava a Veolia, che invece era rimasta inerte, dimostrare un fatto estintivo, modificativo o impeditivo;
il quarto motivo -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omessa motivazione sul fatto storico decisivo rappresentato dalla sottoscrizione del ricorso per concordato da parte del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE -addebita alla Corte di Milano di avere omesso di considerare la decisiva circostanza della sottoscrizione della procura alle liti (quale indizio del conferimento del sottostante mandato professionale) e de l ricorso per l’ammissione al concordato preventivo da parte del dott. NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante di Veolia, quale presupposto dell’obbligo dell’assuntore di pagare il compenso professionale per l’attività svolta dal ricorrente ai fini della presentazione della domanda concordataria.
La parte afferma che è certo che la prestazione insita nel mandato sia stata eseguita sia perché il fatto non è contestato, sia perché il relativo procedimento è stato aperto presso il Tribunale della Spezia che ha omologato il concordato;
5. il quinto motivo -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., falsa applicazione degli artt. 140, 160, legge fall. -lamenta l’errore di diritto commesso dalla Corte territoriale per avere considerato estinta l’obbligazione di RAGIONE_SOCIALE quale assuntore, per effetto della revoca , da parte della Corte d’appello di Genova, dell’omologazione del concordato preventivo proposto da RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente prospetta che, con riferimento all’ ipotesi più consueta del concordato fallimentare con assunzione (ma analoga disciplina sarebbe applicabile al più sporadico concordato preventivo con assunzione) , a norma del terzo comma dell’art. 140, legge fall., quando il concordato viene risolto o annullato i creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute.
Alla luce di questo principio generale, una volta omologato il concordato fallimentare, l’assuntore diviene obbligato nei confronti dei creditori e tale obbligazione non viene meno quando il concordato sia annullato o risolto, sicché i creditori conservano il diritto alla garanzia costituita dal patrimonio del terzo assuntore. Per il ricorrente, nel solco della giurisprudenza di legittimità, chi presta una garanzia a favore di un ‘ operazione concordataria si assume il rischio che, dopo l’omologazione , accada un f atto che impedisca l’esecuzione del concordato e, in quest’ottica , le fattispecie della revoca dell’omologazione e della risoluzione del concordato sono analoghe, tanto è vero che la sentenza impugnata le tratta in maniera unitaria;
6. il primo e il secondo motivo, da esaminare insieme per la loro stretta connessione, sono fondati;
6.1. è indirizzo pacifico di questa Corte di legittimità (Sez. 3, Ordinanza n. 13602 del 21/05/2019, Rv. 653921 -01; Sez. L, Ordinanza n. 19435 del 20/07/2018, Rv. 649970 -01; Sez. 6 -5, Ord. n. 30684 del 2017; Sez. 2, Ordinanza n. 27542 del 28/09/2023) quello secondo cui il giudice di merito, nell ‘ esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d ‘ ufficio un ‘ azione diversa da quella proposta. Il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione;
6.2. nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto che l’originaria domanda si fondasse sulla qualifica di Veolia quale assuntore del concordato preventivo di RAGIONE_SOCIALE e che, quindi, fosse domanda nuova, per novità della causa petendi , e come tale inammissibile in quanto proposta per la prima volta in sede di appello, quella basata sull’esistenza di un mandato professionale conferito dalla società ai tre avvocati.
L’esegesi del giudice di merito prescinde del tutto dal dato letterale del ricorso introduttivo del giudizio che, sia nella narrativa dei fatti costitutivi della pretesa creditoria (dove si evidenzia che ‘il mandato conferito ai ricorrenti si è protratto, senza soluzione di continuità, per oltre un biennio e si è concretato nell’espletamento continuativo di molteplici attività, gran parte delle quali di particolare
complessità , che hanno condotto all’omologa della procedura di concordato preventivo proposta da RAGIONE_SOCIALE) , sia nelle conclusioni (aventi il seguente contenuto: ‘accertare e dichiarare che i ricorrenti hanno svolto l’attività di consulenza e di assistenza legale descritta in narrativa su mandato di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE), riconduce apertis verbis al mandato ricevuto RAGIONE_SOCIALE il titolo posto dai professionisti a fondamento della domanda di pagamento dei compensi per l’attività defensionale svolta;
il terzo e il quarto motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono infondati;
7.1. prima di analizzare i due rilievi critici, è utile un chiarimento: la Corte lombarda ha ritenuto inammissibile l’appello, quale d omanda nuova fondata su una diversa causa petendi . Ciononostante il giudice di merito ha basato la propria decisione su una doppia ratio decidendi dato che ha soggiunto che, ancorché inammissibile, la domanda era anche infondata.
Il Collegio condivide l’orientamento di legittimità (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30354 del 18/12/2017, Rv. 647172 – 01) che, in fattispecie sovrapponibile a quella in esame, nega che sia applicabile il principio dettato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3840 del 20/02/2007 (secondo cui «qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità, con la quale si è spogliato della ‘ potestas iudicandi ‘ in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l ‘ onere né l ‘ interesse ad impugnarle; conseguentemente è ammissibile l ‘ impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l ‘ impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ‘ ad abundantiam ‘ nella sentenza gravata»), in quanto tale principio, valido per il caso in
cui la Corte distrettuale abbia dichiarato inammissibile l ‘ appello ed abbia altresì in motivazione ritenuto l ‘ appello anche non fondato con argomentazioni ad abundantiam , non vale nell ‘ opposto caso – che ricorre tanto nel precedente in esame che in questo giudizio – in cui la Corte del gravame abbia rigettato l ‘ appello nel merito per infondatezza dei motivi ed abbia altresì nella motivazione svolto argomenti ad abundantiam circa l ‘ inammissibilità dell ‘ impugnazione (nella fattispecie oggetto del precedente nomofilattico, per difetto di specificità dei motivi; nella fattispecie oggetto di questo giudizio, per novità della domanda proposta in appello);
7.2. ciò precisato, passando a ll’ esame del terzo e quarto motivo, va richiamata la giurisprudenza di questa Corte ( ex multis , Sez. 3, Sentenza n. 4959 del 28/03/2012, Rv. 621727 -01; Sez. 2, Ordinanza n. 6905 del 11/03/2019, Rv. 652939 – 01) secondo cui, ai fine di individuare il soggetto obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore, occorre distinguere tra rapporto endoprocessuale nascente dal rilascio della procura ‘ ad litem ‘ e rapporto che si instaura tra il professionista incaricato ed il soggetto che ha conferito l ‘ incarico, il quale può essere anche diverso da colui che ha rilasciato la procura. In tal caso chi agisce per il conseguimento del compenso ha l ‘ onere di provare il conferimento dell ‘ incarico da parte del terzo, dovendosi, in difetto, presumere che il cliente sia colui che ha rilasciato la procura.
Nella fattispecie concreta, la Corte territoriale – là dove ha sostenuto che il rilascio da parte di COGNOME della procura alle liti ai tre avvocati (e, per quanto adesso rileva, all’avvocato COGNOME) si sarebbe esaurito in un rapporto meramente processuale connesso alla rappresentanza nel procedimento di ammissione del concordato, disgiunto da un sottostante rapporto di mandato -non si è attenuta al principio di diritto sopra enunciato.
Da una diversa angolazione giuridica, ai fini della verifica del l’esistenza del rapporto di patrocinio, e cioè di un mandato professionale tra difensore (l’avvocato COGNOME e cliente (Veolia), sotteso al rapporto processuale derivante dal conferimento della procura alle liti (che investe il difensore del potere di rappresentanza in giudizio della parte), occorre dirimere la questione (il cui scrutinio è riservato al giudice del rinvio) se, in assenza di tale rapporto contrattuale tra avvocato e cliente, il legale rappresentante di Veolia, nel suo ruolo di assuntore, avrebbe o meno avuto necessità di rilasciare all’avvocato COGNOME la procura alle liti a margine della domanda di concordato e di firmare la relativa domanda, considerato anche che quest’ultima e le connesse attività processuali coinvolgevano primariamente la società proponente (RAGIONE_SOCIALE e non l’assuntore del concordato (Veolia);
8. il quinto motivo è assorbito;
8.1. si tratta di stabilire se sia o meno conforme a diritto la statuizione della sentenza impugnata secondo cui, in tema di concordato preventivo, l’adempimento degli obblighi dell’assuntore indicati nella proposta concordataria presuppone la definitività dell’omologa del concordato, con la conseguenza che, in caso di revoca del decreto di omologazione del concordato, viene meno l’obbligazione dell’assuntore (nella specie, di pagare i compensi degli avvocati che hanno assistito la società ai fini della presentazione della proposta di concordato).
È fuori di dubbio che il giudice del rinvio dovrà rispondere a questo interrogativo soltanto nell’ipotesi in cui, prima, abbia negato che la pretesa oggetto del giudizio sia fondata sul contratto di patrocinio;
in conclusione, accolti il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo, assorbito il quinto motivo, la sentenza è cassata in relazione
ai motivi accolti, con rinvio al giudice a quo anche per le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbito il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, in data 19 dicembre 2023.