Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33959 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 33959 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8927/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE).
–
RICORRENTE- contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE.
–
CONTRORICORRENTE- nonché
COGNOME NOMECOGNOME
-INTIMATO- avverso la SENTENZA di CORTE D ‘ APPELLO di TORINO n. 5/2019 depositata il 02/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha agito con domanda monitoria quale comproprietario di un’unità immobiliare ricompresa nello stabile ubicato in Carmagnola INDIRIZZO Carmagnola INDIRIZZO (in corrispondenza di una sola stanza), sovrastante alla porzione in proprietà della convenuta NOME COGNOME esponendo che il Comune aveva ordinato la realizzazione di interventi urgenti per le precarie condizioni dell’edificio che erano stati eseguiti a spese dell’attore . Ha chiesto la condanna al rimborso delle somme di competenza della COGNOME.
Quest’ultima ha opposto il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Torino, chiedendo la chiamata in causa l’ing. NOME COGNOME che aveva redatto la c.t.u. in un procedimento ex art. 700 c.p.c., incardinato dall’attore per ottenere l’immediata esecuzione degli interventi e conclusosi con una conciliazione, lamentando che il tecnico aveva stimato al ribasso i costi dei lavori e indicato interventi diversi da quelli prescritti dall’ordinanza sindacale.
Si è costituito il terzo chiamato, spiegando domanda riconvenzionale per ottenre il pagamento del compenso professionale.
Il Tribunale adito, esaur ita l’istruttoria, ha respinto l’oppos izione, dichiarando il COGNOME responsabile per eventuali maggiori costi ricollegabili agli interventi eseguiti, difformi rispetto a quelli indicati nella relazione volta nel procedimento ex art. 700 c.p.c.
La sentenza di primo grado, impugnata dall’ingegnere, è stata riformata dalla Corte d’appello sul rilievo che i costi preventivati nella c.t.u. erano congrui ed adeguati agli interventi da eseguire, osservando che l’ incarico conferito al COGNOME aveva lo scopo di ottemperare all’ordinanza sindacale senza previsione di un limite di spesa e con ampia discrezionalità del tecnico nella predisposizione
del progetto, nella scelta dell’impresa e nei tempi e modi di esecuzione.
I costi iniziali erano stati preventivati per eseguire un semplice intervento di ristrutturazione del solaio, ma successivamente era emersa la necessità di una sua completa sostituzione allo scopo di superare le criticità rilevate.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso in cinque motivi.
L’ing. NOME COGNOME resiste con controricorso, illustrato con memoria.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art . 1176 c.c., per aver la sentenza escluso la negligenza del tecnico incaricato degli interventi, trascurando che proprio l’ammontare dei costi preventivati nella c.t.u. aveva indotto la ricorrente ad aderire alla conciliazione giudiziale, dovendo l’attività professionale rispondere allo scopo voluto dai committenti mediante un progetto concretamente realizzabile e che non comporti oneri maggiori di quelli stimati.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1711 , comma primo, c.c., per non aver la sentenza rilevato che il COGNOME, aderendo ai preventivi dell’impresa che riportavano costi quasi triplicati, aveva ecceduto dal limite del mandato conferitogli dalla ricorrente.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1362 e ss. c.c., per aver la Corte di merito ritenuto che il tecnico potesse scegliere liberamente l’impresa cui affidare i lavori, senza considerare che l’incarico si basa va sulla relazione tecnica che aveva stimato costi su cui avevano fatto affidamento le parti e che dovevano rimanere invariati.
Questi tre motivi -che ben si prestano a trattazione unitaria – sono infondati.
La sentenza ha affermato, sulla base dei fatti emersi in istruttoria, che l’originario accordo transattivo con cui le parti avevano conferito il mandato professionale rispondeva al prevalente ed inderogabile scopo di ottemperare all’ordinanza sindacale , non avendo le parti volutamente previsto limiti di spesa.
Ha chiarito che il COGNOME, rilevata l’inade guatezza delle misure adottate in precedenza dalle parti, aveva prefigurato soluzioni progettuali non elaborate nel dettaglio, con una valutazione solo di massima dell’esborso da sostenere, pari a circa € 17.000,00, per adeguare il manufatto e gli interventi già eseguiti a quanto imposto dall’ordinanza comunale, a conferma di una previsione di spesa tutt’a ltro che insuscettibile di variazioni.
Esaminando l’atto di incarico , la Corte distrettuale ha reputato decisiva la discrezionalità riservata al tecnico nelle scelta delle soluzioni progettuali e dell’im presa e la mancata di un’ indicazione tassativa dei costi da sostenere; a differenza del Tribunale che aveva imputato al progettista di aver senza ragione aderito al preventivo dell’appaltatrice la sentenza ha ritenuto che il professionista avesse correttamente realizzato tutti gli interventi necessari per la sicurezza dell’edificio, senza alcuna contestazione della COGNOME con riguardo alla loro corretta esecuzione (dolendosi la ricorrente, anche in questa sede, solo della ammontare degli esborsi da sostenere, e non anche, specificamente, di un’eventuale difformità delle opere rispetto a quelle effettivamente necessarie rispetto agli scopi perseguiti dai committenti), essendo l’adeguamento statico obbligatorio per le destinatarie dell’ordinanza comunale.
Il fatto che i costi originari non fossero vincolanti e che il contratto professionale fosse volto anzitutto ad ottemperare alle prescrizioni comunali appare, perciò, desunto dalle concrete circostanze del
precedente contenzioso, dalla successiva conciliazione e dalle ragioni dell’incarico conferito al COGNOME, escludendo in concreto che nessuna ulteriore o diversa attività potesse svolgere il tecnico se non che a costi invariati.
Il relativo accertamento riposa su un’interpretazione del contratto non efficacemente superata dai rilievi della ricorrente, puntualmente smentiti dal giudice distrettuale, rilievi che si risolvono in censure in fatto e in una diversa lettura del contenuto e dello scopo pratico dell’incarico professionale, motivatamente individuato nell’esecuzione all’ordinanza sindacale e nel superamento dei problemi, originari o emersi ex post, di statica dell’edificio , di cui le parti erano tenute a farsi carico.
Il quarto motiv o denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, per aver la pronuncia trascurato che il COGNOME, pur avendo richiesto il compenso per le attività svolte dal 26.6.2012 al 27.6.2014, aveva comunicato il recesso in data 31.5.2013 e che, quindi, nessun compenso poteva esigere nei confronti della ricorrente per attività eseguite dopo lo scioglimento dal contratto.
La censura è inammissibile.
Il ricorso non illustra quali prestazioni avesse svolto il COGNOME dopo la comunicazione di recesso e che in modo l’omissione denunciata abbia inciso sulla liquidazione del compenso, non potendosi apprezzarne la decisività ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. , avendo la Corte comunque individuato quali attività dessero diritto al compenso, affermando che le somme richieste erano pertinenti alla consulenza tecnica come da verbale di conciliazione, relativamente all’immobile in comproprietà , ossia a prestazioni accessorie all’intervento sull’immobile, a conferma dell’insussistenza del vizio denunciato (Cass. su 8053/2014).
Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art . 2697 c.c. per aver la Corte di merito, in totale carenza di riscontri probatori,
ritenuto provato svolgimento di tutte le prestazioni oggetto della domanda riconvenzionale di pagamento.
Anche tale motivo è inammissibile.
L a violazione dell’ art. 2967 c.c. -come è noto – è invocabile per denunziare che il giudice abbia posto l’onere della prova a carico di una parte che non ne era onerata in base alla scissione della fattispecie concreta tra fatti costitutivi ed eccezioni e non anche per sottoporre a critica la valutazione delle acquisizioni processuali e, nello specifico, per negare che fosse stata raggiunta la prova dell’esecuzione del mandato professionale.
Qualora, come nel caso in esame, sia oggetto di censura la valutazione delle prove, il sindacato in sede di legittimità può aver luogo solo sul piano della motivazione (Cass. 13395/2018; Cass. 15107/2013), ed oggi peraltro il vizio di motivazione è denunziabile solo negli stretti limiti dell’art. 360 n. 5 cpc nel testo modificato (v. tra le varie SSUU n. 8053/2014).
In conclusione, il ricorso è respinto, con addebito delle spese processuali.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 2.800,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda