Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30130 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30130 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6935-2023 proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 29/2023 della CORTE D ‘ APPELLO DI NAPOLI, depositata il 5/1/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 16/10/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il Tribunale di Avellino, con sentenza del 31/10/2019, dopo aver revocato le rimesse solutorie eseguite dalla RAGIONE_SOCIALE sul conto corrente n. 34193 dalla stessa acceso presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, per la somma complessiva di €. 482.402,77, ha ritenuto che la società correntista, in data 30/5/2002 e 3/12/2002, aveva altresì rilasciato, in favore della stessa banca, due mandati irrevocabili all ‘ incasso e che tali mandati, dovendo essere configurati quali atti di pagamento compiuti con mezzi anormali nei due anni anteriori al suo fallimento, dichiarato con sentenza 19/12/2003, dovevano essere revocati a norma dell ‘ art. 67, comma 1° n. 2, l.fall..
1.2. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso tale sentenza deducendo, per quanto ancora importa, che, in realtà, il mandato del 30/5/2002 per €. 927.927,00 era stato utilizzato per estinguere debiti verso la banca per €. 7.464,94 e che il mandato del 3/12/20 0 2 per €. 457.464,94 era stato utilizzato per estinguere debiti preesistenti solo per €. 7.464,94.
1.3. La Corte d ‘ appello, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l ‘ appello.
1.4. La Corte, in particolare, ha rilevato che: – la società poi fallita, dopo aver presentato istanza di rimborso del credito IVA, aveva conferito alla banca, in data 30/5/2002 e in data 3/12/2002, due mandati irrevocabili all ‘ incasso, così ottenendo dalla stessa, mediante l ‘ accensione di un conto straordinario, l ‘ erogazione, rispettivamente, della somma di €. 920.000,00 (giugno 2002) e della somma di €. 450.000,00 (7 dicembre 2002); – la banca aveva successivamente incassato, quale mandataria, la somma dovuta a titolo di rimborso dell ‘ IVA, pari, rispett ivamente, ad €. 927.927,00 e ad €. 457.464,94, utilizzando, quindi, tali importi, nella misura di €. 920.000,00 e di €. 450.000,00, per soddisfare il credito restitutorio conseguente all ‘ anticipazione concessa e ripianando, con il residuo, un preesistente scoperto.
1.5. Si è trattato, quindi, ha osservato la Corte, dello ‘ strumento contrattuale ‘ che ha assicurato alla banca ‘ la sicura restituzione della somma concessa in credito alla società ‘ consentendo alla stessa ‘ di autosoddisfarsi autonomamente rispetto allo stesso debitore ‘ e sottraendo alla par condicio creditorum ‘ somme giuridicamente spettanti ‘ al la debitrice.
1.6. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 14/3/2023 ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza, notificata, come da relazione in atti, il 16/1/2023.
1.7. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 2697 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che il Fallimento aveva assolto l ‘ onere di provare che i mandati all ‘ incasso conferiti dalla società poi falliti alla banca appellante avevano operato quali mezzi anormali di pagamento di un debito liquido ed esigibile in favore di quest ‘ ultima, senza, tuttavia, considerare che, come emerge dalla relazione del consulente tecnico d ‘ ufficio, l ‘ incasso relativo al mandato del 30/5/2002 aveva in realtà determinato una riduzione dello scoperto del conto corrente ordinario n. 34193 di soli €. 7.927,00, mentre l ‘ incasso del mandato irrevocabile del 3/12/2002 non aveva determinato alcun rientro bensì solo un ripristino dell ‘affidamento concesso di €. 7.464,94 .
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha
ritenuto che i mandati all ‘ incasso conferiti dalla società poi fallita alla banca il 30/5/2002 ed il 3/12/2002 avevano operato quali mezzi anormali di pagamento di un debito liquido ed esigibile in favore di quest ‘ ultima, omettendo, tuttavia, di considerare che: -‘ la normalità o anormalità di un mezzo di pagamento … non potrà essere valutata in termini astratti, ma dovrà aversi riguardo ad un criterio soggettivo e concreto RAGIONE_SOCIALE modalità utilizzate abitualmente nei pagamenti dai contraenti, vale a dire tanto con riferimento alle modalità quanto con riferimento al tempo dell ‘ esecuzione del pagamento, che deve rientrare nelle normali relazioni intrattenute tra le parti ‘; -‘ nel caso di specie le operazioni bancarie con mandato in rem propriam di cui si discute costituivano normali operazioni di anticipazione bancaria assistite da mandato all ‘ incasso, nelle quali detti mandati rappresentavano ricorrenti strumenti per una migliore gestione di un comune rapporto bancario (quale quello in esame) e per fornire nuova provvista alla Società, caratteristiche queste che escludono qualsiasi ‘anormalità’ alle relative operazioni ‘ ; – il rapporto tra la banca e la società poi fallita era, del resto, ‘ contraddistinto da un conto corrente ordinario (n. 24193) e da quattro conti correnti di servizio ad esso collegati ‘, tra cui il n. NUMERO_DOCUMENTO c/ anticipi, ‘ sul quale sono stati concessi fidi per rimborsi IVA ‘, dove venivano ‘ annotate e contabilizzate le operazioni di anticipazione (relative a crediti vantati dalla Società verso terzi) effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE, nell ‘ ambito ed in forza della varie linee di credito (affidamenti) concesse alla RAGIONE_SOCIALE (anticipazioni portafoglio s.b.f., anticipazioni su crediti per fatture o IVA vantati dalla Società), ed i loro rimborsi conseguenti al pagamento da parte del terzo ‘; – l ‘ anticipazione concessa dalla banca veniva, dunque, annotata a debito sul conto anticipi mentre la provvista anticipata dalla banca veniva
contestualmente accreditata sul c/c ordinario; – il pagamento effettuato dal terzo debitore della società era, infine, accreditato sul conto anticipi a chiusura della posizione a debito annotata al momento dell ‘ anticipazione; -il conto corrente ordinario, affidato per €. 260.000,00, presentava , alla data dell ‘ 1/1/2002, un saldo negativo di €. 208.896,16 e , al 31/12/2002, un saldo negativo di €. 276.733,78, sicché ‘ i mandati all ‘ incasso revocati non hanno determinato alcun rientro per la RAGIONE_SOCIALE ‘ la quale, a seguito dei mandati revocati, non ha ricevuto alcun pagamento anormale da parte della società poi fallita; – come emerge dalla relazione del consulente tecnico d ‘ ufficio, infatti , ‘i versamenti dei terzi (nel caso di specie dell ‘ RAGIONE_SOCIALE) sono serviti esclusivamente per estinguere i relativi affidamenti e non sono stati utilizzati dalla RAGIONE_SOCIALE per ridurre l ‘ esposizione generale ‘ nel senso, più precisamente, che ‘i due mandati … hanno comportato una riduzione dello scoperto di conto corrente di Euro 7.927,00 e un utilizzo per ripristino dell ‘ affidamento in essere per Euro 7.464,94’.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che i mandati all ‘ incasso conferiti dalla società poi fallita alla banca il 30/5/2002 ed il 3/12/2002 avevano consentito alla stessa di autosoddisfare un proprio credito verso la società poi fallita, senza, tuttavia, considerare che: – i mandati in questione non sono stati rilasciati per soddisfare crediti liquidi ed esigibili della banca; – il conto corrente era, infatti, aperto ed è rimasto tale, con un andamento oscillante, fino alla dichiarazione di fallimento; – fino alla chiusura del conto corrente i crediti della RAGIONE_SOCIALE per esposizioni del correntista non sono liquidi ed esigibili;
– i mandati in questione non sono stati utilizzati per incassare somme per l ‘ estinzione di altri crediti che il mandatario vantava verso il mandante; – la banca ha solo anticipato quanto poi incassato, nella normale operatività RAGIONE_SOCIALE operazioni cd. autoliquidanti, così come la società non si è depauperata con estinzione/riduzione del debito nei confronti della banca.
2.4. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 2741 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che i mandati all ‘ incasso conferiti dalla società poi fallita alla banca il 30/5/2002 ed il 3/12/2002 avevano leso la par condicio dei creditori della società poi fallita, senza, tuttavia, considerare che: – nei contratti di anticipazione bancaria, la banca anticipa al cliente l ‘ importo di crediti non ancora scaduti che questi vanta nei confronti di terzi; – nel caso in esame, l ‘ anticipo è avvenuto con rilascio a favore della banca di mandati irrevocabili all ‘ incasso dei crediti erariali (IVA) vantati dalla società poi fallita; – si tratta, dunque, di una struttura contrattuale normale nei rapporti bancari; – la riscossione dei mandati irrevocabili all ‘ incasso dedotti in giudizio ha, del resto, avuto un carattere essenzialmente ripristinatorio; – come emerge dalla relazione del consulente tecnico d ‘ ufficio, infatti, ‘ l ‘incasso di € 927.927,00, relativo al mandato all ‘ incasso conferito in data 30/05/2002, è stato utilizzato per € 920.000,00 ad estinzione dell ‘ anticipazione precedentemente concessa dalla banca e per € 7.927,00 per la riduzione dello scoperto di conto ‘ mentre ‘ l ‘incasso di € 457.464,94, relativo al mandato all’ incasso conf erito in data 03/12/2002, è stato utilizzato per € 450.000,00 ad estinzione dell ‘ anticipazione precedentemente concessa dalla banca e per € 7.464,94 per il rispristino dell’ affidamento
concesso in conto ‘; – nessun riflesso pregiudizievole si è, dunque, prodotto sul patrimonio della società, né vi è stata una fuoriuscita di denaro sul quale la massa dei creditori ammessi al concorso non abbia potuto soddisfarsi; – la riscossione dei mandati all ‘ incasso in questione non ha, infatti, ridotto alcuna esposizione debitoria sul conto corrente, né ha alterato la par condicio creditorum poiché ‘ l ‘ esposizione debitoria della Società nei confronti della RAGIONE_SOCIALE non si è ridotta né estinta ‘: ‘ la RAGIONE_SOCIALE aveva – come nelle altre operazioni di anticipazione bancaria anticipato una somma alla RAGIONE_SOCIALE ed alla scadenza l ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva accreditato la rispettiva somma sul conto corrente intrattenuto ed intestato alla RAGIONE_SOCIALE presso RAGIONE_SOCIALE MPS ‘.
2.5. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame RAGIONE_SOCIALE conclusioni esposte dal consulente tecnico d ‘ ufficio, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha ritenuto che i mandati all ‘ incasso conferiti dalla società poi fallita alla banca il 30/5/2002 ed il 3/12/2002 erano stati utilizzati ad estinzione dell ‘ anticipazione precedentemente concessa dalla stessa, senza, tuttavia, considerare che: – le conclusioni rese dal consulente tecnico d ‘ ufficio portavano ad escludere la revocabilità degli stessi, avendo accertato che i mandati in questione non sono stati utilizzati dalla banca per ‘ rientrare ‘, riducendo lo scoperto di conto corrente e che, quindi, non hanno avuto funzione solutoria; – gli incassi sono stati, infatti, utilizzati per estinguere le anticipazioni precedentemente concesse dalla banca e non per estinguere altri crediti della stessa.
2.6. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.7. La ricorrente, infatti, non si è realmente confrontata con la sentenza che ha impugnato. La Corte d’appello, infatti, non ha affatto affermato, come pretende la banca, che i mandati all ‘ incasso alla stessa conferiti dalla società poi fallita il 30/5/2002 ed il 3/12/2002 erano revocabili, quali atti solutori, sul presupposto (in ipotesi, erroneo) che le somme conseguentemente riscosse erano confluite sul conto corrente principale a fronte di uno ‘ scoperto ‘ di conto (e cioè di un saldo debitore eccedente il limite dell ‘ affidamento concesso con un ‘ apertura di credito) in realtà insussistente (quanto meno nella misura della condanna conseguentemente pronunciata) posto che, al contrario di quanto (a suo dire) affermato nella sentenza impugnata, ‘ l ‘incasso di € 927.927,00, relativo al mandato all ‘ incasso conferito in data 30/05/2002, è stato utilizzato … (solo) per € 7.927,00 per la riduzione dello scoperto di conto ‘ mentre ‘ l ‘incasso di € 457.464,94, relativo al mandato all ‘incasso conferito in data 03/12/2002, è stato utilizzato per € 450.000,00 … per € 7.464,94 per il (mero) rispristino dell ‘ affidamento concesso in conto ‘ .
2.8. La Corte d ‘ appello, in realtà, ha, più semplicemente, ritenuto che la riscossione da parte della banca dei crediti oggetto dei due mandati all ‘ incasso fosse di per sé, a prescindere dalla natura solutoria dei versamenti conseguentemente confluiti sul conto corrente (la cui revocabilità, in effetti, dipende dall ‘ esistenza e dalla misura, in quel momento, di una scopertura del conto, e cioè da un saldo debitore eccedente la misura dell ‘ affidamento concesso con un ‘ apertura di credito: cfr. Cass. n. 6882 del 1997), un atto di pagamento eseguito con mezzi anormali: e, precisamente, il pagamento, nella misura di €. 920.000,00 e di €. 450.000,00, del debito assunto dalla società poi fallita alla restituzione RAGIONE_SOCIALE somme alla stessa
erogate dalla banca a titolo di anticipazione sui crediti IVA vantati verso l ‘ RAGIONE_SOCIALE.
2.9. Tale statuizione, insindacabile quanto all’accertamento in fatto che ne costituisce il fondamento, è, in diritto, giuridicamente corretta.
2.10. Questa Corte, in effetti, ha già avuto modo di affermare che: – il mandato irrevocabile all ‘ incasso, a differenza della cessione di credito, non trasferisce la titolarità del credito, che resta in capo al mandante, ma solo la legittimazione a riscuoterlo ma con la garanzia, che si realizza in forma empirica e di fatto, derivante dalla disponibilità del credito verso il terzo e della prevista possibilità che, al momento dell ‘ incasso, il mandatario trattenga le somme riscosse, soddisfacendo così il suo credito (Cass. n. 1391 del 2003); – il pagamento che il creditore riceve da un terzo, in forza di mandato irrevocabile all ‘ incasso di un credito verso quest ‘ ultimo rilasciatogli dal debitore con funzione di garanzia, è, dunque, atto autonomamente revocabile, ai sensi dell ‘ art. 67 l.fall., indipendentemente dalla revoca del mandato, non realizzandosi, a seguito di tale pagamento, alcuna compensazione (che escluderebbe la revocabilità) tra il credito principale del mandatario e l ‘ obbligazione del medesimo di rimettere le somme riscosse al mandante (art. 1713 c.c..), che, in realtà, non sussiste poiché il mandatario trattiene quanto ricevuto in pagamento diretto del proprio credito (Cass. n. 10208 del 2007).
2.11. Il conferimento di un mandato irrevocabile all ‘ incasso di crediti che il mandante vanta nei confronti di un terzo, accompagnato dall ‘ attribuzione al mandatario della facoltà di utilizzare le somme così incassate per l ‘ estinzione, totale o parziale, di crediti (anche non ancora sorti) che lo stesso vanti verso il mandante, producendo effetti sostanzialmente
analoghi alla cessione di crediti, riveste, in definitiva, oltre ad uno scopo, sia pure empirico, di garanzia, soprattutto una funzione solutoria, poiché si risolve nella precostituzione di un mezzo sicuro di pagamento in favore del mandatario in ordine ai finanziamenti effettuati o da effettuare (come l ‘ anticipazione bancaria della somma oggetto del credito stesso) a favore del mandante (cfr. Cass. n. 13165 del 2004; Cass. n. 11057 del 1998).
Si tratta, peraltro, di un mezzo di pagamento diverso dal denaro ed estraneo alle comuni relazioni commerciali ed è, come tale, revocabile a norma dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall., pur se la relativa convenzione sia coeva al sorgere del rapporto (cfr. Cass. n. 21823 del 2005; Cass. n. 4754 del 2000; Cass. n. 11057 del 1998; Cass. n. 6467 del 1987).
2.12. I mezzi normali di pagamento, diversi dal danaro, sono, infatti, esclusivamente quelli sostitutivi del danaro, come gli assegni circolari, le cambiali ed i vaglia cambiari e simili: non invece i titoli di altra natura e tutti quei mezzi, come appunto il mandato all’incasso, in cui il danaro entra in funzione non quale strumento di immediata e diretta soluzione ma, in via indiretta e mediata, quale effetto di altre forme negoziali (così Cass. n. 11057 del 1998, in motiv.).
2.13. Naturalmente, perché si verifichi l ‘ effetto solutorio, a differenza di quanto (di regola) accade nella cessione di credito in funzione di pagamento (art. 1198 c.c.), non è sufficiente il mero conferimento del mandato irrevocabile all ‘ incasso, che attribuisce al mandatario solo la legittimazione a pretendere la riscossione del credito, non la sua titolarità, che resta al mandante: è, infatti, necessario, come detto, anche che il credito verso il terzo, per il cui incasso il mandante ha conferito mandato al suo creditore, sia da quest ‘ ultimo materialmente
riscosso, con la conseguente e contestuale utilizzazione RAGIONE_SOCIALE somme così ottenute per estinguere, in tutto o in parte, il debito che il mandante ha verso lo stesso mandatario.
2.14. E se ciò accade, come nel caso in esame, in periodo sospetto, vale a dire nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento del mandante debitore, l ‘ operazione è senz ‘ altro revocabile a norma dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall. (a differenza della cessione del credito, per la quale occorre aver riguardo non al momento dell ‘ incasso del credito ceduto ma al momento in cui è stato stipulato l ‘ atto formale di cessione).
2.15. Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di affermare che, in tema di revocatoria fallimentare, l ‘ estinzione di una precedente passività quale scopo ulteriore rispetto alla causa tipica dei singoli negozi a tal fine utilizzati (secondo lo schema del cd. ‘ collegamento funzionale ‘ ) conferisce all ‘ operazione complessivamente realizzata un carattere ‘ anormale ‘ , in tali termini qualificandosi anche l ‘ atto terminale, di per sé neutro, di estinzione del debito, e che l ‘ anormalità del collegamento negoziale (e la conseguente revocabilità dei successivi atti di pagamento) può emergere anche in relazione a vicende estintive di passività sorte successivamente alla stipula dei negozi collegati (cfr. Cass. n. 8703 del 1998, la quale si è pronunciata in un caso nel quale il curatore di un fallimento aveva convenuto in revocatoria una banca assumendo che la società fallita aveva, prima dell ‘ apertura della procedura concorsuale, usufruito di linee di credito mediante affidamento in conto corrente ordinario ed anticipazioni su crediti e che la banca, pochi mesi prima del fallimento, aveva ottenuto il ripianamento di gran parte RAGIONE_SOCIALE esposizioni debitorie attraverso la riscossione dei crediti predetti, risultando a ciò legittimata per effetto di alcuni mandati all ‘ incasso in rem propriam rilasciati dalla fallita in relazione a
crediti sorti dopo il rilascio dei mandati stessi, essendo le anticipazioni della banca avvenute successivamente alla data del rilascio dei mandati: il giudice di merito, con pronuncia che la S.C. ha confermato, ritenne che il conferimento al creditore di un mandato a riscuotere crediti vantati dal debitore nei confronti di terzi, con il quale le parti avessero perseguito, indirettamente, il medesimo scopo solutorio della cessione del credito, integrava gli estremi del mezzo anormale di pagamento, con conseguente revocabilità dei relativi atti; conf., Cass. n. 10264 del 2000).
2.16. La sentenza impugnata si è, dunque, attenuta ai principi esposti: lì dove ha ritenuto che la riscossione da parte della banca appellante dei crediti oggetto dei due mandati all’incasso ad essa conferiti dalla società poi fallita era stata, nella misura di €. 920.000,00 e di €. 450.000,00, un atto di pagamento che, entro tali limiti, aveva estinto, con mezzi anormali, il debito assunto nei suoi confronti dalla mandante alla restituzione RAGIONE_SOCIALE somme alla stessa erogate dalla banca mandataria a titolo di anticipazione sui crediti IVA.
Il ricorso, per l’inammissibilità dei suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’i nammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento le spese di lite, che liquida nella somma di €. 1 6 .200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima