Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15792 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15792 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3461/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME, rappresentata e difesa, sia congiuntamente che disgiuntamente, dagli avvocati COGNOME NOME (EMAIL) e COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, domiciliato presso l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (EMAIL), che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale allegata al controricorso.
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 1384/2021 depositata il 24/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 564/2020 dell’11 febbraio 2020 il Tribunale di Catania rigettava l’opposizione proposta dall’AVV_NOTAIO avverso il decreto ingiuntivo n. 1033/2011, con cui gli era stato ingiunto il pagamento della somma di euro 25.000,00 in favore di NOME COGNOME, consegnatagli per ‘trattare e compromessare’ per conto della stessa l’acquisto di un appartamento; dichiarava esecutivo il decreto ingiuntivo e condannava l’AVV_NOTAIO COGNOME al pagamento degli interessi legali dalla domanda al soddisfo, nonché al pagamento delle ulteriori somme di euro 12.500,00 ed euro 11.000,00; rigettava la domanda riconvenzionale, avente ad oggetto il compenso dovuto all’AVV_NOTAIO COGNOME per l’attività professionale svolta a favore della COGNOME, e condannava l’opponente COGNOME al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento dell’ulteriore somma di euro 5.000,00 ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.
Avverso la suddetta sentenza l’AVV_NOTAIO proponeva appello, chiedendone la riforma e dunque la conseguente revoca o annullamento del decreto ingiuntivo, l’accoglimento della domanda riconvenzionale e la condanna della controparte a corrispondergli gli onorari e compensi pari ad euro 15.220,00, oltre spese generali, IVA e CPA, o pari ad altra somma maggiore o minore da liquidare, ed interessi dalla domanda al soddisfo, dovuti per l’espletamento del mandato di acquisto dell’appartamento sito in Catania INDIRIZZO, per la redazione del preliminare e per la successiva risoluzione dello stesso; chiedeva altresì di dichiarare che la somma come
sopra liquidata andava trattenuta e compensata con la provvista di euro 25.000,00 fornita dalla COGNOME per l’acquisto dell’appartamento e di condannare la controparte alla restituzione di tutte le somme corrisposte a seguito della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.
Si costituiva NOME COGNOME, aderendo all’accoglimento del primo motivo di appello in ordine all’annullamento della condanna fatta dal primo giudice il T ribunale aveva condannato l’AVV_NOTAIO al pagamento, oltre a quanto indicato dal decreto ingiuntivo, anche delle ulteriori somme di euro 12.500,00 ed euro 11.000,00 in assenza di qualsivoglia domanda in tal senso da parte della COGNOME -in quanto pronunciata ultra petita ; per il resto, chiedeva il rigetto dell’impugnazione perché infondata.
Con sentenza n. 1384/2021 del 24 giugno 2021 la Corte d’Appello di Catania riformava la sentenza di primo grado, accogliendo in parte l’appello.
In particolare, la Corte di merito 1) annullava il capo di condanna al pagamento delle ulteriori somme (su accordo delle parti); 2) revocava il decreto ingiuntivo opposto, dichiarava che il COGNOME era tenuto alla restituzione dei 25.000 euro ma aggiungeva che egli aveva diritto ai suoi compensi professionali per l’attività svolta, liquidati in euro 11.413; 3) operata la compensazione, condannava il COGNOME al pagamento della minore somma di euro 13.587, più il carico di un terzo delle spese dei due gradi, compensate quanto ai due terzi residui.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste l’AVV_NOTAIO COGNOME con controricorso, contenente anche ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Errata qualificazione del rapporto -Retribuzione ai sensi del d.m. n. 127/2004 -Violazione legge n. 39/1989 e r.d.l. n. 1578/1933 -Falsa applicazione dell’art. 1709 cod. civ.’
Sostiene che l’attività di trattare e stipulare il compromesso di un immobile sarebbero attività precluse agli avvocati, essendo necessario per il loro svolgimento l’iscrizione all’albo degli agenti RAGIONE_SOCIALE.
Invece, l’impugnata sentenza erroneamente riconduce il rapporto tra la COGNOME e l’AVV_NOTAIO nell’ambito del mandato, senza considerare la sua riconducibilità all’attività di RAGIONE_SOCIALE imRAGIONE_SOCIALE, come puntualmente eccepito dalla COGNOME, e per tale ragione sarebbe motivata in modo inesistente o apparente e conseguentemente nulla.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione della normativa sul mandato ex artt. 1710 e ss. cod. civ.’.
Lamenta che l’impugnata sentenza non avrebbe considerato che l’operazione condotta dall’AVV_NOTAIO (risoluzione del preliminare, a causa della mancata concessione del mutuo, e stipula di un successivo preliminare) non era stata concordata con la mandante e perciò esorbitava dai poteri del mandatario; l’AVV_NOTAIO avrebbe inoltre omesso la comunicazione dell’esecuzione del mandato e non avrebbe regolarmente reso il rendiconto.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione del d.m. n. 127 del 2004 (tariffe forensi) -Falsa applicazione dell’art. 1709 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.’, per avere la C orte d’appello liquidato il compenso all’AVV_NOTAIO COGNOME sulla base delle tariffe forensi, non
considerando che la COGNOME aveva chiesto al COGNOME di gestire un affare per suo conto, per cui non potevano essere assunti come parametri i compensi di AVV_NOTAIO.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 66 r.d. n. 1578/1933 e violazione e falsa applicazione dell’art. 1721 cod. civ. -divieto di ritenzionein relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ’.
Lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto lecito quello che, invero, è un indebito trattenimento di somme, appartenenti alla mandante, da parte dell’AVV_NOTAIO, perché ha erroneamente applicato l’art. 1721 cod. civ. ed ha riconosciuto al mandatario il diritto di ritenzione.
Deduce invece che al professionista AVV_NOTAIO non spetta alcun diritto di ritenzione, nel caso di specie vieppiù da escludere, dato che l’incarico neppure è stato fedelmente eseguito.
Con un unico motivo di ricorso incidentale il resistente denuncia ‘Violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c. -Violazione e falsa applicazione di norme di diritto’.
Lamenta che la Corte etnea lo avrebbe illegittimamente condannato, anche se solo per un terzo, alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, pur risultando egli vittorioso su tutti i motivi di appello.
6. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di affermare (sentenza 17/11/2005, n. 23239), il divieto di svolgimento dell’attività mediatoria sussiste, financo essendo preclusa all’AVV_NOTAIO la semplice iscrizione al ruolo degli agenti d’affari in RAGIONE_SOCIALE ed è positivamente sancito dall’art. 3 della legge professionale forense di cui al r.d.l. n. 1578 del 1933, convertito, con modificazioni, nella legge n. 36 del 1934.
Nel caso di specie, tuttavia, il motivo trascura la analitica
motivazione dell’impugnata sentenza, che, da un lato, assume che l’AVV_NOTAIO abbia assolto alle attività che erano oggetto del mandato, intercorso tra le parti, finalizzato a trattare e a redigere il contratto preliminare ed a ricercare l’erogazione di un mutuo -poi non concesso per ragioni che prescindono da fatto e colpa dell’AVV_NOTAIO mandatario, e piuttosto riconducibili al fatto che la COGNOME non aveva fornito adeguate garanzie-, dall’altro espressamente rileva che l’attività di RAGIONE_SOCIALE imRAGIONE_SOCIALE non fu svolta dall’AVV_NOTAIO, bensì da tale COGNOME, per conto dei venditori, il quale poi reperì il nuovo acquirente (v. p. 9 della sentenza impugnata).
La sentenza ha dunque spiegato le ragioni per cui ha escluso lo svolgimento dell’attività di mediatore, svolgendo una valutazione di fatto, sorretta da motivazione congrua e scevra da vizi logico giuridici, il cui riesame è precluso in sede di legittimità (per il consolidato e pluridecennale orientamento in tal senso, v. Cass., n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Cass., n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Cass., n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Cass., n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Cass., n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Cass., n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Cass., n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Cass., n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).
7. Il secondo motivo del ricorso principale è infondato.
Esso, infatti, sollecita un riesame del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità, ed omette di considerare che l’impugnata sentenza ha illustrato le ragioni per le quali ha affermato che era stata la venditrice COGNOME a disinteressarsi
della vicenda, e non l’AVV_NOTAIO COGNOME, il quale aveva prontamente risposto alle richieste di chiarimenti ed aveva regolarmente provveduto al rendiconto (p. 11 della sentenza).
8. Il terzo motivo del ricorso principale è infondato.
La Corte territoriale, con una valutazione di merito sorretta da motivazione congrua e scevra da vizi logico giuridici, ha escluso che l’AVV_NOTAIO COGNOME abbia svolto attività di RAGIONE_SOCIALE, per poi affermare che egli aveva regolarmente adempiuto al mandato conferitogli; per cui, sul rilievo dell’avere l’AVV_NOTAIO COGNOME svolto attività legale, correttamente gli ha liquidato i compensi in riferimento al capitolo III, tabella D, che contempla la tariffa per l’attività stragiudiziale, di cui al citato d.m. 127/2004 (v. pp. 12,13 della sentenza).
9. Il quarto motivo del ricorso principale è infondato.
La censura ivi formulata non si correla alla motivazione dell’impugnata sentenza (sotto tale profilo, v. Cass., 22/04/2020, n. 8036) e trascura di considerare che, come detto in sede di scrutinio del motivo precedente, la C orte d’appello ha escluso che l’AVV_NOTAIO COGNOME abbia svolto attività di RAGIONE_SOCIALE, ha affermato che egli ha regolarmente adempiuto al mandato conferitogli e, conseguentemente, ha operato una compensazione tra le somme trattenute dall’AVV_NOTAIO COGNOME e quanto a lui dovuto per compensi dalla mandante COGNOME. Ciò è conforme agli insegnamenti di questa Corte, secondo cui, in caso di debiti e crediti derivanti da un rapporto unitario tra le parti, è possibile procedere alla cd. compensazione impropria o atecnica, che si risolve in una mera verifica contabile delle reciproche poste attive e passive delle parti, accertamento al quale il giudice può procedere d’ufficio, anche in sede di appello, purché sulla base di circostanze di fatto tempestivamente acquisite al processo (v. Cass., 15/11/2023, n. 21850; Cass., 33872/2022).
Il che è esattamente quanto ha fatto la Corte di merito.
Non deve essere dimenticato, d’altra parte, che la norma dell’art. 66 r.d. n. 1578/1933 prevede, in caso di mancato pagamento di onorari e spese, unicamente il divieto all’AVV_NOTAIO di ritenere gli atti della causa e le scritture ricevute dai clienti, sicché è infondata l’invocata violazione dell’art. 66 ora citato.
10. L’unico motivo di ricorso incidentale è infondato.
La sentenza impugnata, nel liquidare le spese dell’intero giudizio tenendo presente l’esito complessivo della lite e valutando la soccombenza parziale anche dell’AVV_NOTAIO COGNOME, in particolare là dove ha evidenziato che l’AVV_NOTAIO COGNOME ‘non contesta il credito della controparte, ma lo ritiene solo per una forma di autotutela pur eventualmente non legittima’, si è pienamente conformata agli insegnamenti di questa Corte, secondo cui, in tema di spese processuali, il giudice si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale (v. Cass., Sez. Un., 08/11/2022, n. 32906, che richiama Cass., 15506/2018, Cass., 20289/2015 e Cass., 2634/2007; va inoltre ricordata Cass., Sez. Un., 31/10/2022, n. 32061, ove si precisa che ‘In tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la
compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, cod. proc. civ.’).
Resta in ogni caso fermo e ribadito il principio per cui è precluso a questa Corte valutare la legittimità del ricorso alla compensazione delle spese, essa unicamente vigilando sull’impossibilità di procedere alla condanna alle spese nei confronti del soggetto totalmente vittorioso (Cass., 22381/2009 e successive conformi).
In conclusione, sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale devono essere rigettati e le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti.
Va infine esaminata la richiesta di liquidazione delle spese sostenute dall’odierno controricorrente AVV_NOTAIO innanzi alla Corte d’appello per resistere vittoriosamente all’istanza di sospensione, ex art. 373 cod. proc. civ., dell’efficacia esecutiva della sentenza in questa sede impugnata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la richiesta di pronuncia, in sede di legittimità, sull’istanza di rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte per resistere vittoriosamente all’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di merito impugnata, può essere esaminata alla condizione che l’istanza, e i relativi documenti da produrre, siano stati notificati alla controparte, ovvero che il contraddittorio con la medesima sia stato comunque rispettato in ragione della sua presenza all’udienza, così da permetterle di interloquire sul punto (Cass., 31/08/2020, n. 18079; Cass. 20/10/2015, n. 21198).
Nella specie, risulta essere stata notificata alla controparte COGNOME l’istanza con i documenti relativi al procedimento ex art. 373 cod. proc. civ., per cui è possibile procedere alla liquidazione delle relative spese, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale e compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del procedimento ex art. 373 cod. proc. civ., che liquida in euro 1.200,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza