Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12937 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12937 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
OGGETTO: compravendita di immobile
R.G. 26188/2019
C.C. 24-4-2024
sul ricorso n. 26188/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in Roma presso di loro, nel loro studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 2030/2018 della Corte d’appello di Catanzaro depositata il 20-11-2018,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-42024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La sentenza n. 2030/2018 depositata in data 20-11-2018 della Corte d’appello di Catanzaro ha considerato in fatto che il 18-9-1982 l’attrice NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE avevano stipulato per atto pubblico contratto di compravendita con il quale l’attrice aveva venduto a RAGIONE_SOCIALE terreno sito a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO Ginepri per il corrispettivo di £.160.000.000; in base al Programma di Fabbricazione del Comune RAGIONE_SOCIALE parte del terreno era stato destinato alla realizzazione di strada comunale e le parti, con scrittura privata conclusa lo stesso 18-9-1982 a integrazione del contratto di compravendita, si erano accordate affinché l’acquirente COGNOME, in caso di esproprio dell’area, versasse all’alienante COGNOME la somma percepita a titolo di indennità di espropriazione, al netto di quella in precedenza corrisposta in sede di compravendita ed ammontante a £. 3.000,00 al mq; in particolare NOME COGNOME, in proprio e in qualità di legale rappresentante della società, si era obbligato ‘a essere parte attiva e diligente affinché il Comune di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE paghi l’indennizzo per esproprio , dovuto in base a legge, svolgendo gli adempimenti che saranno necessari o opportuni al riguardo ‘. Successivamente RAGIONE_SOCIALE aveva presentato il progetto di lottizzazione relativo all’area compravenduta, affinch é il Comune di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE provvedesse alla stipula di apposita convenzione con la
società per lo svolgimento dei lavori in conformità delle prescrizioni contenute nel Progetto di Fabbricazione. La Commissione Edilizia esprimeva parere favorevole al progetto nel 1984 ma nelle more del procedimento il Comune di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE adottava nell’anno 1998 il Piano Regolatore Generale che, sostituendosi all’originario Programma di Fabbricazione, aveva modificato la destinazione d’uso del terreno, rendendolo interamente edificabile.
Ciò posto, l’attrice NOME COGNOME, considerato che la condizione dedotta nella scrittura privata non si era avverata, aveva chiesto il pagamento di £.68.820.000, dato dalla differenza di valore del terreno divenuto edificatorio, e la condanna del convenuto alla realizzazione della strada.
Si erano costituite RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, dichiarando che il terreno era stato venduto a RAGIONE_SOCIALE, la quale era subentrata in tutte le obbligazioni derivanti dalla scrittura privata e chiedendone la chiamata in causa, nonché eccependo la prescrizione e deducendo che il mancato avveramento della condizione non era da addebitare al suo comportamento. Si era altresì costituita la terza chiamata RAGIONE_SOCIALE, eccependo la nullità della scrittura privata e la prescrizione.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 776/2013 depositata il 26-4-2013 ha rigettato la domanda di condanna dei convenuti al pagamento dell’importo di £.68.820,00 dato dalla differenza di valore del terreno divenuto edificatorio e la domanda di risarcimento del danno per equivalente per la mancata realizzazione della strada, condannando l’attrice alla rifusione delle spese di lite a favore della convenuta e della terza chiamata.
2.Ha proposto appello NOME COGNOME, che la Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato con la sentenza n. 2030/2018,
condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado a favore di entrambi gli appellati.
La sentenza ha dichiarato che la parte acquirente aveva adempiuto agli obblighi su di essa incombenti, con la presentazione dell’istanza corredata da tutti i documenti necessari per la sua approvazione, così dando avvio all’attività procedimentale amministrativa; era vero che il provvedimento di autorizzazione o di diniego non era mai stato adottato dall’autorità amministrativa, ma dalle risultanze istruttorie e in particolare dalla nota di data 11-10-2010 del Comune di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non era dato evincere la circostanza che la mancata approvazione con delibera comunale del progetto di lottizzazione, malgrado l’acquisizione di tutti i pareri, approvazioni e nulla-osta, fosse stata provocata da una condotta commissiva e/o omissiva dolosa o colposa della parte acquirente la quale, avendo adempiuto agli obblighi su di sé incombenti, non poteva in alcun modo influire sull’ iter amministrativo. Quindi ha concluso che all’acquirente non poteva essere addebitato il mancato avveramento della condizione sospensiva alla quale le parti avevano sospensivamente condizionato l’efficacia dell’obbligazione pecuniaria , avente a oggetto l’indennità di esproprio che l’acquirente avrebbe percepito a seguito dell’espropriazione dell’area alienata. Ha aggiunto che l’appellante non teneva conto neppure della discrezionalità della Pubblica Amministrazione in materia urbanistica, che aveva indotto l’ A mministrazione a modificare la destinazione dell’area destinandola ad area edificabile e non aveva tenuto conto neppure della natura delle convenzioni di lottizzazione, che lasciava integra la potestà pubblicistica del Comune in materia di disciplina del territorio e di regolamentazione urbanistica, compresa la facoltà di liberarsi dal vincolo contrattuale alla stregua di esigenze sopravvenute; quindi, anche se il piano di lottizzazione fosse stato approvato, ciò non avrebbe
comportato necessariamente l’avvio della procedura espropriativa per la realizzazione della strada.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE unitamente a NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con separati controricorsi.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 24-4-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione art. 28 L. n. 1150/1942 come modificato dall’art. 8 L.n . 765/1967 -violazione art. 16 comma 9 L. n. 1150/1942, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ e censura la sentenza impugnata laddove ha dichiarato che, anche nel caso in cui il piano di lottizzazione fosse stato approvato con l’approvazione della convenzione, ciò non avrebbe comportato l’avvio da parte del Comune della procedura espropriativa, in quanto il Comune avrebbe potuto mutare la destinazione della zona interessata e anche liberarsi dal vincolo contrattuale. Evidenzia che l’approvazione del piano di lottizzazione equivale alla dichiarazione di pubblica utilità delle opere pubbliche in esso previste e nella fattispecie avrebbe comportato la dichiarazione di pubblica utilità della strada di piano generale, costituente la viabilità esterna al comparto oggetto di lottizzazione e alla quale raccordare la lottizzazione; quindi la dichiarazione di pubblica utilità avrebbe escluso che l’espropriazione del fondo fosse evento meramente futuribile.
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione degli artt. 1363, 1176, 1358, 1375, 1218 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ e lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto che l’acquirente era tenuto semplicemente a presentare la documentazione necessaria a dare corso all’ iter procedimentale. Evidenzia che in questo modo la sentenza ha trascurato la clausola del contratto di compravendita, secondo la quale l’acquirente ‘si obbliga comunque anche per i suoi successivi aventi causa a destinare detta zona a strada’; sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto, nel rispetto dell’art. 1363 cod. civ. sull’interpretazione complessiva delle clausole, mettere in correlazione tale clausola con quella della scrittura privata, perché così sarebbe giunta alla conclusione che la presentazione della domanda di lottizzazione era solo il momento iniziale per pervenire al risultato dell’effettiva destinazione a strada dell’area . Aggiunge che, sulla base di tale errore, la sentenza ha err oneamente distribuito l’onere della prova perché, se avesse recepito che obbligo dell’acquirente era quello di perseguire il risultato dell’effettiva destinazione a strada della parte di terreno e non solo quello di presentare l ‘istanza riferita alla lottizzazione, avrebbe dovuto fare gravare sulla parte convenuta le conseguenze negative del fatto che non erano emerse le ragioni del mancato perfezionamento della pratica per la lottizzazione.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione della disciplina di tutela contro il silenzio della P.A. sancita in via pretoria dal Giudice Amministrativo (a partire da C.d.S. n. 8 del 1960) e quindi recepita nell’art. 21bis L. T.A.R. e poi 31 c.p.a. violazione degli artt. 1176, 1358, 1375 , 1218 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c.’; lamenta che la sentenza impugnata abbia escluso che i convenuti fossero tenuti a esperire nel procedimento di lottizzazione iniziative di sollecito ; evidenzia che l’affermazione della sentenza
impugnata, secondo la quale l’acquirente non poteva influire sull’ iter amministrativo, era in contrasto con il principio secondo il quale al cittadino è concesso di reagire al silenzio inadempimento della Pubblica Amministrazione per ottenere il provvedimento espresso; richiamando i doveri di correttezza incombenti sulle parti anche nella pendenza della condizione, rileva che il giudice di merito avrebbe dovuto verificare se il debitore avesse esperito i rimedi nei confronti del silenzio del Comune e aggiunge che sul punto il relativo onere della prova incombeva sul debitore.
4.Deve essere esaminato logicamente per primo il secondo motivo di ricorso, che è inammissibile per la novità riferita al richiamo al significato delle clausole contrattuali aventi a oggetto la realizzazione della strada nell’ambito degli accordi intercorsi tra le parti. La sentenza impugnata non contiene alcun riferimento alla tesi esposta nel motivo, secondo la quale l’obbligo dell’acquirente era quello di ottenere il risultato della destinazione del terreno a strada; la sentenza fonda l’intera ricostruzi one dei fatti e degli accordi delle parti sulla base del dato che l’ appellante COGNOME deducesse che obbligo dell’acquirente fosse quello di versare al venditore l’indennità di esproprio nel momento in cui il terreno fosse stato espropriato e perciò l’obbligo fosse quello di svolgere l’attività affinché il Comune pagasse l’indennità di esproprio (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata). La ricorrente non indica in modo preciso in quali atti del giudizio di appello e in quali termini avesse sostenuto che il contenuto dell’accordo fosse quello di ottenere comunque la destinazione a strada della parte del terreno; si limita a dichiarare che l’obbligo di destinazione dell’area a strada era stato riconosciuto dal Tribunale quanto a esistenza e violazione, pur avendo ritenuto il Tribunale che l’attrice non av esse dimostrato il danno. Questa allegazione non è sufficiente al fine di escludere la novità delle deduzioni, determinata dal fatto che la sentenza impugnata
non dà conto in alcun modo degli argomenti secondo i quali l’interpretazione complessiva delle clausole contrattuali avrebbe dovuto condurre alla conclusione che l’impegno dell’acquirente non era riferito soltanto alla presentazione della domanda di lottizzazione, ma si estendeva sino al raggiungimento del risultato dell’effettiva destinazione a strada dell’area . Quindi, sussistono i presupposti per applicare il principio secondo il quale, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, onde consentire alla Corte di verificare ex actis l’esattezza dell’affermazione, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass. Sez. 2 9 -8-2018 n. 20694 Rv. 650009-01, Cass. Sez. 6-1 13-6-2018 n. 15430 Rv. 64933201, Cass. Sez. 1 18-10-2013 n. 23675 Rv. 627975-01).
5.Il terzo motivo presenta profili di inammissibilità in quanto, sotto la rubrica della violazione di legge, in sostanza è finalizzato a sostenere l’omesso esame da parte della sentenza impugnata della condotta dell’acquirente , con riferimento al mancato esperimento di iniziative di sollecito a fronte dell’inerzia del Comune; il motivo ex art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ. nella fattispecie è inammissibile per la preclusione posta dall’art. 348 -ter ult. co. cod. proc. civ. applicabile ratione temporis, in qu anto la sentenza d’appello ha integralmente confermato la sentenza di primo grado pubblicata il 26-4-2013.
Per il resto, gli argomenti sono irrilevanti in quanto anche ad applicare, in termini favorevoli alla ricorrente, la finzione dell’art. 1359
cod. civ. (secondo cui la condizione si considera avverata quando sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento) , comunque vale la regola secondo la quale spetta alla parte interessata la prova che l’altra parte abbia impedito il verificarsi della condizione; ciò in quanto, qualora l’acquisto di un diritto dipenda da un evento futuro e incerto rimesso al comportamento volontario di una delle parti, il suo adempimento è elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto (Cass. Sez.6-2 4-11-2021 n. 31728 Rv. 662808-02, Cass. Sez. 2 19-9-2019 n. 23417 Rv. 65525202, Cass. Sez. 2 18-4-2019 n. 10844 Rv. 653503-01, Cass. Sez. 1 83-2010 n. 5492 Rv. 611872-01). Nella fattispecie la ricorrente neppure allega l’esistenza della prova del fatto che la mancanza di iniziative di sollecito sia il dato che ha escluso l’espropriazione e perciò ha impedito il verificarsi della condizione; quindi, la condotta inerte della debitrice prospettata dalla ricorrente potrebbe rilevare esclusivamente quale violazione dei doveri di buona fede nella pendenza della condizione, con riguardo alla quale non risulta essere stata formulata alcuna domanda.
6.Il rigetto del secondo e del terzo motivo comporta l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, in quanto con questo motivo la ricorrente censura una autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata, riferita al permanere della discrezionalità della Pubblica Amministrazione in materia urbanistica ed edilizia. Deve essere applicato il principio secondo il quale, qualora la decisione di merito si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse a una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure alle altre ragioni esplicitamente oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante la definitività
delle altre, alla cassazione della decisione (Cass. Sez. 3 26-2-2024 n. 5102 Rv. 670188-01, Cass. Sez. 5 11-5-2018 n. 11493 Rv. 648023).
7.In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore di entrambe le parti controricorrenti.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi a favore dei controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi a favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege. Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione