Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3690 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9544/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonchè contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonchè contro
FONDAZIONE SANTA LUCIA ISTITUTO DI CURA A CARATTERE SCIENTIFICO;
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4582/2020 depositata il 30/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Come si evince dalla sentenza impugnata, il Tribunale di Roma con la sentenza n. 9532/2014: a) ha riconosciuto che l’IRCCS Fondazione Santa Lucia è equiparata alle aziende pubbliche ed è da considerarsi Azienda Mista, destinataria della normativa riguardante le suddette Aziende con riferimento alla presenza nella struttura dell’intero triennio clinico della Facoltà di Medicina e Chirurgia; b) ha negato il diritto al rimborso dei conseguenti maggiori costi da essa sostenuti per l’anno 2005, in quanto fissati, nella misura pari alla maggiorazione del 7% dei corrispettivi tariffari ad essa riconosciuti per la produzione sanitaria riabilitativa, con le determinazioni deliberative assunte nella seduta della
Conferenza Stato-Regioni svoltasi il 15 dicembre 2005 e con decorrenza dall’anno 2006; c) ha, pertanto, revocato il decreto ingiuntivo opposto.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso tale sentenza, formulando le seguenti conclusioni: rigettare l’opposizione presentata dall’AUSL contro il decreto n. 10734/2009, considerandola priva di fondamento; condannare l’AUSL, anche con la Regione Lazio, a pagare a RAGIONE_SOCIALE in qualità di cessionaria dei relativi crediti, la somma di Euro 3.070.541,00, oltre interessi di mora.
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 4582/2020, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato che l’RAGIONE_SOCIALE non può qualificarsi ‘azienda mista’ ex D.Lgs. n. 517 del 1999 e, pertanto, non ha diritto alla maggiorazione tariffaria oggetto della richiesta di pagamento azionata con il procedimento monitorio da parte di Ubi Factor, cessionaria del relativo credito.
Propone ricorso per cassazione Ubi RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
3.1. La ASL Roma 2 e la Regione Lazio resistono con controricorso. Hanno depositato memoria.
3.2. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1, 2 e 7 D.Lgs. n. 517 del 1999; dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e dei principi generali in materia di interpretazione degli atti normativi; dell’art. 1362 c.c., in relazione
all’interpretazione degli atti amministrativi; dei principi generali in materia di strutture private equiparate a quelle pubbliche.
La questione sollevata riguarda l’applicabilità, alla Fondazione Santa RAGIONE_SOCIALE e alla cessionaria RAGIONE_SOCIALE, della maggiorazione tariffaria prevista dall’art. 7 D.Lgs. 517/1999. Tale maggiorazione, stabilita nella misura del 7% dalla Conferenza Stato-Regioni, e confermata anche nella seduta del 15 dicembre 2005, rappresenterebbe il corrispettivo per i costi aggiuntivi sostenuti dalla Fondazione per lo svolgimento di attività didatticouniversitaria, realizzate in virtù di un Protocollo d’intesa stipulato tra l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e la Fondazione Santa Lucia.
La motivazione della sentenza impugnata si basa sui seguenti punti: la Fondazione Santa Lucia non è qualificabile come ‘azienda mista’ o ‘di riferimento’; la Regione non ha riconosciuto la Fondazione come Azienda mista; presso la Fondazione è attivo solo l’insegnamento di Neurologia e Riabilitazione motoria; la Fondazione è un soggetto di diritto privato non equiparato agli istituti di diritto pubblico. Secondo il ricorrente, tali argomentazioni sono infondate, sostenendo che la Fondazione Santa Lucia debba essere qualificata come Azienda Mista.
In particolare, il ricorrente richiama l’art. 2 D.Lgs. 517/1999, che prevede due tipologie di Aziende Ospedaliere Universitarie Sperimentali: a) azienda ospedaliera derivante dalla trasformazione di Policlinici universitari a gestione diretta; b) aziende ospedaliere costituite dalla trasformazione di presidi ospedalieri in cui prevale il corso di laurea in medicina.
Il ricorrente sottolinea che la norma è chiara nel considerare come aziende miste anche quelle operanti in strutture legate all’università, e definite ‘aziende ospedaliere integrate con l’università’.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione degli artt. 1362 e dei principi generali in materia di interpretazione del contratto; dell’art. 1374 c.c. e dei principi generali in materia di integrazione del contratto; dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; dell’art. 113 c.p.c. e del principio iura novit curia .
Secondo la ricorrente, la Corte romana non considera che il protocollo d’intesa, indicato come unico strumento regolatore dei rapporti economici tra l’Università di Roma Tor Vergata e la Fondazione Santa Lucia, è stato stipulato nel 1997, mentre la norma sulla maggiorazione tariffaria è stata introdotta solo nel 1999 (con D.Lgs. n. 517). Ritiene, pertanto, che il protocollo del 1997 non potesse contemplare tale maggiorazione. Rileva che il D.Lgs. 517/1999, disciplinando la figura dell’azienda ospedaliera integrata con l’università, ha previsto una maggiorazione tariffaria per coprire i costi aggiuntivi legati all’attività didattica svolta in queste strutture. Deduce che il protocollo d’intesa del 1997 ha continuato a regolare i rapporti, inclusi quelli economici, tra l’Università di Roma Tor Vergata e la Fondazione Santa Lucia e che, tuttavia, esso è stato necessariamente integrato, ai sensi dell’art. 1374 c.c., dalle disposizioni introdotte dal D.Lgs. 517/1999.
Sulla base di queste premesse, parte ricorrente sostiene che la Corte romana abbia offerto una interpretazione del protocollo del tutto irragionevole, ignorando completamente l’introduzione, ad opera del D.Lgs. 517/1999, del diritto della Fondazione alla maggiorazione tariffaria.
I due motivi di ricorso, congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono infondati.
Occorre preliminarmente precisare che il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante
specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (tra le tante, Cass. n. 9461/2021).
L’interpretazione serve, in presenza di oscurità o ambiguità dell’accordo delle parti, ad attribuire a quest’ultimo un significato tra più significati possibili. Il risultato di questa operazione (sempreché condotta senza violazione dei criteri legali o palesi contraddittorietà o irragionevolezze) è res facti ; come tale, essa è devoluta al giudice del merito e sottratta al riesame dei giudici di legittimità.
Ne deriva che l’interpretazione degli atti negoziali – che è riservata al giudice del merito – non è censurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi, come nel caso in esame.
Quanto detto vale anche per gli atti amministrativi, ai quali pure si applicano normalmente le regole sull’interpretazione dei contratti, dato il loro carattere generale, sia pure con le dovute differenze tratte dalla circostanza che questi ultimi sono manifestazioni di un potere di cui sono il mezzo di esercizio per il perseguimento di pubblici interessi, come conferma la giurisprudenza del Consiglio di Stato (da ultimo, Cons. St. n. 5871/2024).
Orbene, rispetto alle questioni di odierno interesse trova applicazione la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 517 del 1999.
Il citato Decreto ha introdotto il modello aziendale unico dell’Azienda Ospedaliero -Universitaria (AOU), cui è riconosciuta autonoma personalità giuridica e autonomia imprenditoriale, nei limiti della programmazione regionale e nazionale del comparto
sanitario. Tale scelta è stata funzionale allo scopo di superare quella duplicità tipologica delle strutture ospedaliere sede di attività accademiche prevista dal precedente D.Lgs. n. 502/1992, che distingueva: a) i policlinici universitari a gestione diretta, caratterizzati da una piena integrazione con la Facoltà di Medicina e Chirurgia, che ne influenzava in maniera rilevante una serie di processi decisionali; b) gli ospedali clinicizzati, strutturalmente indipendenti dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia, con la quale regolavano le attività di ricerca e di didattica sulla base di accordi e convenzioni.
Cionondimeno, l’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 517/1999 prevede che, in via transitoria e sperimentale, per un periodo di 4 anni dalla sua entrata in vigore, e quindi prima che operasse a regime la nuova classificazione di AOU, le aziende ospedaliero-universitarie si sarebbero ancora articolate in 2 tipologie organizzative: a) aziende ospedaliere costituite in seguito alla trasformazione dei policlinici universitari a gestione diretta, denominate ‘aziende ospedaliere universitarie integrate col S.S.N.’ (ex Policlinici a gestione diretta); b) aziende ospedaliere costituite mediante trasformazione dei presidi ospedalieri nei quali insiste la prevalenza del corso di laurea in medicina e chirurgia, anche operanti in strutture di pertinenza dell’università, denominate ‘aziende ospedaliere integrate con l’università’ (ex ospedali clinicizzati).
Al contempo, l’art. 7 del D.Lgs. 517/1999 individua il procedimento di costituzione delle aziende ospedaliere integrate con l’università, all’uopo richiamando quello disciplinato dall’art. 4 D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e prevede che la proposta regionale sia formulata d’intesa con l’università. In particolare, il comma 4 dell’art. 4 del D.Lgs. 502/1992 (poi abrogato dall’art. 4, comma 3, del D.Lgs. 229/1999) prevedeva che le Regioni potessero costituire in azienda i presidi ospedalieri in cui
insisteva la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico delle Facoltà di Medicina e Chirurgia.
In sostanza, sulla base del delineato quadro normativo, ovvero dell’art. 2 e dell’art. 7 del D.Lgs. n. 517 del 1999, si evince che: ai fini della costituzione di Aziende Ospedaliere Integrate con l’Università di cui ai citati articoli, è previsto apposito procedimento; pertanto, la Fondazione, in assenza del formale riconoscimento, deve essere qualificata quale ente avente natura privata e – dunque non ricompreso nella categoria di cui all’art. 2, comma 2, lett. b), del menzionato decreto.
In conclusione, risulta evidente, in contrasto con quanto sostenuto dalla ricorrente, che la costituzione delle Aziende Ospedaliere Integrate con l’Università, così come disciplinata dall’art. 2 del D.Lgs. n. 517 del 1999, è subordinata ad un procedimento formale e specifico. Tale procedimento rappresenta una condizione necessaria per il riconoscimento di una struttura come Azienda Ospedaliera Integrata, in quanto volto a verificare la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, compreso il ruolo centrale dell’attività didattico -formativa nell’ambito della Facoltà di Medicina.
Alla luce di ciò, in assenza di un formale riconoscimento, la Fondazione Santa Lucia non può essere ricompresa nella categoria di cui al citato articolo. Essa, infatti, deve essere qualificata come ‘Ente di natura privata’, non assimilabile alle Aziende Ospedaliere Pubbliche Integrate con l’Università.
Questa conclusione si fonda non solo sulla mancanza del procedimento di riconoscimento ex art. 7 del D.Lgs. 517/1999 (la Regione, infatti, è rimasta totalmente estranea al protocollo del 1997 tra Università di Roma Tor Vergata e Fondazione Santa Lucia), ma anche sull’assenza di elementi essenziali richiesti dalla norma, come lo svolgimento del triennio clinico di formazione della Facoltà di Medicina che non risulta attivo presso la Fondazione. È
presente, invece, solo l’insegnamento di Neurologia e Riabilitazione motoria, secondo quanto previsto dal protocollo d’intesa stipulato con l’Università di Roma Tor Vergata nel 1997, che rappresenta un singolo modulo del corso di Neurologia.
Pertanto, in assenza di un formale riconoscimento e del requisito relativo allo svolgimento della attività didattiche previste dall’articolo citato, risulta priva di rilievo la presunta assimilazione della Fondazione alle strutture pubbliche.
Alle medesime conclusioni è giunto, del resto, in altre occasioni, anche il giudice amministrativo. Nella Sentenza n. 4930/2012, il Consiglio di Stato ha infatti dichiarato che, con riferimento alla stessa Fondazione Santa Lucia, «non emergono gli indici rivelatori in presenza dei quali, secondo i consolidati canoni della giurisprudenza amministrativa, possa riconoscersi all’Istituto convenuto la natura di persona giuridica pubblica», ciò che ha motivato rilevando l’assenza degli indici di riconoscimento degli enti pubblici. Ha, infatti, osservato che: a) gli scopi perseguiti nel settore della ricerca ed in quello dell’assistenza non sono tali da attribuire alla Fondazione natura di persona giuridica pubblica, poiché essi non sono dall’ordinamento riservati in via esclusiva allo Stato e/o ad altri enti di diritto pubblico; b) difetta ogni ingerenza della Regione per ciò che riguarda il controllo contabile e finanziario dell’Istituto e l’approvazione dei bilanci, peculiare invece alle Aziende sanitarie pubbliche; c) non esistono poteri esterni di nomina dei vertici dell’Istituto e del management; d) la gestione del personale è libera da regole pubblicistiche e di accesso concorsuale, oltreché dai limiti del turn over; e) l’approvvigionamento dei mezzi e delle risorse non soggiace alle regole dell’evidenza pubblica. Ha perciò concluso che «la posizione dell’I.R.C.C.S. convenuta è omologa a quella degli altri soggetti privati che operano nel servizio sanitario regionale in regime di accreditamento».
Del resto, sin dalla legge istitutiva del S.S.N., la disciplina degli I.R.C.C.S. si è connotata in termini di ‘specialità’ rispetto all’organizzazione generale del S.S.N.; ciò soprattutto per la presenza di due distinte categorie di I.R.C.C.S. (gli I.R.C.C.S. di diritto pubblico e gli I.R.C.C.S. di diritto privato), che si identificano in funzione della personalità giuridica riconosciuta agli Istituti.
Per queste ragioni, l’inquadramento della Fondazione Santa Lucia non può prescindere dalla sua natura giuridica privata, che la esclude dalla categoria prevista dall’art. 2 del D.Lgs. n. 517 del 1999, confermando, così, la carenza dei presupposti per il riconoscimento dei benefici riservati alle Aziende Ospedaliere Integrate con l’Università.
Queste conclusioni risultano comprovate anche da un’ulteriore pronuncia del Consiglio di Stato. Quest’ultimo, infatti, nella Sentenza n. 879/2013, ha rilevato che era comunque l’AOU ‘Policlinico Tor Vergata’ a conservare la qualifica di ‘azienda ospedaliera’ (e non la Fondazione Santa Lucia), nonostante l’Università di Roma Tor Vergata, con il Protocollo d’intesa stipulato il 24 novembre 1997, avesse decentrato parte della sua attività formativa presso la Fondazione Santa Lucia. L’AOU ‘Policlinico Tor Vergata’ risulta, pertanto, la sola legittima destinataria della maggiorazione tariffaria prevista dall’art. 7 D.Lgs. 517/1999; maggiorazione che non può costituire oggetto di un doppio riconoscimento da parte della Regione.
Ne deriva che, relativamente alle vicende per cui è causa, correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto che la Fondazione non avesse titolo alla percezione della maggiorazione tariffaria ex art. 7 D.Lgs. n. 517/1999; ciò, dunque, non può sostenersi, a fortiori, neanche per la cessionaria Ubi Factor.
Pertanto, la Corte rigetta il ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 23.000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza