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Luci e vedute: la Cassazione chiarisce i criteri

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12750/2025, ha chiarito la distinzione tra luci e vedute. Nel caso esaminato, due finestre sono state classificate come luci irregolari e non vedute, poiché non permettevano un comodo affaccio a una persona di statura ordinaria. La Corte ha stabilito che la possibilità di guardare sul fondo del vicino (prospectio) deve essere agevole. Se per affacciarsi è richiesta una statura eccezionale (nel caso specifico, superiore a 1,92 metri), l’apertura non può essere considerata una veduta e non gode della relativa tutela possessoria. La decisione conferma la sentenza d’appello, respingendo il ricorso dei proprietari delle finestre.

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Luci e Vedute: Quando una Finestra non è una Veduta? La Cassazione Spiega

La distinzione tra luci e vedute è una questione classica e fondamentale nel diritto immobiliare, con implicazioni dirette sui rapporti di vicinato e sul diritto di proprietà. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12750/2025) è tornata su questo tema, offrendo un’analisi dettagliata dei criteri oggettivi necessari per qualificare un’apertura come veduta, in particolare soffermandosi sul concetto di affaccio comodo per una persona di “ordinaria statura”.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un ricorso possessorio presentato dai proprietari di un immobile che lamentavano la lesione del loro diritto di veduta a causa di lavori edilizi intrapresi dal vicino. Secondo i ricorrenti, due finestre al secondo piano del loro edificio, che si affacciavano sulla proprietà confinante, erano state parzialmente ostruite, impedendo il pacifico godimento delle vedute.

Il proprietario confinante si era costituito in giudizio, contestando la natura di vedute delle aperture e presentando una domanda riconvenzionale per la presunta pericolosità statica di una sopraelevazione realizzata dai ricorrenti.

Dopo un iter giudiziario complesso, la Corte d’Appello aveva riformato la decisione di primo grado, stabilendo che le due aperture in questione non potevano essere qualificate come vedute, bensì come semplici luci irregolari, revocando di conseguenza l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi.

I proprietari, insoddisfatti, hanno quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Questione delle Luci e Vedute Davanti alla Cassazione

Il cuore del ricorso si basava su tre motivi principali. Il primo riguardava la violazione di un presunto giudicato esterno. Il secondo, e più rilevante, contestava l’errata qualificazione giuridica delle aperture come luci irregolari anziché come vedute. Il terzo motivo, infine, lamentava la violazione delle norme sull’efficacia di una scrittura privata tra i precedenti proprietari.

La Corte di Cassazione ha analizzato dettagliatamente ogni motivo, concentrandosi in particolare sulla corretta applicazione dell’art. 900 del codice civile, che definisce le vedute. La Corte ha dovuto stabilire se le conclusioni della Corte d’Appello fossero corrette nel negare la qualifica di veduta alle finestre oggetto del contendere.

Il Criterio della “Persona di Ordinaria Statura”

Il punto cruciale della decisione è stata l’interpretazione del requisito della prospectio, ovvero la possibilità di affacciarsi e guardare sul fondo del vicino. La Corte d’Appello, basandosi sulle risultanze della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), aveva accertato che, per sporgersi da quelle finestre, era necessario superare una quota complessiva (davanzale + telaio + spessore del muro) di 1,92 metri.

Secondo i giudici di merito, tale altezza rendeva l’affaccio impossibile per una persona di statura media, e di conseguenza le aperture non potevano essere considerate vedute. La Cassazione ha corretto e precisato questo ragionamento. Il parametro corretto non è la “statura media”, ma la “statura ordinaria”. Pur con questa precisazione terminologica, la Suprema Corte ha ritenuto corrette le conclusioni della sentenza impugnata. Un’altezza di affaccio di 1,92 metri è “certamente di gran lunga superiore all’altezza propria di una persona di ordinaria statura”, rendendo l’affaccio non comodo e, pertanto, escludendo la natura di veduta.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la natura di veduta o luce di un’apertura deve essere accertata sulla base delle sue caratteristiche oggettive, a prescindere dall’intenzione di chi l’ha realizzata. Una veduta si distingue da una luce perché implica, oltre all’inspectio (guardare dentro), anche la prospectio (affacciarsi e guardare frontalmente, obliquamente e lateralmente). Se la prospectio non è agevole per una persona di statura ordinaria, l’apertura si qualifica come luce, anche se irregolare. In tal caso, il vicino non può chiederne la chiusura, ma solo la regolarizzazione.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la valutazione della Corte d’Appello fosse immune da vizi. Le caratteristiche costruttive delle finestre (altezza del davanzale, spessore del muro, apertura a bilico) oggettivamente non consentivano un comodo affaccio. Pertanto, la loro classificazione come luci irregolari era corretta e, di conseguenza, non godevano della tutela possessoria tipica delle vedute.

La Cassazione ha anche respinto gli altri motivi di ricorso. Ha chiarito che il presunto giudicato esterno non era applicabile per una differenza soggettiva tra le parti dei due processi. Ha inoltre definito inammissibile il motivo relativo alla scrittura privata del 1970, spiegando che la Corte d’Appello l’aveva menzionata solo ad abundantiam (cioè per completezza) per spiegare il contesto storico della realizzazione delle finestre, senza attribuirle alcuna efficacia vincolante tra le parti attuali.

Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza ribadisce l’importanza dei criteri oggettivi e fattuali nella distinzione tra luci e vedute. Il principio cardine è che una veduta deve consentire un affaccio comodo, valutato sulla base di una “persona di statura ordinaria”. Quando le caratteristiche costruttive di un’apertura rendono l’affaccio difficoltoso o possibile solo a persone di statura eccezionale, essa va classificata come luce, con conseguenze giuridiche significativamente diverse in termini di tutela e di diritti del vicino.

Qual è la differenza fondamentale tra una ‘luce’ e una ‘veduta’ secondo la Corte di Cassazione?
La differenza principale risiede nella possibilità di un comodo affaccio sul fondo del vicino (prospectio). Una veduta consente di guardare e affacciarsi agevolmente, mentre una luce permette solo il passaggio di aria e luce ma non un affaccio comodo. Solo la veduta gode di una specifica tutela possessoria contro le ostruzioni.

Come si determina se un affaccio è ‘comodo’ per qualificare un’apertura come veduta?
L’affaccio deve essere comodo per una ‘persona di ordinaria statura’. Non si fa riferimento a una ‘statura media’ ma a un parametro di normalità. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che un’altezza di 1,92 metri da superare per affacciarsi fosse ben al di sopra di quella di una persona di statura ordinaria, escludendo quindi la comodità dell’affaccio.

Un accordo privato tra i precedenti proprietari sulla natura di un’apertura è vincolante per i nuovi proprietari se non trascritto?
No. La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso su questo punto, chiarendo che la sentenza d’appello aveva richiamato la scrittura privata non per attribuirle efficacia vincolante tra le parti attuali del giudizio, ma solo per spiegare il contesto storico e le ragioni per cui le finestre erano state realizzate con quelle particolari caratteristiche nel 1970.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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