Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14608 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14608 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13393/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in FRIGENTO V. SCHEDA DI CELIO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (DVNFLC42P09D798M) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (DVNMCL75L17F839M)
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE 24/2016
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE ROMA n. 3500/2017 depositata il 19/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l’ammissione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in privilegio per l’importo di € 202.416,98, di cui € 117.729,00 per capitale, oltre interessi e spese e compenso del collegio arbitrale, credito risultante da « lodo arbitrale» in data 27 novembre 2014 divenuto definitivo in assenza di impugnazione. Risulta dal decreto
impugnato che il lodo non è stato depositato prima della dichiarazione di fallimento (14 gennaio 2016) nella cancelleria ai fini dell’emissione del decreto esecutività , che non è stato notificato alla società poi fallita ai fini della proposizione di impugnazione, che l’istanza per declaratoria di esecutività è stata depositata il 14 luglio 2016, dopo la dichiarazione di fallimento, e che la dichiarazione di esecutività è avvenuta in data 15 luglio 2016.
Il giudice delegato non ha ammesso il credito, per mancanza nel lodo dell’ exequatur (art. 825, primo comma, cod. proc. civ.) in epoca precedente la dichiarazione di fallimento e quindi perché inopponibile alla massa.
Il Tribunale di Roma, con il decreto qui impugnato (per quanto qui rileva), ha rigettato l’opposizione. Ha ritenuto il Tribunale insufficiente, ai fini dell’opponibilità del lodo , il mero deposito, reputando necessaria la declaratoria di esecutività, nella specie intervenuta in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento in data 14 gennaio 2016, né essendo a essa equiparabile la attestazione di assenza di impugnazioni avverso il lodo. Solo per effetto dell’esecutività il lodo arbitrale riceverebbe , secondo il Tribunale, natura di sentenza, che, in assenza di esecutività intervenuta prima del fallimento, sarebbe equiparabile a una sentenza intervenuta dopo il fallimento e, quindi, inopponibile. Ha osservato, inoltre, il giudice del merito, che gli arbitri non sono equiparabili a pubblici ufficiali, per cui il lodo arbitrale equivarrebbe a una scrittura privata, per la quale occorre la data certa ex art. 2704 cod. civ.
Propone ricorso per cassazione il creditore, affidato a otto motivi, non numerati. Il fallimento intimato non si è costituito in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., « erroneo e/o omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio » oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla comunicazione del lodo alle parti. Osserva parte ricorrente che il lodo sarebbe stato « consegnato» a mani del procuratore della società dichiarata fallita in data 28 novembre 2014 e sarebbe stato oggetto di deposito anche nel procedimento concordatario in data 18 dicembre 2015. Osserva, inoltre, il ricorrente, che allo stato passivo del fallimento sarebbero stati ammessi anche gli arbitri.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non indica né la ragione di decisività di tali fatti, né in quale fase processuale tali fatti storici siano stati rappresentati e, soprattutto, se gli stessi siano stati rappresentati al giudice dell’opposizione , dovendo il ricorrente indicare il « come» e il « quando» il fatto storico è entrato nella discussione processuale, nonché la decisività dei fatti ai fini della decisione (Cass., Sez. U., n. 8053/2014).
Con un secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., violazione degli artt. 824bis e 819 cod. proc. civ., nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto che in assenza della formula esecutiva il lodo sarebbe inefficace nei confronti dei terzi. Osserva parte ricorrente che il lodo arbitrale rituale ha efficacia di sentenza dall’ultima sottoscrizione, trattandosi di decisione giurisdizionale, benché affidata a privati, destinata a passare in cosa giudicata.
Il motivo viene ripreso in due censure successive (terzo e quarto motivo), anch’ess e non autonomamente numerate, attinenti al medesimo parametro normativo e ai medesimi profili denunciati con il secondo mezzo, evidenziandosi come la esecutorietà costituisce una pura eventualità che nulla aggiunge alla natura del lodo arbitrale.
n. 13393/2019 R.G.
Con un quinto motivo si deduce, sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., erronea interpretazione dell’art. 45 l. fall., deducendo l’opponibilità del lodo dalla mancata impugnazione da parte della società dichiarata fallita.
Con un sesto motivo si deduce, sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., erronea interpretazione dell’art. 828 , secondo comma, cod. proc. civ. Parte ricorrente ritorna sulla opponibilità del lodo al fallimento, osservando come il termine di non impugnabilità del lodo decorra dall’ultima delle sottoscrizioni, a conferma della equiparazione tra lodo arbitrale rituale e sentenza.
I motivi dal secondo al sesto, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati per quanto di ragione. Preliminarmente va dato atto che i motivi, pur rubricati come omesso esame di fatto decisivo, nella sostanza veicolano una violazione di legge, compiutamente esposta nel corpo dei singoli motivi. Va richiamato, al proposito, il precedente di questa Corte, al quale va data continuità, secondo cui nell’ opposizione allo stato passivo il lodo arbitrale rituale, in quanto pienamente assimilabile ad una sentenza giurisdizionale dal momento dell’ultima sottoscrizione, a norma dell’art. 824bis cod. proc. civ., è come tale opponibile alla procedura fallimentare dalla data dell’ultima sottoscrizione, data alla quale il provvedimento viene a esistenza e comincia a produrre i suoi effetti (Cass., n. 2840/2025).
Sotto questo profilo va rilevato che -benché il ricorrente si limiti a dedurre la natura rituale del lodo (pag. 4 ricorso) senza addurre specifici elementi -il dubbio sull’interpretazione dell’effettiva volontà dei contraenti di conferire all’emanando lodo natura rituale o irrituale va risolto nel senso della ritualità dell’arbitrato, tenuto conto della natura eccezionale della deroga alla norma per cui il lodo ha efficacia di sentenza giudiziaria (Cass.,
6909/2015), interpretazione confermata nel caso di specie dal fatto che si è controverso dell’omessa impugnazione del lodo. In quanto parificato alla sentenza, il lodo deve ritenersi opponibile alla massa dei creditori. Il decreto impugnato non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi e va cassato.
Con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo nella parte in cui la sentenza ha dichiarato inammissibile la domanda di ammissione dell’imposta di registro , osservando che il tribunale avrebbe erroneamente valutato gli atti di causa, dai quali risulterebbe che la domanda era già stata formulata in sede di formazione dello stato passivo, riservando all’ opposizione la mera quantificazione del credito.
Il settimo motivo è inammissibile per difetto di specificità in quanto, in disparte l ‘improprio riferimento all’omesso esame di un fatto storico (laddove il motivo investe la valutazione dei documenti), il ricorrente non ha trascritto gli atti processuali al fine di verificare la circostanza dedotta nel motivo.
Con un ottavo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., per non avere il tribunale valutato i danni causati dalla società fallita alla ricorrente. L ‘ottavo motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento dei superiori motivi.
Il decreto impugnato va, pertanto, cassato con rinvio per nuovo esame del lodo. Al giudice del rinvio è rimessa la decisione anche delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi dal secondo al sesto per quanto di ragione, dichiara inammissibili il primo e il settimo motivo, dichiara assorbito l’ottavo motivo ; cassa il decreto impugnato, con rinvio al n. 13393/2019 R.G.
Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per la