Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19837 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19837 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
Oggetto
LOCAZIONE USO DIVERSO
Oggetto – Area destinata all’installazione di chiosco-bar Asserita natura concessoria del rapporto Inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale
R.G.N. 31252/2021
COGNOME
Rep.
sul ricorso 31252-2021 proposto da:
Ud. 30/1/2025
NOME domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME Adunanza camerale
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘, domiciliato ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri o difensore come in atti, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza n. 390/2021 d ella Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, depositata in data 18/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 30/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 390/21, del 24 novembre 2021, della Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, che in accoglimento solo parziale del gravame da essa esperito avverso la sentenza n. 560/20, del 18 giugno 2020, del Tribunale di Sassari (rigettato, invece, il gravame incidentale del Comune di Sorso) -ne ha riconosciuto l’interesse ad agire, escluso dal primo giudice, per il resto rigettando, nel merito, la domanda da essa proposta.
In particolare, la COGNOME -previo accertamento della natura di contratto di locazione ad uso commerciale del l’atto con il quale il Comune di Sorso le aveva concesso, in data 9 gennaio 2008, l’utilizzazione di un terreno sito in Marina di Sorso, al fine installare un chiosco bar -aveva agito per la declaratoria di nullità della clausola che prevedeva la durata annuale del rapporto, con conseguente sostituzione della stessa ex art. 27, comma 5, della legge 27 luglio 1978, n. 392.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di aver agito, ex art. 447bis cod. proc. civ., nei confronti del Comune di Sorso, il quale, costituitosi in giudizio, eccepiva l’esistenza di un giudicato amministrativo in ordine alla natura non contrattuale del rapporto, resistendo, comunque, alla domanda. Assumeva il Comune, in particolare, che il chiosco -del quale aveva ordinato la demolizione in quanto abusivo (con provvedimento impugnato dalla Sanna innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, che dichiarava, però, irri cevibile l’impugnazione) –
insisteva su terreno per metà appartenente al demanio marittimo e per metà al patrimonio comunale indisponibile.
Il giudice di prime cure, come detto, dichiarava il difetto di interesse ad agire della COGNOME, sul rilievo che il ricorso ex art. 447bis cod. proc. civ. -anche ad ammettere che quello corrente tra le parti fosse un rapporto di locazione -fosse stato promosso il 1° aprile 2019, e dunque dopo il sessennio di eventuale durata del rapporto contrattuale, stante l’assenza di una tacita clausola di rinnovo nell’atto del 9 gennaio 2008.
Esperito gravame, in via di principalità, dalla Sanna, nonché in via incidentale dal Comune di Sorso (in questo caso, per reiterare l’eccezione di giudicato sulla natura non contrattuale del rapporto), il giudice d’appello accoglieva solo il primo, peraltro limitatamente al riconoscimento dell’interesse ad agire dell’odierna ricorrente, la cui domanda, nel merito, veniva rigettata.
Avverso la sentenza della Corte sarda ha proposto ricorso per cassazione la COGNOME, sulla base -come detto -di cinque motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione/falsa applicazione dell’art. 826 cod. civ., nonché (ai sensi, questa volta, dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.) degli artt. 115, 116, 117, comma 1, cod. civ. ( sic .) e 132, comma 1 ( sic .), n. 4), cod. proc. civ.
Si censura la sentenza impugnata là dove afferma che la natura concessoria del rapporto emergerebbe dalla circostanza che l’area oggetto dello stesso ‘risulta essere di proprietà dell’Ente in forza di una Convenzione di lottizzazione’ e che essa è stata ‘destinata, dal Comune, ai lavori di «RAGIONE_SOCIALELido», ovvero progettata e destinata ad un
pubblico servizio per le attività di assistenza alla balneazione e come tale riconducibile alla previsione dell’art. 826 cod. civ.’.
Senonché, sostiene la ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe violato e falsamente applicato l’art. 826 cod. civ., ‘alla luce delle evidenze processuali disponibili e totalmente omesse dalla Corte territoriale’. Per un verso, infatti, essa ha richiamato a dimostrazione di suddetta qualificazione giuridica alcuni documenti (quelli prodotti dal Comune e contrassegnati come 4, 5 e 9) inidonei a tale scopo. Per altro verso, poi, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare l’atto amministrativo prodotto da essa Sanna, costituto dalla determinazione n. 21 del 16 settembre 2013 del Comune di Sorso, con cui l ‘Ente municipale ‘dichiara la volontà di vendere (in subordine locare) il complesso balneare’, nel quale ricade pure l’area per cui è causa, donde la ‘evidente impossibilità ed incompatibilità’ di attribuirvi ‘carattere di bene indisponibile ai sensi dell’art. 826 cod. civ.’.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -‘nullità della sentenza per assenza di motivazione in relazione alla violazione dell’art. 132, comma 1 ( sic .), n. 4), cod. proc. civ. ‘ , oltre a mancata valutazione di documenti decisivi per la controversia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. (vale dire, la già citata determinazione comunale n. 21 del 2013), per ‘contraddittorietà tra il dato esistente in atti’, e cioè ‘la volontà dell’ente di cedere l’area’, e ‘quello preso in considerazione dal giudice’, sicché la sentenza recherebbe una ‘motivazione astratta delle ragioni poste a fondamento della sua decisione’, risultando ‘non collegata a dati istruttori’.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865,
n. 2248 e dell’art. 58 del decreto -legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008, n. 133, nonché dell’art. 822 cod. civ. e degli artt. 115, 116 e 117, comma 1, cod. civ. ( sic .).
Si censura la sentenza impugnata là dove ha affermato che, ‘sotto altro profilo va a confermare la natura concessoria del rapporto anche l’ulteriore circostanza emergente dagli atti già rilevata in sede di giudizio al TAR -che il chiosco bar di proprietà di Sanna insiste per metà su area demaniale ex art. 822 cod. civ., come si ricava dal documento 2 in atti, ossia l’estratto del Piano di Utilizzo dei Litorali del Comune di Sorso’.
Evidenzia la ricorrente che il documento in questione, oltre ad essere un atto ‘auto -confezionato dallo stesso Ente’ , è ‘in aperta contraddizione con la volontà dello stesso di cedere l’area come risulta dalla determinazione n. 21/2013’ già richiamata.
Si sottolinea, inoltre, come la violazione dell’art. 822 cod. civ., da parte della sentenza impugnata, derivi dal fatto che l’appartenenza di un bene al demanio naturale marittimo necessario -secondo la giurisprudenza di questa Corte -si pone ‘quale cons eguenza della presenza di connotazioni fisiche considerate dalla legge, e ciò indipendentemente da atti ricognitivi dell’amministrazione o da formalità pubblicitarie come appunto l’estratto P.U.L.’. La Corte territoriale, pertanto, avrebbe dovuto -ex art. 5 della legge n. 2248 del 1865 -disapplicare incidentalmente tale atto, al pari della delibera di approvazione del P.U.L. stesso, la n. 46 del 18 novembre 2013, non avendo essi ‘efficacia costitutiva della demanialità dell’area’, ovvero, in subordine, avrebbe dovuto dare corso ad una CTU (come richiesto da essa Sanna) per ‘accertare le caratteristiche intrinseche del bene’.
3.4. Il quarto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., ‘per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili in sentenza’, giacché essa, per un verso, ha respinto l’appell o incidentale del Comune di Sorso avendo escluso l’esistenza del giudicato amministrativo sulla natura concessoria del rapporto, ma ha, per altro verso, utilizzato proprio il ‘ dictum ‘ del TAR per la Sardegna per confermare la demanialità dell’area e, dunque, la natura concessoria del rapporto, senza, peraltro, che il giudice amministrativo di primo grado si fosse mai pronunciato sul merito della questione, avendo ritenuto irricevibile, per tardività, l’impugnazione dell’ordine di demolizione (la cui le gittimità, peraltro, in riforma della decisione del TAR, la Sanna assume essere stata affermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 7773/19).
3.5. Il quinto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -violazione/falsa applicazione dell’art. 27, comma 5, della legge n. 392 del 1978 e ‘omessa sostituzione ex lege della durata del rapporto locatizio’.
Assume la ricorrente che, in conseguenza di quanto dedotto, la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la nullità della clausola che prevedeva la durata annuale del rapporto e procedere alla sua sostituzione ‘ ex lege ‘.
Ha resistito all’avversaria impugnazione , con controricorso, il Comune di Sorso, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, nonché proponendo ricorso incidentale, che ha qualificato come ‘ non condizionato ‘, sulla base di quattro motivi.
4.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -difetto di motivazione e violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e 111 Cost.
Si censura la sentenza impugnata, là dove ha ritenuto di riformare la decisione del primo giudice, che aveva dichiarato la carenza di interesse ad agire della Sanna, ‘omettendo si esaminare l’eccezione formulata dal Comune sul punto’ e riproposta a norma d ell’art. 346 cod. proc. civ.
L’odierno ricorrente incidentale, infatti, aveva argomentato il difetto di interesse ad agire della Sanna sul rilievo che il P.U.L., approvato da esso Comune (e non impugnato dalla stessa), prevedeva la rimozione del chiosco, destinando l’area su lla quale esso sorge a pertinenza del c.d. ‘Lido di Sorso’, affidato in concessione a terzi, nonché impediva la realizzazione di qualsiasi ulteriore struttura diversa da quelle espressamente menzionate nel P.U.L.
Su tale questione la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi.
4.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -violazione dell’art. 100 cod. proc. civ.
Viene lamentato che la Corte territoriale, ‘ignorando tale fondamentale questione’, ovvero quella già fatta oggetto del secondo motivo, si sarebbe posta ‘in aperta violazione del principio di cui all’art. 100 cod. proc. civ.’.
4.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -‘violazione dei principi di diritto sull’ordine logico di decisione dei diversi punti di una domanda giudiziale’, con conseguente ‘violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ.’.
Si duole il Comune di Sorso che il giudice d’appello a bbia esaminato prioritariamente il suo gravame incidentale, ancorché
proposto in via subordinata e che, pertanto, neppure avrebbe dovuto esaminare, se avesse analizzato, per respingerlo come ha poi fatto, il gravame della Sanna. Di conseguenza, non sussisteva l’ipotesi della soccombenza reciproca, alla base della decisione in punto spese.
4.4. Il quarto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -‘violazione dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
Per le stesse ragioni già illustrate con il terzo motivo sarebbe egualmente errata la condanna al raddoppio del contributo unificato.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Entrambi i ricorsi sono inammissibili.
Inammissibile è, infatti, in ogni suo motivo, il ricorso principale.
9.1. Tale vizio inficia, innanzitutto, il primo motivo di ricorso, in relazione ad entrambe le censure in cui si articola.
9.1.1. Quanto, infatti, alla violazione dell’art. 826 cod. civ., la censura è prospettata ‘alla luce delle evidenze processuali disponibili e totalmente omesse dalla Corte territoriale’, ovvero secondo una modalità che è estranea al ‘perimetro’ di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ.
Difatti, il vizio di violazione di legge ‘consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità’ (‘ ex multis ‘, Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 652549-02). E ciò in quanto il vizio di sussunzione ‘postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di m erito’ (Cass. Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, n. 6035, Rv. 648414-01; in senso analogo, più di recente, Cass. Sez. 3, ord. 16 luglio 2024, n. 19651, Rv. 671812-01). Ne consegue, quindi, che il ‘discrimine tra l’ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l’ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo que st’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa’ (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 26 febbraio 2021, n. 5442).
Quanto, invece, alla censura di omesso esame della determinazione n. 21/2013 (o meglio, del fatto storico che essa attesterebbe, vale a dire l’impossibilità di attribuire natura indisponibile al terreno oggetto della concessione/contratto), l’inammissibili tà deriva dalla constatazione che la ricorrente non si doveva limitare a dedurre quale fosse il fatto ‘omesso’ e la sua ‘decisività’, nonché il ‘dato’, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, ma anche -ciò che non risulta avvenuto -il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale (cfr., Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8054, Rv. 629831-01; in senso conforme, tra le più recenti, Cass. Sez. 3, sent. 11 aprile 2017, n. 9253, Rv. 643845-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 10 agosto 2017, n. 19987, Rv. 645359-01), oltre alla sua decisività.
9.2. Anche il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile.
9.2.1. Difatti, il supposto vizio motivazionale è prospettato attraverso un confronto con le risultanze istruttorie, così contravvenendo al principio secondo cui la sua rituale denuncia presuppone che esso ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sen tenza impugnata’ (Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 62983001), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass. Sez. 1, ord. 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata, nonché Cass. Sez. 1, ord. 3 marzo 2022, n. 7090, Rv. 664120-01), essendo il vizio di motivazione, ormai, solo ‘testuale’ (come rammenta, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 5 marzo 2024, n. 5792, al § 10.9.).
9.3. Inammissibile è pure il terzo motivo del ricorso principale.
9.3.1. Esso investe quella che risulta essere una ‘ ratio decidendi ‘ aggiuntiva, espressa dalla Corte territoriale per corroborare la conclusione della natura concessoria (e non contrattuale) del rapporto per cui è causa.
La sentenza impugnata, difatti, ha fondato tale conclusione, innanzitutto, sul rilievo che l’area oggetto della concessione ‘risulta essere stata destinata, dal Comune, ai lavori di «Sistemazione dei RAGIONE_SOCIALE», ovvero ‘alla «struttura» progettata e destinata ad un pubblico servizio per le molteplici attività di assistenza alla balneazione’.
Solo, dunque, ‘a confermare la natura concessoria del rapporto’ essa ha addotto pure la demanialità dell’area sulla quale, per metà, indica insistere il chiosco della Sanna; sicché la censura che investe tale seconda ‘ ratio decidendi ‘ -avendo la prima di esse ‘resistito’ alle censure proposte con i precedenti motivi di ricorso -giammai potrebbe condurre all’accoglimento dell’impugnazione.
Deve, infatti, darsi seguito al principio secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza (o inammissibilità) delle censure mosse ad una delle « rationes decidendi » ‘rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa’ (Cass. Sez. 5, ord. 11 maggio 2018, n. 11493, Rv. 648023-01; in senso analogo già Cass. Sez. Un., sent. 29 marzo 2013, n. 7931, Rv. 625631-01; Cass. Sez. 3, sent. 14 febbraio 2012, n. 2108, Rv. 621882-01).
9.4. Il principio da ultimo richiamato impone di ritenere inammissibile anche il quarto motivo, che investe la medesima (e ulteriore, come detto ) ‘ ratio decidendi ‘ .
9.4.1. In ogni caso deve escludersi la sussistenza della denunciata ‘irriducibile contraddittorietà’ .
Invero, la circostanza che la Corte territoriale abbia escluso l’esistenza di un giudicato amministrativo sulla natura concessoria del rapporto (avendo rilevato che il giudizio innanzi al TAR per la Sardegna si era concluso con declaratoria di irricevibilità del ricorso della Sanna, sicché ogni considerazione sul merito della controversia costituiva un semplice ‘ obiter dictum ‘) non impediva alla stessa, nel contempo, di trarre elementi, volti a corroborare tale conclusione, da quanto accertato in quel giudizio, e ciò perché ad impedire l’irretrattabilità tali accertamenti sono state ragioni esclusivamente ‘processuali’.
9.5. Il quinto motivo appare inammissibile, trattandosi di un ‘non motivo’ , prospettando la violazione dell’art. 27 della legge n. 392 del 1978 quale conseguenza dell’erroneo apprezzamento dei fatti di causa.
9.5.1. Trova, pertanto, applicazione il principio secondo cui ‘il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, che, nel giudizio di cassazione, risolvendosi in un «non motivo», è sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 4), cod. proc. civ.’ (Cass.
Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01; Cass. Sez.
1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01).
Anche il ricorso incidentale è inammissibile.
10.1. Il primo motivo è inammissibile.
10.1.1. Deve, infatti, richiamarsi il principio secondo cui il ‘vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali’ (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 15 aprile 2019, n. 10422, Rv. 653579-01; nello stesso senso Cass. Sez. 3, sent. 11 ottobre 2018, n. 25154, Rv. 651158-01; Cass. Sez. 2, ord. 25 gennaio 2018, n. 1876, Rv. 647132-01, nonché tra le altre, anche Cass. Sez. 3, sent. 23 gennaio 2009, n. 1701, Rv. 606407-01), giacché esso ‘si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito’ (Cass. Sez. 6 -2, sent. 12 gennaio 2016, n. 321, Rv. 638383-01, da ultimo pure Cass. Sez. 3, ord. 16 ottobre 2024, n. 26913, Rv. 672535-01).
10.2. Stesso esito s’impone per il secondo motivo.
10.2.1. L’impossibilità di configurare l’omessa pronuncia quella questione relativa al difetto di interesse ad agire della COGNOME rende la censura inammissibile, prospettando violazione dell’art. 100 cod. proc. civ., sul presupposto che la Corte territoriale avrebbe dovuto riconoscere tale carenza di interesse.
10.3. Inammissibile è pure il terzo motivo.
10.3.1. La compensazione delle spese del secondo grado di giudizio -peraltro, disposta solo per la metà -non è stata basata su lla reiezione dell’appello incidentale, come denuncia il presente
motivo di ricorso, bensì sulla ‘ragioni della decisione in punto di questioni preliminari (di rito e di interesse ad agire)’, ovvero su ll’accoglimento del gravame quanto al riconosciuto interesse ad agire della Sanna, sul punto ritenuta, pertanto, parzialmente vittoriosa.
10.4. Infine, anche il quarto motivo è inammissibile.
10.4.1. Deve darsi seguito al principio secondo cui la ‘declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, in ragione dell’integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non ha natura di condanna -non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa bensì la funzione di agevolare l’accertamen to amministrativo; pertanto, tale dichiarazione non preclude la contestazione nelle competenti sedi da parte dell’amministrazione ovvero del privato, ma non può formare oggetto di impugnazione’ (da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 2 luglio 2024, n. 18191, Rv. 671577-01).
Le spese del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, in ragione della loro reciproca soccombenza.
A carico della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, stante la declaratoria di inammissibilità dei rispettivi ricorsi , sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv.
65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale, compensando integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità, in ragione della reciproca soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e di quella incidentale , al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della