Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2786 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2786 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16746/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore protempore , rappresentata e difesa dall’ avv. NOME COGNOME EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (EMAIL;
– controricorrente –
nonché
CURATELA DEL RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore fallimentare pro-tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME EMAIL;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2586/2022 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 19/4/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che,
con sentenza resa in data 19/4/2022, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato l’obbligo di quest’ultima di corrispondere, in favore della curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE, i canoni di locazione dovuti dalla RAGIONE_SOCIALE in forza del contratto di locazione concluso, con decorrenza dal 5/8/1998, tra la RAGIONE_SOCIALE (in qualità di conduttrice) e la Capitolina RAGIONE_SOCIALE (in qualità di locatrice);
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come – a seguito della dichiarazione giudiziale di nullità del contratto con il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato (dalla RAGIONE_SOCIALE) la proprietà dell’immobile oggetto del contratto di locazione con la RAGIONE_SOCIALE, nonché a seguito della dichiarazione giudiziale di nullità del contratto con il quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato la proprietà del medesimo immobile dalla RAGIONE_SOCIALE – la titolarità del diritto al conseguimento dei canoni di locazione dovuti dalla RAGIONE_SOCIALE dovesse riconoscersi in capo alla RAGIONE_SOCIALE (nelle more fallita), dovendo ritenersi che la proprietà dell’immobile locato non fosse mai uscita dal relativo patrimonio, a far data, quantomeno, dalla trascrizione (nel 1997, prima
della stipulazione del contratto di locazione tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) della domanda con la quale la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva invocato l’accertamento giudiziale della nullità dei trasferimenti dell’immobile locato e la relativa restituzione in proprio favore;
al riguardo, nessun rilievo avrebbe potuto attribuirsi alla circostanza costituita dalla materiale disponibilità dell’immobile da parte della RAGIONE_SOCIALE al momento della stipulazione del contratto di locazione, essendo quest’ultima illo tempore pienamente a conoscenza della pendenza del giudizio promosso dalla RAGIONE_SOCIALE per l’accertamento della nullità del relativo titolo di acquisto e per il rilascio del terreno, con la conseguente impossibilità di riconoscere, in suo favore, alcuna valida ragione giustificativa della pretesa alla riscossione dei canoni di locazione;
quanto alla posizione della RAGIONE_SOCIALE, la corte territoriale ha sottolineato l’irrilevanza dell’astratta inopponibilità del contratto di locazione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (in ragione dell’anteriorità temporale della trascrizione della domanda di nullità rispetto alla conclusione del contratto di locazione), avendo la curatela della RAGIONE_SOCIALE espressamente mostrato a posteriori la volontà di recepire, « attraverso una sorta di ratifica », il contratto di locazione originariamente concluso dalla RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente persistenza di detto contratto di locazione tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE;
avverso la sentenza d’appello, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d ‘ impugnazione;
la RAGIONE_SOCIALE e la curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE hanno depositato, ciascuna, un proprio controricorso;
la RAGIONE_SOCIALE ha depositato comparsa di costituzione di nuovo procuratore con allegata revoca del precedente difensore e nuova procura speciale;
tutte le parti hanno depositato memoria;
considerato che,
dev’essere preliminarmente disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso, avendo parte ricorrente ritualmente depositato la documentazione di posta elettronica certificata relativa alla notificazione della sentenza impugnata;
con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 99, 100, 101, 102 e 383 c.p.c., per avere la corte territoriale, deciso la controversia in esame in assenza di un contraddittore necessario, tale essendo la società RAGIONE_SOCIALE, da ritenersi titolare di una quota pari al 60,38% dei terreni oggetto del giudizio (tanto essendosi determinato a seguito del complesso procedimento di prevenzione descritto in ricorso), con la conseguente necessità della partecipazione della IBM, in quanto comproprietaria dei beni concessi in locazione, al giudizio avente ad oggetto la titolarità del diritto della percezione dei canoni;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come la documentazione destinata da ll’odierna ricorrente a comprovare la situazione oggetto della censura in esame sia stata depositata solo in questa sede (tanto dovendo presumersi in assenza di alcuna argomentazione sul punto e in considerazione del l’assenza di alcuna presa di posizione sul punto da parte della corte territoriale) e deve ritenersi, pertanto, inammissibile ai sensi dell’ art. 372 c.p.c. vecchio testo (così come ai sensi del nuovo);
tale rilievo d’inammissibilità vale, pertanto, ad assorbire ogni altra questione sollevata dalle parti resistenti in ordine all’eventuale interesse dell’ odierna ricorrente alla proposizione della censura;
varrà in ogni caso evidenziare, nel merito, il carattere dirimente della circostanza secondo cui l’eventuale comproprietà dell’immobile oggetto di locazione non comporterebbe in ogni caso la necessità di integrare il contraddittorio nel giudizio relativo a eventuali questioni concernenti la locazione;
sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, nelle vicende del rapporto di locazione, l’eventuale pluralità di locatori integra una parte unica, al cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione; sugli immobili oggetto di comunione concorrono, quindi, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione. Ne consegue che il singolo condomino può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile in comunione e che ciascun condomino è legittimato ad agire per il rilascio del detto immobile, trattandosi di atto di ordinaria amministrazione per il quale deve presumersi sussistente il consenso già indicato, senza che sia necessaria la partecipazione degli altri e, quindi, l’integrazione del contraddittorio (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 19929 del 18/07/2008, Rv. 604224 – 01; cfr. altresì, con riguardo ai rapporti interni tra i singoli comproprietari del bene locato, Sez. 3, Sentenza n. 5077 del 03/03/2010, Rv. 611897 – 01; Sez. 3 – , Sentenza n. 27021 del 27/12/2016, Rv. 642343 – 02; Sez. 3 – , Ordinanza n. 20885 del 18/07/2023, Rv. 668478 – 01);
con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa interpretazione dell’art. 1571 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare come, al momento della stipulazione del contratto di locazione, l’odierna società ricorrente disponesse pienamente, tanto della titolarità giuridica (non essendo ancora passata in giudicato la decisione concernente la nullità del titolo di acquisto della RAGIONE_SOCIALE), quanto della disponibilità di fatto dell’immobile concesso in locazione, con la conseguente piena validità ed efficacia del contratto di locazione oggetto di lite, nella specie eseguito tra le parti in modo pacifico, senza alcuna violazione di norme di ordine pubblico;
con il terzo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa interpretazione dell’ art. 1599 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 1599 c.c. sul presupposto del ricorso, nel caso di specie, non già di un subingresso nella proprietà dell’immobile locato, bensì dell’applicazione delle regole connesse al regime della nullità negoziale, laddove, al contrario, l’accertamento della nullità del titolo di acquisto dell’immobile locato, da parte della RAGIONE_SOCIALE, non avrebbe mai potuto investire la validità del contratto di locazione da quest’ultima concluso (pur sulla base di una disponibilità di fatto dell’immobile) con la RAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE;
in forza di tali premesse, secondo la ricorrente, la corte territoriale sarebbe incorsa nella violazione del principio sancito da ll’art. 1372 c.c., secondo cui il contratto ha forza di legge tra le parti e non produce effetti rispetto ai terzi, salvo i casi previsti dalla legge;
il secondo e il terzo motivo – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono infondati;
osserva il Collegio come – indipendentemente dalle argomentazioni esposte nel provvedimento impugnato -la questione oggetto dell’odierna lite non attenga in alcun modo alla valutazione della validità del contratto di locazione originariamente stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE;
la validità di tale contratto, infatti, può certamente essere riconosciuta in considerazione, tanto della disponibilità di fatto dell’immobile in capo alla RAGIONE_SOCIALE al momento della conclusione del contratto di locazione, quanto della stessa regolare esecuzione per lungo tempo del rapporto contrattuale che da quel titolo negoziale prese vita, quanto infine dello stesso riconoscimento che ne fece la curatela RAGIONE_SOCIALE (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata);
ciò che costituisce oggetto dell’odierna lite, dunque, deve propriamente identificarsi nell’accertamento del soggetto titolato al ricevimento dei canoni di locazione in forza di quel (ancora valido) contratto di locazione;
sul punto, potrà convenirsi sul presupposto secondo cui la circostanza della perdurante validità ed efficacia del contratto di locazione originariamente stipulato dalla Capitolina RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE sarebbe valsa a consentire, alla curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE, il diritto di rivendicarne l’inopponibilità a sé, in quanto concluso successivamente alla trascrizione della domanda di accertamento della nullità del titolo di acquisto della Capitolina e di restituzione dell’immobile locato;
senonché, la curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE non ha mai invocato, in via principale, quell ‘ inopponibilità del contratto di locazione, limitandosi unicamente ad argomentare il proprio diritto al conseguimento dei canoni sulla base di quel medesimo titolo negoziale;
in breve, la curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE si è limitata a invocare (quale convenuta) l’accoglimento della domanda proposta dalla
RAGIONE_SOCIALE nel senso dell’accertamento dell’obbligo di quest’ultima di corrispondere i canoni di locazione alla stessa RAGIONE_SOCIALE, argomentando tale richiesta sul presupposto (non già dell’invalidità del contratto di locazione – avendo peraltro la stessa corte territoriale dato atto dell’avvenuto riconoscimento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, della validità della locazione concluso dalla Capitolina: cfr. pag. 8 della sentenza impugnata), bensì della circostanza costituita dall’aver chiesto e ottenuto in via giudiziale, tanto l’accertamento della nullità del titolo di acquisto dell’immobile locato da parte della Capitolina s.r.l. (con efficacia anteriore rispetto alla conclusione del contratto di locazione), quanto la condanna della Capitolina s.r.l. alla restituzione dell’immobile concesso in locazione;
si tratta, con riguardo a tali argomentazioni, di giustificazioni pienamente idonee a sostenere il riconoscimento del diritto della RAGIONE_SOCIALE di ottenere il pagamento dei canoni di locazione, ben potendo ritenersi compatibili, da un lato, la persistente validità del contratto di locazione concluso a non domino e, dall’altro, la sopravvenuta legittimazione al conseguimento del pagamento dei canoni da parte del dominus , avendo quest’ultimo sostanzialmente ratificato l’attività negoziale illo tempore svolta dal locatore di fatto;
la (sola) apparente contraddittorietà di tali argomentazioni trova spiegazione (chiedendo, a sua volta, d’essere risolta e composta) nella premessa della legittimazione, generalmente riconosciuta in capo al locatore, a concedere in godimento un immobile di cui lo stesso dispone unicamente di fatto (cfr., ex plurimis , Sez. 3, Ordinanza n. 27910 del 03/10/2023, Rv. 669106 – 01);
proprio tale legittimazione del locatore alla concessione del godimento sulla base di una mera disponibilità di fatto dell’immobile , reca in sé la potenziale conflittualità che può verificarsi tra il dominus
e il locatore di fatto, imponendo all’interprete la necessità di individuare adeguate forme di composizione laddove quella potenzialità di conflitto si attualizzi in contrasto aperto (come avvenuto nel caso di specie);
queste forme di composizione ben ammettono la facoltà del dominus di riconoscere la persistente validità del l’originario contratto di locazione concluso dal locatore ‘di fatto’ (come avvenuto nel caso di specie: cfr. pag. 8 della sentenza impugnata), e di rivendicare, contestualmente (proprio in forza dell’intervenuta implicita ratifica della conclusione di quel contratto) il pagamento a sé dei canoni: una rivendicazione che deve ritenersi fondata sul recupero della disponibilità (anche di fatto) dell’immobile , dovendo equipararsi, al recupero della disponibilità di fatto dell’immobile , l’ottenuta condanna definitiva del locatore di fatto alla relativa riconsegna al legittimo proprietario;
nel caso di specie, dunque, avendo la curatela RAGIONE_SOCIALE riconosciuto la persistente validità dell’originario contratto di locazione concluso dalla Capitolina (locatrice di fatto) (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata) e, contestualmente, invocato l’accoglimento della domanda della RAGIONE_SOCIALE nel senso dell’accertamento del relativo obbligo di pagamento dei canoni alla RAGIONE_SOCIALE stessa, la sentenza d’appello risulta pervenuta a una decisione corretta;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev ‘ essere pronunciato il rigetto del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate, per ciascun controricorrente, in complessivi euro 7.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione