Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25432 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25432 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31817/2019 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME La Corte, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1878/2019, pubblicata il 19/3/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Con atto di citazione notificato il 19/5/2010, NOME e NOME NOME, nella qualità di eredi legittimari di NOME COGNOME succeduti per rappresentazione al genitore premorto, NOME COGNOME convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, NOME NOME NOME onde ottenere la riduzione degli atti dispositivi posti in essere dalla defunta COGNOME con ricostituzione dell’asse ereditario e suo scioglimento secondo le quote ereditarie spettanti a ciascuno degli eredi, mediante riduzione tanto delle disposizioni testamentarie ritenute lesive della quota di legittima, tanto delle donazioni indirette effettuate dalla nonna paterna in favore del figlio NOMECOGNOME formulando anche domanda di divisione del compendio ereditario.
Costituitosi in giudizio, NOME NOME Giovanni propose domanda riconvenzionale e il giudice adito dispos e l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Equitalia s.p.a.
Con sentenza n. 10896/2016 del 14/10/2016, il Tribunale adito dispose scioglimento della comunione ereditaria, avente ad oggetto il bene immobile sito in Roma, INDIRIZZO scala B, interno 17, in catasto al foglio 797, particella 51, sub 208, che assegnò in proprietà esclusiva a NOME COGNOME e NOME COGNOME, con obbligo dei predetti di versare a NOME COGNOME, a titolo di conguaglio, la somma di € 109.301,90, oltre a interessi legali, e condannò NOME COGNOME e NOME COGNOME, in via solidale, a pagare al convenuto la somma di € 21.187,46 a titolo di indennità di occupazione della quota del predetto bene immobile di sua pertinenza, detratto l’importo di € 1 .492,54.
Il giudizio di gravame, instaurato da NOME e NOME NOME con citazione notificata il 28/12/2016, nel quale si costituì NOME NOME COGNOME che propose anche appello incidentale,
onde ottenere l’accertamento del valore dell’appartamento di INDIRIZZO in Roma e vedere riformata la sentenza in relazione alla data di decorrenza dell’indennità di occupazione a far tempo dall’apertura della successione, si concluse, nella contumacia di Equitalia S.p.A., con la sentenza n. 1878/2019, pubblicata il 19/3/2019, con la quale la Corte d’Appello di Roma accolse l’appello principale e, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarò la litispendenza con riferimento alla domanda proposta da NOME NOME Giovanni per la liquidazione dell’indennità di occupazione dell’appartamento di INDIRIZZO in Roma, ordinando la cancellazione della causa dal ruolo con riferimento a tale specifica domanda e revocando la condanna di NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento della somma di € 21.187,46, rigettò per il resto l’appello principale e quello incidentale, compensando le spese del giudizio.
Contro la predetta sentenza, NOME NOME NOME propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati anche con memoria. NOME NOME e NOME NOME si difendono con controricorso.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 39 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito dichiarato la litispendenza con la causa decisa dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 17906/2009, sostenendo che le due cause pendenti tra le stesse parti, con identità di causa petendi e petitum fossero in rapporto di litispendenza e non di continenza, sebbene una di esse avesse ad oggetto più domande, senza considerare che la causa decisa con la suddetta sentenza, pronunciata tra il ricorrente, da una parte, e COGNOME NOME
Azzurro NOME e NOME NOME, dall’altra, aveva ad oggetto il diritto del primo ad ottenere dai secondi l’indennità di occupazione dell’immobile sito in INDIRIZZO, oggetto della comunione, per opporsi al quale questi ultimi avevano dedotto la sussistenza di un rapporto locativo con la defunta NOME NOME e il figlio NOME, coniuge premorto della COGNOME e genitore degli Azzurro, e che, dunque, non poteva considerarsi sussistente l’affermata litispendenza con il presente procedimento in assenza dei suoi presupposti. Ad avviso del ricorrente, infatti, tra le due cause non vi era coincidenza né soggettiva, né oggettiva, essendo diverso il petitum proposto, tant’è che la Corte d’Appello, davanti alla quale era stata impugnata la citata sentenza n. 17906/2009, aveva disposto la sospensione del giudizio, sicché non poteva parlarsi di litispendenza, ma semmai di continenza, sussistente quando, in presenza di identità soggettiva e di causa petendi , vi fosse divergenza quantitativa. In tal caso, una volta decisa la causa contenente, la cosa giudicata sarebbe andata a coprire anche la causa contenuta, sicché i giudici di merito avrebbero dovuto decidere la prima.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione del combinato disposto degli artt. 1591 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché dall’accoglimento del motivo che precede avrebbe dovuto essere sindacato il motivo di appello incidentale, con il quale il ricorrente aveva lamentato l’errore commesso dal giudice di primo grado in ordine sia alla decorrenza dell’indennità di occupazione dovutagli, sia i criteri di determinazione della stessa.
3.1 Il primo e il secondo motivo, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessione, costituendo la doglianza espressa col secondo la diretta conseguenza dell’esito del giudizio sul primo, sono fondati nei termini che seguono.
3.2 Va, sul punto, premesso che gli istituti della litispendenza e della continenza (che regolano la competenza per territorio), operano soltanto fra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, secondo quanto reso evidente dal dato testuale dell’art. 39 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 6 – 1, 23/09/2013, n. 21761), e si differenziano in quanto mentre la litispendenza presuppone la contemporanea pendenza innanzi a giudici diversi di due (o più) cause identiche nelle persone, nella causa petendi e nel petitum , la continenza di cause ricorre allorché due (o più) cause, pur identiche nelle persone e nella causa petendi , differiscano però solo nel petitum delle domande proposte, nel senso che l’una è contenuta nell’altra, per una maggiore estensione del petitum di quest’ultima (Cass., Sez. L, 20/12/1985, n. 6558).
La relazione di continenza ex art. 39 cod. proc. civ. sussiste, in particolare, non solo quando due cause, pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi, abbiano identità di soggetti (identità non esclusa, peraltro, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di causae petendi e differenza quantitativa di petitum (cd. continenza in senso stretto, in tal senso Cass., Sez. U, 1/10/2007, n. 20596), ma anche quando vi sia una coincidenza parziale di causae petendi , ovvero qualora le questioni dedotte in una causa costituiscano il presupposto logico -giuridico necessario per la definizione dell’altra, o siano in tutto o in parte comuni alla decisione di entrambe, avendo le rispettive domande origine dal medesimo rapporto negoziale e risultando tra loro interdipendenti o contrapposte, cosicché la soluzione dell’una interferisce su quella dell’altra (cd. continenza per specularità) (Cass., Sez. 2, 05/05/2023, n. 11888), oppure quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale,
domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi (Cass., Sez. 6 – 3, 03/08/2017, n. 19460; Cass., Sez. U, 1/10/2007, n. 20596 cit.).
Come chiarito da Cass., Sez. 3, 17/04/2023, n. 10183, due cause pendenti tra le stesse parti e con identità di causa petendi e di petitum sono in rapporto di litispendenza e non di continenza anche nel caso in cui una di esse abbia per oggetto più domande, una sola delle quali identica a quella avanzata nell’altro procedimento, potendo in tale ipotesi la litispendenza essere dichiarata con riferimento a una soltanto delle domande proposte (Cass., 05/08/2015, n. 16454), senza che rilevi, a tale fine, il fatto che in una delle cause risulti la presenza anche di altre parti (Cass., 12/02/2018, n. 3306).
In ragione di ciò, correttamente i giudici di merito hanno rilevato la sussistenza di un rapporto di litispendenza tra la domanda proposta da NOME NOME NOME nel presente giudizio, avente ad oggetto la condanna di NOME e NOME NOME al pagamento dell’indennità di occupazione dell’appartamento di INDIRIZZO e quella proposta nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 179065/09, nel quale il medesimo NOME NOME Giovanni aveva convenuto in giudizio COGNOME NOME NOME NOME e NOME NOME onde ottenere la condanna dei predetti al pagamento dell’indennità di occupazione maturata fino al decesso della propria dante causa, NOME NOME, e per il periodo successivo, posto che la diversa estensione del presente giudizio non riguarda il quantum richiesto con la domanda di pagamento dell’indennità ivi proposta, ma attiene piuttosto ad altre pretese date dalla richiesta riduzione delle disposizioni di ultima volontà della de cuius NOME NOME e dallo scioglimento della comunione ereditaria, le quali sono diverse e ulteriori rispetto a quella di
pagamento dell’indennità che, sotto questo profilo, è totalmente sovrapponibile a quella già decisa.
3.3 Tuttavia, come sopra evidenziato, l’obbligo del giudice successivamente adito di dichiarare la litispendenza ai sensi dell’art. 39, primo comma, cod. proc. civ., anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell’impugnazione, postula che due cause identiche siano state proposte davanti a giudici diversi (Cass., Sez. U, 12/12/2013, n. 27846; Cass., Sez. 3, 17/04/2023, n. 10183, cit.), senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. o dell’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., a ciò ostando l’identità delle domande formulate nei due diversi giudizi, mentre le domande introdotte non possono dar luogo a litispendenza quando, come nella specie, siano incardinate davanti al medesimo ufficio giudiziario (cfr., Cass., 21/04/2010, n. 9510, Cass., 23/09/2013, n. 21761), sicché la litispendenza non può realizzarsi, a seconda dell’evento della lite, solo perché, non operata la riunione, una delle cause penda in appello.
In tali casi, non essendo l’omessa riunione ragione d’invalidità, sarà dunque opponibile il giudicato prima intervenuto ovvero, qualora non dedotto o rilevato, opererà la regola della prevalenza del successivo, salvo l’utilizzo dell’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ. (Cass., Sez. 3, 17/04/2023, n. 10183, cit.), norma questa che, però, il ricorrente non ha evocato, né allegato di averne fatto questione in appello, non potendo ammettersi temi nuovi nel giudizio di legittimità a critica vincolata.
Considerata allora l’erroneità della decisione assunta dai giudici di merito che, sul presupposto dell’identità delle due cause, hanno dichiarato la litispendenza e cancellato la causa dal ruolo, senza tener conto dell’inapplicabilità della suddetta disciplina, stante
l’identità dell’ufficio giudiziario adito (il Tribunale di Roma), non può trovare applicazione il principio di diritto secondo cui il provvedimento che dichiara la litispendenza, siccome afferente alla competenza, è impugnabile con il regolamento necessario ex art. 42 cod. proc. civ. e non con il ricorso ordinario per cassazione ex art. 360 cod. proc. civ., che, se erroneamente proposto, può essere oggetto di esame come regolamento di competenza, qualora ne soddisfi i requisiti di forma e di sostanza (Cass., Sez. 1, 11/2/2025, n. 3549; Cass., Sez. U, 31/07/2014, n. 17443; Cass., Sez. 3, 18/03/2022, n. 8975; Cass., 23/01/2006, n. 1218), con la conseguenza che la censura proposta è senz’altro ammissibile.
Dalla fondatezza della stessa, sia pure per diversi motivi, deriva peraltro la fondatezza anche della seconda, atteso che i giudici di merito, disponendo la cancellazione della causa dal ruolo, hanno omesso di prendere posizione sulla censura riguardante l’indennità di occupazione.
4.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., e la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 345, ultimo comma, cod. proc. civ., e conseguente sussistenza di motivazione apparente, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché i giudici d’appello avevano condiviso le argomentazioni del giudice di primo grado in ordine alla stima dell’immobile sito in INDIRIZZO COGNOME, n. 55, avvenuta sulla base della c.t.u. depositata il 20/10/2014, senza spendere alcuna parola in ordine al motivo di censura, col quale era stata evidenziata l’epoca di edificazione del bene, l’aggiunta di mq. 9 alla superficie del bene e la presenza di un importante fenomeno di fessurazione risalente agli anni ’80, oltreché l’erroneo esame dei riscontri documentali che avrebbero inciso sulla stima, in quanto attestanti che le opere realizzate non avrebbero avuto l’effetto di
eliminare il pericolo latente conseguente al progressivo scivolamento dell’intero fabbricato.
4.2 Il terzo motivo è inammissibile.
La censura, riferita alla questione della valutazione dei beni relitti, si articola nella denuncia di mancanza della motivazione sulle censure proposte e di omesso esame dei fatti attestati dai documenti prodotti.
Quanto al difetto di motivazione, si osserva che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830). Scendendo più nel dettaglio sull’analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non
potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. da ultimo, Cass., Sez. U, 30/1/2023, n. 2767; vedi anche, tra le tante, Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Cass., Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145).
Tale situazione non può dirsi realizzata nella specie, atteso che i giudici di merito, dopo avere riportato la parte di motivazione della sentenza di primo grado riferita alla stima del bene immobile, hanno ulteriormente aggiunto di condividere le osservazioni in essa contenute, evidenziando come le censure sollevate si fossero basate esclusivamente sul dato formale, ossia la diversità di giudizio di stima risultante da tre relazioni depositate dal c.t.u. COGNOME, senza specificazioni sull’erroneità del giudizio operato, e come la preferenza accordata per la valutazione del c.t.u. del 2014 andasse preferita in quanto maggiormente obiettiva rispetto alle altre due fatte sotto le critiche delle parti e dei due consulenti.
Deve allora escludersi la dedotta apparenza della motivazione, tendendo la censura ad una rivisitazione nel merito della pretesa, chiaramente preclusa a questa Corte di legittimità.
Quanto poi all’omesso esame di documenti, si evidenzia la sussistenza, nella specie, di una doppia conforme, stante la reiezione dell’appello proposto sul punto, la quale viene, infatti, a profilarsi anche in caso di c. d. ‘ doppia conforme ‘ in facto , ricorrente, come chiarito da Cass., Sez. 6-2, 9/3/2022, n. 7724, «non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il
giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice».
Orbene, ne ll’ipotesi di c.d. «doppia conforme», prevista dall’art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte, Cass., Sez. 3, 28/2/2023, n. 5947; Cass., Sez. 3, 20/9/2023, n. 26934; Cass., sez. L., 06/08/2019, n. 20994; Cass., Sez. 5, 11/05/2018, n. 11439; Cass., sez. 1, 22/12/2016, n. 26774; Cass., Sez. 5, 18/12/2014, n. 26860), onere che non viene meno in caso di successione nel diritto controverso tra primo e secondo grado, giacché il sopravvenuto mutamento del soggetto titolare della posizione sostanziale dedotta in giudizio non implica necessariamente la diversità tra le ragioni di fatto alla base della sentenza di primo grado e quelle della conferma in grado di appello (Cass., Sez. 3, 20/9/2023, n. 26934, cit.).
Non avendo perciò il ricorrente evidenziato tale diversità, che, anzi, secondo le sue stesse deduzioni sarebbe del tutto esclusa, la censura non può che essere inammissibile.
5.1 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, infine, la violazione e/o errata applicazione del combinato disposto degli artt. 90, 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 2, cod.
proc. civ., per avere la Corte d’Appello disposto la compensazione delle spese di lite, senza considerare l’oggettiva netta prevalenza nell’accoglimento delle domande proposte da Azzurro NOME COGNOME stante la reiezione della domanda di riduzione delle disposizioni asseritamente lesive della quota di legittima.
5.2 Il quarto motivo, in quanto afferente alla liquidazione delle spese, resta assorbito dall’accoglimento dei primi due.
6. In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo e secondo motivo, l’inammissibilità del terzo e l’assorbimento del quarto, il ricorso deve essere accolto in relazione ai primi due motivi e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo ed assorbito il quarto;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 7 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME