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Litispendenza: quando non si applica tra cause identiche

In una controversia ereditaria, una parte chiedeva un’indennità di occupazione per un immobile. La Corte d’Appello aveva dichiarato la litispendenza con una causa precedente, cancellando la domanda. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, chiarendo che l’istituto della litispendenza opera solo tra cause pendenti davanti a uffici giudiziari diversi. Se le cause sono pendenti dinanzi allo stesso ufficio, il giudice deve procedere alla loro riunione, non dichiarare la litispendenza.

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Litispendenza: la Cassazione chiarisce quando non è applicabile tra cause identiche

L’istituto della litispendenza rappresenta un pilastro del diritto processuale civile, volto a evitare che due giudici si pronuncino sulla stessa controversia, con il rischio di decisioni contrastanti. Tuttavia, la sua applicazione richiede presupposti precisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento: la litispendenza non opera se le cause identiche sono pendenti davanti allo stesso ufficio giudiziario. Analizziamo insieme questa decisione.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una complessa controversia ereditaria. Due coeredi ne avevano citato in giudizio un terzo per ottenere la divisione del patrimonio ereditario e la riduzione di disposizioni testamentarie e donazioni ritenute lesive della loro quota di legittima. Nel corso del giudizio, il coerede convenuto aveva proposto una domanda riconvenzionale per ottenere dagli altri due il pagamento di un’indennità per l’occupazione di un immobile facente parte dell’asse ereditario.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto in parte le domande, disponendo lo scioglimento della comunione e condannando i due coeredi al pagamento dell’indennità di occupazione. La questione si è complicata in appello. La Corte d’Appello, infatti, ha dichiarato la litispendenza riguardo alla domanda per l’indennità, rilevando che una causa identica era già stata decisa in un altro procedimento. Di conseguenza, ha revocato la condanna al pagamento e cancellato parzialmente la causa dal ruolo.

La questione della litispendenza davanti allo stesso ufficio

Il coerede, la cui domanda era stata cancellata, ha proposto ricorso in Cassazione. Il motivo principale del ricorso si basava su un errore di diritto fondamentale: la Corte d’Appello aveva applicato l’istituto della litispendenza in una situazione in cui non avrebbe potuto farlo.

Il ricorrente ha sostenuto che, poiché entrambe le cause erano state incardinate davanti allo stesso Tribunale (quello di Roma), non si poteva parlare di litispendenza, ma al massimo di una situazione che avrebbe dovuto portare alla riunione dei procedimenti. La distinzione è cruciale e la Cassazione ha dato ragione al ricorrente.

L’analisi della Corte di Cassazione sulla litispendenza

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i confini applicativi dell’art. 39 del codice di procedura civile. Questo articolo disciplina la litispendenza e la continenza, ma il suo campo di applicazione è limitato alle ipotesi in cui cause identiche o connesse pendano davanti a uffici giudiziari diversi.

Il presupposto logico e testuale della norma è la necessità di risolvere un conflitto di competenza tra giudici differenti per evitare il rischio di un contrasto di giudicati. Quando, invece, le due cause sono incardinate dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, questo rischio non sussiste. Lo strumento previsto dall’ordinamento in questi casi non è la declaratoria di litispendenza, bensì la riunione dei procedimenti, affinché vengano trattati e decisi congiuntamente.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che l’erronea declaratoria di litispendenza da parte dei giudici di merito ha violato questa regola fondamentale. La litispendenza, essendo un provvedimento che attiene alla competenza, non trova applicazione all’interno dello stesso ufficio giudiziario. I giudici di appello, anziché dichiarare la litispendenza e cancellare la causa dal ruolo, avrebbero dovuto valutare la questione nel merito, tenendo conto dell’eventuale giudicato formatosi nella prima causa. L’omessa riunione in primo grado, peraltro, non costituisce motivo di invalidità della sentenza. Di conseguenza, l’aver cancellato la causa dal ruolo ha impedito al ricorrente di ottenere una decisione sulla sua domanda, ledendo il suo diritto di difesa. La decisione della Corte d’Appello è stata quindi ritenuta errata in diritto, in quanto basata su un presupposto — la pendenza delle cause davanti a giudici diversi — inesistente nel caso di specie.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione. Quest’ultima dovrà ora riesaminare la questione dell’indennità di occupazione, senza poterla liquidare con una declaratoria di litispendenza. Questa pronuncia riafferma un principio procedurale di grande importanza pratica: la litispendenza è un rimedio per conflitti tra uffici giudiziari diversi; all’interno dello stesso ufficio, la soluzione per cause identiche o connesse è la loro riunione.

Che cos’è la litispendenza e quando si applica?
La litispendenza è una situazione processuale che si verifica quando la stessa causa (identica per parti, oggetto e titolo) è pendente davanti a uffici giudiziari diversi. Secondo l’art. 39 c.p.c., essa si applica solo in questo caso, per evitare decisioni contrastanti, e impone al giudice adito per secondo di dichiararla.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto errata la decisione della Corte d’Appello?
La Cassazione ha ritenuto la decisione errata perché la Corte d’Appello ha dichiarato la litispendenza tra due cause che erano state incardinate davanti allo stesso ufficio giudiziario (il Tribunale di Roma). La disciplina della litispendenza, invece, presuppone necessariamente che le cause pendano davanti a uffici giudiziari differenti.

Cosa avrebbe dovuto fare il giudice in presenza di due cause identiche pendenti davanti allo stesso ufficio?
Invece di dichiarare la litispendenza, il giudice avrebbe dovuto disporre la riunione dei due procedimenti. La riunione è lo strumento corretto per gestire cause identiche o connesse all’interno del medesimo ufficio giudiziario, assicurando che vengano trattate e decise congiuntamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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