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Litispendenza internazionale: quando non si applica

Una società italiana citava in giudizio una banca per l’escussione di un performance bond legato a un appalto in Bangladesh. La banca eccepiva la litispendenza internazionale per un giudizio pendente a Dhaka. La Corte di Cassazione ha annullato la sospensione del processo italiano, stabilendo che la litispendenza internazionale non può essere dichiarata se non vi è prova certa che la società italiana sia effettivamente parte nel giudizio estero. L’identità soggettiva delle parti è un presupposto indispensabile.

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Litispendenza Internazionale: La Cassazione Chiarisce il Requisito dell’Identità delle Parti

Nel contesto globalizzato del commercio, le controversie transnazionali sono all’ordine del giorno. Un istituto giuridico fondamentale in questo ambito è la litispendenza internazionale, che mira a prevenire la duplicazione di giudizi e il rischio di decisioni contrastanti tra tribunali di Paesi diversi. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale su uno dei presupposti cardine di questo istituto: l’identità delle parti. Vediamo insieme il caso e le conclusioni della Corte.

I Fatti del Caso: Una Garanzia Internazionale Contesa

La vicenda nasce da un contratto d’appalto stipulato nel 2010 tra un’azienda italiana, specializzata nella produzione di impianti industriali, e una società del Bangladesh. L’accordo prevedeva la realizzazione di un impianto di produzione di olio di soia in Bangladesh. A garanzia della corretta esecuzione del contratto, l’azienda italiana fece emettere da una nota banca italiana un performance bond (una garanzia di buona esecuzione) a favore della committente bengalese.

Nel 2012, la società bengalese escuteva la garanzia, lamentando un inadempimento da parte dell’azienda italiana. Quest’ultima, ritenendo l’escussione abusiva, otteneva un provvedimento d’urgenza dal Tribunale di Firenze per bloccarla e successivamente avviava una causa di merito contro la banca italiana. L’obiettivo era far dichiarare l’estinzione del performance bond e ottenere la restituzione della somma bloccata sul proprio conto corrente.

La Sospensione del Giudizio in Italia

Durante il processo a Firenze, la banca italiana convenuta sollevava un’eccezione di litispendenza internazionale. Sosteneva, infatti, che una causa avente ad oggetto l’inadempimento contrattuale e il risarcimento dei danni (inclusa la somma del performance bond) era già stata avviata in Bangladesh dalla società committente contro l’azienda italiana e la stessa banca. Il Tribunale di Firenze accoglieva l’eccezione e sospendeva il giudizio, in attesa della definizione della causa pendente presso la Corte di Dhaka.

Contro questa decisione, l’azienda italiana proponeva un ricorso per regolamento di competenza alla Corte di Cassazione, contestando la sussistenza dei presupposti per la litispendenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’azienda italiana, ribaltando la decisione del Tribunale di Firenze. La motivazione si fonda su un punto essenziale: la mancanza di prova certa riguardo alla qualità di “parte” dell’azienda italiana nel processo pendente in Bangladesh.

La legge italiana (art. 7 della L. 218/1995) prevede che il giudice italiano sospenda il processo se una causa identica (stesse parti, stesso petitum e stessa causa petendi) è stata preventivamente avviata all’estero. Tuttavia, uno dei presupposti non derogabili è proprio l’identità soggettiva.

Nel caso specifico, l’azienda italiana aveva sempre sostenuto di non aver mai ricevuto alcuna notifica formale dell’atto introduttivo del giudizio bengalese e, quindi, di non essere mai stata costituita formalmente come parte convenuta in quel processo. La Corte ha osservato che la parte che eccepisce la litispendenza ha l’onere di provare la sussistenza di tutti i requisiti, inclusa l’identità delle parti.

Dall’esame della documentazione, la Cassazione ha rilevato che non solo mancava la prova della notifica, ma emergevano addirittura elementi che confermavano l’estraneità dell’azienda italiana al giudizio estero. Una comunicazione proveniente dallo studio legale incaricato in Bangladesh affermava esplicitamente che “il procedimento (…) non si è svolto in quanto la citazione non è stata notificata al convenuto”.

Di conseguenza, in assenza del presupposto fondamentale dell’identità delle parti, il giudice di merito non avrebbe potuto dichiarare la litispendenza e sospendere il processo.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione riafferma un principio di fondamentale importanza pratica: la litispendenza internazionale non può basarsi su presunzioni o sulla mera indicazione di un soggetto come convenuto in un atto estero. È necessaria la prova rigorosa che tale soggetto abbia effettivamente assunto la qualità di parte processuale attraverso una notifica valida ed efficace.

L’onere della prova ricade su chi invoca la sospensione del giudizio nazionale. In mancanza di tale prova, il processo in Italia deve proseguire. La Corte ha quindi disposto la prosecuzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze, condannando la banca al pagamento delle spese legali.

Quando si applica la litispendenza internazionale?
Si applica quando un giudice italiano rileva che una causa identica, per parti, oggetto e titolo, è già stata avviata precedentemente davanti a un giudice straniero e che il provvedimento straniero può produrre effetti per l’ordinamento italiano.

Chi deve provare che le parti sono le stesse in un giudizio nazionale e in uno estero per dichiarare la litispendenza?
La parte che solleva l’eccezione di litispendenza internazionale ha l’onere di dimostrare che i requisiti sono soddisfatti, inclusa la prova che le parti nei due giudizi sono le medesime. Una semplice allegazione non è sufficiente.

Cosa succede se non è provata la partecipazione di una parte al giudizio estero?
Se non viene fornita la prova certa che una parte del processo italiano ha effettivamente assunto la qualità di parte anche nel processo estero (ad esempio, tramite la notifica dell’atto introduttivo), il presupposto dell’identità soggettiva viene a mancare e il giudice italiano non può sospendere il giudizio per litispendenza internazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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