Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28121 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28121 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1275/2023 R.G. proposto
da
NOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente –
Oggetto:
Società
–
Recesso
–
Liquidazione
–
Responsabilità
–
Caratteri
–
RAGIONE_SOCIALE
–
Processuale
–
Interruzione
–
Riassunzione – Effetti
R.G.N. 1275/2023
Ud. 30/09/2025 CC
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 7898/2022 depositata il 02/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 7898/2022, pubblicata in data 2 dicembre 2022, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione di COGNOME e nella dichiarata contumacia degli altri appellati RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, ha respinto l’appello proposto da NOME avverso la sentenza del Tribunale di Latina n. 1156/2019, pubblicata il giorno 8 maggio 2019.
NOME COGNOME aveva promosso ben tre giudizi, i primi due dei quali concernevano domande di accertamento della simulazione o, in subordine, della inefficacia ex art. 2901 c.c. di atti di disposizione patrimoniale della RAGIONE_SOCIALE, di cui la medesima attrice era socia.
Con un terzo giudizio, invece, l’odierna ricorrente aveva chiesto di accertare il proprio scioglimento dal vincolo sociale nella RAGIONE_SOCIALE, per effetto d ell’esercizio del recesso, nonché di accertare ulteriormente sia che la stessa società si era sciolta per mancata ricostituzione della pluralità dei soci, con conseguente diritto dalla ricorrente medesima ad ottenere dall’altro socio COGNOME il controvalore della propria quota di partecipazione ed il versamento degli utili sociali.
Il Tribunale di Latina, per quel che ancora rileva nella presente sede, aveva dichiarato l’estinzione di detto ultimo giudizio riunito ai precedenti -rilevando che lo stesso, a seguito della cancellazione della RAGIONE_SOCIALE regolarmente portata a
conoscenza delle parti, si era automaticamente interrotto ex art. 300 c.p.c. -essendo la società rimasta contumace – senza che intervenisse tempestiva riassunzione.
Impugnata tale ultima statuizione da parte di NOME COGNOME -la quale aveva dedotto sia la lesione del contraddittorio ex art. 101 c.p.c. sia la violazione degli artt. 299, 300 e 307 c.p.c. -la Corte d’appello di Roma ha disatteso il gravame.
Da un lato, la Corte capitolina ha escluso la violazione dell’art. 101 c.p.c., rilevando che il profilo in questione era stato regolarmente sottoposto al contraddittorio delle parti.
Dall’altro lato, la Corte d’appello ha disatteso duplice la tesi per cui, in primo luogo, la presenza in giudizio dell’altro socio COGNOME NOME -come tale successore nei rapporti obbligatori facenti capo alla RAGIONE_SOCIALE -valeva a rendere superflua la riassunzione del giudizio e, in secondo luogo, l’interruzione non poteva investire il giudizio nella sua integralità, restando al di fuori del fenomeno i rapporti non interessati dal fatto interruttivo.
Ha osservato la Corte capitolina che COGNOME era stato evocato nella veste di socio illimitatamente responsabile che avrebbe dovuto rispondere, in solido con la società, del rimborso della quota in favore dell’odierna ricorrente e non quale succe ssore nei rapporti obbligatori già facenti capo alla società estinta, integrando i due profili domande diverse perché eterodeterminate, essendo qualificate da distinti titoli, con la conseguenza che, a seguito della interruzione del giudizio, si sarebbe resa necessaria la riassunzione dello stesso nei confronti di COGNOME, appunto quale successore della RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello, anzi, ha rimarcato che, una volta estinta la società, la domanda di liquidazione della quota per effetto del recesso
proposta sia nei confronti della società che del suo socio accomandatario solidalmente e illimitatamente responsabile, non avrebbe più potuto condurre alla condanna dei due soggetti evocati, dovendo considerarsi entrambi i rapporti processuali travolti dalla estinzione societaria, in quanto inscindibilmente legati nella sopravvenuta interruzione.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre NOME COGNOME.
Resiste con controricorso COGNOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., ‘Violazione dell’art. 300 comma 4 c.p.c per erronea interruzione della causa scindibile contro il socio accomandatario -Violazione dell’art. 305 e 307 c.p.c. per erronea dichiarazione di estinzione della causa scindibile contro il socio accomandatario V iolazione dell’art. 103 c.p.c. per mancata separazione della causa contro la società, dalla causa contro il socio accomandatario, a seguito della mancata riassunzione’ .
La ricorrente contesta che, una volta azionato il credito nei confronti della società e del socio accomandatario solidalmente e illimitatamente responsabile, la sopravvenuta estinzione della società determini l’interruzione dell’intero procedimento, e quin di la sua estinzione in caso di mancata riassunzione nei confronti del socio.
Contesta altresì che i due rapporti -quello della società e quello del socio – siano inscindibilmente legati, deducendo che invece gli stessi sono distinti ed autonomi e quindi scindibili anche nella fase della interruzione e della estinzione, con la conseguenza che, nel caso in esame, il giudizio avrebbe comunque potuto proseguire nei confronti di COGNOME, quale accomandatario solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali ex art. 2313 c.c.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., ‘Violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di merito riproposta in grado di appello – Nullità della decisione derivante dalla relativa omissione’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che ‘per effetto della erronea conferma della dichiarazione di estinzione della causa’ la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi nel merito della domanda da essa ricorrente formulata, con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c., laddove ‘ove la Corte di Appello di Roma avesse correttamente esaminato il merito della domanda proposta, l’avrebbe senz’altro accolta.’ .
I due motivi devono essere esaminati congiuntamente, in quanto reciprocamente connessi, e sono infondati, sebbene debba procedersi alla correzione ex art. 384, ultimo comma, c.p.c.
È ben vero, infatti, che, questa Corte ha chiarito che, in presenza di una società di persone di due soci, nel giudizio volto alla liquidazione della quota sociale di uno dei due soci, legittimata passiva resta sempre la società ma l’unico socio superstite può essere convenuto sia in nome della società che in nome proprio, in questo secondo caso al fine di fare valere la sua responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 8222 del 27/04/2020), puntualizzando peraltro che il socio convenuto non può considerarsi litisconsorte necessario
(Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10332 del 19/05/2016; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1040 del 16/01/2009).
È parimenti vero che questa Corte ha stabilito che il necessario contraddittorio nei confronti della società -la quale resta in ogni caso titolare esclusiva della posizione debitoria relativa alla liquidazione della quota – può ritenersi regolarmente instaurato anche nel caso in cui sia convenuta in giudizio non la società, ma tutti i suoi soci, ove risulti accertato, attraverso l’interpretazione della domanda e con apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, che l’attore abbia proposto l’azione nei confronti della società per far valere il proprio credito vantato contro di essa (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16556 del 31/07/2020; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5248 del 02/04/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12125 del 23/05/2006).
Si deve, tuttavia, osservare che: I) la responsabilità del socio illimitatamente responsabile per i debiti della società conserva carattere sussidiario rispetto alla responsabilità della società (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 279 del 10/01/2017; Cass. Sez. U, Sentenza n. 3022 del 16/02/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6734 del 24/03/2011); II) conseguentemente, nel rapporto interno tra società e socio illimitatamente responsabile è solo sulla prima che deve venire a gravare il debito , senza che l’obbligazione s tessa sia soggetta a suddivisione interna ex art. 1298 c.c.; III) ancora, il vincolo di solidarietà passiva che interessa sia la società sia il socio illimitatamente responsabile in relazione all’obbligazione di liquidazione della quota, in tanto può sorgere in quanto risulti esistente il debito della società medesima; IV) infine, il vincolo in questione deve a questo punto essere classificato quale obbligazione solidale ad interesse unisoggettivo.
Questa Corte, al riguardo, ha già chiarito che, nei casi in cui la responsabilità solidale presenti natura sussidiaria o dipendente, viene a determinarsi un rapporto di subordinazione logica e di pregiudizialità tra le domande rivolte nei confronti di ciascuno dei condebitori solidali -essendo le posizioni di questi ultimi interrelate in quanto la responsabilità dell’un debitore solidale postula la responsabilità dell’altro -con la conseguenza che in tale scenario viene a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e, quindi, di litisconsorzio processuale necessario (cfr. Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 2457 del 25/01/2024; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 20860 del 21/08/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18674 del 23/09/2005).
Tale litisconsorzio necessario processuale, tuttavia, determinando un fenomeno di inscindibilità delle cause comporta che, in presenza di un fenomeno di interruzione, la riassunzione deve investire tutti i soggetti coinvolti nel giudizio e tutte le domande rivolte nei loro confronti, senza possibilità di procedere ad una scissione delle rispettive posizioni processuali – come invece sostenuto nel ricorso con la conseguenza che, in caso di mancata riassunzione complessiva, viene a determinarsi l’estinzione dell’intero giudizio.
Avendo la Corte territoriale provveduto in senso conforme al diritto ma senza valutare i profili che sono stati sin qui illustrati, si deve quindi provvedere alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, confermandone il dispositivo.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Questa Corte deve altresì provvedere sull’istanza del controricorrente, volta ad ottenere la liquidazione delle spese determinate dall’istanza di sospensione ex art. 373 c.p.c., formulata
innanzi alla Corte d’appello di Roma da parte dell’odierna ricorrente e disattesa dalla Corte territoriale, spettando detta liquidazione a questa Corte (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26966 del 24/10/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16121 del 22/07/2011), una volta prodotti i relativi documenti con le forme e i termini dell’art. 372 c.p.c. (come avvenuto nella specie), applicando i parametri propri del giudizio di legittimità, attesa la funzionalizzazione di tale subprocedimento a detto giudizio (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26966 del 24/10/2018; Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 19357 del 2012) e tenendo conto del valore specifico del subprocedimento, pari ad € 19.082,27, in quanto riferito alla sospensione della condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado di appello.
L’istanza, formulata dal controricorrente, risulta ammissibile in quanto regolarmente notificata alla ricorrente col controricorso (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 24201 del 04/10/2018).
Le spese sono liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 12.200,00 , di cui € 200 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
liquida in favore del controricorrente le spese del subprocedimento ex art. 373 c.p.c., liquidate in € 1.700,00, di cui € 200,00 per spese, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 30 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME