Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15351 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15351 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20884-2021 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO e domiciliata presso la sua sede in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – nonchè contro
COGNOMENOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata nello studio dell’AVV_NOTAIO in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, BUCCIONE IDA, BUCCIONE CONCETTINA e RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimati – avverso la sentenza n. 2150/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata in data 16/06/2020
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 5.5.1999 COGNOME NOME,
NOME e COGNOME NOME evocavano in giudizio il RAGIONE_SOCIALE innanzi il Pretore di Benevento, denunziando due distinti episodi di spoglio, il primo dei quali, avvenuto il 30.6.1998, consistito nell’aver divelto la barra portante il cartello ‘proprietà privata – divieto di accesso’ ed invaso una porzione del fondo dei ricorrenti, distinto al foglio 27, particella 206, larga 7 metri e lunga 30 metri, utilizzandola come strada di cantiere; ed il secondo, invece, occorso in data 3-4 maggio 1999, avente ad oggetto una ulteriore invasione del fondo dei ricorrenti. I ricorrenti lamentavano che per effetto dei due spogli, funzionali alla realizzazione di un’opera pubblica, consistente nell’allargamento e sistemazione di una strada, avevano perduto la possibilità di utilizzare due accessi comodi al loro terreno, l’uno
mediante incrocio a raso con la S.S. 212, reso impossibile dal fatto che quest’ultima era stata modificata e realizzata in trincea, a circa 4 metri più in basso rispetto al livello del fondo degli attori; e l’altro, invece, mediante la strada esistente sulla particella 125, che era rimasto pure intercluso. Allegavano inoltre che RAGIONE_SOCIALE aveva realizzato, a scavalco della trincea, un ponte in ferro e legno, di tipo ‘Bailey’ , largo soli tre metri, e dunque inidoneo a consentire il transito dei mezzi agricoli necessari per la coltivazione del loro fondo, e denunciavano la paralisi della loro attività aziendale, per effetto degli spogli di cui anzidetto. Chiedevano quindi di essere reintegrati nel possesso del loro fondo e delle due preesistenti strade di accesso allo stesso, per poterlo lavorare ed evitare danni ulteriori, stante l’imminente stagione del raccolto.
Si costituiva il RAGIONE_SOCIALE, che eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e comunque il difetto di legittimazione passiva, perché esso era mero appaltatore, e non concessionario, di RAGIONE_SOCIALE, proprietario della strada statale interessata dall’opera pubblica. Veniva quindi integrato, su istanza degli originari attori, il contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che interveniva, resistendo alla domanda dei predetti.
All’esito della fase sommaria veniva disposta la reintegrazione del varco di accesso al fondo dei ricorrenti ma, all’esito del giudizio di merito, con sentenza n. 1251/2006, veniva revocato l’interdetto e dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Con sentenza n. 2786/2014 la Corte di Appello di Napoli dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario e rimetteva la causa in prime cure per la disamina della domanda di reintegrazione proposta dagli originari ricorrenti. La pronuncia non veniva impugnata e passava in giudicato.
Veniva riassunto il giudizio in prime cure ed il Tribunale di Benevento, dichiarata la contumacia del RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 92/2017 dichiarava cessata la materia del contendere sulla domanda di reintegrazione, salvo che per una residua porzione di muro impeditivo del transito, del quale ordinava l’abbattimento, e condannava il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in solido, al risarcimento del danno cagionato ai ricorrenti, quantificato in € 100.000.
Interponeva appello avverso detta decisione RAGIONE_SOCIALE e si costituivano gli odierni ricorrenti, resistendo alla domanda ed eccependo l’improcedibilità del gravame per erronea notifica dell’atto di impugnazione ai procuratori del RAGIONE_SOCIALE, ancorché lo stesso fosse stato dichiarato contumace in prime cure. La Corte di Appello di Napoli ordinava per due volte la rinnovazione della notificazione dell’atto di impugnazione ed all’esito, con la sentenza oggi impugnata, n. 2150/2020, dichiarava inammissibile l’impugnazione di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, accogliendola invece nei riguardi degli odierni ricorrenti, limitatamente alla domanda risarcitoria, che rigettava, confermando invece la statuizione di reintegrazione.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidandosi a due motivi.
Resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME. Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Con istanza in data 5.8.2021, i procuratori di parte ricorrente, dato atto del mancato perfezionamento della notificazione del ricorso al liquidatore del RAGIONE_SOCIALE, hanno chiesto a questa Corte la nomina di un curatore speciale del predetto RAGIONE_SOCIALE, ai sensi degli
artt. 78 e ss. c.p.c., per consentire la notificazione del ricorso medesimo.
Con nota di deposito del 2.12.2021, RAGIONE_SOCIALE ha depositato originale del plico contenente la notificazione del controricorso al RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nonché copia delle informazioni societarie estratte presso la RAGIONE_SOCIALE territorialmente competente.
In prossimità dell’adunanza camerale, il P.G., nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, invocando il rigetto del ricorso, e la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, i ricorrenti denunziano la disapplicazione dell’art. 331 c.p.c. e violazione dell’art. 332 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’intera impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di prime cure, in quanto la domanda proposta dagli odierni ricorrenti era diretta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, tra i quali era poi sorta contestazione in relazione all’individuazione del soggetto obbligato; sussisteva, dunque, una ipotesi di litisconsorzio processuale, in quanto in fase di gravame era ancora in discussione la determinazione dell’effettivo obbligato, tanto è vero che RAGIONE_SOCIALE aveva proposto specifico motivo di doglianza sul punto, eccependo, tra l’altro, la propria carenza di legittimazione passiva in relazione agli atti illeciti eventualmente posti in essere dal RAGIONE_SOCIALE in danno degli odierni ricorrenti.
La censura è fondata.
La Corte di Appello, dopo aver dato atto della mancata notificazione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, dell’atto di gravame al RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione nei confronti
di detta parte, non ravvisando una ipotesi di litisconsorzio soggetta all’applicazione dell’art. 331, secondo comma, c.p.c. (cfr. pag. 14 della sentenza impugnata). La statuizione non è coerente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui ‘Nell’ipotesi in cui il convenuto in una causa di risarcimento del danno chiami in causa un terzo per ottenere la declaratoria della sua esclusiva responsabilità e la propria liberazione dalla pretesa dell’attore, la causa è unica e inscindibile, potendo la responsabilità dell’uno comportare l’esclusione di quella dell’altro (ovvero, nel caso di coesistenza di diverse, autonome responsabilità, ponendosi l’una come limite dell’altra), sicché si viene a determinare una situazione di litisconsorzio processuale la quale, anche laddove non sia contestualmente configurabile un litisconsorzio di carattere sostanziale, dà luogo alla formazione di un rapporto soggiacente alla disciplina propria delle cause inscindibili nel giudizio di gravame’ (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 35257 del 18/12/2023, Rv. 669777; conf. Cass. Sez. 6 -2, Sentenza n. 8486 del 29/04/2016, Rv. 639571; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 847 del 16/01/2007, Rv. 594206; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2219 del 28/02/2000, Rv. 534477). Poiché nel caso di specie il RAGIONE_SOCIALE aveva resistito alla domanda di reintegrazione nel possesso e risarcimento del danno proposta nei suoi confronti dagli originari attori, odierni ricorrenti, affermando la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE, nei cui confronti è stato poi integrato il contraddittorio, si è venuto a creare, tra le posizioni dei due convenuti, un rapporto di inscindibilità sotto il profilo processuale, poiché l’affermazione della responsabilità dell’uno di essi poteva comportare l’esclusione di quella dell’altro, ovvero, nell’ipotesi di coesistenza di diverse concause dell’evento dannoso, potevano configurarsi autonome ipotesi di responsabilità, eventualmente operanti l’una come limite dell’altra; di
conseguenza, la Corte di Appello non avrebbe potuto procedere, nella fase di impugnazione, alla separazione della domanda principale, proposta dagli odierni ricorrenti nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, da quella instaurata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, per effetto della chiamata in causa del terzo.
Non assume rilievo, al riguardo, il fatto che la chiamata del terzo sia stata eseguita dagli originari attori, odierni ricorrenti, a seguito e per effetto della costituzione del RAGIONE_SOCIALE, e non invece da quest’ultimo, poiché quel che è decisivo è l’intervenuta instaurazione, tra le posizioni dei due convenuti, di una relazione di inscindibilità processuale derivante dalla necessità di individuare il soggetto effettivamente responsabile del danno. Fa eccezione a tale situazione l’ipotesi in cui la responsabilità del terzo chiamato sia stata oggetto di un’espressa statuizione di rigetto da parte del giudice di primo grado e tale statuizione non sia stata impugnata o contestata, direttamente o indirettamente, nel giudizio di appello, poiché in tale eventualità vengono a mancare le condizioni di inscindibilità della causa, essendo l’oggetto del giudizio ormai limitato all’accertamento della responsabilità dell’originario convenuto; di conseguenza, in tal caso, va esclusa la necessità di integrazione del contraddittorio in sede di impugnazione (cfr . Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 33145 del 18/12/2024, Rv. 673109). Tale ipotesi, tuttavia, non ricorre nel caso specifico, poiché il giudice di prime cure non ha rigettato la domanda risarcitoria nei riguardi del terzo chiamato RAGIONE_SOCIALE, ma -al contrario- la ha accolta, affermando la responsabilità solidale di questo con l’originario convenuto RAGIONE_SOCIALE.
Da quanto precede deriva l’accoglimento del motivo in esame. La Corte di Appello, infatti, non avrebbe potuto separare le impugnazioni proposte da RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE 1 e degli odierni ricorrenti, dichiarando inammissibile la prima ed accogliendo la seconda, stante la sussistenza della rilevata inscindibilità della causa.
L’accoglimento del primo motivo implica l’assorbimento del secondo, con il quale i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 112, 329, 345, 292, 293 e 294 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria, che gli odierni ricorrenti avevano proposto, in prime cure, soltanto con la memoria prevista dall’art. 184 c.p.c., all’epoca vigente, senza avvedersi che, sul punto, non vi era specifico motivo di gravame da parte di RAGIONE_SOCIALE. Quest’ultima, infatti, aveva eccepito l’inammissibilità per tardività della domanda in esame sul presupposto che essa fosse stata proposta per la prima volta in sede di appello, e non lamentando quindi che essa fosse stata formulata in prime cure con le memorie ex art. 184 c.p.c. Ad avviso degli odierni ricorrenti, le due eccezioni muovono da presupposti differenti, onde la Corte distrettuale avrebbe dovuto limitarsi ad esaminare quella in concreto proposta da RAGIONE_SOCIALE, e dunque verificare se la domanda risarcitoria fosse stata proposta per la prima volta in appello, o meno, senza valutare la diversa questione se essa fosse stata tempestivamente introdotta in prime cure.
Con riferimento infine alla richiesta di nomina di un curatore speciale ai fini dell’integrazione del contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, deve osservarsi che quest’ultimo non aveva proposto appello avverso la decisione di prime cure, onde la statuizione del Tribunale, di accoglimento della domanda risarcitoria nei suoi confronti, è divenuta definitiva. Può di conseguenza prescindersi dall’invocata integrazione del contraddittorio in questa sede, in funzione del principio della ragionevole durata del processo, dovendosi
ritenere la fissazione di un termine per procedere ai relativi incombenti, ai sensi dell’art.331 c.p.c., del tutto ininfluente sull’esito del giudizio (cfr . Cass. Sez. U, Sentenza n. 21670 del 23/09/2013, Rv. 627449; negli stessi termini, cfr . anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4917 del 27/02/2017, Rv. 644315); dall’accoglimento del ricorso, infatti, non deriva, in capo al predetto RAGIONE_SOCIALE, alcun effetto, né favorevole, né pregiudizievole, atteso il passaggio in giudicato della condanna pronunciata nei suoi riguardi dal Tribunale.
In definitiva, va accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Napoli, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Napoli, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda