Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1984 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1984 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 313/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME in proprio e nella sua qualità di Tesoriere nazionale e legale rappresentante p.t. del Partito ‘Democratici di Sinistra’, NOME in proprio e nella sua qualità di segretario nazionale dei Democratici di Sinistra, nonché COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME COGNOME, in proprio e in qualità di Segretario Nazionale dei ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e RAGIONE_SOCIALE in proprio e in qualità di Tesoriere e legale rappresentante dei ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ , elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME
NOME che li rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 784/2023 depositata il 16/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1. – Il procedimento definito con la sentenza n.784/2023 della Corte di appello di Bari, impugnata con ricorso per cassazione, deriva dalla riunione, in primo grado di due giudizi, instaurati presso il Tribunale di Trani (inizialmente presso la Sezione distaccata di Barletta).
Per quanto ancora di interesse va rammentato che:
Il primo giudizio n. 92013505/2008 era stato promosso in data 29.08.2008 da NOME COGNOME, in proprio e in qualità di Segretario Nazionale e legale rappresentante del partito dei ‘RAGIONE_SOCIALE‘, che aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Trani -Sezione Distaccata di Barlettal’associazione denominata RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE‘ in persona di NOME COGNOME e NOME COGNOME (rispettivamente Presidente e Segretario), con sede in Barletta alla INDIRIZZO n.2/a, nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME in proprio in giudizio avente ad oggetto: inibitoria dell’uso del simbolo dei DS risarcimento dei danni -pubblicazione della sentenza. I convenuti, costituiti nel giudizio, avevano eccepito preliminarmente il difetto di legittimazione attiva di COGNOME, atteso l’intervenuto recesso di questi dai DS e comunque per non esser lo stesso COGNOME tesserato nell’anno 2008, nonché il difetto di rappresentanza processuale dell’attore, chiedendo nel merito di rigettare le domande. Nel giudizio era intervento NOME COGNOME quale tesoriere
e rappresentante dei Democratici di Sinistra, il quale aderiva alle allegazioni dell’attore, facendo proprie le conclusioni già rassegnate da quest’ultimo.
Il secondo giudizio n.92013506/2008 era stato promosso con atto di citazione notificato in data 29.08.2008 da NOME COGNOME, in proprio e in qualità di Segretario Nazionale e legale rappresentante del partito dei ‘RAGIONE_SOCIALE‘, che aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Trani -Sezione Distaccata di Barletta l’associazione denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME DCOGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, chiedendo, per quanto ancora di interesse: accertare, rilevare e dichiarare che gli atti e le delibere adottate dai convenuti in Barletta in data 28.02.2008 dall’Assemblea degli Iscritti al Partito dei Democratici di Sinistra e dal V Congresso Straordinario per la continuità del Partito dei Democratici di Sinistra nonché la delibera adottata in Barletta il 29.02.008 dalla Direzione Nazionale del Partito dei Democratici di Sinistra, e ogni altra delibera successiva, cognita e incognita, erano inesistenti eo nulle o, in subordine, che detti atti e delibere erano contrarie alla legge e allo Statuto del Partito dei Democratici di Sinistra del 03.02.2005 ex art. 23 c.c. Si costituivano in giudizio solo alcuni dei convenuti, in particolare l’Associazione di RAGIONE_SOCIALE‘ in persona del Tesoriere pro tempore NOME COGNOME nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali,
eccependo anche questa volta preliminarmente il difetto di legittimazione attiva di NOME COGNOME, nonché il difetto di rappresentanza processuale dell’attore, chiedevano nel merito di rigettare le domande attoree perché infondate in fatto e in diritto. Anche in questo giudizio era intervenuto NOME COGNOME quale rappresentante dei Democratici di Sinistra, il quale aderiva alle allegazioni dell’attore, facendo proprie le conclusioni già rassegnate da quest’ultimo.
I due giudizi venivano riuniti in primo grado all’udienza del 19 novembre 2009.
I due giudizi riuniti venivano sospesi, per consentire la proposizione di querela di falso, con ordinanza del 9 dicembre 2012 resa fuori udienza.
Esaurito il procedimento per querela di falso a seguito del rigetto, gli attori riassumevano il giudizio sospeso ai sensi dell’art. 297 c.p.c. con atto di riassunzione depositato in data 04.11.2015 e notificato in data 27.11.2015 ai difensori dei convenuti fino a quel momento costituiti.
Si costituiva in giudizio solo NOME COGNOME in proprio e quale rappresentante legale dei Democratici di Sinistra, il quale dichiarava, in comparsa, che era deceduto NOME COGNOME convenuto contumace, e per tale motivo chiedevano volersi disporre l’interruzione del giudizio.
All’udienza del 14.04.2016, pertanto, il primo giudice ne dichiarava l’interruzione.
Con successivo ricorso ex art. 302 c.p.c., gli attori riassumevano il giudizio avendovi interesse; veniva pertanto fissata l’udienza di prosecuzione per il giorno 17.11.2016.
A riguardo, l’attore e il terzo intervenuto provvedevano alla notifica nei confronti dei convenuti costituiti e nei confronti degli eredi di NOME COGNOME mentre la notifica agli altri convenuti contumaci risultava negativa.
Si costituiva solo COGNOME e alla prima udienza del 17.11.2016 il primo giudice concedeva termine, all’attore e al terzo intervenuto, per poter procedere a una nuova notificazione entro il 10.01.2017.
COGNOME e COGNOME, pertanto, non avendo provveduto alla notifica dell’atto di riassunzione nel termine concesso in ragione delle difficoltà di reperimento degli indirizzi per le nuove notifiche, depositavano rinuncia agli atti del giudizio nei confronti dei convenuti contumaci ed in particolare, nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
In seguito all’eccezione di intervenuta estinzione del giudizio per mancata tempestiva notifica dell’atto di riassunzione nei confronti dei convenuti contumaci sollevata dal D’Aprile, il primo giudice, ritenendo di dover decidere preliminarmente su tale eccezione, fissava l’udienza del 02.11.2017 per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale della causa ex art. 281 sexies c.p.c.
Con sentenza non definitiva n.2335/2017 pubblicata in data 02.11.2017, il Tribunale di Trani respingeva l’eccezione di estinzione e disponeva la prosecuzione del giudizio, fissando l’udienza del 14.12.2017.
A giudizio del Tribunale, non presentando l’atto di riassunzione elementi nuovi e diversi rispetto all’atto introduttivo del giudizio, gli attori non avevano l’obbligo di notificare l’atto di riassunzione anche ai soggetti già contumaci nella fase del giudizio precedente alla sospensione.
Pertanto, l’ordinanza con la quale era stato concesso termine per la notifica della riassunzione, non rientrando in alcuna delle
tipologie di ordinanza non modificabile/non revocabile ex art. 177 c.p.c. veniva revocata.
Al contrario, il Tribunale riteneva concedersi un termine per provvedere alla rinotifica dell’atto di riassunzione nei confronti di NOME COGNOME COGNOME e COGNOME, essendo questi costituiti con i medesimi procuratori del COGNOME, prima della sospensione del giudizio. La notifica, pertanto, doveva avvenire per questi, in assenza di costituzione nel giudizio di un nuovo difensore, ai sensi dell’art. 85 c.p.c., ai procuratori ancora costituiti e non personalmente.
In data 30.11.2017 gli attori notificavano un terzo atto di riassunzione nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, e all’udienza del 14.12.2017 D’COGNOME reiterava tutte le precedenti eccezioni compresa quella sulla nullità delle notifiche di quest’ultimo atto di riassunzione. In particolare, il difensore di COGNOME sottolineava di non esser più il difensore di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME non essendo questi più costituiti in giudizio dopo la prima riassunzione della causa.
Il primo giudice rinviava la causa all’11.10.2018 per la ricostruzione del fascicolo andato nel frattempo integralmente smarrito.
All’udienza del 17.09.2019, il giudice, ritenuta non necessaria alcuna istruttoria, rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni al successivo 29.10.2019.
Con nota di deposito del 28.10.2019 il COGNOME‘Aprile comunicava il decesso anche del convenuto contumace NOME NOME e contestualmente chiedeva nuovamente l’interruzione del giudizio ex art. 300 c.p.c. Con ordinanza del 29.10.2019 il giudice dichiarava l’interruzione.
Con istanza del 30.10.2019, gli attori chiedevano la revoca ex art. 177 c.p.c. dell’ordinanza asserendo che il defunto NOME
COGNOME non fosse più parte in causa del giudizio, a seguito della rinuncia all’azione nei suoi confronti formulata precedentemente in data 22.03.2017.
Con ordinanza del 05.11.2019 il giudice di prime cure revocava inaudita altera parte la predetta ordinanza di interruzione del processo, così motivando: ‘… rilevato che COGNOME NOME è convenuto contumace; rilevato che gli attori nel corso del giudizio hanno rinunciato all’azione nei confronti del COGNOME; considerato che il decesso del COGNOME -evidenziato dai conventi all’udienza del 29.10.2019 non ha alcuna rilevanza al fine della corretta prosecuzione del giudizio, atteso che il COGNOME non più parte sostanziale del presente giudizio, in forza della rinuncia all’azione nei confronti di questo; …’ , disponeva per il prosieguo della causa, fissando l’udienza del 14.11.2019 per le precisazioni delle conclusioni.
All’udienza del 14.11.2019, a seguito dell’istanza di ricusazione presentata dal D’Aprile il 12.11.2019, il Giudice sospendeva il processo ai sensi dell’art. 52 c.p.c.
Con ordinanza del 21.01.2020, comunicata il 29.01.2020, il Tribunale di Trani in composizione collegiale, rigettava l’istanza di ricusazione, ritenendola infondata.
La causa, riassunta ai sensi dell’art. 291 c.p.c. dagli attori, veniva rinviata all’udienza del 20.10.2020 e riservata per la decisione con concessione dei termini per il deposito delle memorie conclusionali ex art. 190 c.p.c.
Nel precisare le conclusioni, i convenuti chiedevano sospendersi il giudizio in quanto uno dei convenuti contumaci, COGNOME NOMECOGNOME aveva proposto appello alla sentenza non definitiva n.2335/2017 emessa e pubblicata in data 02.11.2017 dal Tribunale di Trani.
Il Tribunale, rigettata la domanda di sospensione del giudizio, decideva con sentenza n.600/2021 pubblicata in data 02.04.2021, a conclusione del giudizio di primo grado:
-quanto al proc. r.g. 13505/2008 -accoglieva le domande ed inibiva a COGNOME NOME, NOME COGNOME e COGNOME NOME di fare uso, in ogni modo ed in qualsivoglia occasione, pubblica o privata del simbolo dei DS, condannandoli al pagamento della somma di euro 30.0000 a titolo di risarcimento del danno a favore del partito dei DS, ordinava la pubblicazione della sentenza e condannava i tre convenuti in solido al pagamento delle spese di lite in favore di COGNOME e di COGNOME;
quanto al proc. rg. 13506/2008, in parziale accoglimento delle domande proposte dall’attore COGNOME COGNOME dichiarava la nullità della delibera adottata in Barletta il 28.02.2008 dall’Assemblea degli iscritti al Partito dei Democratici di Sinistra e dal V Congresso Straordinario per la continuità del Partito dei Democratici di Sinistra e della delibera adottata in Barletta il 29.02.2008 dalla Direzione Nazionale del Partito dei Democratici di Sinistra e compensava le spese di lite.
1.2.- Con atto di citazione notificato in data 02.11.2021, NOME COGNOME in proprio e in qualità di Presidente Nazionale dei ‘Democratici di Sinistra’, proponeva appello, generando il procedimento r.g. n. 1621/2021, avverso la sentenza definitiva n. 660/2021 pubblicata in data 02.04.2021, nonché la sentenza non definitiva n.2335/2017 pubblicata in data 02.11.2017 dal Tribunale di Trani, citando in giudizio COGNOME e COGNOME, chiedendo, previa sospensione dell’impugnata sentenza ex art. 283 e 351 c.p.c. e previa riunione con l’appello r.g. n.1174/2020, l’accoglimento dell’appello.
Con separato atto di citazione notificato anch’esso in data 02.11.2021, COGNOME NOME, NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME tutti in proprio e nella qualità rispettivamente i primi due di Tesoriere Nazionale e legale rappresentante pro tempore e di Segretario Nazionale dei ‘Democratici di Sinistra’, proponevano appello, generando il procedimento r.g. n. 1635/2021, avverso la
sentenza n.660/2021 pubblicata in data 02.04.2021, nonché la sentenza non definitiva n.2335/2017 pubblicata in data 02.11.2017 dal Tribunale di Trani, convenendo in giudizio COGNOME, COGNOME e i ‘RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo asserito rappresentante pro tempore COGNOME COGNOME e rassegnavano, previa richiesta di sospensione dell’efficacia delle gravate sentenze, ex artt. 283 e 351 c.p.c. e di previa riunione della causa con l’appello r.g. n.1174/2020, le medesime conclusioni del precedente atto di appello iscritto al r.g. n. 1621/2020.
Riuniti tutti i procedimenti d’appello pendenti e rigettata l’istanza inibitoria, all’udienza del 07.02.2023 la causa era stata riservata in decisione e decisa dalla Corte di appello d Bari che ha dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza non definitiva n. 2335/2017 stante il decorso del termine di cui all’art. 327 c.p.c., nonché per carenza di riserva di appello ex art. 340 cpc -, previo accertamento del passaggio in giudicato della stessa; ha rigettato l’appello principale e l’appello incidentale proposti avverso la sentenza n.660/2021; ha confermato entrambe le sentenze impugnate, provvedendo sulle spese di lite.
1.3.COGNOME, COGNOME in proprio e nella sua qualità di Tesoriere nazionale e legale rappresentante p.t. del Partito ‘Democratici di Sinistra’, COGNOME in proprio e nella sua qualità di segretario nazionale dei Democratici di Sinistra, nonché COGNOME hanno proposto ricorso chiedendo la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari con otto mezzi, corredati da memoria.
COGNOME in proprio e in qualità di Segretario Nazionale dei ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e COGNOME in proprio e in qualità di Tesoriere e legale rappresentante dei ‘RAGIONE_SOCIALE‘ hanno replicato con controricorso e memoria.
È stata disposta la trattazione camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.Il ricorso è articolato in otto motivi che deducono:
I) La nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102, 115, 116, 137, 139, 157, 160, 164, 168, 292 e 354 c.p.c. e 2697 e 2728 del c.c.; la nullità della sentenza, per inesistenza o, in via gradata, nullità della notificazione, ai convenuti contumaci, dell’atto di citazione di primo grado e per l’inesistenza della notificazione dell’atto di intervento di COGNOME di primo grado; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, nn. 3, 4 e 5 c.p.c.).
I ricorrenti deducono che la Corte di appello abbia omesso di esaminare l’eccezione di nullità della sentenza definitiva di primo grado n.600/202, contenuta nel quarto motivo di appello, argomentata sostenendo l’inesistenza della notificazione dell’atto di citazione di COGNOME e dell’atto di intervento di COGNOME in relazione alla posizione dei convenuti contumaci, asserendo erroneamente a loro parere – che l’eccezione avrebbe riguardato solo la sentenza non definitiva di primo grado e ritenendola coperta dal giudicato di questa decisione.
I ricorrenti contestano la sussistenza del giudicato in relazione alla sentenza non definitiva di primo grado e a tal fine assumono la ricorrenza di un litisconsorzio necessario, quanto meno processuale, tra tutti gli associati, nei cui confronti era intervenuta rinuncia agli atti del giudizio da parte di COGNOME e COGNOME e, quindi, rimarcano che COGNOME, secondo la loro prospettazione rimasto contumace involontario in primo grado, aveva proposto appello tardivo avverso la sentenza non definitiva, avendo avuto conoscenza del processo solo in data 18 ottobre 2020 con e -mail di un difensore costituito, e poi avverso la sentenza definitiva di primo grado, eccependo l’inesistenza delle notificazioni, eccezioni sollevate da tutti gli altri ricorrenti con i loro atti di appello.
II) La nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102, 115, 116, 306, 102, 176, 186, 101, 292, 306, 298, 300, 302, 304, 305, c.p.c. e degli artt. 24 e 111 c.p.c. e
dell’art. 6 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo; la nullità della gravata sentenza, per violazione del principio del contraddittorio e del litisconsorzio necessario; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, nn. 3, 4 e 5 c.p.c.).
Secondo i ricorrenti vi sarebbe omessa pronuncia e violazione del contraddittorio in quanto la Corte territoriale non avrebbe esaminato l’eccezione secondo cui, nel caso di specie, si sarebbe trattato di litisconsorzio necessario tra tutti i convenuti ex art. 102, secondo comma, c.p.c., soggetti che avevano partecipato alle deliberazioni assembleari oggetto di impugnazione, di guisa che sarebbe stato necessario notificare anche a loro l’atto di riassunzione del giudizio in seguito all’interruzione verificatasi a causa della morte di NOME COGNOME
Deducono che la rinuncia poteva essere validamente formulata solo nei confronti di tutti i convenuti litisconsorti necessari e che la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti comportava che l’avverso secondo atto di riassunzione del processo di primo grado, del 12/7/2016, era certamente nullo e la causa andava dichiarata estinta, quanto meno a far data dal 14/4/2016, proprio in quanto sussisteva, nel caso in esame, il litisconsorzio necessario tra tutti i convenuti.
III) La nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 101, 102, 291, 292, 294, 303, 325, 327, secondo comma, 331, 340, 342, c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c.; la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 e 116 c.p.c., 2697 e 2728 c.c.; inversione dell’onere prova; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, nn. 3, 4 e 5 c.p.c.).
I ricorrenti lamentano che la Corte di merito abbia erroneamente dichiarato l’inammissibilità, per tardività, dell’appello interposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza non definitiva
n. 2335/2017. Sostengono che, in primis , è errata, la gravata sentenza, nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello notificato da NOME COGNOME avverso la sentenza non definitiva, e ne deducono che l’intervenuta impugnazione della suddetta sentenza non definitiva, da parte di uno solo dei litisconsorti (nella fattispecie COGNOME, con il primo atto d’appello), aveva avuto l’effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, con conseguente obbligo dell’integrazione del contraddittorio iussu iudicis , ai sensi dell’art. 331 c.p.c.
IV) La nullità della sentenza per violazione /o falsa applicazione degli artt. 168 c.p.c. e degli artt.112, 113 c.p.p. e degli artt. 24 e 111 della costituzione; l’omessa ricostruzione del fascicolo d’ufficio.
I ricorrenti deducono che, a seguito dell’intervenuto smarrimento del fascicolo d’ufficio, il G.I. ne aveva disposto prima le ricerche a cura della cancelleria e poi, non essendo stato ritrovato, ne aveva ordinato la ricostruzione a cura delle parti; lamentano, tuttavia, che, pur sollecitato in tal senso dai difensori dell’odierno convenuto COGNOME, il giudice aveva omesso di disporre la ricostruzione dei verbali di causa, così contravvenendo al disposto degli artt. 112 e 113 c.p.p., applicabili, analogicamente, al caso di specie.
V) La nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, primo comma, lettera ff), decreto legislativo n. 109/2006 che riguarda l’adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza; la violazione del principio del giusto processo e dell’imparzialità del giudice ex artt. 24 e 111 Costituzione (art. 360, comma 1 nn. 3 e 4).
I ricorrenti rammentano di avere proposto istanza di ricusazione nei confronti del giudice di primo grado, lamentando l’abnormità dei provvedimenti da questi emessi. Si dolgono che la
Corte territoriale abbia escluso la sussistenza di condotte parziali o abnormi e respinto il gravame.
VI) La nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23 c.c. e degli artt. 75 e 100 c.p.c. per difetto di interesse e legittimazione ad agire dei resistenti; la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 8 e 24 dello statuto del partito dei democratici di sinistra; il difetto di legittimazione attiva e processuale dell’appellato NOME COGNOME per difetto di capacità processuale; l’ inammissibilità/improponibilità dell’atto d’intervento ‘adesivo autonomo’ dell’appellato NOME COGNOME (art. 360, comma 1 nn. 3 e 4).
VII) La nullita’ della sentenza gravata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14, 23, 24, 27, 36 del c.c. e degli artt. 2, 18, 49 e 51 della Costituzione; la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 3, 4, 7, 8, 913, 14, 27 e 32 dello statuto del partito dei Democratici di Sinistra; la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; la violazione e/o falsa applicazione del principio di democraticità (art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4). Sull’ asserita invalidità delle delibere del 28 e 29 febbraio 2008: error in iudicando , per difetto assoluto di motivazione e/o motivazione inesistente o solamente apparente in relazione ad un fatto decisivo per la controversia in quanto il giudice di merito avrebbe travisato i fatti di causa e le norme applicabili alle questioni sottoposte al suo vaglio, risolvendosi la motivazione in un mero elenco di norme (art. 360 c.p.c., comma 1 nn. 3 e 5).
VIII) La nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 114, 115 e 116 c.p.c. e degli art. 1226, 2697 e 2728 del c.c., circa le avverse domande di inibitoria e di risarcimento del danno all’immagine derivato dall’asserito utilizzo indebito del simbolo e circa la valutazione della relativa quantificazione da parte del giudice (art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c.).
3.1. -Il primo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente per connessione sono infondati e vanno respinti.
Secondo consolidati principi, la parte rimasta contumace può impugnare la sentenza che l’abbia vista soccombente oltre la scadenza del termine annuale dalla relativa pubblicazione, a condizione che dia la prova sia della nullità della citazione o della relativa notificazione (nonché della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c.) sia della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità (Cass. n. 36181/2022), senza che rilevi la conoscenza legale dello stesso, essendo sufficiente quella di fatto (Cass. n. 532/2020).
La decisione impugnata, con riferimento alla parte COGNOME, si è attenuta a questi principi; infatti, la Corte barese ha affermato «Nel caso di specie, il COGNOME si è limitato ad eccepire apoditticamente il difetto della notificazione nei suoi confronti, non fornendo alcuna prova circa alcun vizio della citazione o della sua notificazione, né ha dato prova della mancata conoscenza del giudizio. Al contrario, il medesimo ha dichiarato di aver avuto conoscenza della sentenza non definitiva solo in data 18.10.2020 tramite mail ricevuta dall’avv. NOME COGNOME difensore dei convenuti costituiti, con la quale gli si dava notizia della circostanza che il relativo processo era stato avviato e si stava celebrando a sua insaputa; circostanza questa, di per sé, non sufficiente a provare la non conoscenza del giudizio di primo grado, soprattutto considerato che il 20.10.2020, giorno di notifica dell’atto di appello proposto dal COGNOME, corrispondeva al giorno di udienza di precisazioni delle conclusioni del giudizio di primo grado, nella quale avrebbe potuto costituirsi per far valere le sue ragioni, sostenendo quelle degli altri convenuti costituiti e chiedendo di esser rimesso in termini ai sensi dell’art. 294 c.p.c». (fol.13 sent. imp.), dando così atto che COGNOME aveva avuto conoscenza di fatto del processo di primo grado, in data 18 ottobre 2020, quando
il giudizio era ancora pendente e che tale circostanza gli avrebbe dato modo di costituirsi nel giudizio e di svolgere ivi le proprie difese nei modi propri.
L’inammissibilità della impugnazione della sentenza non definitiva di primo grado da parte di COGNOME, esclude che detta impugnazione possa avere indotto una sorta di remissione in termini per gli altri ricorrenti che non aveva impugnato la sentenza non definitiva, né avevano fatto riserva di impugnazione, come dagli stessi erroneamente auspicato con i motivi di ricorso.
4. -Il secondo motivo è infondato.
Non ricorre alcuna omessa pronuncia, come sostenuto dai ricorrenti, in quanto la Corte territoriale ha esaminato l’eccezione secondo cui, nel caso di specie, si sarebbe realizzato un litisconsorzio necessario, quanto meno processuale, tra tutti gli associati ex art. 102, comma 2° c.p.c., di guisa che sarebbe stato necessario notificare anche ai contumaci l’atto di riassunzione del giudizio in seguito all’interruzione verificatasi a causa della morte di NOME COGNOME ed ha espressamente dichiarato in sentenza che gli appelli principali andavano respinti con assorbimento di ogni altra questione, quale è quella che ci occupa.
Invero, «Il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto, e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni. In particolare, la figura dell’assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre è in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito
rigetto di altre domande, cosicché l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento» (Cass. n.37/2023).
Nel caso di specie la decisione implicita di rigetto consegue alla pronuncia con cui la rinuncia agli atti del giudizio formulata da COGNOME e COGNOME nei confronti dei convenuti contumaci è stata qualificata ai sensi dell’art. 306 c.p.c. ed è stato rimarcato che non vi era necessità di espressa accettazione da parte dei convenuti contumaci, in quanto l’accettazione era necessaria solo nell’ipotesi in cui la controparte fosse stata costituita e avesse avuto interesse alla prosecuzione del giudizio. Consegue, altresì, alla collocazione della controversia -che verte sull’abuso del simbolo e del nome di un partito, cioè, di una associazione non riconosciuta, e sull’impugnazione delle delibere assembleari dell’associazione in data 28 e 29 febbraio 2008 -, nell’ambito dei rapporti tra associazioni non riconosciute e tra associazioni ed associati.
In proposito, va ricordato che, come stabilito dall’art. 36, comma 2, c.c. «Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro i quali, secondo questi accordi, è conferita la presidenza o la direzione» di guisa che l’impugnazione della delibera assembleare può essere validamente posta in essere nei confronti di coloro i quali hanno la presidenza o la direzione dell’associazione, senza che sussista alcun litisconsorzio necessario -a differenza di quanto erroneamente sembrano sostenere i ricorrenti, la cui censura non coglie nel segno -di guisa che non vi era alcuna necessità di integrazione del contraddittorio iussu iudicis .
5.- Il quarto motivo è inammissibile.
La Corte ha rettamente applicato il principio secondo il quale
«Ove al momento della decisione della causa risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione, solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione. Qualora, pur in presenza di tali elementi, il giudice ometta di disporre la ricerca o la ricostruzione degli atti mancanti, tale omissione può tradursi in un vizio della motivazione, ma la parte che intenda censurare un siffatto vizio in sede di legittimità ha l’onere di richiamare nel ricorso il contenuto dei documenti dispersi e dimostrarne la rilevanza ai fini di una decisione diversa.» (Cass. n. 21571/2020).
Nel caso di specie, a seguito dell’intervenuto smarrimento del fascicolo di ufficio, il giudicante ne dispose le ricerche a cura della cancelleria e successivamente ne ordinò la ricostruzione così assolvendo al dovere imposto al giudice in caso di smarrimento del fascicolo.
La Corte di merito ha dato atto che gli appellanti, pur avendo lamentato la mancata ricostruzione dei verbali di causa e del sub procedimento cautelare e d’urgenza ex art. 700 c.p.c. da parte del giudice di primo grado, non avevano richiamato i contenuti degli stessi e non ne avevano dimostrato la rilevanza decisiva e, per tale ragione, ha disatteso il gravame.
L’odierna censura non si confronta con la statuizione e risulta formulata in termini assertivi ed astratti, con evidente carenza sul piano della specificità ex art.366 n.6, c.p.c. in quanto risulta priva di riferimenti alle concrete vicende processuali, al contenuto dei verbali di cui si lamenta la mancata ricostruzione e alla loro concreta rilevanza ai fini decisori.
6.- Il quinto motivo è inammissibile.
Come è noto, l’ordinanza di rigetto dell’istanza di ricusazione, pur avendo natura decisoria, non è impugnabile autonomamente con ricorso straordinario per Cassazione, ma è suscettibile di
essere riesaminata nel corso dello stesso processo attraverso il controllo sulla pronuncia resa dal (o col concorso del) iudex suspectus e l’eventuale vizio causato dalla incompatibilità del giudice invano ricusato si converte in motivo di nullità dell’attività spiegata dal giudice stesso, e quindi di gravame della sentenza da lui emessa (Cass. n.18611/2020).
Nel caso di specie i ricorrenti hanno interposto appello sul punto e la Corte di merito lo ha motivatamente respinto in linea con i principi già espressi in sede di legittimità, rimarcando, da un lato, la mancanza di prove circa comportamenti non imparziali del giudice e, dall’altro, la correttezza della decisione che aveva solo parzialmente accolto le originarie domande attoree.
Il motivo in esame, pur delineato come error in procedendo e violazione di legge, sollecita un riesame del merito, inammissibile in sede di legittimità, in termini conformi alla aspettativa dei ricorrenti in ordine alle contestazioni mosse all’operato del giudice di primo grado.
– Il sesto ed il settimo motivo, da trattare congiuntamente per connessione, sono globalmente da disattendere.
I ricorrenti, pur svolgendo plurimi argomenti, contestano -nel sesto motivo in buona sostanza l’interpretazione che i giudici di merito hanno dato all’art.3, comma 8, dello Statuto dei DS, laddove sono indicate le circostanze fattuali che comportano l’incompatibilità dell’iscrizione ai DS, segnatamente in relazione alla iscrizione ‘ad un altro partito o a movimenti che presentino liste concorrenziali a quella del partito in consultazioni elettorali’ , interpretazione in ragione della quale la Corte di merito ha affermato la perdurante compatibilità di COGNOME e COGNOME con l’iscrizione nei DS, il mantenimento delle cariche associative rispettivamente rivestite, mai revocate, e la loro legittimazione.
Il motivo sotto questo profilo – anche volendo prescindere dalla mancata indicazione formale di tale vizio e dell’indicazione
delle norme ermeneutiche violate – si rivela inammissibile.
La denuncia della violazione, con il ricorso per cassazione, degli artt. 1362 c.c. e segg., non può risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, dovendo al contrario essere proposta sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui alle norme suindicate e, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, deve essere accompagnata dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire, in sede di legittimità, la verifica dell’erronea applicazione della disciplina normativa (fra le molte, v. Cass. n. 13587/2010): ciò nel caso di specie non è avvenuto e incide sulla ammissibilità del motivo, tanto più che l’interpretazione compiuta dalla Corte barese non è incompatibile con il dato letterale.
Anche l’argomento ulteriormente speso deducendo la partecipazione dei DS rappresentati dai ricorrenti alla competizione elettore risulta non conducente, in quanto è sviluppato sull’assunto svolto nel settimo motivo -che la lista elettorale era stata regolarmente presentata sulla base delle delibere assembleari dei DS del 29 e 29 febbraio 2008, proprio le delibere dichiarate invalide dalla Corte di merito, e sull’errat a prospettazione, disattesa in fase di merito proprio sulla scorta dell’interpretazione dell e clausole dello Statuto dei DS, che COGNOME e COGNOME non fossero più legittimati a rappresentare i DS (mentre lo sarebbero stati gli odierni ricorrenti). Da ciò consegue l’infondatezza del motivo, così come della critica svolta deducendo l’omesso esame della delibera adottata il 21 luglio 2007 dal IV Congresso dei DS (fol.61/62 del ric.). Per vero, questo ultima circostanza è stata esaminata dalla Corte di merito e risolta proprio sul rilievo che la delibera era stata adottata dagli organi del partito deputati a esprimerne la volontà generale.
8.L’ottavo motivo va disatteso, sia perché gli argomenti utilizzati vertono sulle questioni giuridiche prospettate e già disattese con i pregressi motivi, sia perché sotto forma di violazione di legge viene, in buona sostanza, sollecitato un diverso esame del merito.
9.- In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.000,00=, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima