Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14349 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14349 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3305/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, domicilio digitale
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, e, per essa, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, domicilio digitale EMAIL
-controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Milano n. 2793/2021, pubblicata in data 30 settembre 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29
febbraio 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Lecco, con sentenza n. 284/2018, pubblicata in data 8 maggio 2018, accogliendo la domanda proposta da Banca RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE, dichiarava l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., del fondo patrimoniale costituito dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME con atto del 3 ottobre 2014.
Avverso la suddetta sentenza hanno interposto gravame i soccombenti; costituitasi RAGIONE_SOCIALE, società cessionaria delle ragioni creditorie già facenti capo al RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello di Milano, a seguito dell’intervenuto fallimento di NOME COGNOME, ha dichiarato l’interruzione del giudizio, che è stato poi riassunto da NOME COGNOME nei soli confronti della società cessionaria del credito , e, all’esito, ha rigettato l’impugnazione, ritenendo sussistenti tutti i presupposti richiesti dall’art. 2901 cod. civ.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione della decisione d’appello, con due motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ. ed il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102 e 331 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.
proc. civ. , ‹‹per avere la Corte territoriale ordinato, in un primo momento, l’interruzione del processo a seguito del fallimento personale della sig.ra COGNOME e per non avere, in un secondo momento, ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti della sig.ra COGNOME NOME, a seguito della mancata riassunzione del processo anche nei suoi confronti››.
Evidenzia che nelle azioni revocatorie aventi ad oggetto la costituzione di fondo patrimoniale entrambi i coniugi sono legittimati passivi e litisconsorti necessari e che il coniuge fallito non perde la legittimazione processuale, cosicché la sentenza impugnata è affetta da nullità perché pronunciata a contraddittorio non integro.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio secondo cui la natura reale del vincolo di destinazione impressa dalla costituzione del fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia e la necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito comportano che nel giudizio avente ad oggetto l ‘azione revocatoria promossa nei confronti dell’atto costitutivo la legittimazione passiva spetta ad entrambi i coniugi, anche se l’atto sia stato stipulato da uno solo di essi, non potendo in ogni caso negarsi l’interesse anche dell’altro coniuge, quale beneficiario dell’atto, a partecipare al giudizio (Cass., sez. 1, 13/07/2006, n. 15917, in motivazione; Cass., sez. 3, 18/11/2011, n. 21494; Cass., sez. 3, 03/08/RAGIONE_SOCIALE, n. 19330; Cass., sez. 6 -3, 22/02/2022, n. 5768; Cass., sez. 3, 24/03/ 2023, n. 8447).
Con specifico riferimento al caso in cui, come nella specie, l’azione promossa dal creditore abbia ad oggetto un fondo patrimoniale al cui atto costitutivo abbiano preso parte entrambi i coniugi, il fondamento di tale legittimazione va ravvisato nel fatto stesso di tale partecipazione, nonché nella circostanza che, a norma dell’art. 168
cod. civ., la proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che venga diversamente stabilito nell’atto di costituzione (Cass., sez. 1, 17/03/2004, n. 5402, in motivazione).
3.2. Nella specie si pone l ‘ulteriore questione della sopravvivenza della legittimazione passiva del fallito di fronte all’azione revocatoria intentata per la dichiarazione di inefficacia di un atto di costituzione di fondo patrimoniale.
Al riguardo, va sottolineato che l’incapacità processuale del fallito è stabilita dalla legge a salvaguardia degli interessi dell’amministrazione fallimentare, con la conseguenza che la perdita della capacità processuale, come la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni, essendo correlata all’intervenuto fallimento, non è assoluta ma solo relativa alla massa dei creditori, in quanto il fallito, conservando la titolarità dei rapporti giuridici sorti prima dell’apertura della procedura concorsuale, ha, in linea di principio, la facoltà di avvalersi personalmente della tutela giurisdizionale, poiché, ai sensi dell ‘art. 43 L.F. la perdita della legittimazione processuale coincide con l’ambito dello spossessamento fallimentare.
Il fallito può quindi agire, senza alcuna autorizzazione, sia sul piano sostanziale che processuale, al fine di far valere i diritti strettamente personali, ovvero i diritti patrimoniali dei quali si disinteressino gli organi del fallimento, mentre perde la capacità di stare in giudizio limitatamente ai rapporti nei quali subentra il curatore al fine di assicurare unitariamente l’esecuzione sul patrimonio del fallito e tutelare la par condicio creditorum (tra le tante, v. Cass., sez. 1, 15/12/2006, n. 26935).
3.3. Costituendo principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che ai sensi dell’articolo 43 L.F. la perdita della legittimazione processuale del fallito coincide con l’ambito dello
spossessamento fallimentare, assume decisivo rilievo stabilire se i rapporti relativi alla costituzione di un fondo patrimoniale siano o meno compresi nel fallimento.
Sul punto, questa Corte ha già avuto modo di affermare che tali rapporti non sono compresi nel fallimento, trattandosi di beni che, pur appartenendo al fallito, rappresentano un patrimonio separato, destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori, cosicché permane rispetto ad essi la legittimazione del debitore.
Tanto consente di affermare che, a fronte delle azioni che il curatore intraprende per ricostituire la massa attiva, recuperando denaro, crediti e beni di cui il fallito abbia disposto, quest’ultimo non è in assoluto privo della capacità di stare in giudizio ove abbia a ritrovarsi in una situazione di conflitto con la curatela in ordine alla avocabilità dei beni al fallimento, conservando la legittimazione processuale nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria del fondo patrimoniale, non essendo compresi nel fallimento i redditi dei beni costituiti in fondo patrimoniale (Cass., sez. 1, 26/06/2023, n. 18164; Cass., sez. 3, 09/05/2019, n. 12264; Cass., sez. 3, 18/10/2011, n. 21494; Cass., sez. 1, 20/06/2000, n. 8379, in motivazione).
4. In via dirimente, si impone aggiungere che l’odierno ricorrente ha specifico interesse a far valere la nullità derivante dalla non integrità del contraddittorio in appello, in quanto beneficiario dei frutti ricavabili dai beni costituiti in fondo patrimoniale, finalizzati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi, destinatario degli esiti pregiudizievoli conseguenti all’accoglimento della domanda revocatoria, che determina l’inefficacia dell’atto nel suo complesso, vale a dire non limitatamente ad una inesistente quota pari alla metà dei beni confluiti nel fondo, ed è funzionale ad una espropriazione forzata da compiersi, anch’essa, necessariamente, sugli interi beni
(Cass., sez. 3, 07/04/2023, n. 9536).
Da tanto discende che, nel caso di specie, il giudizio avrebbe dovuto comportare la partecipazione necessaria della fallita, proprietaria dei beni conferiti nel fondo patrimoniale, la quale aveva a tal fine stipulato il rogito notarile.
Poiché il giudizio di appello, a seguito della dichiarazione di fallimento, è stato interrotto e, a seguito di riassunzione, è stato celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari, esso è affetto da nullità per violazione del principio del contraddittorio (cosi, in fattispecie sovrapponibili a quella in esame, Cass., sez. 3, 18/10/2011, n. 21494; Cass., sez. 1, 27/01/2012, n. 1242).
Alla declaratoria di nullità non osta la regola dettata dal terzo comma dell’art. 157 cod. proc. civ., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, che si riferisce solo ai casi nei quali la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte, e non riguarda, perciò, le ipotesi in cui, invece, questa debba essere rilevata d’ufficio, con la conseguenza che essa non trova applicazione quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddittorio, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice, al quale incombeva l’obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio nel processo (Cass., sez. 3, 7/6/2023, n. 16137).
La censura formulata merita, dunque, di essere accolta, ritenendosi in essa assorbito il restante motivo di impugnazione ( il secondo motivo, con il quale denunziando ‹‹violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 cod. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto sussistente un pregiudizio per le ragioni del creditore››, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, valutando in astratto e non in concreto l’effettiva natura pregiudizievole dell’atto dispositivo, aveva omesso di considerare l’ipoteca di euro 8.100.000, gravante
sull’immobile di proprietà della debitrice principale, RAGIONE_SOCIALE, in favore dell’istituto di credito che aveva agito in revocatoria, circostanza che avrebbe dovuto indurre a ritenere che il credito per il quale aveva originariamente agito il RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE potesse trovare almeno parziale soddisfazione dall’espropriazione forzata del bene ipotecato ), con conseguente cassazione in relazione della sentenza impugnata e rinvio al la Corte d’appello di Milano, che in diversa composizione procederà a nuove esame, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo. Cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’ Appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione