Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14412 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14412 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti nel n. 11244/2021 r.g. proposti da:
COGNOME Avvocato NOMECOGNOME quale erede di NOME COGNOME rappresentata e difesa in proprio.
– ricorrente –
e
COGNOME (C.F. PRL CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Milano, ed elettivamente domiciliato p resso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
–
ricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore fallimentare dott. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da procura in atti.
contro
BOLLETTI NOME COGNOME
– intimati – avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia, depositata in data 30.3.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza qui impugnata la Corte di Appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da COGNOME NOME COGNOME nonchè l’appello incidentale e l’appello notificato in data 27.7.2017 proposti da NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Brescia n. 263 pubblicata il 31.1.2017.
Con istanza presentata in data 4.11.2003, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia aveva chiesto infatti di dichiarare il fallimento della società irregolare di fatto con ragione sociale ‘COORDINAMENTO DEI SOCI PROMOTORI DEL RAGIONE_SOCIALE, nonché quello personale dei soci COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME NOME.
Nel corso dell ‘ udienza prefallimentare era stato concesso termine alla Procura della Repubblica per notificare l’istanza ed il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza anche agli eredi del COGNOME nel frattempo deceduto.
Con la sentenza n. 30/2004, pubblicata in data 31.1.2004, il Tribunale di Brescia dichiarava il fallimento della società di fatto ‘RAGIONE_SOCIALE nonché quello personale dei soci COGNOME NOME COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME, quest’ultimo già deceduto in data 26.11.2003.
Avverso la detta sentenza proponeva opposizione il COGNOME chiedendo la revoca della stessa e di respingere, per l’effetto , l’istanza di fallimento proposta dalla Procura della Repubblica, con condanna di quest’ultima al risarcimento di tutti i danni patrimoniali derivati.
contro
ricorrente
-e ricorrente incidentale –
Avverso la medesima sentenza proponeva opposizione anche NOME COGNOME chiedendone la riforma ed il rigetto dell’istanza di fallimento.
Si costituivano, in entrambi i giudizi, il Fallimento ed il creditore, COGNOME LorenzoCOGNOME chiedendo entrambi invece il rigetto delle opposizioni.
Disposta la riunione delle due cause di opposizione e riassunto il giudizio dopo la dichiarazione di interruzione per la morte di NOME COGNOME e la successiva riassunzione da parte di NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME, il Tribunale di Brescia, con la sentenza n. 263/2017, pubblicata in data 31 gennaio 2017, respingeva entrambe le opposizioni proposte avverso la sopra ricordata sentenza di fallimento n.30/2004.
Avverso la detta sentenza proponeva appello il COGNOME con atto notificato in data 1.3.2017 ed iscritto a ruolo in data 2.3.2017, con udienza di prima trattazione indicata per il 28.7.2017, appello con il quale chiedeva, in riforma della sentenza impugnata n. 263/2017 del Tribunale di Brescia, di revocare la sentenza dichiarativa di fallimento del 31.1.2004 e, per l’effetto , di respingere l’istanza di fallimento proposta dalla Procura della Repubblica e per ulteriore effetto di condannare quest’ultima al risarcimento di tutti i danni patrimoniali derivati all’esponente .
In data 7.7.2017 si costituiva il Fallimento, chiedendo di dichiarare inammissibile l’appello perché tardivo , in via gradata, di emettere ordinanza di inammissibilità ex art. 348-bis cod. proc. civ. e comunque di rigettare l’appello perché inammissibile per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. o comunque infondato.
In data 7.7.2017 si costituiva, altresì, NOME COGNOME proponendo appello incidentale, con il quale chiedeva, sempre in riforma della sentenza del Tribunale di Brescia n. 263/2017, di revocare la sentenza n. 30/2004, dichiarativa del fallimento della sopra menzionata società di fatto.
NOME COGNOME proponeva altresì autonomo appello avverso la predetta sentenza del Tribunale, con il quale chiedeva comunque di revocare la sentenza n. 30/2004.
Anche in questo giudizio si costituiva il Fallimento, chiedendo di dichiarare inammissibile l’appello , perché tardivo, o comunque di rigettarlo, perché infondato, con conferma della sentenza impugnata.
All ‘ udienza del 13.9.2017, la Corte territoriale, impregiudicata ogni decisione rispetto all’eventuale riunione de i due giudizi di appello pendenti, disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME quale istante della procedura fallimentare, nonché degli eredi di NOME COGNOME, rinviando per il prosieguo del giudizio all’udienza 12.9.2018.
Si costituiva, in data 11.9.2018, NOME COGNOME ed acquisiti gli originali delle cartoline attestanti la tempestiva notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio a NOME COGNOME e agli eredi di NOME COGNOME e la documentazione relativa alla notifica all’Avv. COGNOME della sentenza n. 263/2017 del Tribunale di Brescia, la Corte di appello decideva nel senso sopra indicato.
8. La Corte di merito ha rilevato ed osservato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) in relazione all ‘ eccezione di inammissibilità del gravame per tardività sia dell’appello autonomo che dell’appello incidentale proposto da NOME COGNOME la stessa era fondata, in quanto, nel caso di specie, se era vero che la sentenza dichiarativa di fallimento era stata emanata nel 2004, prima dunque dell ‘ entrata in vigore del D. Lgs. n. 2 del 2006, la sentenza che aveva deciso sulla sua opposizione, oggetto di impugnazione nel giudizio di appello, era stata pubblicata in data 31 gennaio 2017, e dunque dopo il 1° gennaio 2008 (data di entrata in vigore della riforma del 2007), con la conseguenza che trovava applicazione il termine previsto dall’art. 18, comma 14, l. fall.; avverso tale sentenza avrebbe dovuto essere proposto reclamo con ricorso da depositare in cancelleria entro trenta giorni dalla notifica della sentenza, eseguita dalla Cancelleria il 31 gennaio 2017 mediante comunicazione via PEC, mentre la COGNOME aveva proposto appello con atto di citazione notificato il 27 luglio 2017; (ii) non poteva neanche condividersi la tesi della COGNOME secondo cui il termine breve per l’impugnazione non avrebbe operato, in quanto la sentenza non sarebbe mai stata comunicata né notificata; occorreva, infatti, aderire all’orientamento espresso dalla Suprema Corte (cfr. Cass. 22.10.2018 n. 26638), secondo cui la notifica del testo integrale della sentenza di fallimento o della sentenza di reclamo ex art. 18, comma 4, l. fall., effettuata dal cancelliere mediante posta elettronica certificata ai sensi dell’art. 17 l. fall. e del d.l. n. 179 del 2012, era idonea a
far decorrere il termine di trenta giorni per l’impugnazione ; (iii) anche le ulteriori censure sollevate sul punto qui in discussione erano infondate, a fronte dell ‘ inequivoca attestazione telematica redatta sulla base dei registri informatici, dalla quale si evinceva che la comunicazione del deposito e della pubblicazione della sentenza era stata eseguita dalla cancelleria in data 31 gennaio 2017 ma che la consegna non era avvenuta in quanto la casella PEC dell’avv. COGNOME era piena, attestazione idonea a dimostrare, fino a prova contraria, che la comunicazione era comunque pervenuta alla casella del destinatario; (iv) anche ove non si fosse voluto ritenere valida la notifica da parte della cancelleria, la COGNOME avrebbe comunque dovuto proporre impugnazione entro il termine breve di trenta giorni dalla notifica dell’appello proposto dal COGNOME, avvenuta il 1° marzo 2017, con la conseguenza che, risultando anche documentalmente che NOME COGNOME aveva notificato l’atto di appello introduttivo del gi udizio n. 1654/17 il 27 luglio 2017 (ben oltre il termine di giorni trenta dalla notifica della sentenza, avvenuta 31 gennaio 2017), l’appello principale proposto dalla COGNOME era da considerarsi tardivo; (v) la questione risultava tuttavia superata dalla proposizione da parte della COGNOME dell’appello incidentale con la comparsa di costituzione depositata il 7 luglio 2017 nel giudizio di appello n. 417/17 RG promosso dal COGNOME, entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza (avvenuta il 31.1.2017) e con costituzione in giudizio venti giorni prima dell’udienza indicata nell’atto di citazione (28 luglio 2017) , che doveva ritenersi tempestivo anche se l’interesse ad impugnare da parte della COGNOME era preesistente alla proposizione dell’appello da parte del COGNOME , posto che, come affermato dalla Suprema Corte, in base al combinato disposto di cui agli artt. 334, 343 e 371 cod. proc. civ., è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva (da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione) anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, e persino se la parte abbia prestato acquiescenza alla sentenza, indipendentemente dal fatto che si tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare sia preesistente, non essendo contenuta nessuna distinzione in proposito nelle citate disposizioni e dovendosi individuare, quale unica conseguenza
sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta tardiva, che essa perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile; (vi) l’appello incidentale proposto dalla COGNOME era stato infatti presentato oltre i termini di cui all’art. 325 cod. proc. civ., stante la notifica della sentenza da parte della Cancelleria, e pertanto era un appello incidentale tardivo, ma, stante l’ammissibilità dell’appello principale proposto d al COGNOME e rilevato che era stato rispettato il termine previsto dall’art. 343 cod. proc. civ., esso andava dichiarato efficace; (vii) non poteva, del resto, trovare applicazione il divieto di riproponibilità dell’appello dichiarato inammissibile, previsto dall’art. 358 cod. proc. civ., posto che, nel caso di specie, l’appello incidentale era stato proposto dalla COGNOME il 7 luglio 2017, e dunque prima dell’appello proposto in via autonoma (28 luglio 2017); (viii) assumeva invece carattere pregiudiziale la questione di inammissibilità delle impugnazioni ex art. 331 cod. proc. civ., a seguito del mancato rispetto del termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi del COGNOME, rilevabile anche di ufficio dal giudice, e la stessa era peraltro fondata, ricorrendo, nella fattispecie, un’ipotesi di cause inscindibili ex art. 331 cod. proc. civ., in quanto oggetto del giudizio era pacificamente l’accertamento dell’ esistenza di una società di fatto o irregolare ‘ Coordinamento Soci Promotori g ruppo RAGIONE_SOCIALE‘, costituita dai soci NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, accertamento pregiudiziale ai fini della dichiarazione di fallimento della società medesima e, in estensione, dei suoi soci; (ix) costituiva, infatti, principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui il giudizio di accertamento della sussistenza di una società di fatto dovesse svolgersi necessariamente nei confronti di tutti i presunti soci, trattandosi di un rapporto plurisoggettivo unitario; (x) vertendosi, pertanto, in ipotesi di litisconsorzio necessario con conseguente necessità di integrare il contraddittorio ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. nei confronti di tutti i soci che detta società di fatto avrebbero costituito, era stato rilevato, all ‘ udienza del 10 gennaio 2018, che l’atto di appello proposto dal COGNOME e l’appello incidentale proposto dalla COGNOME non erano stati notificati agli eredi del COGNOME e al creditore istante COGNOME ed era stata disposta la notifica dei predetti atti ai medesimi, con rinvio all’udienza del 12 settembre 2018; (xi) a i sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., infatti, se la sentenza pronunciata tra più
parti in causa inscindibile, come nella specie, non sia stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e l’udienza di comparizione; (xii) se, poi, nessuna delle parti provvede all ‘ integrazione del contraddittorio nel termine fissato, l’impugnazione viene dichiarata inammissibile; (xiii) d all’esame delle notifiche depositate in atti si evince va che sia l’appello principale che l’appello incidentale erano stati notificati, rispettivamente in data 21 giugno 2018 e 9 giugno 2018, a NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME; (xiv) la Bolletti, costituitasi in giudizio, aveva tuttavia eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva per non essere erede del COGNOME, avendo rinunciato all’er edità il 2 aprile 2004; (xv) occorreva, pertanto, condividere l’insegnamento d el giudice di legittimità secondo cui il termine per l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. viene concesso anche per permettere al notificante di svolgere le necessarie indagini affinché la notifica vada a buon fine; (xvi) nonostante la concessione del termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti non costituite (COGNOME e eredi di COGNOME NOME), la notifica non era andata a buon fine, in quanto le parti onerate avevano ambedue provveduto a notificare le proprie impugnazioni unicamente a NOME COGNOME, moglie del COGNOME, senza effettuare alcun ricerca al fine di verificare se la stessa avesse rivestito effettivamente la qualità di erede, né chiedere la rimessione in termini allegando (e provando) l’impossibilità di eseguire tali accertamenti e di essere incorsi in errore scusabile, né, infine, avevano contestato il difetto di legittimazione passiva della Bolletti e provato che la stessa fosse effettivamente erede del COGNOME; (xvii) conseguiva a ciò la dichiarazione di inammissibilità dell’appello svolto dal COGNOME e dell’appello incidentale proposto dalla COGNOME ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., per non avere entrambi provveduto alla integrazione del contraddittorio nel termine assegnato, posto che, s econdo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, il termine per la notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio in cause inscindibili, fissato ex art. 331 cod. proc. civ., è perentorio, non è prorogabile neppure sull’accordo delle parti e non è sanabile per effetto della tardiva costituzione della parte nei cui
confronti doveva essere integrato il contraddittorio, e la sua inosservanza deve essere rilevata d’ufficio, sicchè la sua violazione determina, per ragioni d’ordine pubblico processuale, l’inammissibilità dell’impugnazione.
2. La sentenza, pubblicata il 30 marzo2021, è stata impugnata da COGNOME NOME e COGNOME NOME con separati ricorsi per cassazione, affidato il primo a quattro motivi ed in secondo a due motivi, cui il FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, con il quale ha avanzato ricorso incidentale.
COGNOME NOMECOGNOME intimati, non hanno svolto difese.
Entrambi le parti ricorrenti hanno depositato memoria.
È stata disposta da questa Corte la riunione tra i ricorsi presentati da COGNOME e COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ante omnia , deve essere esaminata l ‘ eccezione, sollevata dalla ricorrente COGNOME nella memoria da ultimo depositata, di nullità della notifica del controricorso con ricorso incidentale da parte del fallimento, con conseguente loro denunciata inammissibilità.
Dall’esame dell’incarto processuale emerge sì che l’avv. COGNOME risulta va aver eletto domicilio presso il suo indirizzo pec, ma che aveva altresì indicato, nella stessa intestazione del ricorso, il suo studio professionale, sito in Trento alla INDIRIZZO luogo nel quale si è perfezionata la notificazione del controrico rso mediante recapito postale, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 890/1982, tramite la consegna del plico alla segretaria ‘incaricata di ricevere le notificazioni’ e invio d ella
Sul punto, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte (cfr. Sez. L, Sentenza n. 13857 del 18/06/2014 ) ‘n el giudizio di cassazione, a seguito dell’entrata in vigore della legge 12 novembre 2011, n. 183 (avvenuta il 1 gennaio 2012), la notifica del controricorso al difensore che non abbia eletto domicilio in Roma deve essere effettuata, a pena di nullità, all’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato all’ordine
professionale ed indicato in ricorso, fermo restando che, ai sensi dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo ‘ (nella specie, la notifica era stata effettuata a mezzo del servizio postale presso lo studio del difensore, nel domicilio eletto, fuori Roma, nel ricorso medesimo).
Va pertanto ritenuto che , nonostante l’irritualità della notifica, quest’ultima abbia comunque raggiunto lo scopo dell’effettiva conoscenza da parte della ricorrente del contenuto del controricorso e dunque anche del ricorso incidentale presentato dal fallimento.
Con il primo motivo la ricorrente principale COGNOME lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 cod. proc. civ. e dell’art. 331 cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente un litisconsorzio necessario tra tutti i soci della società di fatto attinta dalla istanza di fallimento, così illegittimamente dichiarando inammissibili l’appello svolto dal COGNOME e l’appello incidentale pro posto dalla COGNOME, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ.
Anche il ricorrente COGNOME con secondo motivo avanza le medesime doglianze sollevate dalla COGNOME, in ordine alla denunciata violazione e alla falsa applicazione , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 102, 331 e 354, sempre codice di rito.
2.1 Le doglianze così proposte dalle parti ricorrenti colgono nel segno.
Sul punto, occorre invero ricordare la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte, secondo la quale, nella materia qui in esame, il giudizio per la dichiarazione di fallimento di una società di fatto non presuppone l’instaurazione del litisconsorzio necessario fra tutti i soci, dal momento che il principio generale per cui l’accertamento di un rapporto sociale postula il contraddittorio fra la totalità dei presunti e reali componenti dell’ente non trova applicazione qualora l’accertamento relativo all’esistenza del rapporto sociale sia meramente strumentale rispetto alla decisione sulla dichiarazione di fallimento (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 14365 del 25/05/2021).
Sul punto, va infatti fornita continuità applicativa a quel filone giurisprudenziale consolidatosi nel tempo secondo cui “l’opposizione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento va notificata solo al curatore e ai creditori che hanno chiesto il fallimento, non anche al fallimento del soggetto che è stato ritenuto socio di fatto” (così, verbatim , Cass. 8676/1998); v. nello stesso senso anche: Cass. 1225 e 122/1998). Invero, “il principio generale, secondo cui l’accertamento di un rapporto sociale deve essere necessariamente effettuato in contraddittorio di tutti i presunti e reali componenti della società, non trova applicazione nell’ipotesi particolare di opposizione ad una sentenza dichiarativa di fallimento di una società di persone e dei soci in proprio da parte di un socio illimitatamente responsabile che, per sottrarsi all’estensione del fallimento nei propri confronti, neghi il rapporto sociale. Ciò in quanto l’accertamento relativo all’esistenza di detto rapporto è strumentale rispetto alla decisione sull’opposizione avverso la dichiarazione di fallimento che costituisce il vero oggetto del giudizio e che è retta dalla disposizione dell’art. 18 l.fall.” (così, expressis verbis , Cass. 122/1998, cit.; v. anche Sez. 1, Sentenza n. 3163 del 02/04/1999; v. inoltre: Cass. Sez. 1, 09/06/2005, n. 12170).
A ciò va anche aggiunto, solo per completezza di analisi, che tale principio, affermato in riferimento al giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento (nel precedente regime normativo: cfr. anche Sez. 1, Sentenza n. 7760 del 02/08/1990; v. 1041/80, mass. n. 404504; 6023/88, mass. n. 460446; 3344/69, mass. n. 343408; 3017/69, mass. n 342914; 2573/67, mass. n. 329931), deve ritenersi estensibile, per analogia di ratio , anche al giudizio volto, in prima istanza, alla declaratoria di fallimento di una società di fatto, allo stesso modo, pertanto, di quanto già affermato, sempre dalla giurisprudenza di questa Corte, in materia di dichiarazione del fallimento sociale ex art. 147 l. fall. in estensione ai soci illimitatamente responsabili (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 122 del 09/01/1998, cit. supra , con motivazione per esteso; così si legge sempre in Cass. n. 14365/2021, cit. supra ).
Alla luce dei principi qui sopra ricordati e ora riaffermati, il primo motivo di ricorso della ricorrente COGNOME ed il secondo del ricorso COGNOME vanno accolti e l’impugnata sentenza cassata in parte qua .
2.2 Non vale in senso contrario, infatti, l’obiezione sollevata dal fallimento controricorrente, in ordine ad un presunto liticonsorzio processuale comunque formatosi nel corso del giudizio di opposizione allo stato passivo.
Sul punto non è infatti dubitabile che l’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, sorga non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (art. 331 cod. proc. civ.), nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado. Ne consegue che, in entrambe le ipotesi, la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. Sez. 5, 08/11/2017, n. 26433)
Osserva il Collegio che l’obiezione sollevata dal fallimento controricorrente risulta formulata in modo generico e non autosufficiente e comunque in modo non idoneo a far conoscere a questa Corte la sua stessa fondatezza. Ed invero, emerge dal riscontro cartaceo dei fascicoli delle fasi di merito solo che, nell’epigrafe della sentenza n. 263/2017, resa dal Tribunale di Brescia il 31.01.2017, è contenuta l’indicazione che gli ‘Eredi di COGNOME NOME‘ erano ‘convenuti contumaci’, senza che tuttavia emerga dall’esame dell’incarto processuale che a tale indicazione corrisponda anche una formale dichiarazione di contumacia dei predetti eredi pronunciata dal giudice di primo grado.
Non soccorre in tal senso neanche la copia dell”atto di citazione in opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento n. 30/04′, introduttivo , cioè, del giudizio opposizione alla dichiarazione di fallimento da parte di NOME
COGNOME atto la cui notifica risulta documentata solo nel suo avvio agli ‘eredi di NOME COGNOME nell’ultimo domicilio del defunto, ‘a mezzo del servizio postale’, e senza che, anche in tal caso, si abbia certezza del perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti dei menzionati eredi.
A fronte di tale genericità di contestazione da parte del controricorrente circa l’esistenza del dedotto liticonsorzio processuale e all ‘ ambiguità degli elementi di riscontro documentale estraibili dal fascicolo processuale, non è dato pretendere che questa Corte di legittimità avvii ulteriori ricerche degli atti utili ad accertare la sussistenza del predetto litisconsorzio, pur riguardando la dedotta obiezione un’eccezione processuale , che rende questa Corte giudice del fatto processuale .
Sul punto occorre infatti ricordare che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui – in tema di ricorso per cassazione – l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Suprema Corte ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentano di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale, senza compiere generali verifiche degli atti (cfr. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019; Cass. n. 11738/2016), dovendosi richiedere specifica ed autosufficiente contestazione delle obiezioni sollevate nel controricorso anche al controricorrente che sollevi questioni che, pur rilevabili d’ufficio, richiedano l’esame dei fatti processuali.
Va evidenziato che il fallimento si è invece limitato, nel controricorso, ad un mero accenno circa l’esistenza del predetto litisconsorzio (cfr. pag. 18, controricorso).
Ne consegue l’accoglimento dei motivi sopra esposti , nei termini già chiariti, con assorbimento pertanto delle censure sollevate nel primo motivo del ricorso del COGNOME.
Con il secondo mezzo si deduce, da parte della COGNOME, la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,
dell’art. 22 del d.lgs. n. 169/2007, dell’art. 18 l. fall., sul rilievo che sia l’appello autonomo che quello incidentale presentato da ella ricorrente erano comunque tempestivi e non tardivi, stante la non applicabilità dei termini di cui al novellato art. 18 l. fall. alla fattispecie in esame, che invece obbediva ai più lunghi tempi di impugnazione previsti nella normativa ante riforma 2006/2007.
2.1 Il motivo è infondato.
Occorre invero ricordare la giurisprudenza espressa da questa Corte secondo la quale ‘ il ricorso per cassazione avverso la decisione della corte d’appello emessa in epoca successiva alla vigenza del d.lgs. n. 169 del 2007, ma resa in un giudizio di opposizione nei confronti di una sentenza dichiarativa di fallimento depositata in data antecedente all’entrata in vigore del menzionato decreto legislativo (oltre che del n. 5 del 2006), va dichiarato inammissibile laddove proposto oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata di cui al novellato art. 18, comma 14, l.fall. Invero, l’art. 22 del d.lgs. n. 169 del 2007 dà piena attuazione al principio processuale del “tempus regit actum”, secondo il quale la normativa sopravvenuta trova applicazione anche ai processi in corso, a nulla rilevando che il fallimento sia stato pronunciato prima della riforma del 2006, né che la sentenza di appello sia stata emanata – ovvero trattata parzialmente nei giudizi impugnatori che l’hanno seguita o preceduta – secondo il regime previsto dalla normativa antecedente alla riforma del 2006-2007 ‘ (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5925 del 24/03/2016; v. anche Cass. 17273/2014).
Ritiene, infatti, il Collegio che il predetto principio processuale di carattere generale del ‘tempus regit actum’, espressamente pronunciato in materia di ricorso per cassazione, possa essere esteso, quanto al regime dei termini impugnatori, anche al giudizio di impugnazione, innanzi alla Corte di appello, della sentenza resa in sede di opposizione alla dichiarazione di fallimento.
3. Il terzo e quarto motivo del ricorso della COGNOME – con i quali si censurava la sentenza qui impugnata, rispettivamente, per violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 19 l. fall. (vecchio rito) (in quanto l’appello incidentale non sarebbero stato tardivo, ma tempestivo, valendo i termini di cui all’art. 327 cod. proc. civ., posto che la cancelleria non avrebbe effettuato
alcuna notifica della sentenza) e per violazione dell’ art. 115 cod. proc. civ. (per mancato contraddittorio in ambito istruttorio, posto che nel fascicolo non sarebbe risultata alcuna comunicazione integrale della sentenza stessa) sono inammissibili per carenza di interesse, non avendo la ricorrente impugnato la statuizione contenuta nella sentenza impugnata in ordine all’accertamento della tardività dell’appello perché non intervenuto comunque entro il termine decorrente dalla not ificazione dell’appello proposto dal COGNOME.
3.1 Anche il terzo motivo proposto dal COGNOME articolato come ‘ omesso esame degli atti del giudizio penale definito dalla sentenza del Tribunale di Brescia 27.4.2010 …’ -è inammissibile, sia per evidente difetto di autosufficienza (non avendo il ricorrente spiegato come e quando la sentenza penale fosse stata prodotta in giudizio), sia perché le relative doglianze risultano fuori fuoco rispetto alla ratio decidendi del provvedimento qui impugnato, che si era invece fermato sulla preliminare questione processuale prevista d all’art. 331, comma 2, cod. proc. civ.
3.2 Il fallimento ha inoltre presentato ricorso incidentale.
Deduce il ricorrente incidentale ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 325 e 334 c.p.c. in relazione all’art. 18 LF’.
La doglianza è infondata alla luce di quanto affermato, nella materia in esame, dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnazione principale o da un’impugnazione incidentale tardiva (Cass. Sez. U., 28/03/2024, n. 8486).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
La Corte, riuniti i ricorsi presentati da NOME COGNOME e da NOME NOME COGNOME accoglie il primo motivo del ricorso della COGNOME ed il secondo del ricorso del COGNOME; dichiara inammissibili il terzo e quarto motivo del ricorso della COGNOME e il terzo motivo del ricorso del COGNOME ed assorbito il primo motivo del ricorso del COGNOME; dichiara infondato il secondo motivo del ricorso COGNOME e il controricorso del fallimento; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Brescia che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , se dovuto, per ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 7 aprile 2025