Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5921 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2   Num. 5921  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
AVV_NOTAIO.  NOME COGNOME
Presidente
APPALTO PUBBLICO
AVV_NOTAIO.  NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO.  NOME COGNOME
NOME. Consigliere
Ud. 13/02/2025
AVV_NOTAIO.  NOME COGNOME
Consigliere
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
AVV_NOTAIO.  NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10881/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE,  rappresentata  e  difesa  da ll’avvocato  NOME COGNOME unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE RECANATI rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D’APPELLO  di  PERUGIA  n. 81/2022 depositata il 18/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Sostituto  Procuratore  generale  in persona  del  dott. NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per la cassazione della sentenza impugnata per difetto di contraddittorio nel giudizio di appello; uditi gli avvocati NOME COGNOME per la ricorrente e NOME COGNOME per il controricorrente;
FATTI DI CAUSA
 Con  ricorso ex art.  702bis cod.  proc.  civ.,  RAGIONE_SOCIALE chiedeva  la  condanna  in  solido  del  RAGIONE_SOCIALE  e  di RAGIONE_SOCIALE  (ora  RAGIONE_SOCIALE)  al  pagamento  di  €. 44.441,56, ex artt. 937 e 2043 cod. civ.
A sostegno della sua pretesa spiegava la ricorrente: di aver stipulato, in data 07.11.2017, un contratto per la fornitura di loculi prefabbricati a favore di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta appaltatrice di lavori con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione di un edificio cimiteriale, in virtù di contratto stipulato il 16.09.2017 a valle di un procedimento di aggiudicazione di gara d’appalto; di aver concordato con l’appaltatrice una clausola di riserva di proprietà dei materiali (art. 16 del contratto di fornitura stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE il 07.11.2017); nonostante l’emissione delle fatture da parte di RAGIONE_SOCIALE, nonostante i lavori fossero stati terminati e le opere consegnate da RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE in data 22.05.2018, la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai ricevuto il pagamento da RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Perugia rigettava la domanda.
 RAGIONE_SOCIALE  proponeva  appello  che  notificava  solo  al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
4.  La Corte  d’Appello  di  Perugia  rigettava  integralmente  il gravame.
Preliminarmente rilevava che la parte appellante, nelle conclusioni precisate con note autorizzate, aveva definitivamente rinunciato alla domanda di risarcimento danni ex art. 2043 c.c., avendo chiesto, oltre al pagamento del valore dei materiali da essa forniti, il risarcimento ex art. 937, ultimo comma, c.c..
Tanto premesso, secondo la Corte – come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado – nella fattispecie non era applicabile l’art. 937 c.c. invocato dall ‘ appellante a fondamento della propria pretesa di pagamento nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. Ed invero, risultava dagli atti di causa che la RAGIONE_SOCIALE il 7.11.2017 aveva stipulato un contratto di fornitura in opera con la RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) con il quale si era obbligata a fornire a quest’ultima “loculi prefabbricati per la realizzazione di edificio cimiteriale”, prefabbricati che erano stati regolarmente consegnati nel cantiere presso il cimitero di RAGIONE_SOCIALE. La realizzazione, fornitura e consegna dei loculi prefabbricati era avvenuta dunque/ in virtù del contratto concluso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, la quale deteneva l’immobile (suolo di proprietà del RAGIONE_SOCIALE) in virtù di contratto di appalto stipulato il 16 novembre 2017 con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione di n.144 sepolture private e n.40 loculi comunali in un’area del cimitero comunale.
Si era, dunque, fuori dall’ambito di applicabilità della disciplina degli artt. 936 e 937 c. c. in conformità con la giurisprudenza di legittimità.  Infatti,  l’ autore  dell’opera  era  stata  l ‘ appaltatrice,  la quale aveva agito non già quale terzo, bensì quale controparte del
contratto di appalto stipulato con il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre RAGIONE_SOCIALE,  si  era  limitata  a  consegnare  i  loculi  ordinati  dalla RAGIONE_SOCIALE sul terreno da questa indicato.
Non si ricadeva, dunque, nell’ambito della disciplina di cui agli artt. 936 e 937 c.c. in quanto mancava nella fattispecie la figura del “terzo” non essendo tale né la RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva realizzato e  fornito  i  loculi  alla  RAGIONE_SOCIALE,  né  quest’ultima,  la  quale aveva  ancorato  i  loculi  in  base  al  contratto  di  appalto  da  essa concluso con il RAGIONE_SOCIALE.
Da tanto conseguiva che la RAGIONE_SOCIALE non aveva azione diretta, ex  art.  937  c.c.  nei  confronti  del  RAGIONE_SOCIALE  di  RAGIONE_SOCIALE,  ma  solo azione contrattuale nei confronti della RAGIONE_SOCIALE salva la possibilità per la RAGIONE_SOCIALE di esercitare eventualmente nei confronti del RAGIONE_SOCIALE un’azione  surrogatoria  sulla  base  di  eventuali  crediti  esistenti  a favore della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della committente, circostanza non sussistente.
La Corte d’Appello escludeva anche l’indebito arricchimento in presenza di un contratto della RAGIONE_SOCIALE per la fornitura dei loculi con la RAGIONE_SOCIALE essendo il RAGIONE_SOCIALE tenuto a pagare i loculi alla RAGIONE_SOCIALE e tale pagamento (avvenuto o meno) era legittimato dal contratto di appalto.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza, sulla base di due motivi
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
 È  stata avanzata  proposta  ai  sensi  dell’art.  380 -bis  cod. proc. civ.: di inammissibilità o infondatezza del ricorso.
 La  causa  è  stata  chiamata all’adunanza  camerale  del  7 marzo 2024 e parte ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio, in esito alla suddetta adunanza non ravvisando l’evidenza decisoria , ha ritenuto opportuna la trattazione del ricorso in  udienza  pubblica  tenuto  conto  in  particolare  della  questione posta dal primo motivo di gravame.
Successivamente in esito alla udienza pubblica del 10 ottobre 2024 il Collegio, rilevato che la società RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE), originariamente convenuta dalla società RAGIONE_SOCIALE in solido con il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ex art. 937 c.c., ha partecipato al giudizio di primo grado e non a quello di appello, in quanto destinataria di una notifica non perfezionata, ha ritenuto necessario acquisire a cura della cancelleria il fascicolo d’ufficio del giudizio (n. 337/2019 R.G.) definito dalla Corte d’appello di Perugia con la sentenza n. 81/2022 al fine di chiarire la posizione processuale della suddetta società.
Contestualmente la Corte ha sollecitato le parti a prendere posizione in merito, anche ai sensi dell’art. 101 c.p.c..
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rilievo di ufficio del  difetto  di  contraddittorio  in  appello  e  per  la  conseguente declaratoria di nullità della sentenza impugnata. In subordine per l’accoglimento del primo motivo di ricorso e rigetto del secondo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione  in  relazione  all’art.  937  c.c.  per  avere  la  Corte territoriale  rigettato  l’appello  affermando  non  avere  RAGIONE_SOCIALE azione  diretta ex art.  937  cod.  civ.  nei  confronti  del  RAGIONE_SOCIALE  di RAGIONE_SOCIALE per il pagamento dei materiali – di proprietà della RAGIONE_SOCIALE
sRAGIONE_SOCIALE -utilizzati da  RAGIONE_SOCIALE nella costruzione  dell’edificio cimiteriale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, perché il costruttore non poteva qualificarsi  come  «terzo»,  bensì  controparte  del  contratto  di appalto stipulato con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
A giudizio della ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che i materiali utilizzati da RAGIONE_SOCIALE (i loculi prefabbricati) fossero ancora di proprietà della RAGIONE_SOCIALE (in virtù della clausola di riservato dominio contenut a nell’art. 16 inserito nel contratto di fornitura): orbene – prosegue la ricorrente «terzo» ai sensi dell’art. 937 cod. civ. è il proprietario dei materiali (la RAGIONE_SOCIALE quindi) che, non avendo titolo contrattuale per richiedere il pagamento al proprietario del suolo (il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) viene autorizzato dal legislatore a richiedere il pagamento a questi, mentre il costruttore ha già un titolo (il contratto di appalto) in base al quale pretendere il pagamento, il cui corrispettivo per l’opera re alizzanda comprende anche il valore dei materiali (Cass. n. 603 del 1998).
Ad avvalorare tale interpretazione parte ricorrente richiama il secondo inciso del comma 3 dell’art. 937 cod. civ., ai sensi del quale: «Il proprietario dei materiali [RAGIONE_SOCIALE, nel caso di specie] può anche esigere tale indennità dal proprietario del suolo, ancorché in buona fede, limitatamente al prezzo che da questo fosse ancora dovuto [al costruttore, oggi RAGIONE_SOCIALE]». Prosegue la norma: «Può altresì chiedere il risarcimento dei danni, tanto nei confronti del terzo che ne abbia fatto uso senza il suo consenso, quanto nei confronti del proprietario del suolo che in mala fede abbia autorizzato l’uso». Dal testo della disposizione si evince, conclude la ricorrente, che è irrilevante e non ostativo per la
richiesta  di  pagamento  avanzata  dal  proprietario  dei  materiali  il rapporto  tra  il  proprietario  del  suolo  e  il  costruttore;  anzi:  della possibile esistenza di tali rapporti l’art. 937 cod. civ. fa addirittura menzione, quando ipotizza che il proprietario del suolo debba al costruttore un prezzo.
Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., in relazione agli artt. 112, 277 e 346 cod. proc. civ., per non avere esaminato e pronunciato sulla domanda di cui al secondo motivo di appello, ovvero sulla domanda di pagamento dei materiali di proprietà della RAGIONE_SOCIALE a se guito dell’appropriazione indebita in concorso con il costruttore. La ricorrente afferma di non aver mai rinunciato alla domanda di appropriazione indebita ex art. 2043 cod. civ., che ricorre sia nel 2° motivo di appello, sia nelle precisazioni delle conclusioni.
 Il  P.G.  ha  concluso  per  il  rilievo  di  Ufficio  del  difetto  di contraddittorio  in  grado  di  appello.  In  particolare  evidenzia  che manca una  valida  notifica  dell’atto  di  appello  nei  confronti  della RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE
La Corte condivide le conclusioni del P.G. e rileva di ufficio il difetto di contraddittorio del giudizio di appello.
Deve premettersi che nella sentenza impugnata si legge che nell’atto di appello la ricorrente aveva formulato le seguenti conclusioni: Piaccia all’Ecc.ma Cort e d’Appello di Perugia, contrariis reiectis: A) riformare totalmente l’impugnata sentenza e per l’effetto condannare il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, in solido tra loro, al pagamento della somma di € 44.441, ovvero, ove la Corte non ritenga esserci le condizioni per la condanna in via solidale, condannare chi dei due convenuti sia tenuto al pagamento
di detta somma, oltre interessi dalla domanda al saldo, nonché il pagamento  di  € 5.000,00  a  titolo  di  risarcimento  danni;  B) condannare i convenuti al pagamento delle spese e competenze tutte  del  giudizio  con  distrazione  in  favore  dei  difensori  per entrambi i gradi di giudizio .
Risulta,  quindi  priva  di  fondamento  la  tesi  della  ricorrente espressa  nell’ultima  memoria secondo  cui  aveva  proposto  due domande  del  tutto  autonome  l’una  nei  confronti  della  società appaltatrice e l’altra nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
Ciò premesso deve osservarsi come l’ art. 937 c.c. fa espresso riferimento al rapporto di solidarietà che lega il terzo (costruttore) che ha fatto uso dei materiali e il proprietario del suolo (in mala fede) che se ne è avvantaggiato prevedendo che rispondano in solido di un’indennità pari al valore dei materiali stessi. Inoltre, la medesima norma prevede che il proprietario del suolo può risponderne (sempre in via solidale) anche se in buona fede nei limiti del prezzo ancora dovuto. Infine, il proprietario dei materiali può chiedere il risarcimento del danno.
Ne consegue che, impregiudicata la questione circa l’applicabilità di  tale  norma  nell’ambito  degli  appalti  pubblici sollevata dalla difesa del RAGIONE_SOCIALE,  nella  specie  sussiste  un litisconsorzio necessario dal lato passivo tra terzo e proprietario che hanno partecipato al giudizio in primo grado.
Il fatto che successivamente alla proposizione dell’appello mai notificato alla RAGIONE_SOCIALE la ricorrente abbia poi rinunciato alla domanda nei suoi confronti, o a parte di essa, non può avere riflessi sulla sua necessaria partecipazione al giudizio.
Deve farsi applicazione, in primo luogo, del principio secondo il quale la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti  pretermessi  deve  essere  valutata  non  ” secundum eventum litis “, ma al momento in cui essa sorge (Sez. 2, Sentenza n. 27891 del 29/10/2024 – Rv. 672825 – 01).
Ne consegue che al momento della notifica dell’appello della odierna  ricorrente  la  sua  domanda  era  certamente  rivolta  ad entrambe le parti chiamate in causa nel giudizio di primo grado e che l’appello  doveva  essere  notificato  ad  entrambe e  la  Corte d ‘Appello  avrebbe  dovuto  disporre  la  notifica  dell’impugnazione anche alla parte che non l’aveva ricevuta .
Inoltre, deve ribadirsi in tema di inscindibilità della causa il principio secondo cui nel processo con pluralità di parti, ove una domanda di risarcimento danni sia proposta nei confronti di due soggetti in modo tale che il fatto determinante la responsabilità di uno dei due è solamente quello posto in essere dall’altro, insorge un vincolo di solidarietà passiva, in conseguenza del rapporto di dipendenza, tale da determinare l’inscindibilità della causa (Sez. 3, Sent. n. 1771 del 2012 – Rv. 621318).
Infatti, come sottolineato dal P.G. con argomentazioni che il Collegio condivide, la regola secondo cui l’obbligazione solidale passiva non dà luogo a litisconsorzio necessario, nemmeno in sede di impugnazione, in quanto non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, bensì rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, in virtù dei quali è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, trova deroga – venendo a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e, quindi, di litisconsorzio processuale necessario – quando
le  cause  siano  tra  loro  dipendenti,  ovvero  quando  le  distinte posizione  dei  coobbligati  presentino  obiettiva  interrelazione,  alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’uno presupponga l a responsabilità dell’altro (Sez. 3 n. 20860 del 2018 Rv. 650428 -01).
Si configura, in particolare, l’inscindibilità delle cause nell’ipotesi in cui l’accertamento della responsabilità di uno dei condebitori presupponga necessariamente quello della responsabilità dell’altro, cioè in caso di rapporto di subordinazione logica o di pregiudizialità tra le cause nei confronti di ciascuno dei condebitori solidali, in relazione al contenuto delle censure proposte ed all’esito della lite. Non può dubitarsi che tanto si verifichi nella fattispecie, ove la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE è esclusivamente e interamente dedotta in dipendenza di quella della RAGIONE_SOCIALE
5. La Corte dichiara la nullità del giudizio d’appello in ordine al difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE  cassa  la  sentenza  impugnata e  rinvia  alla  Corte  d’appello  di Perugia,  in  diversa  composizione,  anche  per  la  pronuncia  sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara  la  nullità  del  giudizio  d’appello  in  ordine  al difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE,  cassa  la  sentenza  impugnata e  rinvia  alla  Corte  d’appello  di Perugia,  in  diversa  composizione,  anche  per  la  pronuncia  sulle spese del giudizio di legittimità;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione