Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2457 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2457 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11873/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in INDIRIZZO INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Venezia n. 556/2021, pubblicata in data 11 marzo 2021 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19
ottobre 2023 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Svolgimento del processo
RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di sei motivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, avverso la sentenza n. 556/2021 pronunciata dalla Corte d’appello di Venezia.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione resiste con controricorso.
Questi i fatti di causa che la ricorrente riferisce a sostegno del ricorso.
2.1. RAGIONE_SOCIALE effettuava a favore di RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, forniture di carburante, per un importo totale di euro 1.384.393,52; con atto del 29 febbraio 2012, RAGIONE_SOCIALE dava luogo alla scissione parziale della società, con assegnazione in favore della nuova costituita RAGIONE_SOCIALE del ramo d’azienda immobiliare; le forniture eseguite originavano due distinti crediti, di cui uno nei confronti delle debitrici RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in solido, per le forniture fatte prima della scissione parziale e un ulteriore credito nei confronti della sola RAGIONE_SOCIALE per le forniture successive alla scissione parziale; in data 5 ottobre 2012, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sottoscrivevano un ‹‹ accordo di pagamento per rientro del debito ›› , che prevedeva ventiquattro rate mensili, riferito al solo credito sorto a seguito della scissione; RAGIONE_SOCIALE versava due rate e successivamente interrompeva i pagamenti, tanto che la RAGIONE_SOCIALE comunicava di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa prevista dallo stesso accordo.
2.2. Su ricorso depositato dalla RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Verona emetteva decreto con cui ingiungeva a RAGIONE_SOCIALE e a RAGIONE_SOCIALE di pagare, in solido, l’importo di euro 813.427,97 ed alla sola RAGIONE_SOCIALE di pagare l’ulteriore importo di euro 515.029,01, oltre interessi di mora.
Le società ingiunte proponevano opposizione con due distinti atti di citazione; a seguito di riunione delle cause, il Tribunale ingiungeva, ex art. 186ter cod. proc. civ., a RAGIONE_SOCIALE di pagare l’importo di euro 132.438,47 in favore della RAGIONE_SOCIALE
Nel corso del giudizio RAGIONE_SOCIALE veniva cancellata dal registro delle imprese e il Tribunale, respinte le istanze istruttorie, revocava il decreto ingiuntivo opposto, accertava che il credito di RAGIONE_SOCIALE ammontava a complessivi euro 515.629,01, come da ‘accordo di pagamento per rientro del debito’, sottoscritto in data 5 ottobre 2002, e condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento della predetta somma in favore della creditrice; confermava, inoltre, l’ordinanza -ingiunzione di cui all’art. 186 -ter cod. proc. civ. emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
2.3. La suddetta sentenza è stata impugnata, in via principale, da RAGIONE_SOCIALE e, in via incidentale, da RAGIONE_SOCIALE e la Corte d’appello adita, in parziale accoglimento dei gravami, accertato il credito di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, pari ad euro 600,66, ha revocato l’ordinanza ingiunzione ex art. 186ter cod. proc. civ. ed ha condannato RAGIONE_SOCIALE alla restituzione in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 135.407,29, oltre interessi legali.
La Corte territoriale ha dichiarato l’inammissibilità delle domande spiegate da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, rilevando che l’appello incidentale non era stato notificato a
quest’ultima e, pur precisando che si verteva in ipotesi di cause inscindibili o dipendenti, dato che RAGIONE_SOCIALE era ‹‹ chiamata a rispondere in via solidale per i crediti vantati da COGNOME verso RAGIONE_SOCIALE ante scissione, ossia per i debiti della società scissa ‘non soddisfatti dalla società cui fanno carico’ ( ex art. 2506 quater , comma 3, c.c.)››, non ha ritenuto di dover ordinare l’integrazione del contraddittorio, essendosi la RAGIONE_SOCIALE estinta e non avendo i suoi soci ricevuto alcunché dalla liquidazione e comunque perché, in base alla ragione più liquida, si imponeva il preliminare esame dell’appello principale.
Interpretando l’accordo siglato nell’ottobre del 2012, i giudici di merito hanno, in secondo luogo, ritenuto che si trattava di scrittura ricognitiva del credito esistente alla data dell’accordo , che comprendeva anche la fattura n. 771 del 2012, portante un credito residuo di euro 47.476,08, e che le prime due rate pagate in esecuzione di tale accordo, in difetto di diversa dichiarazione da parte del debitore al momento del pagamento, dovevano essere imputate alla fattura più ‘vecchia’, in conformità al disposto di cui all’art. 1193 cod. civ. ; accertavano, altresì, che per la fattura n. 771/2012 residuava un importo da corrispondere di euro 600,66, di cui doveva rispondere ex art. 2506quater , terzo comma, cod. civ. RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di debito antecedente alla scissione.
La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, deducendo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ‹‹ nullità della sentenza per violazione dell’art. 102, primo comma, c.p.c. e dell’art. 2495, secondo comma,
cod. civ., in quanto resa senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari ››, la ricorrente censura la decisione impugnata per non avere ordinato l’integrazione del contraddittorio , pur avendo rilevato la sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 331 cod. proc. civ.
Evidenzia che entrambe le ragioni poste a fondamento della decisione d’appello non possono essere condivise, tenuto conto, da un lato, che i soci di una società cancellata dal registro delle imprese sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla stessa, ma non definiti all’esito della liquidazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione e, dall’altro, che l’integrazione del contraddittorio costituisce presupposto ‘a monte’ della inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso, dovendo il giudice, prima di esaminare il merito, necessariamente verificare la regolare costituzione di tutte le parti del giudizio.
Con il secondo motivo, denunziando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‹‹ violazione e falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c., per non avere concesso un termine a RAGIONE_SOCIALE per integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari ›› , la ricorrente rimarca che il procedimento si è svolto in assenza di litisconsorti necessari.
Con il terzo motivo prospetta ‹‹In riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1362, 1363, 1364, 1366 e 1367 c.c., avendo prediletto l’interpretazione letterale dell’accordo concluso il 5.10.2012 tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e, di conseguenza, avendo violato tutti i canoni di interpretazione del contratto ›› .
La ricorrente contesta alla Corte d’appello di essere incorsa nella violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, per avere fatto
ricorso all’interpretazione puramente letterale dell’accordo, ritenendo che la scrittura privata integrasse ‹‹senz’altro›› un atto accertativo del credito di RAGIONE_SOCIALE, senza considerare l’interpretazione sistematica e gli altri criteri di interpretazione di cui all’art. 1362 e ss. cod. civ.
Con il quarto motivo, denunziando, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. ‹‹ violazione e falsa applicazione dell’art. 2730 c.c. e dell’art. 2735 c.c., per aver ritenuto che le dichiarazioni contenute nell’accordo del 5.10.2012 tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE potessero assumere valore confessorio, anche a vantaggio di RAGIONE_SOCIALE ›› , la ricorrente addebita ai giudici di merito di avere, erroneamente, ravvisato nell’accordo una dichiarazione di scienza a carattere confessorio, trattandosi, in realtà, di una manifestazione negoziale priva dell’ animus confitendi .
Lamenta, inoltre, che la decisione poggia esclusivamente sull’accordo del 5 ottobre 2010, tralasciando qualsiasi valutazione in ordine agli ulteriori elementi probatori, quali fatture, scritture contabili, documenti di trasporto e contegno processuale di RAGIONE_SOCIALE, che aveva riconosciuto l’esistenza del credito per le forniture effettuate prima della scissione.
Con il quinto motivo denunzia, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisivi .
Deduce di avere provato per documenti le forniture effettuate, il credito per l’importo complessivo di euro 1.328.456,93 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, nonché il credito per l’importo complessivo di euro 812.827,26 verso RAGIONE_SOCIALE; si duole che tali elementi probatori siano stati completamente disattesi dai giudici di primo e di secondo grado, i quali hanno anche omesso di considerare che RAGIONE_SOCIALE aveva ammesso l’esistenza del debito derivante dalle fatture precedenti alla scissione e relative al periodo
ottobre 2009 -gennaio 2012.
Con il sesto motivo, rubricato: ‹‹in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per violazione e falsa applicazione dell’art. 1195 codice civile, per aver ritenuto irrilevante l’i mputazione di pagamento fatta dalla creditrice RAGIONE_SOCIALE in assenza di diversa disposizione da parte della debitrice ›› , la ricorrente censura la sentenza d’appello per avere imputato le prime due rate dell’accordo del 5 ottobre 2012, pari ad euro 46.875,42, alla fattura più ‹‹ vecchia ›› (ossia alla fattura n. 771 del 2012), recante un debito antecedente alla scissione.
Il primo ed il secondo motivo, che possono essere congiuntamente scrutinati in quanto strettamente connessi, sono fondati.
7.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso di c.d. litisconsorzio necessario processuale, ossia quando l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti, nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado. In entrambe le ipotesi la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado e del la sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass., sez. 3, 06/11/2001, n. 13695; Cass., sez. 6- L,
29/03/2019, n. NUMERO_DOCUMENTO).
7.2. Come questa Corte ha più volte puntualizzato, se è vero che di regola l’obbligazione solidale passiva non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile e non dà luogo a litisconsorzio necessario nemmeno in sede di impugnazione, bensì a rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, e, potendo il creditore ripetere da ciascuno di quei condebitori l’intero suo credito, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, che può svolgersi utilmente anche nei confronti di uno solo dei condebitori, a tale regola si deroga, venendo a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e quindi di litisconsorzio processuale necessario allorquando le stesse siano in rapporto di dipendenza ovvero le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’uno presupponga la responsabilità dell’altro (Cass., sez. 3, 06/07/2006, n. 15358; Cass., sez. 3, 08/02/2012, n. 1771; Cass., sez. 3, 21/08/2018, n. 20860; Cass., sez. 3, 28/11/2022, n. 34899).
Si configura in particolare l’inscindibilità delle cause nell’ipotesi in cui l’accertamento della responsabilità di uno dei condebitori presupponga necessariamente quello della responsabilità dell’altro, cioè in caso di rapporto di subordinazione logica o di pregiudizialità tra le cause nei confronti di ciascuno dei condebitori solidali, in relazione al contenuto delle censure proposte ed all’esito della lite (Cass., sez. 3, n. 20860/18, cit.).
7.3. Nel caso de quo , come già rilevato dalla stessa Corte d’appello nella sentenza qui impugnata, vengono in rilievo profili di c.d. solidarietà dipendente, in quanto la posizione della società costituita a seguito della scissione parziale e della RAGIONE_SOCIALE non è di mera solidarietà passiva, ma di dipendenza in forza del
disposto di cui all’art. 2506 -quater , terzo comma, cod. civ., che prevede che ‹‹ ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico ›› .
La disposizione normativa da ultimo richiamata subordina la facoltà di agire del creditore verso ciascuna società partecipante alla scissione alla circostanza che i crediti siano rimasti non soddisfatti dalla società cui fanno carico all’esito della scissione stessa, configurando in tal modo tra le società partecipanti alla scissione un vincolo di solidarietà non pura, ma sussidiaria caratterizzata dal semplice beneficium ordinis che presuppone la verifica dell’inadempimento della società cui fa carico il debito sulla base del progetto di scissione.
Ne segue che la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE si pone in rapporto di dipendenza e di subordinazione rispetto a quella della RAGIONE_SOCIALE, in quanto la responsabilità della prima presuppone la responsabilità dell’altra.
7.4. Ha dunque errato la Corte d’appello a non ordinare l’integrazione del contraddittorio, non risultando la decisione giustificata dalle ragioni sulle quali essa si fonda.
Quanto al rilievo secondo cui l’atto di appello incidentale non avrebbe potuto essere notificato ai soci della estinta RAGIONE_SOCIALE, per non avere riscosso somme a seguito della procedura di liquidazione, è sufficiente richiamare il principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte in base al quale la cancellazione della società dal registro delle imprese determina un fenomeno di tipo successorio in capo ai soci della stessa (Cass., sez. U, 12/03/2013, n. 6070 e n. 6072), con la precisazione che ciò si verifica indipendentemente dal fatto che gli stessi abbiano o meno percepito dell’attivo dalla liquidazione della società (Cass., sez. 1, 06/12/2019,
n. 31933; Cass., sez. 5, 04/01/2022, n. 2).
Priva di rilievo è pure l’altra argomentazione della c orte d’appello secondo cui l’integrazione del contraddittorio non sarebbe stata necessaria ‹‹ in base alla assorbente e più liquida ragione dell’infondatezza manifesta del primo motivo di appello incidentale›› , dovendosi, al contrario, ribadire che l’esame del merito deve necessariamente essere preceduto dalla verifica della regolare instaurazione del contraddittorio.
Ricorrendo dunque nel caso un ‘ ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, la mancata integrazione del contraddittorio in grado di appello determina la nullità, rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità, del procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso.
Non osta a ciò il fatto che la stessa ricorrente abbia dato causa alla nullità non provvedendo a notificare l’atto di appello incidentale nei confronti dei soci della RAGIONE_SOCIALE, atteso che la regola dettata dall’art. 157, terzo comma, cod. proc. civ. secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa si riferisce ai soli casi in cui la nullità non può pronunciarsi che su istanza di parte, e non anche allorquando vada rilevata d’ufficio, con la conseguenza che essa non trova applicazione quando, come in caso di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice, al quale incombeva l’obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio nel processo (Cass., sez. 3, 12/03/2020, n. 7040; Cass., sez. 3, 07/06/2023, n. 16137).
L’accoglimento dei motivi nei suindicati termini consente di dichiarare assorbiti i restanti motivi.
Conclusivamente, vanno accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi, e va dichiarata la nullità
del procedimento di secondo grado e della sentenza impugnata, con conseguente rinvio alla Corte d’ Appello di Venezia, in diversa composizione, per la relativa rinnovazione, previa integrazione del contraddittorio.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo, dichiara assorbiti gli altri. Dichiara la nullità del giudizio di appello. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione