Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21924 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21924 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
RESPONSABILITA’ CIVILE DELL’INTERMEDIARIO FINANZIARIO PER L’ATTIVITA’ DEL PROMOTORE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2711/2024 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
ASSICURATORI DEI RAGIONE_SOCIALE LONDRA
COGNOME ASSUNTA
COSTANZA BIANCA
COGNOME
COGNOME QUALE CURATORE DELL’EREDITA’ GIACENTE DI COSTANZA NOME MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
NOME COGNOME
-intimati –
Avverso la sentenza n. 2820/2023 della CORTE D’APPELLO D I NAPOLI, depositata il giorno 16 giugno 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne innanzi il Tribunale di Avellino NOME COGNOME e la Banca Mediolanum S.p.A. chiedendone la condanna solidale alla restituzione della somma di lire 165.300.000 (pari ad euro 85.370,33), oltre interessi e rivalutazione.
A suffragio della domanda, rappresentò di avere, negli anni 1995 e 1996, stipulato tre contratti assicurativi per il tramite di NOME COGNOME, promotore finanziario del gruppo Mediolanum S.p.A. e versato a mani dello stesso la somma complessiva di lire 165.300.000, liquidità di cui detto promotore si era appropriato.
Nel costituirsi, Banca Mediolanum S.p.A. formulò resistenza alla domanda, in via subordinata spiegando domanda di manleva nei riguardi di NOME COGNOME e comunque chiedendo l’autorizzazione alla chiamata in causa, a fini di garanzia, dei Lloyd’s di Londra.
Integrato nei predetti termini il contraddittorio, l’adito Tribunale , con sentenza n. 1362/2012: condannò in via solidale i convenuti al pagamento in favore dell’attore dell’importo come richiesto; condannò NOME COGNOME a tenere indenne Banca Mediolanum S.p.A. di quanto da questa corrisposta alla parte attrice; dispose la separazione della causa tra Banca Mediolanum S.p.A. e i Lloyd’s di Londra.
L’appello interposto da Banca Mediolanum S.p.A. è stato dichiarato inammissibile dalla decisione in epigrafe indicata.
Nel corso del giudizio di seconde cure:
) con ordinanza re sa in data 27 febbraio 2020, la Corte d’appello dispose l’ integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di NOME COGNOME (deceduto in pendenza del giudizio di primo grado), fissando per l’incombente termine sino al 3 aprile 2020, poi prorogato (su istanza dell’appellante e per la emergenza epidemiologica) al 10 luglio 2020: in siffatto termine Banca Mediolanum S.p.A. notificò atto di integrazione ad NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME, individuati quali eredi legittimi di NOME COGNOME
-) con note depositate per la udienza dell’otto gennaio 2021, l’appellato NOME COGNOME eccepì la nullità dell’ atto di integrazione in quanto i soggetti destinatari della notifica, chiamati all’eredità di NOME COGNOME avevano rinunciato ad essa sin dal gennaio 2012;
) con ordinanza pronunciata il 17 giugno 2021, la Corte dispose la « rinnovazione della già disposta integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di NOME COGNOME ovvero dei successori non rinuncianti e, in mancanza, nei confronti della eventuale eredità giacente entro il termine del 12 maggio 2022 »: in tale lasso temporale, l’appellante notificò atto di integrazione all’Avv. NOME COGNOME frattanto nominato curatore dell’ eredità giacente di NOME COGNOME.
Con la sentenza in epigrafe, la Corte partenopea ha revocato la ordinanza del 17 giugno 2021 e dichiarato inammissibile l’appello per inottemperanza al primo ordine di integrazione del contraddittorio, ovvero quello impartito con il provvedimento del 27 febbraio 2020.
Banca Mediolanum S.p.A. ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi.
Resiste, con controricorso, NOME COGNOME.
Non svolgono difese nel giudizio di legittimità le altre parti intimate, in epigrafe dettagliatamente indicate.
Le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa.
I l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va disattesa la preliminare eccezione, sollevata in controricorso, di nullità della procura speciale in favore della ricorrente.
Ed invero, la procura alle liti in favore dell’Avv. NOME COGNOME:
-) risulta conferita in data 15 gennaio 2024, quindi in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, avvenuta il 16 gennaio 2024 (Cass., Sez. U, 19/01/2024, n. 2075);
) reca espressa e puntuale indicazione della sentenza avverso la quale proporre impugnazione;
) è stata rilasciata da NOME COGNOME nominato procuratore speciale della società ricorrente in forza di procura del legale rappresentante della stessa (atto con sottoscrizione autenticata per notaio Roveda, allegato sub 72 al fascicolo della ricorrente), con espressa attribuzione dei « più ampi poteri di rappresentanza sia sostanziali che processuali ».
Il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., denuncia « violazione e falsa applicazione della norma ex art. 102 cod. proc. civ. per configurazione di un (inesistente) litisconsorzio necessario, divenuta presupposto della dichiarazione di ‘inammissibilità’ dell’appello di Banca Mediolanum S.p.A. ».
Contesta la ravvisata sussistenza di un litisconsorzio necessario con NOME COGNOME (e quindi con i suoi eredi): in senso contrario, deduce che in caso di obbligazioni solidali passive -quali quelle gravanti sulla banca e sul promotore -il rapporto tra coobbligati configura un litisconsorzio facoltativo per scindibilità delle cause.
2.1. La doglianza è infondata.
Sullo specifico punto, la Corte territoriale ha così motivato: « NOME COGNOME avrebbe dovuto essere necessariamente citato in appello in quanto litisconsorte processuale necessario. Ed invero, pur considerato
r.g. n. 2711/2024 Cons. est. NOME COGNOME
il carattere facoltativo del litisconsorzio iniziale, il rapporto di dipendenza delle cause proposte nei confronti di più condebitori (in quanto le distinte posizioni dei coobbligati siano strutturalmente subordinate anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’uno presupponga quella dell’altro) determina una situazione di litisconsorzio necessario processuale ».
L’argomentazione – pervero, nemmeno puntualmente attinta dalla doglianza in esame, centrata sulle situazioni di natura sostanziale generanti litisconsorzio necessario -è conforme a diritto.
Secondo il consolidato indirizzo esegetico del giudice di legittimità, sussiste litisconsorzio cosiddetto unitario (altresì definito necessario processuale) in fase di impugnazione quando nel precedente grado di giudizio siano state decise in unico processo plurime cause le quali, seppur non avvinte da vincolo sostanziale di inscindibilità, riguardino due (o più) rapporti scindibili ma dipendenti da presupposti di fatto comuni; in detta ipotesi, rivolto l’appello nei confronti di tutti i partecipanti al primo grado di giudizio, è doverosa, per preservare il simultaneus processus , la integrazione del contraddittorio ex art. 331 cod. proc. civ. nei riguardi dei soggetti pretermessi, sotto pena di nullità dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo definisca.
Orbene, nel ventaglio di fattispecie ricondotte a litisconsorzio necessario processuale, questa Corte ha incluso anche le controversie promosse per far affermare, in guisa di obbligazioni solidali passive, la responsabilità del preposto e del preponente ai sensi dell’art. 2049 cod. civ., individuando nella vicenda una obiettiva interrelazione tra le distinte posizioni di siffatti coobbligati, tale per cui, in forza della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, l’accertamento della responsabilità dell’uno presuppone di necessità
quello della responsabilità dell’altro (così Cass. 05/06/2020, n. 10803; Cass. 21/08/2018, n. 20860).
Il secondo motivo prospetta, ancora in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione e falsa applicazione degli art. 112 e 81 cod. proc. civ. per avere la Corte rilevato d’ufficio un presunto difetto di titolarità del sottostante rapporto sostanziale rilevabile soltanto su eccezione dei soggetti legittimati qui assente ».
Si duole del fatto che la Corte territoriale abbia di ufficio «(ma in realtà su sollecitazione ed iniziativa del carente di legittimazione signor COGNOME) valutato una eccezione riservata ai chiamati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nonostante il difetto di qualsiasi loro richiesta ed eccezione ».
Più specificamente, assume che il difetto della qualità di eredi di tali soggetti (destinatari della notifica del primo atto di integrazione del contraddittorio, in ottemperanza all’ordinanza del 27 febbraio 2020, e rimasti contumaci) non era suscettibile di rilievo officioso.
3.1. Il motivo è infondato.
Esso si pone in contrasto con il generale principio (la cui più autorevole espressione si rinviene in Cass., Sez. U, 16/02/2016, n. 2951, seguita da numerosissime conformi) secondo cui la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa.
E, nel caso, il difetto della acquisizione della qualità di eredi (per intervenuta rinuncia) in capo ai chiamati evocati in lite è stato desunto dalla documentazione acquisita, segnatamente dalla dichiarazione di rinuncia e dal verbale dell’udienza del 26 marzo 2019, versati in atti.
4. Il terzo motivo lamenta « ex art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ.: violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 115 e 102 cod. proc. civ. nonché 2909 e 519 cod. civ. per avere la Corte disatteso il giudicato esterno sulla identità degli eredi del promotore NOME ».
Il motivo formula, in realtà, quattro distinte censure.
In primo luogo (i), si critica la sentenza impugnata per aver negato l’autorità di giudicato esterno di vari precedenti resi dalla stessa Corte d’appello recanti condanna di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME benché la banca appellante avesse prodotto le sentenze integranti precedenti, « allegando (senza contestazioni di chicchessia) l’avvenuto passaggio in giudicato » delle stesse. Si sostiene, al riguardo, che il giudicato esterno è rilevabile di ufficio anche in caso di mancata produzione della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. cod. proc. civ..
In secondo, terzo e quarto luogo, si imputa alla Corte territoriale di aver ritenuto prevalente rispetto alla qualità di eredi emergente dalle sentenze integranti giudicato una dichiarazione di rinuncia all’eredità:
(ii) « che fino alla accettazione della stessa da parte di ulteriori e diversi chiamati (qui pacificamente assenti fino a tutto il 2023) o alla nomina di un curatore all’eredità giacente, qui avvenuta soltanto all’esito della ordinanza 17.6 -22.7.2021 (successiva alla estensione del contraddittorio disposta e operata nei loro confronti dalla banca nell’estate 2020), non aveva privato certo i signori NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME né della qualità di chiamati all’eredità e tantomeno della corrispondente legittimazione sostanziale e processuale. Con la conseguenza che i signori NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME dovevano comunque essere considerati soggetti verso cui era legittimo integrare il contraddittorio entro il termine di decadenza fissato dalla Corte territoriale dapprima al 3.4.2020 e poi rinviato al 10.7.2020 »;
(iii) « che è elemento istruttorio recessivo e soccombente a fronte di sentenze di condanna verso i signori NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi del promotore COGNOME perfino se non passate in giudicato, posto che i rinuncianti all’ered ità
possono acquisire la qualità di erede anche per fatti concludenti ed incompatibili con la loro precedente rinuncia. E non è dubbio che integri detti estremi anche la loro reiterata scelta di subire processi, sentenze e condanne in contumacia quali eredi del promotore NOME »;
(iv) « dimessa in giudizio e dal signor COGNOME tardivamente e in violazione dell’art. 81 cod. proc. civ. , oltre che in violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. ».
4.1. Tutte le doglianze non possono trovare accoglimento.
4.1.1. Quella sopra riassunta sub (i) è inammissibile, per radicale difetto di autosufficienza.
La ricorrente opera un indistinto riferimento a « precedenti elaborati dalla stessa Corte territoriale » ma omette di specificarne gli estremi nonché, soprattutto, di riprodurre (ancorché per stralci o passaggi di interesse) il contenuto delle evocate sentenze.
4.1.2. Il rilievo sub (ii) è infondato.
Va, al riguardo, data continuità al principio di diritto, già enunciato da Cass. 12/09/2008, n. 23543, per cui nel giudizio di appello relativo a cause inscindibili, qualora uno dei destinatari dell ‘ impugnazione sia deceduto, è nulla la notificazione dell ‘ atto di integrazione del contraddittorio effettuata in persona del chiamato all ‘ eredità che non abbia assunto la qualità di erede o vi abbia rinunciato prima della notifica stessa, in quanto la legitimatio ad causam non si trasmette dal de cuius al chiamato all ‘ eredità per effetto della semplice apertura della successione, ma soltanto a seguito dell ‘ acquisto della qualità di erede, gravando su chi agisce in giudizio l ‘ onere quanto meno di dedurre che tale acquisto si è verificato. Ciò non comporta peraltro l ‘ inammissibilità dell ‘ impugnazione, in quanto il carattere perentorio del termine di cui all ‘ art. 331 cod. proc. civ. non consente di escludere, in base ad un adeguato bilanciamento tra il diritto di difesa dell ‘ effettivo destinatario dell ‘ impugnazione ed il pari diritto del notificante, la possibilità di
assegnare un nuovo termine per la notificazione, a condizione che la parte onerata alleghi l ‘ impossibilità di osservare il primo termine per causa a lei non imputabile e chieda l’assegnazione di un nuovo termine per provvedere alla notifica (nello stesso senso e con identiche conclusioni, Cass. 10/04/2017, n. 9225, muovendo dalla premessa della efficacia retroattiva della rinuncia all’eredità ex art. 521 cod. civ.).
In conformità a detta regula iuris , la gravata decisione ha ritenuto la nullità della notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio, dacché eseguita nei confronti di soggetti chiamati all’eredità di NOME COGNOME ma ad essa già rinuncianti da epoca precedente.
Di poi, con apprezzamento di merito -in questa sede nemmeno attinto da censura ha escluso l’ assegnabilità di un nuovo termine per la rinnovazione dell’ adempimento, sul rilievo che la banca, impiegando un’ordinaria diligenza, era in condizioni di apprendere dell’esistenza della rinuncia, sia con la consultazione del registro delle successioni, sia perché circostanza dedotta nel corso del giudizio innanzi il Tribunale di Avellino, in cui la banca era costituita con gli stessi difensori.
4.1.3. La doglianza sub (iii) è inammissibile ed altresì infondata.
L’inammissibilità discende dalla estrema genericità della deduzione, argomentata sulla base di presunte « sentenze di condanna » delle quali non si indicano estremi o dettagli identificativi né, a fortiori , si descrive adeguatamente il contenuto precettivo.
L’assunto è comunque infondato, dacché un’accettazione tacita dell’eredità non può certo ascriversi al solo fatto di essere destinatari di atti processuali dal notificante indirizzati in qualità di eredi, siccome circostanza che non è espressione di qualsivoglia volontà dei chiamati, bensì richiede un contegno di carattere positivo di questi ultimi, cioè il compimento di una qualche attività che sia, implicitamente ma inequivocabilmente, manifestazione dell’intento di accettare l’eredità.
4.1.4. La contestazione sub (iv), infine, è inammissibile per difetto di decisività.
La rinuncia dei chiamati è stata accertata dal giudice territoriale anche sulla base delle risultanze del verbale della udienza celebrata il 26 marzo 2019 innanzi il Tribunale di Avellino: e tanto rende superfluo delibare sulla tempestività o meno della produzione dell’atto di rinuncia nel giudizio di appello.
5. Il quarto motivo è rubricato: « ex art. 360, primo comma, num. 3 e/o num. 4, cod. proc. civ.: violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 307, 342 e 101, secondo comma, cod. proc. civ. per avere la Corte dichiarato l’appello ‘inammissibile’ di ufficio e senza concedere alle parti di contraddire come invece imposto a pena di nullità ».
Sotto tale intestazione, parte ricorrente espone due doglianze.
In primis , contesta la giuridica correttezza della declaratoria di inammissibilità dell’appello.
Rappresenta, sul punto, che « l’inammissibilità dell’appello è la sanzione prevista e comminata dall’ordinamento in presenza di carenze originarie dell’atto di impugnazione e collegate al suo contenuto e formulazione. Nel caso in cui la contestazione concerna invece attività (o -come qui assunte inerzie) successive alla notifica dell’atto introduttivo , l’alternativa sanzione prevista dall’ordinamento è quella della dichiarazione di estinzione del processo ai sensi dell’art. 307 , terzo comma, cod. proc. civ., non già quella dell’inammissibilità ».
Sotto altro profilo, si duole del fatto che il « Collegio territoriale, ravvisatosi differitamente incline a definire la causa rilevando d’ufficio problemi di integrazione del contraddittorio » abbia, con la sentenza gravata, revocato l’ordinanza precedentemente adottata senza però concedere all’appellante termine per interloquire sul punto.
5.1. Le censure sono ambedue destituite di fondamento.
La prima perché la inammissibilità dell’appello è la conseguenza specificamente ed espressamente stabilita dall’art. 331, secondo comma, cod. proc. civ. in caso di inottemperanza ad un ordine di integrazione del contraddittorio reso nel giudizio di seconde cure.
La seconda perché -indubbio che ogni ordinanza resa in corso di causa sia revocabile con la sentenza che definisce il giudizio -la questione sulla regolare instaurazione del contraddittorio aveva costituito oggetto di discussione tra le parti, come evincesi dallo stesso andamento del processo di appello.
Essa, inoltre, ad ogni buon conto, al pari di ogni altra concernente l’ammissibilità o la procedibilità di un gravame, configura una questione di rito e di mero diritto, esulante dal novero di quelle da sottoporre previamente al contraddittorio tra le parti, pena la nullità della sentenza ex art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. (sui limiti di applicabilità di questa norma, basti, ex aliis , il richiamo a Cass., Sez. U, 03/12/2024, n. 30883).
Il ricorso è, in definitiva, rigettato.
In ossequio al principio della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla refusione delle spese del giudizio di legittimità -liquidate secondo tariffa, come in dispositivo -in favore della parte controricorrente, con distrazione in favore dei difensori di questa, per dichiarazione di anticipo resa.
A tteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente, Banca Mediolanum S.p.A., alla refusione in favore di parte controricorrente, NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 7.300,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge, con distrazione ai difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME per dichiarazione di anticipo resa.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione