Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5043 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5043 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 671/2022 r.g. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio e quali titolari dello RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al ricorso , dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domiciliano in Torrita di Siena (SI), alla INDIRIZZO.
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia presso lo studio del primo in Roma, alla INDIRIZZO.
-controricorrente – avverso la sentenza, n. cron. 2287/2021, della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE, pubblicata il giorno 24/11/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 20/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ. ritualmente notificato, NOME COGNOME chiese al Tribunale di Siena la condanna dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, insieme con i professionisti NOME COGNOME ed NOME COGNOME, al pagamento, in suo favore, della somma di €. 42.813,12. Tanto sul triplice presupposto di ( a ) essere stata socia dello studio commerciale predetto e di aver comunicato il proprio recesso in data 14 gennaio 2015, con efficacia dal 14 aprile 2015, di ( b ) aver ricevuto, nell’ottobre del 2015 , una situazione patrimoniale dello RAGIONE_SOCIALE ritenuta non completa, di ( c ) aver promosso, preventivamente, ricorso ex art. 696 cod. proc. civ. per la quantificazione della propria quota sociale.
1.1. Costituitisi i resistenti, che chiesero rigettarsi l’avversa pretesa, contestando il valore di stima della quota di partecipazione in quanto comprensiva di crediti incerti, aleatori e di difficile realizzo, l’adito tribunale, con ordinanza ex art. 702ter cod. proc. civ. del 26 luglio 2017, accolse il ricorso e condannò lo ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ed in via solidale e sussidiaria i titolari associati NOME COGNOME ed NOME COGNOME al pagamento, in favore della COGNOME, della somma di € 4 2.813,12, oltre interessi legali dal 2.2.2016.
Pronunciando sul gravame promosso contro quell’ordinanza da NOME COGNOME ed NOME COGNOME, in proprio e quali titolari dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, l’adita Corte di appello di Firenze, con sentenza del 24 novembre 2021, n. 2287, così decise: « Accoglie l’appello nei limiti di cui in motivazione. Condanna parte appellante NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e quali titolari dello RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in favore di NOME COGNOME della somma di € 39.156,26 oltre in teressi legali dal 15.04.2015 al soddisfo . ».
2.1. Quella corte, scrutinando l’unica censura ivi svolta dagli appellanti (‘ Ordinanza errata, immotivata e contraddittoria laddove non ha considerato
la volontaria e non concordata sottrazione di clientela operata da NOME COGNOME, che ha determinato la riduzione del patrimonio dello RAGIONE_SOCIALE ed inciso nel valore della quota di partecipazione ‘), opinò che « il Tribunale si è correttamente pronunciato ritenendo che in una società di persone, la cui disciplina è applicabile al caso di specie per analogia, debba tenersi conto, ai fini della liquidazione della quota del socio, della redditività attuale e di quella futura rientrando nella valutazione ex art. 2289 c.c. tanto il valore dell’avviamento quanto una ponderata futura redditività della società che, presupponendo la continuazione dell’attività sociale, non può riferirsi solo ad una determinazione statica ma deve tener conto della proiezione dinami ca dell’attività sociale verso il futuro . La c.t.u. è chiara ed esaustiva nel qualificare le varie tipologie di credito concorrenti alla valutazione della quota . Altrettanto razionale e immune da vizi logici è la quantificazione e la spettanza alla COGNOME di 1/3 del valore complessivo dello RAGIONE_SOCIALE pari ad € 128.439,35, indicato dal c.t.u. in € 42.813,12 . Il motivo di gravame è parzialmente fondato nel capo di impugnazione in cui prospetta una riduzione di quanto riconosciuto in favore dell’ appellata nei limiti di cui appresso. NOME COGNOME ha esercitato un legittimo diritto di recesso, forse in modo poco ortodosso tra soci che sono stati in armonia lavorativa per 24 anni ma non contestabile; gli esposti in sede penale e all’Ordine professi onale sono stati archiviati. Il gravame prospetta un accaparramento illecito della clientela ma in realtà si trattava di clienti che seguivano la COGNOME da anni che non è stata smentita sul punto, nemmeno dai clienti interessati talché non può discutersi la libera scelta di seguire la professionista. Gli accertamenti grafologici in atti non sono avallati da una pronuncia giudiziale sul punto; ragion per cui non possono essere valutati ai fini decisori. Le vicende successive che hanno creato un disagio economico alla RAGIONE_SOCIALE non hanno rilevanza ai fini della quantificazione del dovuto non essendo imputabili a mancata diligenza nel rapporto professionale ma a una diversa volontà dei clienti di studio. Le sopravvenienze passive, sopraggiunte in corso di giudizio di € 1.800,00, per avviso di rettifica RAGIONE_SOCIALE. delle Entrate, ed € 8.124,00, per la sentenza Trib. Siena nr. 59/2017, invece, vanno valutate ai fini del valore di
quota come affermato dalla difesa appellante; il valore dello RAGIONE_SOCIALE indicato dal c.t.u. è di € 214.827,79 importo essenzialmente fondato su crediti ancora non riscossi e per il quale è quindi irrilevante il passaggio di parte della clientela alla RAGIONE_SOCIALE e che riguarda potenziali attività soltanto future -, le passività € 86.827,00, le nuove passività sopraggiunte € 10.532,00; il valore netto dello RAGIONE_SOCIALE va quindi ridotto da € 128.439,35 ad € 117.468,79 e conseguentemente il valore di 1/3 della quota spettante a NOME COGNOME è pertanto pari ad € 39.156,26 oltre interessi al tasso legale dal 15.04.2015. L’ordinanza impugnata va parzialmente riformata nei limiti di cui sopra ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME ed NOME COGNOME, in proprio e quali titolari dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, affidandosi due motivi, cui ha resistito, con controricorso, NOME COGNOME. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: ‘il gravame prospetta un accaparramento della clientela ma in realtà si trattava di clienti che seguivano la COGNOME da anni che non è stata smentita sul punto, nemmeno dai clienti interessati, talché non può discutersi la libera scelta di seguire la professionista ». Assumono i ricorrenti che il riportato pronunciamento della corte distrettuale « è in contrasto con i fatti accertati in giudizio. Il giudice d’appello per affermare che non vi sarebbe stato accaparramento, sostiene che la clientela sarebbe andata liberamente con NOME COGNOME, che seguivano da anni. La circostanza è però smentita dall’istruttoria »;
II) « Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: ‘Le vicende successive che hanno creato un disagio economico dello studio associato non hanno rilevanza ai fini della quantificazione del dovuto non essendo imputabili a mancata diligenza del rapporto professionale ma a diversa volontà dei clienti di studio ». Sostengono i ricorrenti che « Il richiamato pronunciamento è contraddetto dalle evidenze
istruttorie », posto che le medesime circostanze esposte a corredo del primo motivo « provano la preordinazione di NOME COGNOME e la violazione degli obblighi e interessi dell’RAGIONE_SOCIALE, della quale è stata associata fino al 14.04.2015 ».
Tali doglianze sono scrutinabili congiuntamente perché inficiate dalla medesima causa di inammissibilità.
2.1. Invero, il vizio ivi lamentato di motivazione ‘ omessa, insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia ‘ non è più denunciabile in cassazione ( cfr ., in motivazione, Cass. n. 956 del 2023), atteso che l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata il 24 novembre 2021, ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, -tutte fattispecie assolutamente inconfigurabili nella motivazione della sentenza della corte fiorentina impugnata in questa sede -esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395 del 2021, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del
2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
2.2. Il menzionato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riguarda, dunque, un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 28390, 27505, 4528 e 2413 del 2023; Cass. n. 31999 del 2022; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015).
2.2.1. Peraltro, Cass., SU, n. 8053 del 2014, interpretando la disposizione suddetta, ha chiarito che la parte ricorrente dovrà indicare -nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. civ. e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti. Onere, nella specie, non assolto nel suo complesso dagli odierni ricorrenti.
2.3. In definitiva, il vizio di motivazione, ancor più in rapporto al richiamato testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, atteso che, come ancora recentemente ricordato, in motivazione, da Cass. n. 2607 del 2024, « i) spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio
convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova; mentre alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti; ii) giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 13408 del 2023; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073 del 2023; Cass. n. 4784 del 2023; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999) ».
2.3.1. I ricorrenti, invece, insistono nel sostenere la tesi di un preteso accaparramento della clientela dello ‘ RAGIONE_SOCIALE da parte della RAGIONE_SOCIALE, con le lamentate conseguente negative di una tale condotta di quest’ultima sul concreto andamento dello RAGIONE_SOCIALE medesimo, mostrando, così, di mirare ad ottenere, sotto la formale rubrica di vizio motivazionale, una diversa valutazione, sul punto, di quanto sancito, in contrario, dal giudice di merito, totalmente dimenticando, però, che il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del
2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023).
3. In conclusione, dunque, l’odierno ricorso promosso da NOME COGNOME ed NOME COGNOME, in proprio e quali titolari dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, deve essere dichiarato inammissibile, restando a loro carico, in via solidale, le spese di questo giudizio di legittimità sostenute da NOME COGNOME, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME ed NOME COGNOME, in proprio e quali titolari dello ‘ RAGIONE_SOCIALE, e li condanna, in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute da NOME COGNOME, liquidate in complessivi € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di con tributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile