SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4857 2025 – N. R.G. 00003317 2024 DEPOSITO MINUTA 25 08 2025 PUBBLICAZIONE 25 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA PRIMA SEZIONE CIVILE
Nelle persone dei seguenti giudici, riunita in camera di consiglio,
Dr. NOME COGNOME Presidente
Dr. NOME COGNOME Consigliere rel.
Dr. NOME COGNOME Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio rubricato al numero 3317/2024 R.G. e pendente
TRA
(C.F. e P.IVA ) in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa da ll’ Avv. NOME COGNOME per delega in atti P.
,
reclamante
E
( C.F. , in persona del legale rappresentante pro tempore , e (C.F. , in proprio, rappresentati e difesi dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME in forza di procure in atti P. C.F.
reclamati
OGGETTO : reclamo ex art. 50 CCII.
Conclusioni: i procuratori delle parti rassegnavano le conclusioni come da rispettivi atti conclusivi, conclusioni da intendere qui richiamate.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
La società
premettendo di agire nella sua qualità di cessionaria dei crediti già
facenti capo alle società
e
., ha adìto il
Tribunale di Roma chiedendo l’apertura della liquidazione giudiziale della società
e del dr.
personalmente.
A fondamento del ricorso ha addotto:
i)che le società e . (società statunitensi facenti parte del cd. ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e operanti nel settore turistico -religioso) nel corso degli anni 2010/2019 avevano erogato alla di cui il Sig.
era socio e amministratore unico, un finanziamento di complessivi 3,5 milioni di euro, destinato ad integrare la provvista necessaria per la realizzazione del l’ampliamento della struttura ricettiva alberghiera ‘Residenza INDIRIZZO‘ (di seguito, la ‘Residenza’) , di cui il era storico direttore fiduciario e gestore;
ii) che nel novembre 2018 il ritenuti sufficienti i fondi a quella data ricevuti (pari a complessivi euro 4.000.000,00, compresa la somma di euro 500.000,00 direttamente erogata alla Residenza) a finanziare la costruzione di venti nuove stanze nella suddetta struttura, aveva incaricato un architetto di realizzare un progetto di fattibilità dell’intervento;
iii) che a seguito della predisposizione e trasmissione alle società statunitensi del progetto di fattibilità redatto dal professionista, il aveva richiesto e ottenuto il versamento del l’ulteriore somma di euro 500.000 ,00 al fine di facilitare i lavori, di cui prevedeva l’inizio nel settembre 2019;
iv) che l’intervento non era stato poi stato realizzato ;
che a fronte delle reiterate richieste di restituzione delle somme formulate dalle società statunitensi, il aveva proposto la conclusione di un contratto (cd. contratto di ‘ allotment’) che prevedeva una forma di rimborso mediante compensazione degli importi nel tempo erogati con la messa a disposizione delle creditrici di alcune camere della Residenza per alcuni anni, sino alla concorrenza dell’importo del prestito, proposta che era stata rifiutata dalle creditrici;
vi) che infine, malgrado le numerose richieste e il tentativo di mediazione tra le parti, le somme non erano state restituite.
Tanto premesso in fatto, la ricorrente ha evidenziato come, a fronte del rilevante debito di 3,5 milioni di euro, non riportato ne ll’ultimo bilancio depositato da RAGIONE_SOCIALE
(bilancio al 31.12.2022), la società dovesse ritenersi in stato di insolvenza, come reso evidente dalla sproporzione tra l’attivo circolante e i debiti (se correttamente quantificati).
Parte ricorrente ha altresì richiesto, in via congiuntiva o alternativa, l’apertura della liquidazione giudiziale a carico del sig. il quale doveva ritenersi il deus ex machina dell’intera operazione, soggetto che rivestiva la qualità di imprenditore individuale e che pure si trovava in uno stato di insolvenza (considerato il mutuo ipotecario contratto per l’acquisto di un’abitazione) .
La società e il si sono costituiti nella prima fase di giudizio contestando il fondamento del ricorso.
I resistenti hanno in primo luogo eccepito la non fallibilità del dr. il quale era mero amministratore della società e gestore della ‘ Residenza ‘ (cui era legato da un rapporto di lavoro subordinato), e in tali vesti aveva avuto rapporti con le società facenti parte del cd. ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ .
La società resistente, ciò posto, ha addotto il difetto dei presupposti per la propria sottoposizione alla liquidazione giudiziale, considerat a, in primo luogo, l’insussistenza dello stato di insolvenza.
A tal fine ha evidenziato: che l’attivo era ampiamente superiore al passivo; che la società, salvo il periodo pandemico, aveva sempre prodotto utili di gestione; che non esistevano debiti scaduti, esposizioni verso l’Erario o gli Enti previdenziali; che il patrimonio netto risultava positivo e pari a euro 189.475,00, mentre l’utile dell’esercizio 2023 ante imposte (come risultante dalla bozza di bilancio prodotta in atti) era pari a euro 279.265,00.
Sotto altro profilo ha addotto il difetto della legittimazione ad agire in capo alla ricorrente, considerato che:
i)la cessionaria la quale non era abilitata a svolgere l’attività finanziaria riservata agli intermediari e il cui oggetto sociale non comprendeva l’acquisto o la cessione di crediti aziendali, non si era preventivamente munita di un titolo esecutivo, di modo che il debitore ceduto (cui non era stata notificata la cessione) solo in sede concorsuale aveva appreso delle pretese creditorie vantate nei suoi confronti, che non erano appunto state accertate in sede giudiziale;
ii) il credito vantato dalle società statunitensi e ceduto a era inesistente;
iii)che infatti i primi quattro bonifici, eseguiti tra il 2010 e il 2011 per complessivi euro 2.000.000,00 risultavano prescritti, quali che ne fossero le causali;
iv) che i successivi bonifici eseguiti il 18 novembre 2014 e il 15 dicembre 2015, del complessivo importo di 1.000.000,00 di euro, erano stati inviati alla perché venissero versati alla quale atto di liberalità, al fine di contribuire all’esecuzione di interventi di restauro e manutenzione della ‘ Residenza ‘ ;
v) che con il medesimo intento liberale aveva rimesso direttamente alla Residenza l’ulteriore somma di euro 1.000.000, 00, per mezzo dei bonifici eseguiti il 1 dicembre 2016 e il 6 giugno 2019;
vi) che infine il bonifico del 13 dicembre 2017 era uno dei tanti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE per i viaggi turistici, che la fatturava via via che effettuava i servizi;
vii) che nel 2018 era stata la e non il o la società a cominciare a progettare un ampliamento della Residenza, progetto cui il Bahou era stato ancora una volta ammesso a partecipare con il versamento di euro 500.000,00, eseguito con il bonifico del 6 giugno 2019 direttamente alla
Alla luce di tali considerazioni i resistenti hanno concluso per la declaratoria dell’inammissibilità, improponibilità o comunque per il rigetto del ricorso.
Il Tribunale di Roma, con decreto emesso in data 23 maggio 2024, ha rigettato le istanze formulate dalla società sulla base della seguente motivazione, che per maggiore chiarezza si ritiene utile richiamare testualmente.
Il Tribunale si è così espresso:
‘ Non può dirsi dimostrato il presupposto oggettivo dello stato di insolvenza; a tale convinzione induce la circostanza che né la società né il suo legale rappresentante risultano irreperibili, né risultano tentate esecuzioni da parte del creditore con esito negativo; ed anzi con riferimento al decreto ingiuntivo opposto (Tribunale di Roma n. r.g. 35041/2023) la società debitrice ha provveduto al pagamento della somma ingiunta di oltre 200 mila euro in data 5.4.2024;
ritenuto, peraltro, che non appare sufficiente un accertamento incidentale, ma il credito va accertato all’esito di una cognizione piena; e ciò in assenza di un titolo ed in presenza di molteplici contestazioni, sia processuali che di merito, nonché del comportamento della creditrice, che per un lungo periodo ha continuato ad erogare
finanziamenti, con causali e destinatari del tutto generici e del lungo periodo decorso dalle singole erogazioni, senza alcuna richiesta di rimborsi;
ritenuto, pertanto, che la domanda di apertura della liquidazione giudiziale vada rigettata, mancando la piena ed esaustiva prova del credito e della relativa legittimazione passiva delle parti convenute, oltre che l’indice dell’insolvenza ‘.
La suddetta pronuncia è stata impugnata da la quale ha lamentato la violazione degli artt. 2 e 40 CCII, degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2423, comma 2, c.c., nonché il vizio di apparenza e/o insanabile contraddittorietà della motivazione.
La reclamante ha in primo luogo censurato la decisione del Tribunale con riguardo alla ritenuta inesistenza dello stato di decozione; in proposito ha lamentato come erroneamente fosse stata attribuita rilevanza, al fine di negare l’insolvenza, a elementi che erano privi di una simile valenza ( i.e. il fatto che la società debitrice ed il suo amministratore non fossero irreperibili e che non fossero state tentate esecuzioni con esito infruttuoso), mentre era stata omessa la corretta valutazione da esperire in quella sede, ovvero l’accertamento della capacità, o meno, dell’impresa di far fronte con mezzi normali di pagamento alle proprie obbligazioni.
Una simile valutazione, qualora adeguatamente svolta, avrebbe dovuto condurre, ad avviso della reclamante, all’accertamento dello stato di decozione della considerando infatti il debito di 3.500.000,00 di euro nei confronti della ricorrente, non iscritto nell’ultimo bilancio depositato (né nella bozza al 31.12.2023) , sarebbe emerso che la società era priva delle capacità operative e di fatturato tali da poter prontamente generare il cash flow necessario a far fronte a tale ingente esposizione, tale da rendere negativo il patrimonio netto. In relazione all’esistenza del credito la società reclamante ha per un verso lamentato l’erroneità dell’assunto del Tribunale circa la necessità di un previo accertamento giudiziale e per altro il mancato assolvimento, da parte dell’Ufficio, all’o bbligo di accertare in via incidentale l’esistenza del credito allegato dalla ricorrente, la cui valutazione era stata del tutto omessa.
In proposito ha rilevato:
-che anche volendo in ipotesi accedere alla tesi prospettata dalla controparte, le asserite donazioni sarebbero state nulle per difetto di forma, con conseguente insorgenza di un credito restitutorio nei confronti dell’a ccipiens (ovvero che aveva ammesso di
aver ricevuto la somma di euro 3,5 milioni di euro, seppur asserendo, senza peraltro dimostrarlo, che le relative partite fossero state poi trasferite alla ); – che la circostanza valorizzata dal Tribunale al fine di escludere la legittimazione ad agire della ricorrente, ovvero il fatto che le somme non fossero state richieste in restituzione per un lungo periodo di tempo, era di per sé irrilevante, mentre il fatto che alcuni bonifici fossero privi di causale era addebitabile ai rapporti di conoscenza trentennale tra le parti, fermo in ogni caso che gli stessi recavano la menzione della ‘ Residenza ‘ , il cui progettato ampliamento ne costituiva la causa;
-che i documenti prodotti nella prima fase di giudizio dimostravano ampiamente che si era trattato di prestiti erogati in vista del progettato ampliamento della suddetta Residenza, il che avrebbe dovuto essere accertato incidentalmente dal Tribunale, che si era invece sottratto alla relativa valutazione;
-che era infine infondata l’eccezione di prescrizione formulata ex adverso , considerato: che si trattava di diverse tranches di un unico finanziamento, la cui erogazione si era conclusa nel 2019; che comunque il diritto ad ottenere la restituzione delle somme era insorto nell’anno 2020, quando era emersa la volontà di non dare corso all’ intervento, talché solo da quella data il credito restitutorio aveva potuto essere azionato; che il decorso del termine era stato interrotto dalle missive inviate dalle creditrici e in ogni caso l’esistenza del credito era stata riconosciuta da che ne aveva proposto il pagamento nelle forme di cui alla proposta
di ‘ allotment ‘.
La reclamante ha infine lamentato l’assoluto difetto di pronuncia, da parte del Tribunale, sulla istanza di apertura della procedura di liquidazione giudiziale a carico del dr. domanda che ha reiterato nella presente sede.
Su tali presupposti la società ha richiesto, in totale riforma dell’impugnata pronu ncia, l’ accoglimento delle proprie originarie domande.
La società e il dr. si sono costituiti resistendo al reclamo. I reclamati hanno ribadito le difese svolte nella prima fase del giudizio, sia in relazione al difetto di prova del credito che a quello dello stato di insolvenza , e per l’effetto hanno concluso per il rigetto del reclamo.
Il reclamo va accolto per quanto di ragione.
E’ ad avviso di questa Corte fondata la domanda di apertura della liquidazione giudiziale della società mentre va disattesa l’istanza proposta nei confronti del personalmente.
§1. Istanza di liquidazione giudiziale della società
1.1.Legittimazione ad agire
La ricorrente deve ritenersi legittimata a richiedere l’apertura della procedura concorsuale della società
Come noto, ‘ in tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, l’art. 6 legge fall., laddove stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l’altro, su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante ‘ (in questi termini Cass., ss.uu., 23.1.2013, n. 1521; nello stesso senso, tra le molte, Cass. 28.11.2018, n. 30827; Cass., 16.6.2022, n. 19477; Cass., 19.2.2025, n. 4406).
Ed invero, ‘ il tribunale è chiamato a verificare, in via incidentale, e compatibilmente con la sommarietà del procedimento, la sussistenza del credito dedotto a sostegno della domanda, e a tale fine è tenuto a prendere in esame non solo le allegazioni e le produzioni del creditore, ma anche i fatti rappresentati dal debitore, che valgano a dimostrare l’insussistenza dell’obbligazione addotta o la sua intervenuta estinzione ‘ (così Cass., ord., 25.5.2022, n. 16853).
Un simile accertamento, sostanziandosi nel vaglio di una delle condizioni dell’azione, non può essere omesso in considerazione della complessità dell’ indagine, ciò che si risolverebbe in un ‘ non liquet ‘, ma deve essere svolto in senso positivo o negativo (qualora, in assenza di un accertamento giudiziale definitivo, gli elementi addotti dal creditore, valutati unitamente ai fatti rappresentati dal debitore, non si ritengano sufficienti a ritenere incidentalmente configurabile il credito sotteso alla domanda).
Tanto premesso in astratto, la valutazione che questa Corte è tenuta a svolgere, in via solo incidentale e in termini compatibili con la sommarietà del procedimento, si conclude positivamente.
Si ritiene invero che la ricorrente abbia fornito sufficienti elementi di giudizio a fondamento della pretesa creditoria vantata nei confronti della società resistente, pretesa, che seppure non
accertata in sede giudiziale ordinaria, è idonea a legittimarla a richiedere la liquidazione giudiziale della sua debitrice.
Si è detto come agisca quale cessionaria dei crediti facenti capo a due società statunitensi, le quali affermano di avere nel tempo erogato (per quanto qui interessi) alla società a titolo di prestito, il complessivo importo di euro 3.500.000,00 al fine della realizzazione di un intervento di ampliamento della ‘INDIRIZZO‘, somme di cui è richiesta la restituzione a fronte della mancata realizzazione del progettato intervento immobiliare.
La società non nega la ricezione della complessiva somma di cui in premessa, ma in parte (per 2 mln. di euro, oggetto di quattro bonifici effettuati tra il 2010 e il 2011) eccepisce l’estinzione del credito per prescrizione (a prescindere da ogni considerazione sulla causale dei pagamenti), in parte (500.000,00 euro, versati con bonifico in data 13 dicembre 2017) imputa il pagamento ai rapporti commerciali in essere tra le parti e per il resto (1 mln. di euro, versati mediante due bonifici eseguiti il 18 novembre 2014 e il 15 dicembre 2015) assume essersi trattato di una donazione in favore della (proprietaria della ‘ Residenza ‘ di cui il era gestore), alla quale la somma, solo temporaneamente transitata sui conti della società sarebbe infine stata trasferita (analoga causale avrebbe avuto l’ulteriore somma di 1 mln. di euro versata direttamente alla ‘Residenza’ , che costituirebbe un’erogazione liberale utilizzata dalla beneficiaria per interventi di ristrutturazione della struttura).
Ebbene, dalle suddette allegazioni emerge la prova dell’effettiv o versamento della somma di tre milioni e mezzo di euro in favore della società la quale, di contro, non ha fornito la dimostrazione del trasferimento di parte di essa, per l’indicato importo di un milione di euro, in favore della né dell’allegata circostanza che la causale sottesa ai pagamenti nel tempo eseguiti fosse quella di liberalità.
Quanto al primo aspetto, non si può che prendere atto del fatto che la società resistente non abbia prodotto alcuna documentazione attestante l’asserito trasferimento delle somme in favore della la relativa circostanza è dunque rimasta al rango di mera allegazione.
Né a tal fine giova il documento richiamato dalla resistente, denominato ‘ ricevuta contributo liberale/quietanza di avvenuta ricezione ‘ ed emesso il 14 febbraio 2024, in pendenza del giudizio per l’apertura della procedura concorsuale (prodotto quale doc. 11 nella prima fase di giudizio). La dichiarazione è invero riferibile ad una serie di versamenti del complessivo importo di un milione di euro eseguiti negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 non meglio identificati, di modo che non è dato inferire che si tratti degli stessi versamenti oggetto di causa (che tra l’altro parte resistente assume essere intervenuti nel novembre 2014 e dicembre 2015 e non anche negli anni 2016/2017); per altro verso, giova osservare come si tratti di una dichiarazione redatta da un terzo estraneo al giudizio, recante una sottoscrizione non leggibile, e che comunque, il che è dirimente, è riferibile alla ‘ Amministrazione ‘ d ella ‘ Residenza San Paolo VI ‘ (qualifica apparentemente rivestita dallo stesso dr. , soggetto dunque non coincidente con la ‘ ‘ in favore della quale sarebbe intervenuta l’alleg ata donazione.
Non ricorre dunque alcuna prova del versamento delle somme erogate dalle società del Bahou in favore della
Per quanto necessario, quand’anche si volesse ipotizzare l’allegato trasferimento delle somme già versate a in favore della il dato non sarebbe idoneo ad escludere la configurabilità del vantato credito restitutorio, posto che, in difetto di prova del fatto che la prima movimentazione di denaro fosse ab origine destinata ad un terzo soggetto e che costituisse una donazione in suo favore (il che non risulta dalle causali dei bonifici e, come si dirà, è escluso dalle ulteriori risultanze documentali ), l’utilizzo che il beneficiario ( abbia inteso fare del denaro ricevuto non rileva agli odierni effetti.
Venendo dunque alla principale questione dibattuta tra le parti, la tesi che la causale sottesa alle descritte movimentazioni di denaro fosse quella di liberalità , l’onere della cui dimostrazione avrebbe fatto carico all’eccipiente appare contrario alle risultanze istruttorie, che si vengono ad enumerare.
L’assunto che i versamenti di denaro nel tempo eseguiti dalle società facenti capo al Bahou fossero finalizzati alla realizzazione del progetto di ampliamento della Residenza, e non costituissero erogazioni liberali in favore di e, per suo tramite, della appare comprovato dai seguenti elementi di giudizio:
i)la presenza, in alcuni dei bonifici eseguiti in favore di delle causali ‘Residenza Paolo VI’ oppure ‘ load for Residenza Paolo VI ‘ (v. il bonifico eseguito in data 13.12.2017, di cui al doc. 12 di parte ricorrente);
ii) la predisposizione di uno studio di fattibilità dell’ampliamento della suddetta Residenza, sulla base di un incarico conferito dal dr. (quale amministratore della struttura) e documentato (tra l’altro) da una comunicazione email inviata dal professionista designato anche al sig. COGNOME la circostanza consente di desumere che il COGNOME fosse uno dei soggetti coinvolti nella prevista operazione immobiliare, posto che diversamente non ci sarebbe stato motivo perché il professionista incaricato di predisporre lo studio di fattibilità avesse ritenuto necessario metterlo al corrente dello svolgimento della relativa attività progettuale (si rimanda ai doc. da 16 a 18 del fascicolo di parte ricorrente);
iii) la missiva del 4.6.2019 sottoscritta dal dr. e inviata ad una delle società facenti capo al Bahou, denominata ‘ C onstruction loan for The Residenza San Paolo VI ‘, del seguente tenore: ‘ Noi della Residenza Paolo VI chiediamo la somma di euro 500.000,00 da rimettere via bonifico …’ ; ‘questo prestito di costruzione faciliterà i lavori di realizzazione del progetto di espansione dell’hotel, di cui è previsto l’inizio nel settembre 2019 ‘ (si rimanda al doc. 19 di parte ricorrente);
iv)il bonifico della somma di 500.000,00 eseguito dalla società destinataria della missiva di cui al punto che precede in data 6.6.2019, e dunque in epoca immediatamente successiva all ‘invio della richiesta del ‘ prestito di costruzione ‘;
v) la comunicazione inviata dal dr. al COGNOME nel luglio 2020, nel cui ambito il mittente: – ammetteva il fatto che la società aveva ricevuto dalla società statunitensi facenti capo al Bahou ‘ fondi per gli investimenti inviati nel tempo ‘ e segnatamente ‘ nell’arco di circa nove anni, dal 2010 al 2019 ‘;
-sosteneva che detti fondi erano stati girati alla la quale, essendo impossibilitata a tenerli in giacenza, li avrebbe utilizzati per migliorie della struttura, e comunicava dunque che i suddetti fondi non sarebbero potuti ‘ tornare indietro ‘;
-a fronte delle ‘ problematiche evidenziate ‘ dalla controparte e per ‘ evitare qualsiasi equivoco ‘ , proponeva di attuare una partnership commerciale per la gestione in comune di un altro albergo (INDIRIZZO ) o, in alternativa, la sottoscrizione di un contratto avente ad oggetto ‘ la
messa a disposizione, nel tempo, di un certo e determinato numero di camere stabilito per anno e per una durata da determinarsi ‘ (cd. contratto di ‘ allotment ‘, v. doc. 21 di parte ricorrente);
vi) la email inviata nell’ottobre 2020 dal (quale ‘direttore -delegato’ della ‘ Residenza ‘ ) al Bahou, con la quale il primo allegava ‘ la bozza del contratto di investimento per la fornitura di servizi turistico-ricettivi di con la INDIRIZZO , nel cui ambito il proponente:
-ammetteva di aver ricevuto dalle società del Bahou tra il 2010 e il 2019 la complessiva somma di 4,5 milioni di euro, di cui euro 3,5 versati alla ed asseritamente girati alla INDIRIZZO ed il resto direttamente a quest’ultima , seppure a titolo di ‘ investimento per (futuri) servizi turistico ricettivi di allotment ‘;
metteva a disposizione del Bahou un numero di dieci camere della Residenza per i successivi dieci anni, per un valore complessivo stimato in euro 4.502.275,00, pari alle somme complessivamente erogate a e alla Residenza, ‘ a fronte del pagamento già avvenuto ‘ negli anni 2010-2019 (si rimanda al doc. 22 di parte ricorrente).
I suddetti elementi, tra loro unitariamente valutati, consentono di ritenere, nei limiti della sommaria delibazione qui esperibile e all’esclusivo fine della valutazione della legittimazione ad agire della ricorrente, la sussistenza del credito restitutorio vantato dalla (quale cessionaria dei crediti vantati dalle società statunitensi del Bahou) e di escludere, di contro, che si fosse trattato di erogazioni liberali.
Nello stesso senso, del resto, sono i dati desumibili dai bilanci della società (tempestivamente prodotti dalla ricorrente, in allegato al ricorso introduttivo del giudizio, quali doc. da 26 a 35), dai quali emerge la progressiva appostazione alla voce ‘Altri debiti’, a partire dal bilancio dell’esercizio 2010, di somme esattamente corrispondenti agli importi via via versati dalle società del Bahou alla nel corso degli anni.
In dettaglio:
-nel bilancio al 31.12.2010, alla voce ‘Altri debiti’ è indicata la somma di € 1.000.335 , prima facie ricollegabile ai due bonifici di € 500.000 ciascuno rispettivamente effettuati in data 9 agosto
2010 e 16 novembre 2010;
-nel bilancio al 31.12.2011, alla medesima voce ‘ Altri debiti ‘, l’importo ascende a € 2.000.335 , il che è riconducibile all’esecuzione di due ulteriori bonifici di € 500.000 ciascuno, rispettivamente effettuati in data 10 gennaio 2011 e 5 dicembre 2011;
-nel bilancio al 31.12.2014, sempre alla voce ‘Altri debiti’, l’importo di € 2.000.335 sale ancora a € 2.501.539, il che pure è ragionevolmente spiegabile in ragione dell’esecuzione, in data 18 novembre 2014, dell’ulteriore bonifico di € 500.000 ,00 da parte delle società statunitensi;
-nel bilancio al 31.12.2015, sempre alla voce ‘Altri debiti’, l’importo di € 2.501.539 diventa di € 3.001.539, considerato l’ulteriore bonifico di € 500.000 nelle more effettuato in data 15.12.2015;
-nel bilancio al 31.12.2017, alla voce ‘Altri debiti’, l’importo di € 3.000.000 aumenta di € 500.000,00 e dunque in misura esattamente pari alla somma oggetto del bonifico eseguito in favore di in data 13.12.2017.
Nel bilancio al 31.12.2018 (v. doc. 6 del fascicolo di parte resistente) il debito di 3,5 mln è ancora presente, mentre nel bilancio al 31.12.2019, approvato per definizione nell’anno 2020 e dunque quando era oramai emerso che la progettata operazione di ampliamento della struttura non sarebbe stata realizzata (tanto che nel luglio 2020 il in replica alle pregresse richieste formulate dal COGNOME, aveva proposto le descritte modalità di restituzione dei ‘ fondi per investimenti inviati nel tempo ‘ ), l a voce ‘ A ltri debiti’ dell’importo di 3,5 mln. scompare senza alcuna motivazione e non è più riportata nei bilanci degli esercizi successivi.
Ebbene, in assenza di alcuna contraria allegazione (relativa ad un’eventuale diversa causale attribuibile alla voce ‘altri debiti’) e stante l’esatta coincidenza tra l’importo de i versamenti via via effettuati dalle società statunitensi e le somme appostate al passivo nel bilancio di i documenti contabili sopra menzionati ulteriormente comprovano l’esistenza del credito vantato dalla ricorrente nei confronti della società resistente.
Ed invero, il fatto che le somme corrispondenti a quelle versate dalle società del Bahou siano state indicate quali voci del passivo della società sottintende il riconoscimento che si trattasse di propri debiti e non già, come allegato dalla resistente, di somme solo temporaneamente transitate nelle casse della società, in vista di essere destinate ad un diverso (effettivo) beneficiario.
Tanto premesso, essendo pacifico il fatto che l ‘ operazione immobiliare in vista della quale erano state versate alla le somme sopra indicate non abbia più avuto seguito, l’esistenza del credito restitutorio vantato dalla ricorrente appare incidentalmente configurabile.
L’esigibilità del credito (requisito peraltro non indispensabile al fine della proponibilità della domanda di apertura della procedura concorsuale) appare poi prima facie desumibile:
i) dal fatto che, a seguito delle richieste di rimborso formulate dalle creditrici, il aveva proposto una diversa modalità di restituzione delle somme erogate (nelle forme di cui al richiamato contratto di ‘ allotment ‘), il che sottintende la consapevolezza che il progettato intervento immobiliare non sarebbe più stato realizzato;
ii) dalle r isultanze del bilancio al 31.12.2018, l’ultimo in cui compare il debito di 3,5 mln. di euro, la cui nota integrativa indica il suddetto debito come ‘ scadente entro l’esercizio ‘ (si rimanda alla p. 15 del doc. 6 di parte resistente).
In via di chiusura, quand’anche in via di mera ipotesi si volesse accedere alla tesi prospettata dalla società resistente, dovrebbe ritenersi la nullità delle pretese donazioni (non di modico valore, trattandosi di bonifici ciascuno pari a cinquecentomila euro) per difetto di forma, con conseguente configurabilità del credito per ripetizione di indebito prospettato in via subordinata dalla società ricorrente.
Con riguardo all’importo della pretesa restitutoria sottesa a ll’odierna iniziativa giudiziaria (rilevante anche allo scopo di valutare la sussistenza dello stato di decozione), appare da disattendere , sempre nei limiti della sommaria delibazione esperibile in questa sede, l’eccezione di prescrizione formulata dalla resistente.
Le erogazioni di denaro eseguite negli anni 2010/2011, come correttamente evidenziato dalla reclamante, costituivano diverse tranches di un unico finanziamento, la cui erogazione si era conclusa nel 2019; il credito restitutorio discendente dai ‘ prestiti di costruzione ‘ ovvero , in altri termini, dai ‘ fondi per investimenti inviati ‘ dal Bahou ‘nell’arco di circa nove anni, dal 2010 al 2019 ‘, è poi divenuto esigibile nel momento in cui è emersa la circostanza della mancata realizzazione del progettato intervento immobiliare, e dunque nel 2020.
Per quanto necessario, alla proposta di restituzione del totale delle somme ricevute nel periodo tra il 2010 ed il 2019 nelle forme di una (futura) datio in solutum , contenuta nella proposta di contratto di allotment formulata dal Courtial, appare sotteso il riconoscimento del l’esistenza del credito vantato dalle società facenti capo al Bahou ad opera della debitrice.
Infine, sempre in tema di verifica della legittimazione attiva della ricorrente, debbono essere disattese le censure formulate dalla parte resistente in relazione al contratto di cessione di crediti.
Premesso che il rilievo afferente all’assenza di abilitazione di allo svolgimento di attività finanziaria riservata agli intermediari iscritti all’albo di cui all’art. 106 TUB non appare pertinente, posto che non si tratta di un’operazione di cartolarizzazione ai sensi della legge 130/1999 (e successive modificazioni) bensì di un ‘ ordinaria cessione di crediti in favore di una normale società commerciale, il fatto che il credito ceduto dalla società statunitensi non fosse stato previamente accertato in sede giudiziale è irrilevante, posto che per la cedibilità di un credito non è necessario un simile accertamento; sotto altro profilo, la notifica dell’atto di cessione al debitore ceduto, che come noto non costituisce requisito di validità della cessione bensì solo di opponibilità del negozio al debitore, può ben intervenire unitamente alla domanda giudiziale.
In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, si ritiene che gli elementi di giudizio sopra menzioni inducano a ritenere configurabile un credito restitutorio in capo alle danti causa della ricorrente e per questa via sussistente la legitti mazione di quest’ultima a richiedere l’apertura della procedura concorsuale.
1.2. Lo stato di insolvenza della società
Riconosciuta la legittimazione ad agire in capo a è ad avviso della Corte configurabile lo stato di insolvenza di
Come noto, ‘ ai fini del giudizio di sussistenza dello stato di insolvenza, ex art. 5 legge fall., non occorre l’accertamento definitivo di crediti, sostanziandosi detto giudizio nella valutazione complessiva di uno stato di impotenza patrimoniale, non transitorio, al regolare adempimento delle proprie obbligazioni, che ben può essere condotto alla stregua dell’inadempimento anche di un solo credito, ingente, … valutato … come indicativo dello stato di illiquidità, come tale idoneo a palesare ‘l’incapacità dell’impresa stessa di rendere sostenibile la struttura finanziaria dell’impresa’ ‘ ( in questi termini, Cass., 28 marzo 2018 n. 7589; nel senso che anche un solo inadempimento possa essere indice di decozione, ex plurimis , cfr. anche Cass., 3 aprile 2019, n. 9297, Cass., 30 settembre 2004 n. 19611).
L a circostanza che l’esistenza del credito vantato dalla ricorrente non sia stata previamente accertata in sede di giudiziale e sia in questa sede contestata, dunque, non è di per sé idonea ad
impedirne l’inclusione nel computo dell’indebitamento complessivo e la soggezione alla valutazione del giudice chiamato a decidere sull’apertura della procedura concorsuale.
Come chiarito dalla Suprema Corte, ‘ l’accertamento del requisito di fallibilità di cui all’art. 1, 2° co., lettera c) cit. va compiuto procedendo alla valutazione dell’esposizione complessiva dell’imprenditore, nella quale deve tenersi conto non solo dei debiti già sorti, ed appostati al passivo del bilancio, ma anche di quelli ulteriori, contestati in tutto o in parte ed ancora sub iudice. Tale circostanza, infatti, non ne impedisce, di per sé sola, l’inclusione nel computo dell’indebitamento – rilevante quale dato dimensionale dell’impresa per stabilirne l’assoggettabilità al fallimento -in quanto attiene a un dato oggettivo, che non dipende dall’opinione del debitore a riguardo ed, al pari di ogni altro presupposto della dichiarazione di fallimento, non si sottrae alla valutazione del giudice chiamato a decidere dell’apertura della procedura concorsuale.
Nel caso di specie la ‘ resistente ‘ aveva iscritto oltre 1.400.000 euro nel fondo rischi ed oneri, a copertura di debiti litigiosi “certi” o “probabili”: non era pertanto precluso al giudice del merito, cui compete in via esclusiva l’apprezzamento dei fatti rilevanti e decisivi per il giudizio, di ritenere detta appostazione indicativa dell’effettiva esistenza di quei debiti, ancorché non ancora giudizialmente accertati, anche in ragione (secondo quanto la sentenza non ha mancato di rilevare) del rapporto anomalo e squilibrato tra il loro elevato ammontare e quello, pressoché insignificante, dei debiti già esposti al passivo del bilancio ‘ (in questi termini, Cass., 12.1.2017, n. 601).
I richiamati principi sono applicabili nel caso di specie e conducono a ritenere configurabile lo stato di decozione della resistente.
Al contrario dalla fattispecie esaminata nella pronuncia da ultimo richiamata, il credito vantato dalla ricorrente, sebbene in questa sede contestato, non era stato appostato quale mero ‘ fondo rischi ed oneri ‘ nel bilancio della società debitrice, bensì, come sinora evidenziato, era stato indicato dalla stessa quale debito certo e in scadenza entro l’esercizio 2018 ( si rimanda ancora al doc. 6 di parte resistente).
Per l’effetto, non avendo la resistente anche solo allegato l’intervenuto pagamento della somma o altra modalità di estinzione del suddetto debito, che è stato azzerato senza motivazione dai successivi bilanci societari, lo si deve ritenere ancora esistente.
Da ciò consegue la configurabilità dello stato di insolvenza di
Ed invero, s eppure sia corretto l’assunto che, sulla base degli apparenti dati di bilancio, la società non rechi indici di insolvenza, la conclusione muta radicalmente una volta che si
consideri il debito di 3,5 milioni di euro che, come appena ribadito, la stessa aveva riconosciuto esistente, inserendolo nel proprio bilancio quale debito scaduto entro l’esercizio 2018.
Alla luce dei dati desumibili dal bilancio provvisorio al 31.12.2023 (doc. 5 di parte resistente) e di quello definitivo approvato in pendenza del presente giudizio (prodotto da parte ricorrente in allegato alle note depositate in data 3.2.2025), infatti, emerge con tutta evidenza come la società non sia in grado di generare utilità sufficienti a far fronte ad una simile esposizione debitoria, posto che l’utile di esercizio è indicato in euro 279.265,00, poi ridotto a 219.390,00 euro nel bilancio definitivo.
Come osservato dalla resistente, dunque, la società è priva delle capacità operative e di fatturato tali da poter prontamente generare il cash flow necessario a far fronte a tale ingente debito.
Né che risulta possedere immobilizzazioni materiali appostate in bilancio al modesto valore di 150.000,00 euro, ha anche solo allegato con quali eventuali diversi mezzi possa in tesi far fronte al credito di 3,5 milioni di euro vantato dalla ricorrente.
Ad elidere la conclusione non rileva la considerazione che la sia stata in grado di reperire i fondi necessari al pagamento della somma oggetto del decreto ingiuntivo emesso in suo danno, considerata l’evidente discrasia tra l’importo del p rovvedimento monitorio (circa 200.000,00 euro) ed il credito vantato dalla ricorrente.
Né, infine, a precludere la configurabilità dello stato di insolvenza è il fatto che non sussistano indici esteriori di decozione, posto che ‘ lo stato di insolvenza dell’imprenditore è configurabile anche in assenza di protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti, i quali non costituiscono parametro esclusivo del giudizio sul dissesto, posto che invece è la situazione di incapacità del debitore a fronteggiare con mezzi ordinari le proprie obbligazioni a realizzare quello stato ‘ (così Cass., 28 aprile 2006, n. 9856).
In conclusione, a fronte di tali emergenze, si ritiene sussistente lo stato di decozione di ricorrendo addirittura, come accennato, una possibile causa di scioglimento della società: la considerazione dell ‘ esposizione debitoria nei confronti di che non risulta appostata nemmeno a titolo di fondo per rischi ed oneri, è infatti tale da rendere negativo il patrimonio netto della società, che nel bilancio al 31.12.2023 risulta pari ad euro 189.475,00, poi ridotto ad euro 129.598,00 nel bilancio definitivo.
1.3. La sussistenza dei requisiti dimensionali
Sussistono infine i requisiti dimensionali di cui all’art. 2 del Codice della C risi per l’apertura della liquidazione giudiziale della posto che l’attivo patrimoniale relativo ai tre esercizi anteriori al ricorso (2020, 2021 e 2022) è superiore ad euro 300.000,00, i ricavi lordi dei suddetti esercizi superano la soglia di euro 300.000,00 e i debiti risultanti dall’ultimo bilancio, anche senza considerare quello nei confronti della ricorrente, superano ampiamente l’importo di e uro 500.000,00 (si rimanda ai doc. da 33 a 35 del fascicolo di parte ricorrente).
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere dichiarata aperta la procedura di liquidazione giudiziale della società con conseguente remissione degli atti al Tribunale di Roma per i provvedimenti di cui all’art. 49 del Codice della Crisi.
§2. La domanda di apertura della liquidazione giudiziale del dr.
Il reclamo, come sopra accennato, deve essere sotto questo profilo rigettato, difettando i presupposti per l’apertura di una procedura concorsuale a carico del dr. personalmente.
Il resistente, infatti, nei rapporti con le società facenti capo al Bahou ha sempre agito nella sua veste di amministratore della società di modo che è da escludere che lo stesso abbia assunto alcuna obbligazione a titolo personale nei confronti delle società facenti capo al Bahou , il cui inadempimento possa essere valutato ai fini dell’apertura di una procedura concorsuale a suo carico.
Il fatto poi che il dr. svolga eventualmente, ad altro titolo, attività imprenditoriale in proprio non rileva agli odierni effetti, dovendo in questa sede essere valutati unicamente i rapporti tre le parti del giudizio.
§3. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunciando sul reclamo rubricato al n. 3317/2024 R.G., ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattese, così provvede:
in parziale accoglimento del reclamo, dichiara aperta la liquidazione giudiziale della società
rimettendo gli atti al Tribunale per l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 49, comma 3, CCII;
2) conferma per il resto l’impugnata pronuncia ;
alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore spese che liquida in complessivi euro 15.000,00, oltre spese generali ed
condanna di accessori come per legge;
condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore di spese che liquida in complessivi euro 15.000,00, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 20 luglio 2025.
Il consigliere est. Il presidente dr. NOME COGNOME dr. NOME COGNOME