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Liquidazione giudiziale: quando si dichiara aperta?

A seguito del ricorso del Pubblico Ministero, il Tribunale di Monza ha dichiarato aperta la liquidazione giudiziale di una società commerciale. La decisione si fonda sull’accertato stato di insolvenza, evidenziato da ingenti debiti tributari e previdenziali e dal superamento delle soglie di legge. La società, pur regolarmente notificata, non si è costituita in giudizio, un comportamento che ha ulteriormente rafforzato la convinzione del Tribunale.

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Liquidazione Giudiziale: Il Tribunale chiarisce i presupposti

La liquidazione giudiziale rappresenta uno snodo cruciale nella vita di un’impresa in crisi. Comprendere quando e perché un tribunale decide di aprirla è fondamentale per imprenditori e creditori. Una recente sentenza del Tribunale di Monza offre un’analisi dettagliata dei requisiti necessari, sottolineando il ruolo dello stato di insolvenza e l’importanza della condotta processuale del debitore.

I Fatti del Caso

Il procedimento ha origine da un ricorso depositato dal Pubblico Ministero, il quale ha richiesto l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società operante nel settore della produzione e commercializzazione di arredamenti. Nonostante la regolare notifica del ricorso e del decreto di convocazione all’udienza, la società debitrice è rimasta totalmente inerte: non si è costituita in giudizio, non ha depositato la documentazione contabile richiesta dalla legge e non ha presentato alcuna domanda per accedere a strumenti di regolazione della crisi.

Di fronte a questa assenza, il Tribunale ha proceduto d’ufficio ad acquisire una serie di documenti, tra cui visure, bilanci, dichiarazioni fiscali e certificazioni dei debiti tributari e previdenziali, al fine di valutare la reale situazione economica e finanziaria dell’impresa.

La Decisione del Tribunale

Esaminati gli atti, il Tribunale di Monza ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, dichiarando aperta la liquidazione giudiziale della società. Ha quindi nominato un Giudice Delegato per la supervisione della procedura e un Curatore con il compito di gestire il patrimonio del debitore e procedere alla sua liquidazione per soddisfare i creditori. La sentenza stabilisce inoltre le scadenze e le modalità per la presentazione delle domande di ammissione al passivo da parte dei creditori.

Le Motivazioni della Sentenza sulla Liquidazione Giudiziale

La decisione del collegio si fonda su una rigorosa analisi di diversi presupposti, sia procedurali che sostanziali.

La Prova dello Stato di Insolvenza

Il cuore della motivazione risiede nell’accertamento dello stato di insolvenza. Il Tribunale, richiamando l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, definisce l’insolvenza come uno “stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa”.

Nel caso specifico, tale stato è stato desunto da elementi oggettivi e inconfutabili:
– Un debito tributario di quasi 650.000 euro.
– Un debito previdenziale superiore a 350.000 euro.

La molteplicità e l’entità di queste obbligazioni non adempiute, secondo i giudici, dimostrano l’incapacità strutturale della società di far fronte ai propri impegni con mezzi normali di pagamento. La mancata costituzione in giudizio della società è stata interpretata come un ulteriore elemento a conferma di questa condizione, non avendo l’impresa fornito alcuna giustificazione per i mancati pagamenti.

Il Superamento delle Soglie e l’Onere della Prova

La sentenza chiarisce un altro punto cruciale: l’onere della prova riguardo al non superamento delle soglie dimensionali previste dal Codice della Crisi per l’assoggettabilità alla procedura. Il Tribunale afferma che spetta alla parte debitrice dimostrare di trovarsi al di sotto di tali limiti. Non avendolo fatto, e risultando peraltro dai bilanci un volume di ricavi di oltre 1,5 milioni di euro (superiore alla soglia di legge), la società è stata considerata pienamente soggetta alla disciplina concorsuale.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce principi fondamentali in materia di liquidazione giudiziale. In primo luogo, lo stato di insolvenza si manifesta attraverso fatti esteriori e oggettivi, come un’esposizione debitoria significativa e persistente verso l’Erario e gli enti previdenziali. In secondo luogo, la condotta processuale del debitore ha un peso rilevante: la scelta di non difendersi e di non collaborare con il tribunale viene interpretata come un forte indizio della fondatezza delle accuse. Infine, viene confermato che è l’imprenditore a dover dimostrare di non possedere i requisiti per essere assoggettato alla procedura, un onere probatorio che, se non assolto, spiana la strada alla dichiarazione di apertura della liquidazione.

Quando un’impresa è considerata in stato di insolvenza?
Secondo la sentenza, un’impresa si trova in stato di insolvenza quando manifesta un’impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le proprie obbligazioni. Tale condizione viene accertata attraverso fatti esteriori, come la presenza di ingenti e molteplici debiti scaduti, in particolare quelli tributari e previdenziali.

Chi deve provare che un’impresa non è soggetta a liquidazione giudiziale?
La sentenza chiarisce che l’onere di dimostrare di essere al di sotto delle soglie dimensionali previste dalla legge per l’assoggettamento alla liquidazione giudiziale spetta alla società debitrice. Se non fornisce tale prova, si presume che sia soggetta alla procedura.

Quale valore ha la mancata comparizione dell’impresa in tribunale?
La mancata costituzione in giudizio della società debitrice, pur essendo stata regolarmente notificata, viene considerata dal Tribunale un elemento significativo che, unitamente agli altri indizi (come l’elevato indebitamento), rafforza la convinzione che l’impresa versi effettivamente in uno stato di insolvenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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