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Liquidazione giudiziale: quando si considera attiva?

La Corte d’Appello di Genova ha confermato la sentenza di liquidazione giudiziale di una società che si opponeva sostenendo di essere inattiva da anni e di non aver ricevuto la notifica del procedimento sulla propria PEC. La Corte ha stabilito che, finché una società è iscritta come ‘attiva’ nel Registro delle Imprese, ha il dovere di controllare la propria PEC, che costituisce canale di notifica valido. Inoltre, la ‘cancellazione di fatto’ per inattività non ha valore legale; rileva solo la cancellazione formale dal registro. L’onere di provare di non superare le soglie di debito per la liquidazione giudiziale ricade sull’imprenditore.

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Liquidazione giudiziale: quando si considera attiva un’impresa?

La liquidazione giudiziale può essere dichiarata anche per un’impresa che non opera da anni? E una notifica via PEC è valida se nessuno la legge? A queste domande ha risposto una recente sentenza della Corte di Appello di Genova, che offre spunti cruciali per ogni imprenditore sull’importanza degli adempimenti formali, anche quando l’attività aziendale è di fatto cessata.

I Fatti di Causa

Una società veniva dichiarata in stato di liquidazione giudiziale dal Tribunale di Savona. La società proponeva reclamo alla Corte d’Appello, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. Mancato perfezionamento della notifica: L’amministratore sosteneva che, essendo la società inattiva da molto tempo, non aveva controllato la casella di posta elettronica certificata (PEC), non venendo così a conoscenza del procedimento.
2. Assenza delle condizioni soggettive: La società si considerava ‘cancellata di fatto’ dal Registro delle Imprese, poiché non depositava bilanci da oltre 12 anni e non svolgeva attività. Argomentava, quindi, che avrebbe dovuto essere cancellata d’ufficio e che, in ogni caso, rientrava nella categoria di ‘impresa minore’, non soggetta a liquidazione giudiziale.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte di Appello di Genova ha rigettato integralmente il reclamo, confermando la sentenza di primo grado. Secondo i giudici, l’impresa era legittimamente soggetta alla procedura di liquidazione giudiziale nonostante la sua prolungata inattività.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato le argomentazioni della reclamante con un’analisi precisa e rigorosa, fondata su principi consolidati.

Validità della Notifica via PEC e la condizione di Impresa Attiva

Il primo motivo di reclamo è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito che finché un’impresa risulta iscritta e ‘attiva’ nel Registro delle Imprese, ha l’obbligo legale di dotarsi di un indirizzo PEC e di mantenerlo attivo e funzionante. Questo indirizzo rappresenta il domicilio digitale della società per tutte le comunicazioni a valore legale, incluse quelle giudiziarie.

L’argomentazione secondo cui l’amministratore non controllava la casella PEC a causa dell’inattività è stata considerata un’omissione volontaria che non può invalidare la notifica. In sostanza, è un dovere, e non una facoltà, dell’imprenditore vigilare sul proprio domicilio digitale.

Irrilevanza della ‘Cancellazione di Fatto’ ai fini della Liquidazione Giudiziale

Anche il secondo motivo è stato respinto. La giurisprudenza è unanime nel ritenere che, ai fini della dichiarazione di insolvenza, conta esclusivamente la data di cancellazione formale dal Registro delle Imprese. L’inattività, anche se protratta per anni, e il mancato deposito dei bilanci non equivalgono a una ‘cancellazione di fatto’.

La legge prevede che un’impresa possa essere dichiarata fallita (ora in liquidazione giudiziale) entro un anno dalla sua cancellazione formale. Poiché la società in questione non era mai stata formalmente cancellata, era ancora pienamente soggetta alla procedura.

Superamento dei Limiti Dimensionali e Onere della Prova

Infine, la Corte ha rilevato che la società non aveva fornito alcuna prova di essere un”impresa minore’, ossia al di sotto delle soglie di debito previste dalla legge per l’esclusione dalla liquidazione giudiziale. Anzi, dalla relazione del Curatore emergevano debiti significativi verso l’Erario, istituti di credito e altri creditori.

La costante giurisprudenza della Cassazione stabilisce che l’onere di dimostrare il mancato superamento dei limiti dimensionali ricade sull’imprenditore. L’omesso deposito delle scritture contabili e dei bilanci si risolve in un danno per l’imprenditore stesso, poiché impedisce quella prova e rafforza gli indizi di insolvenza.

Conclusioni

Questa sentenza lancia un messaggio chiaro agli imprenditori: gli adempimenti formali non possono essere trascurati. Un’impresa esiste legalmente fino alla sua cancellazione formale dal Registro delle Imprese, indipendentemente dal suo stato operativo. La PEC è un canale di comunicazione con pieno valore legale e il suo mancato controllo non offre scusanti. Infine, l’onere di trasparenza contabile è fondamentale: non fornire bilanci e scritture contabili aggiornate in un procedimento per liquidazione giudiziale equivale a un’ammissione implicita delle proprie difficoltà finanziarie.

Una notifica via PEC è valida anche se l’impresa è di fatto inattiva e non la controlla?
Sì. Secondo la Corte, finché l’impresa è iscritta come ‘attiva’ nel Registro delle Imprese, ha il dovere legale di mantenere e controllare la propria PEC. La mancata consultazione è un’omissione che non invalida la notifica.

Un’impresa che non deposita bilanci da anni può essere considerata ‘cancellata di fatto’ per evitare la liquidazione giudiziale?
No. La Corte ha stabilito che l’unico elemento che conta è la cancellazione formale dal Registro delle Imprese. L’inattività prolungata e il mancato deposito dei bilanci non hanno valore legale per escludere l’applicabilità della procedura.

Chi deve dimostrare che un’impresa è al di sotto delle soglie di debito per la liquidazione giudiziale?
L’onere della prova spetta all’imprenditore. Se la società non deposita i bilanci e le scritture contabili aggiornate per dimostrare la sua situazione finanziaria, i giudici presumeranno che le soglie di debito siano state superate, sulla base degli elementi forniti dai creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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