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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura?

Il Tribunale di Roma ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società su istanza di un creditore. Nonostante l’opposizione della società debitrice, che sosteneva di non superare i limiti dimensionali di legge e l’insussistenza dello stato di insolvenza, il Tribunale ha accolto il ricorso. La decisione si fonda sulla prova del superamento delle soglie patrimoniali e sull’accertamento dello stato di insolvenza, desunto non solo dal credito vantato dal ricorrente, ma anche da un’esecuzione forzata con esito negativo e da una consistente esposizione debitoria verso l’Agenzia delle Entrate.

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Liquidazione Giudiziale: Quando un Debito può Aprire le Porte della Crisi?

La liquidazione giudiziale rappresenta uno dei momenti più critici nella vita di un’impresa, segnando la sua fine operativa per soddisfare i creditori. Ma quali sono i presupposti concreti che portano un tribunale a dichiararla aperta? Una recente sentenza del Tribunale di Roma offre un quadro chiaro su come vengono valutati lo stato di insolvenza e i requisiti dimensionali, evidenziando il peso che possono avere anche i debiti fiscali. Questo caso dimostra che non è solo l’entità del singolo debito a contare, ma il quadro complessivo della salute finanziaria dell’azienda.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dal ricorso di un creditore che, forte di un credito di circa 13.500 euro accertato con decreto ingiuntivo, ha richiesto l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società sua debitrice. A sostegno della sua istanza, il ricorrente evidenziava non solo il mancato pagamento del proprio credito, ma anche altri segnali di allarme: il mancato deposito dei bilanci per due annualità consecutive e un’esposizione debitoria complessiva, risultante dall’ultimo bilancio disponibile, superiore a 314.000 euro.

La società debitrice si è opposta fermamente alla richiesta. La sua difesa si basava su due argomenti principali:
1. Il credito del ricorrente era inferiore alla soglia di 30.000 euro, ritenuta rilevante.
2. La società non superava i limiti dimensionali previsti dalla legge per essere soggetta a liquidazione (attivo patrimoniale annuo non superiore a 300.000 euro, ricavi annui non superiori a 200.000 euro e debiti non superiori a 500.000 euro).
3. Lo stato di insolvenza era insussistente, poiché un singolo credito, seppur fondato su un titolo esecutivo, non poteva da solo dimostrare un’incapacità strutturale di adempiere alle obbligazioni.

La Decisione del Tribunale sulla Liquidazione Giudiziale

Nonostante le argomentazioni della resistente, il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso, dichiarando aperta la procedura di liquidazione giudiziale. Il collegio ha ritenuto che sussistessero tutti i presupposti di legge, sia soggettivi (qualità di imprenditore commerciale) sia oggettivi (superamento dei limiti dimensionali e stato di insolvenza).

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione del Tribunale si fonda su un’analisi meticolosa degli elementi probatori, superando le obiezioni della società debitrice. I punti chiave della motivazione sono i seguenti.

Superamento dei Limiti Dimensionali

Il Tribunale ha smontato la difesa della società sul mancato superamento delle soglie dimensionali. È stato sufficiente analizzare il bilancio dell’esercizio 2022 per constatare che l’ammontare dell’attivo patrimoniale era pari a 314.142 euro, un valore superiore al limite di 300.000 euro fissato dalla legge. Il mancato rispetto anche di uno solo dei tre requisiti dimensionali rende l’impresa assoggettabile alla procedura.

Prova dello Stato di Insolvenza

Il cuore della motivazione risiede nell’accertamento dello stato di insolvenza. Il Tribunale ha chiarito che l’insolvenza non si manifesta necessariamente con una pluralità di inadempimenti verso creditori diversi, ma può essere desunta da un insieme di ‘fatti esteriori’ che, letti congiuntamente, rivelano l’impotenza finanziaria strutturale dell’imprenditore. Nel caso di specie, gli elementi decisivi sono stati:

1. L’inadempimento verso il creditore ricorrente, provato dal decreto ingiuntivo e dal precetto.
2. L’esito negativo di una procedura esecutiva individuale, che dimostra l’incapacità di soddisfare le pretese creditorie anche di fronte a un’azione forzata.
3. La consistente esposizione debitoria nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER), pari a oltre 200.000 euro, emersa dalla documentazione acquisita d’ufficio dal tribunale.

La somma del debito del ricorrente e di quello fiscale ha ampiamente superato la soglia di rilevanza, ma soprattutto ha dipinto un quadro di difficoltà finanziaria grave e non transitoria.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre importanti lezioni per gli imprenditori. In primo luogo, il rispetto congiunto di tutti e tre i requisiti dimensionali è essenziale per poter beneficiare dell’esenzione dalle procedure di crisi. Il superamento anche di una sola soglia espone l’impresa al rischio di liquidazione giudiziale. In secondo luogo, lo stato di insolvenza viene valutato dal giudice attraverso un giudizio complessivo, che tiene conto di una pluralità di indicatori. Un singolo inadempimento, se corroborato da altre circostanze come procedure esecutive infruttuose o, come in questo caso, da ingenti debiti fiscali, può essere sufficiente a dimostrare la crisi irreversibile dell’azienda. Infine, la decisione conferma l’importanza della documentazione acquisita d’ufficio, come le informative dell’Agenzia delle Entrate, che possono diventare l’elemento decisivo per l’apertura della procedura.

Un singolo creditore può causare la liquidazione giudiziale di un’impresa?
Sì, un singolo creditore può avviare la procedura. La decisione del tribunale non si baserà solo su quel singolo inadempimento, ma lo valuterà insieme ad altri indicatori che, nel loro complesso, possono dimostrare lo stato di insolvenza dell’impresa, come l’esito negativo di procedure esecutive o la presenza di altri debiti significativi.

Come viene provato lo stato di insolvenza in una procedura di liquidazione giudiziale?
Lo stato di insolvenza viene provato attraverso ‘fatti esteriori’ che dimostrano l’incapacità strutturale del debitore di pagare regolarmente i propri debiti. La sentenza specifica che questi elementi possono includere l’inadempimento verso il creditore istante, l’esito negativo di una procedura esecutiva e la presenza di consistenti debiti verso altri soggetti, come l’Agenzia delle Entrate.

I debiti verso l’Agenzia delle Entrate contano per valutare lo stato di insolvenza?
Sì, assolutamente. Nella sentenza in esame, la circostanza che la società avesse cartelle e avvisi a carico per oltre 200.000 euro, risultanti dall’informativa dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER), è stato un elemento determinante per accertare lo stato di insolvenza e il superamento della soglia minima di indebitamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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