Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26336 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26336 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25259/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
contro
TAT
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3078/2023 depositata il 03/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 3078/2023, depositata in data 3.11.2023, ha rigettato il reclamo proposto dalla RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 29/2023 con cui il Tribunale di Varese ne ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale.
Il giudice di secondo grado, previo riconoscimento della legittimazione attiva del creditore istante RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, e previo rigetto dell’eccezione di invalidità della procura della RAGIONE_SOCIALE s.p.a., che ha agito come mandataria della RAGIONE_SOCIALE, ha accertato in via incidentale la sussistenza del credito vantato dal creditore istante.
Infine, il giudice di merito ha evidenziato, quanto alla contestazione dell’insolvenza, che ‘le risultanze in atti danno conto dell’assoluta incapacità di adempiere alle obbligazioni della parte reclamante, stante la sua pesantissima esposizione debitoria nei confronti del fisco, nonché l’esposizione nei confronti della società istante derivanti da un contratto di leasing’.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1° n. 4 c.p.c.
Lamenta la ricorrente l’assoluta omissione di pronuncia della Corte d’Appello in ordine all’eccezione di improcedibilità/inammissibilità della domanda di liquidazione giudiziale formulata dalla ricorrente nel reclamo, per mancato previo esperimento di un’azione esecutiva.
Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c.
Va preliminarmente osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (Cass. n. 19477/2022; Cass. n. 21144/20; conf. Cass. S.U. n. 1521/2013; Cass. n. 30827/2018; Cass. n. 576/2015; Cass. n. 11421/2014; Cass. n. 23760/2023 non mass.) nel vigore dell’art 6 legge fallimentare – il cui testo è stato nella sostanza riprodotto nell’art. 37 CCII quello secondo cui, ‘I n tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, l’art. 6 legge fall., laddove stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l’altro, su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante’.
Se, pertanto, per proporre istanza di fallimento -ora di liquidazione giudiziale – non occorre né un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, a maggior ragione non è in alcun modo richiesto il previo esperimento dell’azione esecutiva prima del deposito della domanda di liquidazione giudiziale.
In ogni caso, va osservato che la sentenza impugnata, a pag. 5 punto 3., ha puntualizzato che ‘ né ovviamente ha alcun rilievo il mancato esercizio pregresso di tentativo di soddisfo ai fini della procedibilità dell’istanza di apertura della procedura di liquidazione
giudiziale ‘, così rispondendo, in termini, all’eccezione sollevata dalla reclamante.
Infine, come recentemente ribadito da questa Corte (cfr. Cass. n. 6913/2024), l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra, comunque, il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c., 1324, 1325 c.c., 24 Cost.
Espone la ricorrente che la RAGIONE_SOCIALE al fine di provare la propria legittimazione processuale, ha prodotto in giudizio la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 46/2017, non considerando che la pubblicazione in G.U. assolve solo il compito di cui all’art. 1264 c.c. ma è inidonea a provare sia l’esistenza che il contenuto della cessione. Inoltre, nel ricorso per liquidazione giudiziale non è stato fatto alcun cenno all’avvenuta annotazione sul Registro delle Imprese, che costituisce uno dei presupposti formali richiesti dall’art. 58 TUB come indispensabili per la dimostrazione dell’esistenza e della validità della cessione.
La ricorrente ha, altresì, reiterato l’eccezione di carenza di valida procura della RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE che ha agito nel presente giudizio quale mandataria della RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE e ciò sul rilievo che quella depositata in atti non ha un contenuto determinato o determinabile, attribuendo un potere di rappresentanza giudiziale e stragiudiziale in relazione a non meglio precisati ‘crediti affidati in gestione alla mandataria’.
Il motivo è inammissibile.
Va osservato che il decreto impugnato ha accolto la prospettazione delle parti reclamate, secondo cui la cessione del credito di cui è causa era avvenuta sulla base di provvedimenti autoritativi della Banca d’Italia, segnatamente il provvedimento n. 1553673 del 30.12.2016 in G.U. 46/2017 adottato in forza del Programma
Nazionale di Risoluzione della Crisi Bancaria e con il quale alla REV sono stati trasferiti in blocco ex art. 58 TUB tutti i crediti, rapporti e beni rinvenienti dai contratti di leasing concessi dalla Commercio e Finanza s.p.a. annotati a sofferenza alla data di settembre 2015 e poi passati All’Ente Ponte Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a. in virtù di fusione. Di tale cessione era stato dato, altresì, atto nella certificazione notarile in atti che attestava che il credito connesso al contratto di leasing è ricompreso in quelli ceduti in blocco.
Questa è dunque la motivazione con cui la sentenza impugnata ha ritenuto che fosse stata fornita la prova della cessione del credito alla REV s.p.a.
La ricorrente, nel reiterare la censura secondo cui la cessionaria non aveva fornito prova del contratto di cessione, non si è minimamente confrontata con la predetta precisa spiegazione, ignorando che la cessione del credito, oltre ad essere avvenuta sulla base del predetto provvedimento autoritativo della Banca d’Italia, era stata, altresì, attestata dalla certificazione notarile prodotta in giudizio dalla cessionaria. La ricorrente non ha fatto alcun cenno a tali elementi, concentrando in via esclusiva tutte le sue difese sul valore probatorio, in astratto, dell’avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, così prescindendo dalle risultanze emergenti dagli atti di causa, come evidenziate dalla sentenza impugnata.
Quanto all’eccepito difetto di valida procura da REV a Cerved, va osservato che questa parte del motivo è carente del requisito della specificità ed autosufficienza, non essendo stato riportato il testo della procura, ma solo un breve estratto che non consente di cogliere la portata delle censure svolte.
5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 121 CCII e 5 L.F.
Espone la ricorrente che, nel caso di specie, non vi sono elementi per ritenere sussistente lo stato di insolvenza in una situazione in cui il rapporto di leasing controverso è stato oggetto di una decisa contestazione, tenuto conto, peraltro, che, a fronte di un credito vantato dal creditore istante di € 4.625.435,20, il Tribunale lo ha ricalcolato in € 1.306.738,23 e tale statuizione è stata oggetto di ulteriore impugnazione innanzi alla Corte d’Appello di Napoli.
In ordine all’insolvenza, sostiene la ricorrente di essere in grado di far fronte ai propri impegni, afferma di non avere debiti derivanti da titolo giudiziale definitivo e di trovarsi in una condizione di transitoria impotenza.
Quanto ai debiti erariali, rileva che l’istanza di rateizzazione è stata ingiustamente rigettata e di aver contestato tale rigetto in un giudizio instaurato presso la Commissione Tributaria Provinciale di Varese. Infine, afferma di avere crediti per oltre un milione di euro da recuperare.
6. Il motivo è inammissibile.
In ordine alla legittimazione processuale del creditore istante, le censure, oltre ad essere inammissibili, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti (relativamente alla sussistenza del credito azionato dal creditore istante) rispetto a quella operata dai giudici di merito, sono comunque generiche. La ricorrente, infatti, a fronte dell’avvenuto accertamento da parte del Tribunale di Napoli, con sentenza provvisoriamente esecutiva, dell’ingentissimo credito di € 1.306.738,23, ha soltanto dato atto che tale pronuncia era stata impugnata innanzi alla Corte d’Appello senza neppure indicare gli elementi su cui si era fondato il gravame.
Infine, quanto all’insolvenza, va preliminarmente osservato che, anche di recente, questa Corte (cfr. Cass. n. 3708/2023; v. anche Cass. 7252/2014) ha enunciato il principio di diritto secondo cui il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza
dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento ‘di fatto’, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta.
Nel caso di specie, la ricorrente, senza neppure dedurre il vizio di motivazione, non ha fatto altro che, parimenti, svolgere censure di merito, sollecitando una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice d’appello (che ha accertato l’assoluta incapacità del debitore di adempiere le proprie obbligazioni, avuto riguardo alla pesantissima esposizione debitoria, anche con il fisco), limitandosi a dedurre di essersi trovata in una situazione di transitoria impotenza.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma in data 11.9.2025
Il Presidente NOME COGNOME