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Liquidazione equitativa: onere della prova del danno

Una società di allestimenti luminosi, a seguito di un incendio che ha distrutto il proprio magazzino, ha citato in giudizio la propria compagnia assicurativa per ottenere il risarcimento. Le corti di merito hanno respinto la domanda per mancanza di prove sulla quantificazione del danno. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, specificando che la liquidazione equitativa del danno, prevista dall’art. 1226 c.c., non è ammissibile quando l’impossibilità di provare l’esatto ammontare del danno deriva da una negligenza del danneggiato, che non ha fornito la documentazione contabile e probatoria a sua disposizione.

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Liquidazione Equitativa: Non è un Rimedio alla Mancanza di Prove

Quando un’azienda subisce un danno, come un incendio che distrugge le merci in magazzino, la sfida principale diventa dimostrare in tribunale l’esatto valore di quanto è andato perduto. Ma cosa succede se la prova è difficile da fornire? Molti confidano nella cosiddetta liquidazione equitativa, un potere concesso al giudice per stabilire l’importo del risarcimento. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che questo strumento non è un salvagente per chi è stato negligente nel provare il proprio danno. Analizziamo il caso.

I Fatti di Causa

Una società specializzata in allestimenti luminosi subiva un grave incendio nel proprio deposito, che distruggeva gran parte del materiale. Essendo coperta da una polizza assicurativa contro i danni da incendio, la società chiedeva alla propria compagnia il pagamento dell’indennizzo. Al rifiuto di quest’ultima, la società la citava in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito.

Lo Scontro in Tribunale

Il percorso legale si rivelava subito in salita. Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello respingevano la domanda della società. La ragione? La mancanza di una prova adeguata riguardo al quantum, ovvero all’effettivo valore dei beni distrutti. Secondo i giudici, le prove portate dalla società – come fotografie pubblicitarie – non erano sufficienti a collegare il materiale rappresentato con quello effettivamente andato perduto nell’incendio. Inoltre, veniva rigettata la richiesta di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), ritenuta meramente ‘esplorativa’, cioè finalizzata a cercare prove che la parte stessa avrebbe dovuto fornire.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della liquidazione equitativa

Sconfitta nei primi due gradi di giudizio, la società si rivolgeva alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. La violazione dell’art. 1226 del codice civile, che disciplina appunto la liquidazione equitativa del danno.
2. L’omesso esame di prove documentali che, a suo dire, erano state ingiustamente sottovalutate.

Il punto cruciale del ricorso era la convinzione che, di fronte alla difficoltà di quantificare con precisione il danno, il giudice avrebbe dovuto usare il suo potere equitativo per stabilire una somma a titolo di risarcimento.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti fondamentali sui limiti della liquidazione equitativa. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: questo potere del giudice non può essere invocato per sopperire alla negligenza della parte che aveva l’onere di provare il danno.

La Corte ha specificato che la liquidazione secondo equità presuppone due condizioni imprescindibili:

a) La certezza dell’esistenza del danno: deve essere provato che un danno si è effettivamente verificato.
b) L’impossibilità o l’estrema difficoltà oggettiva di provare il suo esatto ammontare.

Nel caso specifico, la difficoltà non era ‘oggettiva’. La società, in quanto impresa commerciale, avrebbe potuto e dovuto fornire prove concrete come fatture d’acquisto, registri di magazzino o scritture contabili per dimostrare il valore dei beni distrutti. Non averlo fatto è stata considerata un’inerzia probatoria che non può essere ‘sanata’ dal giudice. Come affermato dalla Corte, ‘nulla avrebbe impedito all’appellante di individuare in dettaglio (…) il materiale andato distrutto’.

Inoltre, la Cassazione ha respinto le altre censure, ricordando che non è suo compito riesaminare nel merito le prove documentali, la cui valutazione spetta esclusivamente ai giudici dei gradi precedenti.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre una lezione importante per ogni imprenditore e professionista: la documentazione è tutto. Affidarsi alla speranza che un giudice possa determinare in via equitativa un risarcimento, in assenza di prove solide, è una strategia rischiosa e spesso perdente. Il principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.) impone a chi chiede un risarcimento di dimostrare i fatti a fondamento della sua pretesa, incluso il valore del danno subito. La liquidazione equitativa interviene solo quando tale prova è oggettivamente impossibile, non quando è semplicemente stata omessa per negligenza. Pertanto, una corretta e meticolosa gestione contabile e documentale non è solo un obbligo fiscale, ma una fondamentale forma di tutela per la tutela del proprio patrimonio in caso di imprevisti.

Quando si può chiedere la liquidazione equitativa del danno?
Si può chiedere quando il danno è certo nella sua esistenza, ma risulta oggettivamente impossibile o estremamente difficile provarne il preciso ammontare.

La negligenza del danneggiato nel fornire le prove impedisce la liquidazione equitativa?
Sì. Secondo la Corte, se l’impossibilità di quantificare il danno deriva dall’inerzia o dalla negligenza della parte danneggiata, che non ha fornito le prove a sua disposizione (es. documenti contabili), il giudice non può ricorrere alla liquidazione equitativa.

Il giudice è sempre obbligato a disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per stimare un danno?
No, la scelta di disporre una CTU è una decisione discrezionale del giudice di merito. Non può essere utilizzata come strumento per sopperire alla mancanza di prove che la parte avrebbe dovuto fornire, configurandosi in tal caso come ‘esplorativa’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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