Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20874 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20874 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 18021/21 proposto da:
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce 21 dicembre 2020 n. 1230;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 giugno 2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Nel 2010 NOME COGNOME, nella qualità di rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, convenne dinanzi al Tribunale di Brindisi la RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al risarcimento del danno.
A fondamento della domanda dedusse che il 1° luglio 2006 un deposito di materiali in uso alla società era stato attinto da un incendio; che l’incendio aveva distrutto le luminarie ivi depositate; che la società aveva stipulato
Oggetto: liquidazione equitativa del danno – art. 1226 c.c. – applicabilità – presupposti.
una polizza contro il rischio di danni da incendio con la RAGIONE_SOCIALE, che tuttavia non aveva pagato il dovuto indennizzo.
Si costituì in giudizio la RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE ), eccependo l’intervenuta prescrizione del diritto al pagamento dell’indennizzo assicurativo e l’inoperatività della garanzia; nel merito, chiese il rigetto della domanda formulata poiché destituita di fondamento in fatto e in diritto, sia in punto di an sia in punto di quantum.
Con sentenza 23.6.2015 n. 1214 il Tribunale di Brindisi rigettò la domanda per mancanza di prova in ordine alla quantificazione del danno. La sentenza fu appellata dalla RAGIONE_SOCIALE, in via principale e dalla RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE), in via incidentale.
Con sentenza 21.12.2020 n. 1230 la Corte d’appello di Lecce rigettò il gravame principale con assorbimento dell’incidentale subordinato. La Corte territoriale, a fondamento della decisione (per quanto ancora rileva in questa sede), ritenne che correttamente il Tribunale escluse esservi la prova dell’entità del danno lamentata dalla assicurata, poiché:
‘le uniche foto esibite, sono foto pubblicitarie e il materiale in esse rappresentato non è posto in alcun collegamento con quello andato distrutto nell’incendio’
‘la richiesta di c.t.u formulata in primo grado e reiterata in secondo grado è meramente esplorativa, alla ricerca di elementi, fatti e circostanze non provati e neppure oggetto di richiesta di prova …’
-) quanto alla richiesta di liquidazione del danno in via equitativa, aggiunse che ‘nulla avrebbe impedito all’appellante di individuare in dettaglio (…) il materiale andato distrutto nell’incendio, in modo da consentire di quantificare il suo valore corrispondente al danno patrimoniale subito’ .
4 . La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su un unico motivo, sviluppato in due distinte censure;
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Con provvedimento del 25.01.2024 è stata formulata proposta di definizione accelerata dal ricorso, ai sensi dell’art. 3 80 bis c.p.c.. Parte ricorrente, con atto ritualmente depositato, ha chiesto che il ricorso sia deciso, sicché ne è stata disposta la trattazione in adunanza. Ambo le parti le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all’art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo parte ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. (si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 1226 c.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo modificato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134).
L’illustrazione del motivo è così riassumibile:
-) ha errato la Corte d’appello per non aver disposto l’invocata c.t.u., ritenendola esplorativa poiché a sostegno di fatti e circostanze non provati;
-) ha errato la Corte d’appello per non aver tenuto in debita considerazione la documentazione prodotta dall’appellante, tra cui una dettagliata relazione del materiale andato distrutto nell’incendio, corredata da materiale fotografico;
-) ha errato la Corte d’appello per non considerare possibile la liquidazione del danno in via equitativa conferitogli dall’art. 1226 cc, quale espressione del più generale potere di cui all’art. 115 cpc;
-) ha errato la Corte d’appello per aver definito non provata nel quantum la domanda attrice.
La censura di ‘omesso esame del fatto decisivo’ è inammissibile per plurime ragioni:
-) perché è impedita dall’art. 348 ter c.p.c., essendovi stata una doppia decisione conforme nei gradi di merito;
-) perché ‘ l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti’ (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
La censura intesa a denunciare il rigetto della istanza di consulenza tecnica è inammissibile, dal momento che la scelta di disporre o meno una c.t.u. è ‘ riservata in via esclusiva al giudice di merito e, quindi, pur traducendosi anch’esse in un’attività processuale, non è suscettibile di essere portate all’attenzione della Corte di cassazione ‘ (Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012, in motivazione), salvo il caso in cui non esiste oggettivamente altro strumento per la stima del danno: ipotesi da escludersi nel caso di specie, dal momento che di qualunque bene materiale è teoricamente possibile provare il costo di acquisto o di fabbricazione: soprattutto per una società commerciale, che quei beni non poteva non avere appostato in bilancio.
Manifestamente infondata è la prospetta violazione dell’art. 1226 c.c.. Questa Corte infatti ha ripetutamente affermato che la liquidazione equitativa del danno:
presuppone che del danno sia certa l’esistenza, ma impossibile la stima;
l’impossibilità di stima del danno deve essere oggettiva ed insuperabile, e non dipendere da inerzia del danneggiato nell’ assolvere l’onere della prova ( ex multis, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26051 del 17/11/2020, Rv. 659923 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 7896 del 30/05/2002, Rv. 554753 – 01).
Nella specie, il danneggiato non consta avere adeguatamente neppure allegato l’impossibilità di fornire altrimenti la prova del danno.
Le restanti censure investono il modo in cui il giudice di merito ha valutato le prove documentali, e sono per questa ragione manifestamente inammissibili. Non è infatti consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito ( ex permultis , Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che ‘ la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione ‘).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
Inoltre, per la piena conformità della decisione alla prospettazione della proposta di definizione accelerata, trovano applicazione i commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c., nei sensi indicati in dispositivo.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 7.600, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 5.600 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro 5.000 ex art. 96, comma quarto, c.p.c.;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile