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Liquidazione equitativa danno: il ruolo del perito

Un proprietario di un appartamento subisce un incendio ma l’assicurazione non paga perché l’amministratore non ha versato il premio. La Cassazione conferma la condanna dell’amministratore al risarcimento, basando la quantificazione del danno su una valutazione equitativa. L’ordinanza chiarisce che, una volta accertata la responsabilità, il giudice può procedere alla liquidazione equitativa del danno utilizzando come base una perizia, anche se non formalmente ratificata.

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Liquidazione Equitativa del Danno: L’Atto del Perito Diventa la Chiave del Risarcimento

Quando si subisce un danno, la strada per ottenere un giusto risarcimento può essere complessa, specialmente se la prova del suo esatto ammontare è difficile da fornire. In questi casi, interviene un principio fondamentale del nostro ordinamento: la liquidazione equitativa del danno. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione illustra perfettamente come questo strumento, unito al valore di un accertamento tecnico, possa garantire giustizia al danneggiato. Il caso riguarda un amministratore di condominio negligente e un incendio, ma le sue implicazioni sono molto più ampie.

I Fatti del Caso: Un Incendio e una Polizza non Pagata

Un condomino vede il suo appartamento danneggiato da un incendio. Scopre, però, che non riceverà alcun indennizzo dalla compagnia assicurativa perché l’amministratore del condominio ha omesso di pagare il premio annuale di rinnovo della polizza. Di conseguenza, il proprietario cita in giudizio l’amministratore per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti, materiali e non.

Il percorso legale è tortuoso: il Tribunale inizialmente respinge la domanda, ma la Corte d’Appello ribalta la decisione, riconoscendo la responsabilità dell’amministratore. Tuttavia, nega il risarcimento per mancanza di prova certa sull’ammontare del danno. La questione arriva per la prima volta in Cassazione, che censura la decisione d’appello, ritenendola illogica. Esisteva, infatti, un “accertamento conservativo del danno” sottoscritto dal proprietario e dal perito dell’assicurazione, che quantificava il danno in 65.000 euro. La Suprema Corte, quindi, rinvia la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

La Decisione nel Giudizio di Rinvio e il Nuovo Ricorso

Nel giudizio di rinvio, la Corte d’Appello, seguendo le indicazioni della Cassazione, condanna l’amministratore a pagare i 65.000 euro indicati nell’accertamento, oltre accessori e spese. L’amministratore non si arrende e ricorre nuovamente in Cassazione, sostenendo che il giudice non avrebbe valutato correttamente alcuni elementi, come la gratuità del suo incarico o il fatto che il proprietario avesse ottenuto benefici fiscali. Secondo il ricorrente, la Corte avrebbe errato nel basare la sua decisione su un semplice “argomento presuntivo”, cioè l’accertamento del perito.

La Liquidazione Equitativa del Danno Secondo la Cassazione

La Suprema Corte respinge il ricorso con motivazioni nette e chiare. In primo luogo, stabilisce un punto procedurale cruciale: la responsabilità dell’amministratore (an debeatur) era già stata decisa in via definitiva e non poteva più essere messa in discussione. L’unico tema rimasto aperto era la quantificazione del danno (quantum).

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 1226 c.c., che permette al giudice la liquidazione equitativa del danno quando non può essere provato nel suo preciso ammontare. La Cassazione chiarisce che il giudice del rinvio ha agito correttamente, utilizzando l'”accertamento conservativo” come elemento cardine per la sua valutazione. Tale documento, sebbene non costituisca una transazione definitiva, rappresenta un atto di “constatazione e valutazione dei danni” che fissa un elemento fondamentale per determinare il quantum.

La Corte sottolinea che gli argomenti proposti dall’amministratore (gratuità dell’incarico, aggravamento del rischio non comunicato all’assicurazione, benefici fiscali del danneggiato) erano tentativi di rimettere in discussione la responsabilità o di introdurre elementi non pertinenti alla stima del danno patrimoniale diretto, la cui difficoltà probatoria giustificava proprio il ricorso al criterio equitativo. Il giudice ha fatto buon governo dei suoi poteri, basando la sua decisione su un elemento concreto (l’accertamento) e valutando la situazione in modo complessivo, come richiesto dalla logica della liquidazione equitativa.

Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è l’importanza fondamentale degli accertamenti tecnici e delle perizie: anche se non sono atti vincolanti come una sentenza, essi costituiscono una prova di grande rilievo che il giudice può utilizzare come base per la sua decisione. La seconda è la centralità del principio di liquidazione equitativa. Questo strumento impedisce che il danneggiato, pur avendo subito un torto accertato, rimanga senza risarcimento solo perché non è in grado di fornire una prova matematica e inflessibile del danno. Il giudice, in questi casi, ha il potere e il dovere di intervenire per ripristinare, per quanto possibile, la giustizia sostanziale.

Cosa succede se il danno subito non può essere provato nel suo esatto ammontare?
Il giudice può procedere a una “liquidazione equitativa”, come previsto dall’art. 1226 del Codice Civile. Questo significa che determina l’importo del risarcimento basandosi su una valutazione di equità, utilizzando gli elementi disponibili, come ad esempio una perizia di parte.

Una volta accertata la responsabilità di un soggetto, si può tornare a discutere della sua colpevolezza nella fase di quantificazione del danno?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che una volta che la responsabilità (an debeatur) è passata in giudicato, quella questione è chiusa. La fase successiva del processo deve concentrarsi unicamente sulla determinazione dell’importo del risarcimento (quantum).

Quale valore ha un “accertamento conservativo del danno” redatto da un perito?
Anche se non è una transazione o un riconoscimento di debito, ha un valore probatorio molto elevato. La Corte lo definisce un “elemento cardine” che il giudice può utilizzare per la liquidazione equitativa del danno, in quanto rappresenta una constatazione e valutazione tecnica dei danni fatta da un esperto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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