Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12115 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12115 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15315/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv . NOME COGNOME ed elett.te domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE , in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione del decreto della Corte di appello di Perugia n. 555/2022, depositato il 13 febbraio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art. 3, legge n. 89/2001, depositato presso la Corte d’appello di Roma nel febbraio 2010 (e quindi riassunto con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Perugia il 9/5/2013, a seguito di declaratoria di incompetenza territoriale, pronunciata dalla stessa Corte capitolina), NOME COGNOME chiedeva che venisse dichiarata la violazione dell’art. 6, Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali – sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui al relativo par. 1, in ordine alla durata di un procedimento amministrativo, instaurato dinanzi al TAR del Lazio nel dicembre 2001 (n. 14900/2001), e che si era già protratto complessivamente oltre otto anni, per un solo grado di giudizio (e sarebbe stato poi definito con decreto di perenzione, dep ositato nell’ ottobre 2014).
Costituitosi il Ministero dell’Economia e delle Finanze , con decreto n. 2697/2018, depositato il 25/9/2018, la Corte d’appello di Perugia accoglieva parzialmente la domanda, condannando il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di euro 1.750,00, oltre interessi legali e spese di lite.
Avverso detta pronuncia, COGNOME ricorreva alla Corte di cassazione, con due motivi di impugnazione, lamentando con il primo violazione e/o falsa applicazione di legge – art. 2, legge n. 89/2001 declaratoria di incostituzionalità dell’art. 54, comma 2, D.L. n. 112/2008, convertito con modificazioni in legge n. 133/2008; e, con il secondo, censurando la decisione della Corte d’appello di Perugia per violazione e/o falsa applicazione di legge; art. 91, cod. proc. civ., art. 2233, II comma, Cod. Civ.; liquidazione compensi ex d.m. n. 55/2014, e d.m. n. 37/2018.
Con ordinanza n. 702/2020, depositata il 15/1/2020, la Corte di legittimità accoglieva il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il secondo motivo: cassava quindi il decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia.
COGNOME riassumeva la causa, ex art. 392 cod. proc. civ., con ricorso ritualmente depositato dinanzi alla Corte d’appello di Perugia, la quale costituitosi di nuovo il Ministero dell’Economia e delle Finanze resistente -, con decreto n. 388/2020, depositato il 2/2/2021, accoglieva la domanda, condannando l’Amm.ne resistente a pagare in favore del ricorrente la somma complessiva di euro 2.833,00 per danno non patrimoniale, oltre ad interessi legali dalla data della domanda al saldo; nonché delle relative spese di lite del solo grado di riassunzione, poste a carico del Ministero soccombente, distratte ex art. 93 cod. proc. civ., e determinate in euro 27,00 per spese vive e complessivi euro 915,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfetario 15%, CAP ed Iva come per legge (mentre le spese delle altre due fasi – originaria di merito, e legittimità venivano integralmente compensate tra le parti).
Contro siffatta decisione, il ricorrente proponeva nuovamente ricorso di legittimità, con tre motivi di impugnazione, censurandola per violazione e/o falsa applicazione di legge – art. 2, legge n. 89/2001 – D.L.vo n. 104/2010 – art. 384, cod. proc. civ.; violazione e/o falsa applicazione di legge – art. 92, cod. proc. civ. – difetto di motivazione: art. 336, cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione di legge – art. 91, cod. proc. civ. art. 2233, II comma, cod. civ.; liquidazione compensi ex d.m. n. 55/2014,ed.m. n. 37/2018.
Con ordinanza n. 33421/2022, depositata l’11/11/2022, la Corte di cassazione accoglieva il primo motivo del ricorso, dichiarando assorbiti gli altri; cassava la decisione impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinviava di nuovo alla Corte d’appello di Perugia, in differente composizione.
-La Corte d’appello di Perugia, con decreto n. 555/2022, depositato il 13/02/2023, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma complessiva di euro 5.000,00 per danno non patrimoniale, oltre ad interessi legali dalla data della domanda al saldo. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute dal ricorrente, liquidate per la fase originaria di merito (definita dal decreto della Corte d’appello di Perugia n. 2697/2018, poi cassato) in euro 405,00, per la prima fase di legittimità ( definita dall’ordinanza della Suprema Corte n. 702/2020 in euro 1.000,00, per la prima fase di riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ. (definita dal decreto della Corte d’appello di Perugia n. 388/2020, poi cassato) in euro 915,00, per la seconda fase di legittimità ( definita dall’ordinanza della Suprema Corte n. 33421/2022) in euro 1.000,00 e nella fase di riassunzione in euro 915,00 oltre spese generali, IVA e Cpa da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
-Avverso tale decreto l’COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione di legge – art. 91, cod. proc. civ.; art. 2233, 2 comma, cod. civ.; d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022; art. 4, punto 5, d.m. n. 55/2014; mancata liquidazione compensi distinti per fasi, in relazione ad ogni grado di giudizio. Il ricorrente evidenzia che il decreto impugnato ha liquidato le spese di lite in maniera globale e onnicomprensiva, limitandosi ad indicare
l’importo finale liquidato per ciascun grado (rispettivamente, euro 405,00 + euro 915,00 + euro 915,00, per i tre gradi di merito; euro 1.000,00 + euro 1.000,00, per i due di legittimità), e senza provvedere ad individuarne ed a distinguerne le voci afferenti alle singole e rispettive fasi. Ciò, in particolare, anche al fine di consentire la verifica del rispetto dei minimi tariffari, in relazione alle singole fasi di imputazione dei compensi.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione di legge – artt. 10 e 91, cod. proc. civ.; art. 2233, 2 comma, cod. civ.; liquidazione compensi ex d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022. In via subordinata si deduce che il decreto impugnato determina le spese delle tre fasi di merito (quella originaria, instaurata dinanzi alla Corte d’appello di Roma nel febbraio 2010, e poi riassunta dinanzi alla Corte territoriale umbra nel maggio 2013; quella della prima riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ. , conseguente all’ordinanza della Suprema Corte n. 702/2020; e quella della seconda riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ. , conseguente all’ordinanza della Suprema Corte n. 33421/2022) rispettivamente in euro 405,00, euro 915,00, ed euro 915,00: ciò, per un totale complessivo di euro 2.235,00 (euro 405,00 + euro 915,00 + euro 915,00). Tali liquidazioni risultano tutte inferiori, in realtà, ai rispettivi minimi tariffari, così come stabiliti dalla Tabella n. 12 (giudizi innanzi alla Corte d’appello ), del d.m. n. 55/2014, con le modifiche apportatevi dal d.m. n. 147/2022, applicabile a tutti i tre gradi di merito del giudizio stesso. Al riguardo, si evidenzia che il decreto impugnato liquida, a favore della parte istante, la somma di euro 5.000,00… oltre ad interessi legali dalla data della domanda al saldo: domanda che, come lo stesso decreto impugnato attesta, è stata proposta con ricorso ex art. 3, legge n. 89/2001, depositato presso la Corte d’appello di Roma nel febbraio 2010. Detti interessi, calcolati dal 28 febbraio 2010 (ultimo giorno utile di partenza) al 13 febbraio 2023 (data di deposito del decreto impugnato), ammontano
ad euro 607,94: per cui la somma in concreto liquidata al l’ RAGIONE_SOCIALE è pari ad euro 5.607,94 – euro 5.000,00 + euro 607,94. Quindi, il valore della controversia, ai fini della liquidazione giudiziaria dei compensi professionali (ex art. 5, d.m. n. 55/2014), è pari nella fattispecie complessivamente ad euro 5.607,94: ne consegue che lo scaglione di valore della Tabella 12 (applicabile in quanto relativa ai giudizi innanzi alla Corte d’appello ) del medesimo d.m. n. 55/2014, risulta essere quello compreso da euro 5.200,01 a euro 26.000,00.
Con il terzo motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza o del procedimento – vizio di omessa pronuncia – art. 112, cod. proc. civ. Al riguardo, si deduce che nelle conclusioni contenute a pag. 7 del secondo ricorso in riassunzione, ex art. 392 cod. proc. civ., depositato presso la Corte d’appello di Perugia il 19/12/2022, il ricorrente aveva espressamente domandato che, nella specifica determinazione delle spese di lite dello stesso secondo grado di riassunzione, si applicasse anche lo aumento previsto dall’art. 4, comma 1 bis, del d.m. n. 55/2014, per aver utilizzato modalità telematiche, ed aver redatto così i relativi atti processuali con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione. Ciò determinerebbe un ulteriore vizio del decreto impugnato, per non essersi affatto pronunciato su tale espressa richiesta, avanzata dalla parte privata istante.
1.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati nei limiti di cui in motivazione.
Il procedimento camerale di equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo di cui alla l. n. 89 del 2001 ha natura contenziosa e, pertanto, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti agli avvocati va applicata la tabella 12 allegata al d.m. n. 55 del 2014 per il giudizio dinanzi alla Corte d’appello (Cass., Sez. VI-2, 21 luglio 2020, n. 15493; Cass., Sez. VI-2, 14 novembre 2016, n. 23187) e la tabella 13 per i giudizi innanzi alla Corte di cassazione.
In tema di spese legali, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass., Sez. II, 13 aprile 2023, n. 9815).
Nel caso di specie, con l’impugnato decreto, la corte di merito ha riconosciuto un importo di euro 5.000,00 per l’equo indennizzo. Diversamente da quanto argomentato in ricorso, gli interessi concorrono alla determinazione del valore della causa, sommandosi al capitale, soltanto se scaduti anteriormente alla proposizione della domanda (ai sensi dell’art. 5, 1° co., del d.m. n. 55/2014 che, ai fini della liquidazione dei compensi a carico del soccombente, rimanda al codice di rito – ai sensi dell’art. 10, 2° co., cod. proc. civ.) (Cass., Sez. VI-2, 5 gennaio 2022, n. 163). Lo scaglione corretto di riferimento è dunque quello che va da euro 1.101,00 a euro 5.200,00.
Applicando le tabelle (d.m. 10 marzo 2014 n. 55, scaglione di valore da euro 1.101 a euro 5.200), riguardo alle spese liquidate dal decreto, sussiste la violazione dei minimi per le fasi dinanzi alla Corte d’appello (avendo il decreto liquidato, rispettivamente, euro 405,00, euro 915,00 ed euro 915,00 per i tre gradi di merito), considerato un compenso minimo di euro 1.458,00 (Fase di studio della controversia, valore minimo: € 268,00; Fase introduttiva del giudizio, valore minimo: € 268,00 ; Fase istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: € 496,00 ; Fase decisionale, valore minimo: € 426,00), mentre non sussiste alcuna violazione dei minimi riguardo alle spese di legittimità ( valore della causa: da € 1.101 a € 5.200 per un compenso tabellare nei valori minimi di € 939,00 comprensivo di Fase di studio della controversia, valore minimo: € 355,00 ; Fase introduttiva del giudizio, valore minimo: € 389,00 ; Fase decisionale, valore minimo: € 195,00 ).
Riguardo all ‘aumento previsto dall’art. 4, comma 1 bis, del d.m. n. 55/2014, la disposizione normativa ha introdotto la possibilità di utilizzare più raffinate tecniche informatiche per la redazione di atti giudiziari e di documenti, nella specie la possibilità di ‘consentire la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati’: la tecnica di redazione a cui fa riferimento la norma consente di ‘navigare’ all’interno dell’atto (e dei documenti allegati) con tecniche ‘ipertestuali’ (indici ipertestuali e riferimenti incrociati), in modo da ‘saltare’ direttamente (cliccando su specifiche parole) tra varie parti dell’atto oppure alla lettura dei documenti allegati oppure ad un sito web (avente contenuti rilevanti per la controversia). L’elaborazione di un testo mediante queste tecniche richiede, all’autore, una specifica (e più complessa) strutturazione del testo da redigere e comporta, per il lettore (avvocato della controparte e giudice), il vantaggio di ridurre significativamente i tempi di consultazione. In considerazione, da una parte, della complessità dell’adozione di strumenti per la creazione di ‘atti navigabili’ e, dall’altra, della utilità per le parti del processo, è previsto l’aumento del compenso spettante all’avvocato.
Nel caso di specie, nell’impugnato decreto, la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi (e, quindi, di riconoscere eventualmente il relativo importo in favore dell’opponente) sulla richiesta (espressamente formulata e trascritta in ricorso) di liquidazione della maggiorazione dei compensi per la redazione degli atti mediante modalità telematiche (di cui, invero, non si fa menzione nel decreto qui impugnato) di cui all’art. 4, comma 1-bis, del d.m. n. 55/2014.
-Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto, con la cassazione del decreto impugnato limitatamente ai motivi accolti e il rinvio, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato limitatamente ai motivi accolti e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione