Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13133 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13133 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/05/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16020/2023 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME da sé stesso rappresentato e difeso, domiciliato per legge presso il proprio indirizzo di posta elettronica;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
Ad. cc. 14 maggio 2025
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di NAPOLI n. 6633/2023 depositata il 27/06/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal
Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME promosse esecuzione nei confronti della Banca Regionale di Sviluppo S.p.a. (terzo Banca d’Italia) per ottenere il pagamento della somma di € 6.543,37, a titolo di compensi professionali e spese di procedura liquidate in suo favore con ordinanza del 12 settembre 2018 emessa a definizione del giudizio incardinato con RGE n. 13064/17 innanzi al Tribunale di Napoli.
La Banca debitrice si oppose, deducendo di aver corrisposto la somma, nonché un’indebita maggiorazione delle somme richieste dal creditore.
Il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 5 agosto 2019, pubblicata il 9/09/2019, assegnò al creditore le sole spese di esecuzione pari ad € 920,00, oltre iva e cpa.
Il COGNOME impugnò l’ordinanza di assegnazione con opposizione ex art. 617 II comma c.p.c., deducendo l’erronea liquidazione dei compensi avvenuta ai sensi del D.M. 140/2012, ormai abrogato, anziché ai sensi del D.M. 55/2014, nonché la liquidazione dei compensi in misura inferiore ai minimi tariffari e l’omessa attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario.
Si costituì la Banca Regionale di Sviluppo s.p.a., resistendo alla domanda e chiedendone il rigetto. Eccepì, altresì, l’inammissibilità e l’improcedibilità dell’opposizione proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c., deducendo che l’ordinanza di assegnazione avrebbe dovuto essere impugnata con reclamo al Collegio ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c.
Conclusa la fase cautelare, in ossequio all’ordinanza emessa dal G.E. in data 17/02/2020, il COGNOME introduceva il giudizio di merito ex art. 616 c.p.c., ribadendo: a) la violazione del D.M. n. 55/2014 per
la liquidazione dei compensi e spese della procedura esecutiva R.G.E. n. 13064/17, b) l’erronea liquidazione degli stessi in misura inferiore ai minimi tariffari e c) l’omessa attribuzione all’avv. NOME COGNOME dichiarata antistataria.
Si costituiva l’opposta, reiterando le proprie difese.
Disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Banca d’Italia, quest’ultima si rimetteva alle determinazioni del giudice.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 6623/2023 – dato atto che il creditore aveva inteso impugnare (non il provvedimento con il quale era stata respinta l’istanza di sospensione, ma) il provvedimento con il quale era stata definita la procedura esecutiva – rigettava l’opposizione, ritenendo corretta la liquidazione operata dal giudice dell’esecuzione, previa indicazione del criterio di quantificazione e relativo calcolo. Il giudice di merito rilevava che la liquidazione del giudice dell’esecuzione si era attestata sui minimi e che nel ricorso non erano stati evidenziati specifici elementi che giustificassero un aumento della liquidazione. Rilevava infine che il terzo aveva documentato di aver corrisposto la somma direttamente in favore del creditore, che non aveva rifiutato il pagamento.
Avverso la sentenza del giudice di merito ha proposto ricorso l’avv. NOME COGNOME
Hanno resistito con distinti controricorsi sia la Banca di credito popolare s.c.p.a. che la Banca d’Italia.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori del ricorrente e della Banca di credito resistente hanno depositato memoria.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L’avv. NOME COGNOME articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il Tribunale ha affermato che:
<>.
Osserva che, anche nel regime dettato dal D.M. n. 55 del 2014, deve riconoscersi, al giudice, il potere di scendere anche al di sotto, o di salire anche al di sopra, dei limiti risultanti dall’applicazione delle
massime percentuali di scostamento, come fatto palese dall’inciso ‘di regola’ che si legge, ripetutamente, nell’art. 4, comma 1, ma, proprio per il tenore letterale di detto inciso, tale possibilità può essere esercitata solo sulla scorta di apposita e specifica motivazione.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il Tribunale di Napoli lo ha condannato al pagamento delle spese di lite in favore di ciascuna controparte.
Invocando il principio affermato da Cass. n. 26233/2021, sottolinea di aver evocato in giudizio la Banca D’Italia, quale terzo pignorato, su invito del giudice, esclusivamente ai fini di una litis denuntiatio , con la conseguenza che il Tribunale di Napoli non avrebbe dovuto pronunciarsi sulla condanna alle spese in favore del terzo.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il quadro giurisprudenziale, vigente in materia, è stato correttamente riepilogato dal ricorrente.
Fermo restando che la liquidazione delle spese processuali deve avvenire necessariamente secondo le tariffe forensi e che, ai fini della liquidazione del compenso, gli elementi, normativamente previsti (complessità delle questioni, pregio dell’opera, risultati conseguiti, ecc.) vanno valutati in relazione (non a singoli atti o a singole fasi, ma) alla prestazione professionale nella sua interezza, occorre qui ribadire il consolidato orientamento di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 89/2021), secondo il quale, in tema di liquidazione delle spese processuali correlate al D.M. n. 55 del 2014, il giudice deve quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinché
siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento dai parametri e la misura di questo.
Orbene, nel caso di specie, dal giudizio di merito è emerso che:
a) il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 12 settembre 2018, ha ordinato alla Banca Regionale di Sviluppo S.p.A. di corrispondere all’odierno ricorrente l’importo di €. 3.424,42, compresi interessi e spese generali e rivalutazione, oltre IVA e CPA, nonché delle spese della procedura, quantificate in complessivi €. 847,00, di cui €. 220,00 per esborsi ed €. 627,00 per compensi, oltre IVA e CPA; l’importo dovuto al COGNOME, come dallo stesso indicato, era il seguente: €. 3.424,42 + €. 136,97 (CPA su detta prima somma) + €. 783,50 (IVA su detta prima somma) + €. 627,00 (compensi per la procedura conclusa con tale ordinanza) + €. 94,05 (rimborso spese generali 15% dovuto su detti compensi) + €. 28,84 (CPA su detti compensi) + €. 164,97 (IVA su detti compensi) + €. 220,00 per esborsi (per la procedura conclusa con l’azionata ordinanza); per un totale complessivo di €. 5.479,78; la Banca Popolare, in data 24 ottobre 2018, a seguito dell’iscrizione a ruolo dell’atto di pignoramento presso terzi, a conferma del valore della lite, ai fini della liquidazione dei compensi, ha per l’appunto bonificato, in favore del COGNOME, la somma di €. 5.479,78;
b) stante l’inadempimento della banca, il COGNOME – che dichiara di avere sempre avuto un regime fiscale ordinario con applicazione dell’IVA – ha notificato atto di precetto per la somma complessiva di €. 6.566,83: dunque, il valore della procedura esecutiva, instaurata innanzi al Tribunale di Napoli, RGE 16336/2018, era compreso nello scaglione tra €. 5.200,00 e 26.000,00 ex D.M. 55/14 allora vigente; quanto precede anche a non voler considerare – lasciata impregiudicata la questione della correttezza di tale soluzione – l’importo dovuto per la redazione dell’atto di precetto (per il quale, su tale scaglione, andavano riconosciuti, come valore minimo € 113, come valore medio € 225 e come valore massimo € 405);
c) il giudice dell’esecuzione, con ordinanza di assegnazione del 5 agosto 2019, applicando l’abrogato D.M. n. 140/2012, anziché quello allora vigente D.M. n. 55/2014, ha liquidato, senza motivazione, per ‘l’intera procedura esecutiva’ l’importo di €. 920,00 (di cui 600 per compensi, 230 per esborsi ed euro 90 per rimborso spese generali); in particolare, poiché per il precetto era dovuta al COGNOME la somma di euro 135, l’importo liquidato al COGNOME a titolo di compensi era pari ad euro 465,00; mentre il D.M. n. 55/14 (si ribadisce, allora vigente e applicabile) prevedeva, ai valori minimi, considerando lo scaglione corretto compreso tra €. 5.200,00 ed €. 26.000,00, il maggior importo di euro 668,00 ai valori minimi (di cui 263 per la fase introduttiva ed euro 405 per la fase di trattazione) e di euro 1336 ai valori medi;
d) detta circostanza ha formato oggetto di opposizione ex art. 617 c.p.c., ma il giudice dell’esecuzione, nella fase cautelare, non si è pronunciato, limitandosi a concedere con provvedimento del 17 febbraio 2020 il termine per l’introduzione del giudizio di merito, incombente che il COGNOME per l’appunto assolveva; mentre il Tribunale di Napoli, con la sentenza per cui è ricorso, ha respinto l’opposizione e, nel calcolo effettuato, ha omesso di considerare non soltanto gli importi dovuti per CPA e per IVA sulla somma oggetto dell’ordinanza azionata (non revocabile in dubbio, in assenza di contestazione nelle forme di legge, anche quanto appunto a detti accessori sul coacervo di una sorta capitale, interessi e rivalutazione), ma anche che la somma precettata – se non pure quella pignorata – costituiva l’unico riferimento per determinare il valore della procedura.
In definitiva, il giudice dell’esecuzione e lo stesso Tribunale territoriale, in modo illegittimo, ai fini del valore della procedura, hanno considerato solo parzialmente il titolo esecutivo azionato: al riguardo, quel giudice, nonostante fosse pacifico il valore della procedura e la somma corrisposta in forza dell’ordinanza, al lordo, ha effettuato un calcolo errato, omettendo – tra l’altro – CPA e IVA; e, partendo da tale
errore di calcolo, ha violato a sua volta il D.M. n. 55/14, applicando lo scaglione compreso tra €. 1.100,00 ed €. 5.200,00, dal quale era scaturita la decisione di ritenere ‘corretta’ la liquidazione dei compensi operata dal giudice dell’esecuzione.
Per le ragioni che precedono, assorbito il motivo secondo, s’impone la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al primo motivo, con rinvio al Tribunale di Napoli, che, nella persona di altro magistrato, procederà a nuovo esame della presente opposizione avverso l’ordinanza conclusiva della procedura esecutiva RGE n. 13064/17 in ordine alla correttezza della liquidazione dei relativi compensi e spese, fermo restando il carattere meramente rescindente di ogni opposizione formale all’assegnazione – quale la presente – e riservata, in caso di accoglimento di questa, l’eventuale riliquidazione di compensi e spese al giudice dell’esecuzione in sede meramente esecutiva.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo e – assorbito il secondo – cassa in relazione alle censure accolte la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Napoli, nella persona di diverso Magistrato.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2025, nella camera di consiglio