Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27470 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27470 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17367/2021 R.G. proposto
da
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in Vicenza INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona dei Commissari pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
–
–
Oggetto:
Contratti
bancari
e
di
intermediazione
finanziaria
–
Azione
accertamento
nullità
Liquidazione coatta
Amministrativa
Inammissibilità
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 29/09/2025 CC
-controricorrente e ricorrente incidentale -nonché contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
–
contro
ricorrente
–
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1084/2021 depositata il 15/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 29/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1084/2021, pubblicata in data 15 aprile 2021, la Corte d’appello di Venezia, nella regolare costituzione delle appellate RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dl RAGIONE_SOCIALEP.A. RAGIONE_SOCIALEA. ed RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE S.P.A., ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 1196/2019, pubblicata in data 25 maggio 2019
NOME COGNOME aveva adito il Tribunale di Vicenza, chiedendo di dichiarare la nullità sia del contratto di mutuo chirografario – dal medesimo attore stipulato con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dl RAGIONE_SOCIALE S.P.A. in data 20 settembre 2012 -sia del contratto di acquisto di 32.000 azioni della stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dl RAGIONE_SOCIALE S.P.A. – stipulato in data 5 ottobre 2012 -deducendo la violazione, da parte della convenuta, dei principi generali di buona fede correttezza contrattuale e delle norme comportamentali in materia di intermediazione finanziaria.
Costituitasi RAGIONE_SOCIALE, interrottosi il giudizio per effetto dell’apertura della liquidazione coatta amministrativa della stessa Banca, riassunto il giudizio sia nei confronti di quest’ultima sia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE S.P.A. , costituitesi regolarmente entrambe le convenute in riassunzione, il Tribunale di Vicenza aveva definito il giudizio, dichiarando l’improcedibilità delle domande proposte nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e rigettando le medesime domande nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
3. La Corte territoriale ha:
-disatteso primo motivo di appello -col quale si censurava la decisione di prime cure per aver fatto applicazione dell’art. 83, comma 3, ultima parte, TUB, deducendosi in contrario che le domande di nullità o annullamento proposte dall’appellante non erano soggette alla vis atractiva della procedura concorsuale, non incidendo le medesime sulla massa concorsuale -in quanto ha affermato che, ai sensi dell’art. 83, comma 3, TUB, nessuna azione – di condanna o di mero accertamento senza distinzione alcuna – può essere proposta nei confronti della banca assoggettata alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, osservando ulteriormente che le azioni proposte dall’odierno ricorrente, in quanto finalizzate a porre nel nulla gli effetti giuridici discendenti dalle obbligazioni assunte, avevano una diretta ricaduta sul patrimonio della Banca medesima e quindi ‘celavano’ una domanda di accertamento di crediti, restitutori e/o risarcitori, del cliente verso la banca;
-disatteso il secondo motivo di appello -col quale si censurava la declaratoria di carenza di legittimazione passiva in capo ad
RAGIONE_SOCIALE e si argomentava che alcuna domanda era stata proposta nei confronti della Banca, essendole stato solo esteso il contraddittorio in ragione del fatto che la Banca era depositaria di un deposito amministrato intestato allo stesso appellante NOME COGNOME, nel quale erano presenti i titoli del cui contratto di acquisto era stata richiesta la declaratoria di nullità o annullamento -in quanto ha affermato che, escluse le operazioni impugnate dai rapporti nei quali RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE S.P.A. poteva ritenersi subentrata -e ciò ai sensi dell’art. 3, D.L. n. 99/17 e dell’art.3.1.4. del contratto di cessione concluso dalla stessa Banca -risultava evidente che RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE S.P.A. era estranea al rapporto dedotto in giudizio senza che il trasferimento del rapporto di custodia e amministrazione dei titoli intestato all’appellante assumesse rilevanza, perché tale trasferimento -reso necessario dall’impossibilità per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dl RAGIONE_SOCIALE S.P.A. IN RAGIONE_SOCIALEC.A. di svolgere ulteriore attività bancaria -non comportava che RAGIONE_SOCIALE fosse legittimata passiva in relazione al contenuto delle obbligazioni nascenti dai titoli amministrati.
-dichiarato assorbito il terzo motivo di appello, riferito alla regolamentazione delle spese di lite a favore di RAGIONE_SOCIALE ed a carico dell’appellante;
-dichiarato assorbiti i motivi relativi al merito, riproposti ex art. 346 c.p.c.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia ricorre NOME COGNOME.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dl RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 83, comma 3, T.U.B.
Come sintetizzato dal ricorrente ‘La competenza del tribunale fallimentare non sussiste in quanto l’azione di nullità / annullamento proposta non costituisce la premessa di una pretesa nei confronti della massa, poiché l’accoglimento della stessa non avrebbe alcuna influenza sulla determinazione del passivo fallimentare, non essendo ricollegabile, nemmeno in termini meramente ipotetici, ad una rivendicazione di carattere risarcitoria o restitutoria.’ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c.
Come sintetizzato dal ricorrente ‘La Corte d’Appello ha violato o comunque fatta falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 99 e 112 c.p.c., essendo documentalmente accertato che le domande proposte dal COGNOME COGNOME, individuano come titolare della posizione soggettiva passiva esclusivamente la Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in l.c., mentre l’estensione del contraddittorio a Banca Intesa Sanpaolo aveva espressamente solo la funzione di informare e far prendere atto a quest’ultima che di q uelle azioni di cui essa Banca comunicava di essere la depositaria era stato chiesto l’annullamento dell’acquisto e
quindi della titolarità delle stesse. Invece, con la decisione impugnata la sentenza pone in essere una pronuncia non richiesta nei confronti di Banca Intesa Sanpaolo, peraltro con affermazione di soccombenza.’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.
Come sintetizzato dal ricorrente ‘La Corte di merito disapplica il criterio generale della soccombenza previsto dall’art. 91 c.p.c., in quanto non avendo il COGNOME proposto alcuna domanda nei confronti di Intesa Sanpaolo, non poteva essere considerato soccombente e quindi condann ato alla rifusione delle spese di lite.’ .
1.4. Il ricorso contiene poi un paragrafo recante n. 4 – rubricato ‘Riproposizione delle domande di merito ed istruttorie non esaminate dal Tribunale e dalla Corte d’Appello’ -nel quale il ricorrente, non articola motivi di censura ma ripropone le questioni che la Corte territoriale ha ritenuto assorbite.
Con l’unico motivo il ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.; 4, comma 1, e 6, D.M. n. 55/2015, per avere la Corte territoriale quantificato le spese di lite sulla base di un valore di € 520.000,00, sebbene il valore della controversia fosse di € 2.000.000,00.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Erroneamente il ricorrente viene a sviluppare le proprie argomentazioni richiamando la tematica della competenza territoriale, e cioè un profilo del tutto estraneo al percorso argomentativo della decisione impugnata, la quale si è venuta ad imperniare sul ben distinto profilo del rito concretamente applicabile alla domanda formulata dal ricorrente, e quindi sull’applicabilità dell’art. 83 T.U.B. anche ad una domanda di mero accertamento.
Operata tale premessa, si osserva che il profilo sollevato dal mezzo è stato recentemente affrontato da questa Corte (Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 20184 del 18/07/2025) con decisione assunta in una fattispecie pienamente sovrapponibile a quella ora in esame.
In detta sede questa Corte ha chiarito che, in caso di liquidazione coatta amministrativa bancaria, qualsiasi credito nei confronti dell’impresa posta in liquidazione deve essere fatto valere ex art. 83, comma 3, T.U.B. in sede concorsuale, nell’ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice ordinario può conoscerne solo in un momento successivo, in caso di opposizioni o impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità o, se proposta, di improseguibilità in via ordinaria che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito, con conseguente preclusione di forme di tutela diverse da quelle dell’accertamento endoconcorsuale.
Sempre in detta decisione -la cui motivazione viene qui richiamata ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. questa Corte -facendo peraltro seguito a propri più risalenti precedenti (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7114 del 25/05/2001 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14231 del 17/12/1999) -ha osservato, in primo luogo, che la formulazione del l’art. 83 T.U.B. viene con chiarezza ad escludere, una volta aperta la procedura di liquidazione, la proponibilità di qualsiasi tipo di azione, anche di mero accertamento, nei confronti della società posta in liquidazione coatta amministrativa, come desumibile dalla previsione letterale, per cui non può essere ‘promossa né proseguita alcuna azione, salvo quanto disposto dagli articoli 87, 88, 89 e 92, comma 3’ .
In secondo luogo, è stato ulteriormente puntualizzato da questa Corte che, nel caso della liquidazione coatta amministrativa – ed a
differenza di quanto accade per il fallimento -‘non è neanche ipotizzabile una residua proponibilità della domanda nelle forme ordinarie in relazione all’intenzione di ottenere un titolo ovvero un accertamento da far valere alla chiusura del concorso ed in caso di ritorno in bonis dell’imprenditore, posto che tale eventualità è esclusa dalla stessa finalità liquidatoria del procedimento di liquidazione coatta amministrativa ‘ , in virtù del richiamo operato dal l’art. 92 , comma 6, T.U.B., il quale prevede espressamente che ‘ si applicano le disposizioni del codice civile in materia di liquidazione delle società di capitali, relative alla cancellazione della società ed al deposito dei libri sociali’ .
Alla luce del principio qui richiamato, quindi, il motivo di ricorso risulta infondato, tuttavia rendendosi sul punto necessaria una ulteriore puntualizzazione.
Questa Corte, infatti, con proprio altrettanto recente precedente (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 22719 del 06/08/2025), ha affermato il principio per cui, in tema di liquidazione coatta amministrativa delle c.d. ‘ banche venete ‘ ex D.L. n. 99/2017, sono inclusi nella cessione di azienda stipulata tra i commissari liquidatori e RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE S.P.A. i crediti restitutori derivanti dalla nullità di contratti di mutuo per violazione dell’art. 2358 c.c.
Appare, allora, opportuno evidenziare che alcuna incongruenza può essere ravvisata tra il principio di Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 20184 del 18/07/2025 – sul quale viene a basarsi la presente statuizione – e quello invece enunciato nella decisione appena richiamata.
Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 22719 del 06/08/2025, infatti, è venuta a pronunciarsi nell’ambito di una vicenda processuale che, in sede di merito, si era conclusa con la declaratoria di improcedibilità delle domande formulate nei confronti dell’istituto di credito in l.c.a. e con l’accoglimento delle domande sin dal principio formulate nei confronti
di RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE SPA e, in tale quadro, ha affermato la legittimazione dell’investitore a proporre nei confronti della stessa RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE SPA l’azione di accertamento negativo del credito suscettibile di essere vantato da quest’ultima quale cessionaria della posizione creditoria delle banche mutuanti, non essendo le relative posizioni creditorie comprese nel novero delle fattispecie escluse dal trasferimento ai sensi dell’art. 3, lett. b), D.L. n. 99/2017.
Diversamente, Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 20184 del 18/07/2025 ha definito una controversia nella quale , a seguito dell’estromissione dal giudizio di RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE S.P.A. -disposta dal giudice di merito ‘ su conforme richiesta delle parti ‘ -la fase di merito era proseguita esclusivamente nei confronti (anche in qual caso) di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Dl RAGIONE_SOCIALE S.P.A. IN L.C.A., ponendosi, allora, in quella sede unicamente il tema della procedibilità della domanda di accertamento della nullità dell’operazione posta in essere tra l’istituto di credito in bonis e l’investitore, senza che potesse residuare spazio alcuno per la valutazione della posizione di RAGIONE_SOCIALE
Non dissimile è la situazione processuale nell’ambito della quale è stato proposto il ricorso ora in esame, dal momento che, anche in questa sede la domanda del ricorrente non è stata rivolta anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE S.P.A. ed anzi è lo stesso ricorrente -ribadendolo persino nella memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. -ad affermare di non aver ‘mai proposto domande neppure in via indiretta o subordinata nei confronti di Banca Intesa Sanpaolo’ (pag. 20 del ricorso e pag. 6 della memoria), al punto da censurare la statuizione di merito che ha respinto la domanda nei confronti di quest’ultima banca per ‘carenza di legittimazione passiva’ (così si legge nella sentenza impugnata) per una ragione (il non aver formulato domanda) diametralmente opposta a quella (l’essere anche RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE. destinataria dell’originari a domanda) che costituiva necessario presupposto per un ipotetico richiamo al principio enunciato da Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 22719 del 06/08/2025.
Come nel caso di Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 20184 del 18/07/2025 , quindi, l’unico soggetto nei cui confronti è stata formulata la domanda è l’istituto di credito in liquidazione coatta amministrativa, di talché identico deve essere il giudizio sulla procedibilità della domanda -intendendo questa Corte dare continuità ad un orientamento che, come visto, è stato ribadito da pochi mesi ma non costituisce novità assoluta, ricollegandosi a più risalenti precedenti -mentre, mercé la dichiarata – e ribadita – esclusione di RAGIONE_SOCIALE dall’ambito dell’originaria domanda , risulta radicalmente inapplicabile il principio enunciato da Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 22719 del 06/08/2025.
Il secondo ed il terzo motivo devono essere esaminati congiuntamente, risultando strettamente connessi, e sono inammissibili.
Il ricorrente, infatti, è venuto meno ad un adeguato rispetto del canone di specificità di cui all’art. 366, n. 6), c.p.c., il quale avrebbe imposto, nel momento in cui si veniva a censurare per ultrapetizione la decisione impugnata, di riprodurre nei passaggi essenziali il contenuto degli atti processuali dai quali tale vizio poteva essere dedotto, a cominciare dagli atti notificati ad RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, atti il cui tenore letterale era imprescindibile ai fini di una corretta valutazione delle censure mosse dal ricorrente.
La radicale carenza riscontrabile nel ricorso ora in esame viene a precludere anche l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, in quanto è necessariamente all’ammissibilità del motivo di ricorso che viene ad
essere subordinato l’esercizio del potere -dovere del giudice di legittimità di accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l’esame diretto degli atti (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20181 del 25/07/2019; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 27368 del 01/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15071 del 10/09/2012).
Tale esercizio presuppone, quindi, sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021).
Evidente, a questo punto, che l’inammissibilità del secondo motivo trascina irrimediabilmente con sé anche il terzo mezzo, privo com’è di autonomia, in quanto sostanzialmente finalizzato a prospettare uno scenario alternativo di decisione sulle spese di lite nel giudizio di merito in caso di recepimento delle tesi del motivo di ricorso che lo precede.
Inammissibile deve essere dichiarato anche l’unico motivo di ricorso incidentale.
Lo stesso, infatti, è in primo luogo (anch’esso) carente sul piano del rispetto della regola di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., attesa la
mancata riproduzione testuale della dichiarazione di valore contenuta nella citazione originaria.
In secondo luogo, il motivo mira a censurare il giudizio di fatto espresso dalla Corte di merito in ordine al valore della causa e cioè un giudizio la cui sindacabilità sarebbe stata ammissibile solo mediante la deduzione del vizio motivazionale.
In conclusione, quindi, mentre il ricorso principale deve essere respinto, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.
Quanto al regime delle spese del giudizio di legittimità, mentre la reciproca soccombenza tra il ricorrente e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.P.A. RAGIONE_SOCIALEC.A. vale a giustificare appieno l’integrale compensazione delle spese medesime, al rapporto tra il ricorrente e RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE S.P.A. deve invece trovare applicazione il canone della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c.
Le spese, in quest’ultimo caso, vengono liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, in relazione sia al ricorrente principale sia alla ricorrente incidentale, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità tra il ricorrente principale e la ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE;
condanna il ricorrente principale a rifondere alla controricorrente RAGIONE_SOCIALE SANRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte sia del ricorrente principale sia della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 29 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME