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Liquidazione Coatta: azioni inammissibili in tribunale

Un investitore ha agito in giudizio per far dichiarare la nullità di un contratto di acquisto di azioni stipulato con una banca, successivamente posta in liquidazione coatta amministrativa. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che qualsiasi azione contro un istituto in tale procedura, anche se di mero accertamento, è inammissibile in sede ordinaria. Tali pretese devono essere fatte valere esclusivamente all’interno della procedura concorsuale, tramite istanza al commissario liquidatore, a causa della cosiddetta “vis atractiva” della procedura stessa.

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Liquidazione Coatta Bancaria: Le Azioni di Nullità si Fermano in Tribunale

Quando una banca entra in crisi e viene posta in liquidazione coatta amministrativa, cosa succede ai clienti che hanno in corso delle controversie legali? Possono continuare la loro causa in un tribunale ordinario? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa chiarezza su un punto fondamentale: qualsiasi azione, anche quella volta a far dichiarare la nullità di un contratto, è inammissibile e deve essere gestita all’interno della procedura di liquidazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un investitore aveva citato in giudizio un noto istituto di credito popolare, chiedendo al Tribunale di dichiarare la nullità di due contratti: un mutuo chirografario e un successivo acquisto di un cospicuo pacchetto di azioni della stessa banca. Secondo l’investitore, la banca aveva violato i principi di buona fede e correttezza contrattuale.

Durante il giudizio, la banca convenuta è stata posta in liquidazione coatta amministrativa. Il processo, riassunto, ha visto la costituzione sia dei commissari liquidatori della banca sia di un altro grande gruppo bancario, che nel frattempo aveva acquisito alcuni rami d’azienda dell’istituto in crisi.

Il Tribunale di primo grado ha dichiarato l’improcedibilità della domanda nei confronti della banca in liquidazione, sostenendo che tali pretese dovessero essere fatte valere nel contesto della procedura concorsuale. Ha inoltre rigettato le domande verso la banca acquirente per carenza di legittimazione passiva. La Corte d’Appello ha confermato integralmente questa decisione, spingendo l’investitore a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso principale dell’investitore, confermando le decisioni dei giudici di merito. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato, dichiarando inammissibili anche i motivi di ricorso relativi alla posizione della banca acquirente e alla condanna alle spese, a causa di gravi carenze procedurali nella stesura del ricorso stesso.

Le Motivazioni della Corte sulla liquidazione coatta

Il cuore della decisione si fonda sull’interpretazione dell’art. 83 del Testo Unico Bancario (T.U.B.). La Corte ha spiegato che, una volta aperta la procedura di liquidazione coatta amministrativa, nessuna azione può essere promossa o proseguita nei confronti dell’impresa in liquidazione al di fuori della procedura stessa. Questo principio, noto come vis atractiva della procedura concorsuale, ha una portata assoluta e si applica a qualsiasi tipo di domanda, sia essa di condanna al pagamento o di mero accertamento.

La Cassazione ha chiarito che anche un’azione volta a far dichiarare la nullità di un contratto, come quella promossa dall’investitore, non sfugge a questa regola. Sebbene in apparenza non si chieda una condanna al pagamento, una tale domanda ha una diretta ricaduta sul patrimonio della banca, in quanto “cela” una pretesa restitutoria o risarcitoria. L’accoglimento della domanda di nullità, infatti, costituirebbe il presupposto per una richiesta di restituzione delle somme versate, incidendo così sulla massa passiva da accertare.

Di conseguenza, l’unica via percorribile per il creditore è quella di presentare un’istanza di ammissione al passivo al commissario liquidatore, che è l’organo preposto alla verifica di tutti i crediti vantati nei confronti dell’impresa.

Il Principio di Specificità del Ricorso in Cassazione

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso perché non rispettavano il “canone di specificità” previsto dal codice di procedura civile. L’investitore, nel lamentare l’erronea condanna alle spese nei confronti della banca acquirente, non aveva riportato nel suo ricorso il contenuto essenziale degli atti processuali necessari a dimostrare il suo assunto. Questo onere è fondamentale per consentire alla Corte di Cassazione di valutare la fondatezza della censura senza dover ricercare autonomamente gli atti nei fascicoli di merito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del diritto fallimentare e bancario: la centralità della procedura di liquidazione coatta. Per i risparmiatori, gli investitori e qualsiasi altro creditore di una banca posta in liquidazione, la lezione è chiara: il tribunale ordinario non è più la sede competente per far valere le proprie ragioni. È indispensabile attivarsi tempestivamente all’interno della procedura concorsuale, seguendo le modalità e i termini previsti dalla legge per l’accertamento del passivo. Ignorare questa regola significa incorrere in una declaratoria di inammissibilità o improcedibilità dell’azione, con conseguente spreco di tempo e risorse.

È possibile citare in giudizio una banca in liquidazione coatta amministrativa in un tribunale ordinario?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che, ai sensi dell’art. 83 del Testo Unico Bancario, qualsiasi azione giudiziaria, incluse quelle di mero accertamento come la richiesta di nullità di un contratto, deve essere proposta esclusivamente all’interno della procedura di liquidazione, presentando un’apposita istanza al commissario liquidatore.

Perché anche un’azione per dichiarare nullo un contratto è attratta dalla procedura di liquidazione coatta?
Secondo la Corte, una domanda di accertamento della nullità di un’obbligazione ha una diretta ricaduta sul patrimonio della banca in liquidazione. Essa, infatti, “cela” una potenziale domanda di accertamento di crediti restitutori o risarcitori. Pertanto, rientra nella competenza esclusiva e funzionale degli organi della procedura concorsuale, che devono verificare l’intera massa passiva.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione deve rispettare il “canone di specificità”?
Significa che il ricorrente ha l’onere di riprodurre nel testo del proprio ricorso i passaggi essenziali degli atti processuali e dei documenti su cui si fonda la sua censura. Questo requisito permette alla Corte di Cassazione di valutare la fondatezza del motivo di ricorso sulla base di quanto esposto, senza dover cercare autonomamente gli atti nei fascicoli dei gradi precedenti. La sua violazione comporta l’inammissibilità del motivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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