LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Licenziamento ritorsivo: la Cassazione e la simulazione

La Corte di Cassazione ha confermato la nullità di un licenziamento ritorsivo, avvenuto a seguito di una cessione d’azienda risultata simulata. La Corte ha identificato un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, superando lo schermo societario creato ad arte per eludere i diritti del lavoratore. La sentenza stabilisce che la creazione di una nuova società e il trasferimento fittizio dell’azienda, finalizzati unicamente a licenziare un dipendente scomodo, costituiscono un’operazione illecita, con conseguente reintegrazione del lavoratore e risarcimento del danno.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Licenziamento ritorsivo: La Cassazione smaschera la finta cessione d’azienda

Il licenziamento ritorsivo rappresenta una delle forme più gravi di abuso del potere datoriale. Ma cosa succede quando questo viene mascherato da complesse operazioni societarie, come una cessione d’azienda? Con la sentenza n. 2526 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta netta, affermando che il giudice può e deve guardare oltre la forma per svelare la sostanza, tutelando i diritti del lavoratore.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla complessa vicenda di un lavoratore dipendente di un’azienda agricola gestita da una società semplice (S.s.), facente capo agli eredi del fondatore. A un certo punto, gli eredi costituiscono una nuova società a responsabilità limitata (S.r.l.) e le cedono formalmente l’intera azienda. Poco dopo questa operazione, il lavoratore, che insieme al fratello aveva avanzato richieste per crediti di lavoro, viene licenziato dalla nuova S.r.l.

Il lavoratore impugna il licenziamento, sostenendo che l’intera operazione di cessione fosse in realtà una simulazione, un mero “schermo giuridico” creato al solo scopo di liberarsi di lui e del fratello, eludendo le tutele previste dalla legge. Mentre il Tribunale di primo grado rigetta la sua domanda, la Corte d’Appello ribalta la decisione, dichiarando la nullità del licenziamento in quanto ritorsivo. La questione arriva così dinanzi alla Corte di Cassazione a seguito del ricorso degli eredi e della società.

La Decisione della Corte e la conferma del licenziamento ritorsivo

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi dei datori di lavoro, confermando in toto la sentenza della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ritenuto corretta e ben motivata la ricostruzione dei giudici di merito, che avevano individuato una chiara finalità illecita dietro l’operazione societaria. Il licenziamento è stato quindi definitivamente dichiarato nullo perché basato su un motivo ritorsivo, ovvero la vendetta per le legittime richieste economiche avanzate dal dipendente.

Le Motivazioni: Oltre lo Schermo Societario

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’analisi delle motivazioni che hanno portato a smascherare l’operazione fraudolenta. La Corte ha valorizzato due principi fondamentali:

1. La Simulazione della Cessione d’Azienda: I giudici hanno ritenuto provato che il trasferimento dell’azienda dalla società semplice alla nuova S.r.l. non fosse reale. Diversi indizi lo confermavano: l’assegno per il pagamento del prezzo non era mai stato incassato e vi era una totale continuità di gestione e organizzazione tra le due entità. La S.r.l. era, di fatto, un guscio vuoto, una costruzione giuridica fittizia creata per un fine illecito.

2. L’Unico Centro di Imputazione: La Corte ha affermato l’esistenza di un “unico centro di imputazione” del rapporto di lavoro. Nonostante l’esistenza formale di due società distinte (la vecchia S.s. e la nuova S.r.l.), nella sostanza il datore di lavoro era sempre lo stesso: il gruppo familiare degli eredi che esercitava il controllo su entrambe. Questo significa che, ai fini della tutela del lavoratore, le due società e le persone fisiche dietro di esse sono considerate un unico soggetto.

Di conseguenza, la cancellazione della società semplice dal registro delle imprese è stata ritenuta irrilevante, poiché di fatto l’attività aziendale era proseguita senza soluzione di continuità sotto l’egida dello stesso gruppo di comando. Il licenziamento, intimato dalla nuova società subito dopo le rivendicazioni del lavoratore, non poteva che essere interpretato come una ritorsione, l’unico e determinante motivo del recesso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale nel diritto del lavoro: la realtà prevale sempre sull’apparenza (principio di effettività). Le operazioni societarie, anche se formalmente legittime, non possono essere utilizzate come strumento per violare i diritti fondamentali dei lavoratori. La pronuncia della Cassazione insegna che i datori di lavoro non possono nascondersi dietro complessi schermi societari per attuare un licenziamento ritorsivo. Il concetto di “unico centro di imputazione” si conferma uno strumento potente a disposizione dei giudici per garantire una tutela reale ed efficace ai dipendenti, specialmente in contesti di gruppi di imprese o passaggi di azienda poco trasparenti. Per i lavoratori, ciò significa che è possibile far valere i propri diritti anche quando il datore di lavoro tenta di occultare la propria identità attraverso manovre elusive.

Cos’è un licenziamento ritorsivo secondo la Corte?
È un licenziamento nullo perché il motivo unico e determinante del recesso non è legato a ragioni oggettive o disciplinari, ma è una reazione illecita e vendicativa del datore di lavoro a un comportamento legittimo del dipendente, come una richiesta di pagamento di crediti lavorativi.

Come si può dimostrare che una cessione d’azienda è simulata?
La prova può essere fornita tramite indizi gravi, precisi e concordanti. Nel caso di specie, elementi decisivi sono stati la mancata prova dell’effettivo pagamento del prezzo (un assegno mai incassato) e la continuità sostanziale nella gestione, nell’organizzazione e nel controllo dell’azienda tra la vecchia e la nuova società.

Cosa significa ‘unico centro di imputazione’ del rapporto di lavoro?
Significa che più soggetti giuridicamente distinti (persone fisiche e società) vengono considerati come un unico datore di lavoro. Ciò avviene quando vi è unicità della struttura organizzativa, coordinamento tra le attività e un unico soggetto direttivo che le orienta verso uno scopo comune, rendendo tutti solidalmente responsabili delle obbligazioni verso il lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati