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Liberazione soci trasformazione: serve consenso formale

La Corte di Cassazione ha stabilito che la liberazione dei soci da responsabilità per debiti anteriori alla trasformazione di una società di persone in società di capitali non può essere presunta. È necessaria una comunicazione formale della trasformazione al creditore, come previsto dall’art. 2500-quinquies c.c. Il semplice fatto che il creditore sia a conoscenza della trasformazione o emetta fatture alla nuova società non è sufficiente a dimostrare il consenso alla liberazione. Di conseguenza, in assenza di tale comunicazione formale, gli ex soci rimangono illimitatamente responsabili.

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Liberazione Soci Trasformazione: La Cassazione Chiarisce, il Consenso Non si Presume

La questione della responsabilità dei soci a seguito di una trasformazione societaria è un tema cruciale nel diritto commerciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarimento sulla liberazione soci trasformazione da debiti pregressi, specificando che il consenso del creditore non può essere desunto da comportamenti concludenti, ma richiede il rispetto di una procedura formale. Questo principio tutela i creditori e impone oneri precisi alla società che si trasforma.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo emesso nei confronti degli ex soci di una società in nome collettivo (s.n.c.), conduttrice di un immobile, per il mancato pagamento di canoni di sublocazione. La s.n.c. si era trasformata in una società consortile a responsabilità limitata (s.c.a.r.l.) nel corso del rapporto contrattuale. Gli ex soci si opponevano al decreto, sostenendo di essere stati liberati dalle obbligazioni sorte prima della trasformazione.

Inizialmente, il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla società creditrice, condannando gli ex soci al pagamento. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione, accogliendo l’appello degli ex soci. Secondo i giudici di secondo grado, la responsabilità dei soci era venuta meno perché il creditore, essendo a conoscenza della trasformazione (tanto da emettere fatture alla nuova società), non aveva mai negato il proprio consenso. Tale silenzio-assenso, secondo la Corte d’Appello, era sufficiente a determinare la liberazione dei soci.

La Decisione della Corte di Cassazione e la liberazione soci trasformazione

La società creditrice ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando l’errata applicazione dell’art. 2500-quinquies del codice civile, che disciplina proprio la responsabilità dei soci nella trasformazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza e affermando un principio di diritto fondamentale per la corretta gestione della liberazione soci trasformazione.

La Corte ha chiarito la netta differenza tra la cessione del contratto di locazione (regolata dall’art. 36 della L. 392/78) e la trasformazione societaria. Mentre la prima implica un mutamento del soggetto contrattuale, la trasformazione è una ‘vicenda evolutiva e modificativa del medesimo soggetto’, che conserva i propri diritti e obblighi. Di conseguenza, la norma applicabile non è quella sulla locazione, ma quella specifica del codice civile sulla trasformazione.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 2500-quinquies c.c. Questa norma stabilisce che i soci illimitatamente responsabili non sono liberati dalle obbligazioni sociali sorte prima della trasformazione, a meno che i creditori sociali non abbiano dato il loro consenso.

La norma, però, prevede un’unica forma di consenso presunto: esso si considera dato se i creditori, ai quali la delibera di trasformazione sia stata comunicata formalmente (per raccomandata o altri mezzi che garantiscano la prova del ricevimento), non negano espressamente il loro consenso entro sessanta giorni.

La Cassazione ha sottolineato che questa procedura è ‘tipizzata’ e non ammette scorciatoie. Non è sufficiente che il creditore sia venuto a conoscenza della trasformazione aliunde (cioè da altre fonti), come ad esempio ricevendo fatture intestate alla nuova entità societaria. La legge richiede una comunicazione formale specifica, avente come oggetto la delibera di trasformazione, inviata dalla società debitrice al creditore. Solo questa comunicazione attiva il meccanismo del silenzio-assenso.

In assenza di tale presupposto formale, il consenso del creditore non può ‘in alcun modo presumersi’. La conoscenza di fatto della trasformazione è irrilevante ai fini della liberazione dei soci. Di conseguenza, l’onere di provare l’avvenuta comunicazione formale grava sulla società trasformata e sui soci che intendono avvalersi della liberazione, non sul creditore che deve dimostrare di aver negato il consenso.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione riafferma un principio di rigore formale a tutela del ceto creditorio. La liberazione soci trasformazione da responsabilità illimitata per debiti anteriori non è un effetto automatico né può derivare da interpretazioni estensive. È necessario che la società debitrice adempia a un onere di comunicazione specifico e formale, secondo quanto previsto dall’art. 2500-quinquies c.c. In mancanza, i soci originari restano vincolati alle obbligazioni pregresse, garantendo così la continuità delle garanzie patrimoniali su cui i creditori avevano fatto affidamento.

Quando una società di persone si trasforma in una di capitali, i soci originari sono automaticamente liberati dai debiti precedenti?
No, i soci a responsabilità illimitata non sono automaticamente liberati dalle obbligazioni sorte prima della trasformazione. Restano responsabili a meno che non risulti il consenso dei creditori alla loro liberazione.

Il fatto che un creditore emetta fatture alla nuova società è sufficiente a provare il suo consenso alla liberazione dei vecchi soci?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo comportamento dimostra solo la presa d’atto della trasformazione, ma non è equipollente alla manifestazione di consenso richiesta dalla legge per liberare i soci dalle loro responsabilità pregresse. Il consenso può essere espresso o presunto solo dopo una comunicazione formale.

Chi deve provare che la comunicazione della trasformazione è stata inviata al creditore?
L’onere della prova grava sulla società trasformata e sugli ex soci che vogliono far valere la loro liberazione. Sono loro a dover dimostrare di aver inviato la comunicazione formale al creditore nei modi previsti dalla legge (es. raccomandata con ricevuta di ritorno).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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