Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34657 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34657 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25855/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 564/2022 depositata il 22/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato in data 24.10.2022, illustrato da successiva memoria, RAGIONE_SOCIALE (quale cessionaria da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE di un credito) impugna per cassazione la sentenza n.5642022 depositata in data 2232022 dalla Corte di Appello di Firenze, con la quale veniva confermata la sentenza del Tribunale di Livorno resa nei confronti di NOME NOME e NOME COGNOME quali fideiussori escussi dalla ricorrente. La impugnata sentenza, in accoglimento della domanda degli intimati, ha dichiarato l’intervenuta inefficacia della fideiussione da questi rilasciata, in quanto escussa dopo che alla società debitrice era stato concesso dalla banca garantita ulteriore credito, nonostante il deterioramento della situazione patrimoniale, senza ottenere l’assenso dei fideiussori. I controricorrenti hanno notificato controricorso.
Nel giudizio di primo grado, il Tribunale di Livorno, ritenuta infondata l’eccezione di improcedibilità della domanda attrice per non avere gli attori esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione, accoglieva la domanda degli attori qui intimati volti ad accertare la sopravvenuta inefficacia ex art. 1956 c.c. della fideiussione .
Impugnata la sentenza da Banca MPS (si costituiva successivamente anche RAGIONE_SOCIALE intervenuta quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta procuratrice di RAGIONE_SOCIALE a sua volta cessionaria del credito di Banca MPS spa), quest’ultima riproponeva le medesime argomentazioni poste a fondamento della domanda.
La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza oggetto della presente impugnazione confermava in toto la sentenza del Tribunale, sostenendo che: – il tentativo di mediazione ex DLGS n. 282010 era relativo ad un contratto di fideiussione, che non rientrava all’interno di quelli previsti ex art. 5 della predetta norma;-per giurisprudenza costante, il comportamento della Banca creditrice, che concede ulteriori finanziamenti senza chiedere l’ autorizzazione al garante che, come nella specie, non è socio né amministratore della società, in presenza di un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del debitore, oltre a porsi in palese contrasto con l’art. 1956 c.c., integra una chiara violazione del principio di buona fede nell’esecuzione del rapporto ai sensi dell’art. 2 Cost. e art. 1175 e 1375 c.c., idoneo a determinare la liberazione del fideiussore dalle obbligazioni future, citando giurisprudenza, ed in particolare Cass.Sez. I. n. 168272016.
Veniva formulata da questa Corte una proposta di definizione accelerata, notificata il 24 gennaio 2024, non accettata dalla parte ricorrente, che avanzava istanza di discussione del ricorso notificata nei termini e corredata di nuova procura speciale.
l ricorso è affidato a due motivi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente, censura la sentenza per avere violato l’ art. 5 D.lgs n. 98 2010, non avendo disposto l’avviamento delle parti alla mediazione obbligatoria, sostenendo come in realtà la domanda, sia pure subordinata, avrebbe avuto ad oggetto anche il ricalcolo delle somme eventualmente dovute a banca MPS, e dunque avrebbe ad oggetto un rapporto bancario.
Il motivo è infondato.
Osserva questo Collegio come l’oggetto del contendere sia collegato ad una fideiussione prestata da due soggetti privati in favore di una banca, che pacificamente non rientra nel novero dei rapporti di cui all’ art. 5 DLGS n. 98 2010 e non rende pertanto obbligatoria la mediazione ante causam , nemmeno se si richiedesse il ricalcolo delle somme dovute poiché , in tal caso, l’eventuale opportunità di procedere a un nuovo calcolo dell’importo escusso sulla base del rapporto sottostante non trasforma la fideiussione in un contratto bancario o finanziario. La giurisprudenza è conforme sul punto (cfr. Sez. 1 -, Ordinanza n. 31209 del 21/10/2022; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 9204 del 20/05/2020), assumendo che la controversia che ha ad oggetto l’adempimento di un contratto di fideiussione è esclusa dalla mediazione obbligatoria. Il fatto che uno dei soggetti stipulanti il contratto sia una banca non muta la natura della fideiussione, così come non la muta in ogni altro caso ove la banca si trova a stipulare un negozio. La compravendita, ad esempio, resta un contratto di scambio di diritto comune anche se ad acquistare o a vendere sia, in ipotesi, una banca, e così lo stesso si può dire per la fideiussione.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 2697 e 1956 c.c.
Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha accertato – e questo è un fatto non più scrutinabile in questa sede processuale se non attraverso il vizio di omessa motivazione di cui all’art. 360 n. c.p.c. – che la Banca ha concesso credito alla società debitrice pur essendo peggiorate le sue condizioni economiche, e che di tale peggioramento era edotta la banca a prescindere dal fatto che lo sapessero i fideiussori. La regola di cui all’art. 1956 c.c., di cui si denuncia la violazione è nel senso che la persistente erogazione di finanziamenti da parte della banca creditrice a favore di una
società, debitrice principale, senza chiedere al garante (nella specie, né socio, né amministratore della società) la necessaria autorizzazione pur in presenza di un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del debitore garantito, in ragione delle perdite notevolmente superiori al capitale sociale e di un saldo di conto corrente permanentemente in passivo, costituisce comportamento non improntato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, idoneo a determinare la liberazione del fideiussore dalle obbligazioni future (Sez. 3 -, Ordinanza n. 16822 del 17/06/2024; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7444 del 23/03/2017; Sez. 1, Sentenza n. 16827 del 09/08/2016).
La Corte d’appello ha pertanto correttamente ritenuto che la circostanza che su tali condizioni avessero onere di informarsi anche i fideiussori, ex art, 1957 c.c., non tolga valore al comportamento della banca, che non doveva essere edotta dai fideiussori circa il peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore, ma doveva averne contezza per suo conto e comunicarlo ai fideiussori, oramai del tutto estranei alla compagine sociale, per ottenerne la speciale autorizzazione.
Non può pertanto evincersi la violazione dedotta sulla base dell’esito della valutazione dei fatti, discrezionalmente operata dal giudice, se la valutazione delle prove è stata effettuata con rispetto dei paradigmi normativamente indicati in tema di prove, come nei fatti è avvenuto. In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di
convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c.” (così, Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass., Sez. 6-3, ordinanza n. 26769 del 23/20/2018; Sez. 3, sentenza n. 20382 dell’11/10/2016; Cass. Sez. 3, sentenza n. 11892 del 10/6/2016).
Quanto alla violazione dell’art. 2697 c.c., in tema di riparto degli oneri probatori, essa si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi sarebbe un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Sez. L , Sentenza n. 17313 del 19/08/2020; Sez. 3 – , Sentenza n. 13395 del 29/05/2018; Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 13395 del 29/05/2018)
E’ del pari inammissibile il terzo motivo, con cui la ricorrente denuncia l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c. n. 5 (ovvero il fatto che i sigg. COGNOME ed COGNOME non avessero in alcun modo assolto ai relativi oneri di informativa contrattualmente previsti dalle fidejussioni dagli stessi sottoscritte, né all’onere probatorio su di loro incombente in merito alle richieste avanzate ex art. 1956 c.c.). Rileva osservare che con tale mezzo la ricorrente denuncia il medesimo vizio del secondo motivo, sotto forma di omesso esame ex art. 360 n. 5 c.p.c., ovvero per non avere il giudice tenuto conto che i fideiussori erano onerati di specifici obblighi di informazione a loro carico in merito alle condizioni patrimoniali della società garantita e non hanno parimenti
dimostrato, ex art. 1956 c.c., che RAGIONE_SOCIALE aveva dato credito alla RAGIONE_SOCIALE malgrado le sue precarie condizioni finanziarie.
Tuttavia, il vizio omissivo dedotto non rileva ove la Corte di merito abbia assunto una decisione conforme a quella del giudice di primo grado, come nel caso di specie. Nell’ipotesi di “doppia conforme” ex art. 348 ter, comma 5, c.p.c., è onere del ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e del rigetto dell’appello, dimostrando che sono tra loro diverse (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994; da ultimo, Cass. 28/02/2023, n. 5947). In caso contrario, il motivo di ricorso si palesa inammissibile, avuto riguardo alla regola di cui all’art. 348 -ter, ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 4,200,00, di cui € 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di € 4.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle Ammende, di € 1 .000,00 ex art. 96, 4° co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 11/11/2024