Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3989 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3989 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME , rappresentato e difeso da ll’ Avv. NOME COGNOME del Foro di Roma,
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4386/2020 pubblicata il 23.9.2020, non notificata
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del l’8.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto: Fideiussione
Mutuo
L’attuale ricorrente ha proposto opposizione avverso il d.i. n. 1497/2014 con cui il Tribunale di Frosinone gli ha ingiunto, quale fideiussore della Terme e di Fiuggi S.p.a. e Golf di pagare alla Banca di Credito Cooperativo di Anagni s.c.a.r.l. la somma di € 728.619,18, oltre interessi convenzionali sulla sorte capitale dalla domanda al saldo e spese del procedimento monitorio, quale esposizione debitoria maturata dalla debitrice principale in relazione al contratto di mutuo chirografario n. 21167 del 29.1.2013.
L’ opponente ha eccepito in via pregiudiziale la nullità della notifica del decreto ingiuntivo opposto perché la copia notificata non aveva allegato il biglietto di cancelleria trasmesso via pec al difensore della parte opponente; nel merito, ha dedotto:
che l’estratto conto certificato ex art 50 TUB, sulla base del quale era stato emesso il decreto ingiuntivo, era privo di sottoscrizione e di indicazione circa l’identità e la qualifica dell’estensore, e privo di data certa;
la nullità della fideiussione per violazione dell’art. 1938 c.c., per sproporzione tra l’importo concesso in credito alla debitrice principale e l’importo della garanzia;
la violazione dell’art. 1956 c.c., in quanto al momento del rilascio della fideiussione la banca creditrice era socia della debitrice principale, e per lungo tempo il Presidente dott. COGNOME era stato contemporaneamente Presidente della debitrice principale, per cui deve ritenersi che fosse a conoscenza delle condizioni economiche precarie della società;
la vessatorietà delle clausole della fideiussione di cui ai nn. 2, 4, 6, 7, 8, 9 e 11, tra cui quella di deroga all’art. 1957 c.c.;
che il mutuo era stato concesso per ripianare una precedente esposizione debitoria relativa ad un contratto di apertura di credito in conto corrente, cui il mutuo doveva ritenersi collegato, e, in quanto tale, nullo;
la variazione arbitraria degli interessi, la capitalizzazione illegittima, l’applicazione di interessi usurari, di interessi e di
condizioni pattuite con rinvio agli usi e l’addebito di interessi convenzionali anche per il periodo successivo alla risoluzione del contratto.
– Il Tribunale adito ha revocato il d.i. opposto e ha condannato l’opponente al pagamento a favore della Banca della diversa somma di € 453.979,84 oltre le spese processuali .
– Avverso tale sentenza COGNOME ha proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Roma. La Corte adita con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello .
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
nella fideiussione omnibus la proporzionalità tra l’importo massimo indicato e il debito garantito va valutata considerando l’importo capitale ed anche gli interessi e le spese ; va calcolata, inoltre, in considerazione di tutti i rapporti esistenti tra le parti e non può essere limitata ad un importo diverso in considerazione del numero dei garanti;
la censura di violazione dell’art.1956 c.c. era infondata non solo per la circostanza dell’autorizzazione del garante alla banca di addebitare sul proprio conto corrente la quota del 20% delle singole rate di finanziamento rimaste inadempiute, ma anche per il principio secondo il quale la richiesta di autorizzazione non era necessaria, atteso che la conoscenza delle condizioni economiche doveva ritenersi comune al debitore ed al fideiussore, e l’odierno appellante, negli anni 2009-2014, era stato componente del consiglio di amministrazione della società debitrice RAGIONE_SOCIALE per cui era poco verosimile che non ne conoscesse le condizioni patrimoniali;
l’art. 1957 c.c. è norma derogabile dalle parti e non può considerarsi di per sé vessatoria;
l’eccezione di nullità della fideiussione per l’inserimento delle clausole contenute nei formulari ABI sanzionati dall’AGCM non era stata supportata dall’indicazione specifica delle c lausole ritenute nulle perché corrispondenti agli schemi ABI, né tantomeno era stata
data prova che i moduli utilizzati nel 2011 continuassero a contenere le clausole sanzionate nel periodo 2003-2005 nonostante il notevole lasso di tempo intercorso;
in ogni caso l’appellante non aveva fornito alcun elemento utile per considerare che la nullità delle tre clausole, ove mai nulle, comportassero la nullità totale e non parziale della garanzia.
– COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con due motivi e ha depositato memoria.
Banca di Credito Cooperativo di Anagni RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il ricorrente deduce con il primo motivo, ex art. 360, n.3, c.p.c., v iolazione e falsa applicazione dell’art. 1956 c.c.
La censura verte sul mancato riconoscimento della liberazione del fideiussore prevista da tale norma ed è incentrata sul dato (cfr. in particolare pag. 16 del ricorso) per cui il consenso del garante all’estensione del credito non può desumersi dalla qualità di socio del medesimo.
5.1. – Il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con la decisione, in cui è rilevato che l’appellante era amministratore della società garantita (pag. 12 della sentenza impugnata). Merita aggiungere, al riguardo, che la mancata richiesta di autorizzazione prevista dall’art. 1956 c.c. n on può configurare una violazione contrattuale liberatoria se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune o può presumersi tale, come accade nell’ipotesi in cui il fideiussore abbia ricoperto la qualità di amministratore della società debitrice (Cass. n. 20713/2023; Cass. n. 3761/2006).
Pertanto, la regola, evocata a pag. 17 del ricorso, per cui in caso di peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore che sia successivo alla concessione della fideiussione, il fideiussore non consenziente all’operazione deve essere liberato dalla garanzia
prestata, risulta disinnescato, in concreto, dalla richiamata qualità rivestita dall’odierno ricorrente.
– Con il secondo motivo ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione artt. 1341, 1421 e 1957 c.c., nonché violazione dei principi generali dell’ordinamento sia interno che comunitario in materia di concorrenza e mercato.
6.1. – La censura è infondata. La doglianza sulla mancata specifica approvazione della rinuncia alla decadenza non considera che la clausola in esame non è considerata vessatoria (Cass. n. 2034/1974 e Cass. n. 9245/2007) e inoltre, come rilevato dalla Corte di merito, in caso di condizioni generali di contratto, l’obbligo della specifica approvazione per iscritto a norma dell’art. 1341 c.c. della clausola vessatoria è rispettato anche nel caso di richiamo numerico a clausole, onerose e non, purché non cumulativo, salvo che, in quest’ultima ipotesi, non sia accompagnato da un’indicazione, benché sommaria, del loro contenuto, ovvero che non sia prevista dalla legge una forma scritta per la valida stipula del contratto (Cass. n. 4126/2024 e precedenti conformi): come fosse conformato il contratto non può essere del resto qui accertato e la Corte mostra di ritenere che nella fattispecie ricorresse la situazione descritta dalla giurisprudenza da essa richiamata.
Sulla nullità derivante dall’intesa restrittiva accertata da Banca d’Italia , si osserva quanto segue. In questa sede è stato prospettato l’assunto secondo cui il contratto in questione conterrebbe clausole riproducenti quelle contenute nel modello ABI, sanzionate come frutto di un’intesa restrittiva della concorrenza dal noto provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005 . La Corte di appello ha tuttavia rilevato che il documento che riproduce tale provvedimento non è stato prodotto. Ciò posto, la nullità del contratto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, a condizione che i relativi presupposti di fatto, anche se non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al
giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, ferma restando l’impossibilità di ammettere nuove prove funzionali alla dimostrazione degli stessi (Cass. n. 4867/2024).
Il provvedimento della Banca d’Italia non ha del resto carattere normativo, bensì, come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, natura di mero provvedimento amministrativo accertativo della intesa anticoncorrenziale, il quale, pur essendo dotato di un’elevata attitudine a provare la condotta anticonco rrenziale, è privo di carattere vincolante per il giudice, davanti al quale può comunque essere offerta la prova contraria (Cass. n. 13846/2019, nonché tutta la giurisprudenza di legittimità sugli analoghi provvedimenti sanzionatori di intese anticoncorrenziali assunti dall’AGCM, tra i quali Cass. n. 23655/2021; Cass. n.18176/2019). Trattandosi, peraltro, di provvedimento, e non di atto normativo, esso appartiene, per quanto riguarda i limiti del giudizio di legittimità, alla sfera del ‘fatto’, e non del ‘diritto’ e comprovato, come tale dall’interessato.
– Per quanto esposto, il ricorso va rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, in mancanza di attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione