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Liberazione del fideiussore: quando è esclusa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5224/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un fideiussore che chiedeva di essere liberato dalla propria obbligazione. Il caso riguardava una garanzia prestata a favore di una cooperativa per un’anticipazione su fatture. La Corte ha ribadito che per ottenere la liberazione del fideiussore ai sensi dell’art. 1956 c.c., è il garante stesso a dover provare che il creditore ha concesso nuovo credito pur essendo a conoscenza del peggioramento delle condizioni economiche del debitore, senza l’autorizzazione del fideiussore. Nel caso di specie, tale prova non è stata fornita, e le censure del ricorrente sono state ritenute un tentativo di riesaminare il merito della causa, non consentito in sede di legittimità.

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Liberazione del fideiussore: l’onere della prova è decisivo

Quando un garante può considerarsi libero dai propri impegni? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della liberazione del fideiussore, specialmente nei rapporti con gli istituti di credito. La decisione sottolinea come l’onere di provare le condizioni per svincolarsi dalla garanzia ricada interamente sul fideiussore stesso, un principio cardine che ha portato alla dichiarazione di inammissibilità di un ricorso.

I Fatti del Caso: Un Garante contro la Banca

La vicenda trae origine dall’opposizione di un fideiussore a un decreto ingiuntivo emesso da una banca. L’importo richiesto derivava dallo scoperto di un conto speciale, denominato ‘sovvenzione’, intestato a una società cooperativa di cui il fideiussore era garante. In sostanza, la banca aveva anticipato alla cooperativa una somma di 100.000,00 euro a fronte di una fattura emessa verso un ente pubblico.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le obiezioni del garante, confermando la sua responsabilità. Il fideiussore ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione, sollevando diverse questioni sulla validità del finanziamento e sulla sua posizione di garante.

L’Analisi della Corte e la Liberazione del Fideiussore

I giudici della Suprema Corte hanno esaminato i tre motivi del ricorso, dichiarandoli tutti inammissibili. I primi due motivi, con cui il garante contestava la validità formale dell’operazione di finanziamento e la non contestazione degli estratti conto, sono stati giudicati ‘non aderenti’ ai fatti accertati nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha chiarito che l’operazione non era un finanziamento autonomo, ma una mera anticipazione su fattura collegata a un conto corrente regolarmente stipulato, rendendo le censure del ricorrente fuori tema.

Onere della Prova e la Liberazione del Fideiussore

Il punto cruciale della decisione riguarda il terzo motivo, basato sull’art. 1956 del codice civile. Questa norma prevede la liberazione del fideiussore per obbligazioni future se il creditore, senza speciale autorizzazione del garante, ha concesso nuovo credito al debitore principale, pur conoscendo il peggioramento delle sue condizioni economiche.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: è il fideiussore che invoca questa norma a doverne provare tutti i presupposti. In particolare, deve dimostrare che:
1. Successivamente alla prestazione della fideiussione, il creditore ha concesso nuovo credito.
2. Il creditore ha agito senza l’autorizzazione del fideiussore.
3. Il creditore era consapevole dell’intervenuto peggioramento delle condizioni economiche del debitore principale.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile perché la sentenza d’appello impugnata aveva escluso, con una motivazione ritenuta non implausibile, la sussistenza di tali condizioni al momento dell’anticipazione. In particolare, i giudici di merito avevano evidenziato che nel gennaio 2009, quando fu concessa l’anticipazione, la cooperativa era ancora titolare di beni immobili, un fatto che rendeva irrilevanti due pignoramenti di importo limitato risalenti al 2006. Di conseguenza, non era stata provata la condizione di ‘peggioramento’ economico né la consapevolezza di tale stato da parte della banca. Le argomentazioni del fideiussore si sono quindi scontrate contro l’accertamento dei fatti compiuto dai giudici di merito, che non può essere messo in discussione in sede di Cassazione se non per vizi di motivazione specifici e nei limiti oggi consentiti.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma la rigorosa applicazione dell’art. 1956 c.c. e il principio dell’onere della prova a carico del fideiussore. Per chi presta una garanzia, questa decisione serve da monito: la liberazione dall’obbligazione non è automatica e richiede una dimostrazione puntuale e rigorosa del comportamento negligente del creditore. Non è sufficiente allegare una generica difficoltà del debitore principale, ma occorre provare che la banca, al momento di erogare nuovo credito, fosse pienamente consapevole di un peggioramento significativo e tale da compromettere la capacità di rimborso, e abbia agito nonostante ciò senza informare o chiedere autorizzazione al garante.

Quando un fideiussore può essere liberato dalla sua garanzia se la banca concede nuovo credito al debitore?
Un fideiussore può essere liberato ai sensi dell’art. 1956 c.c. solo se prova che il creditore (la banca), successivamente alla prestazione della garanzia e senza la sua autorizzazione, ha fatto credito al debitore pur essendo consapevole che le sue condizioni economiche erano peggiorate al punto da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.

Chi deve provare le condizioni per la liberazione del fideiussore ai sensi dell’art. 1956 c.c.?
L’onere della prova spetta interamente al fideiussore. È lui che, invocando l’applicazione dell’articolo, deve dimostrare in giudizio l’esistenza di tutti gli elementi richiesti dalla norma: la concessione di nuovo credito, la mancanza di autorizzazione, e la consapevolezza del creditore riguardo al peggioramento delle condizioni economiche del debitore.

Perché la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi del ricorso del fideiussore in questo caso specifico?
La Corte ha dichiarato i motivi inammissibili perché non erano aderenti ai fatti come accertati dalla Corte d’Appello e perché il fideiussore non ha fornito la prova necessaria per l’applicazione dell’art. 1956 c.c. La sentenza d’appello aveva già escluso, con una motivazione considerata logica e non implausibile, che la banca fosse consapevole di un peggioramento delle condizioni della cooperativa al momento dell’erogazione del credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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