Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9073 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9073 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8770/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE PUGLIA RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO n. 330/2022 depositata il 05/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La sig.ra NOME COGNOME ha presentato opposizione contro il decreto ingiuntivo n. 1267/2010, emesso dal Tribunale di Taranto, con il quale le era stato intimato il pagamento di € 38.734,26 in qualità di fideiussore per obbligazioni future a favore del marito, sig. NOME COGNOME Quest’ultimo si era reso inadempiente in relazione a un prestito fiduciario di € 60.000,00 concesso dalla Banca Popolare di Puglia e Basilicata (BPPB) l’11 maggio 2006.
L’opponente chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo, la liberazione dalla garanzia prestata e la dichiarazione di nullità della fideiussione. Sosteneva, inoltre, la violazione dell’art. 1966 c.c., affermando che, in ragione del significativo deterioramento della sua situazione economica rispetto al momento della sottoscrizione, avrebbe dovuto essere disposta la sua liberazione dalla fideiussione.
Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 401/2020, rigettava l’opposizione.
La Corte d’appello di Lecce, con la sentenza n. 330 del 30 settembre 2022, confermava la sentenza impugnata.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
3.1. Gli intimati non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, la ricorrente censura la violazione dell’art. 100 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
La COGNOME sostiene che il credito oggetto del giudizio non rientri tra quelli ceduti alla RAGIONE_SOCIALE Secondo quanto riportato nella Gazzetta Ufficiale, i crediti ceduti includono, tra gli altri, quelli per i quali la causa instaurata dal debitore si sia conclusa con un provvedimento di condanna che comporti il pagamento di una somma di denaro a favore del debitore stesso.
Poiché tale caratteristica non ricorre nel caso di specie, ritiene la ricorrente che il credito in questione sia escluso dal blocco ceduto. Di conseguenza, la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe alcuna legittimazione attiva né alcun interesse a intervenire nel presente giudizio.
Il motivo è fondato nei termini di cui in motivazione.
In caso di cessione in blocco ex art. 4 L. n. 130/1999 si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 58, commi 2, 3 e 4, del testo unico bancario, secondo cui la banca cessionaria è tenuta a dare notizia della avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Mediante tale forma di pubblicità, nei confronti dei debitori ceduti si producono gli effetti di notifica indicati dall’art. 1264 cod. civ. e la cessione dei crediti diviene opponibile erga omnes.
Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la disciplina di cui all’art. 58 TUB, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale.
Si è da questa Corte tuttavia limitato l’onere probatorio della società cessionaria in blocco dei crediti bancari, affermandosi che, nel consentire la cessione a banche di aziende di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco, l’art. 58 TUB detta una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista dal Codice civile per la cessione del credito del contratto, ponendo in rilievo che tale regolamentazione specifica è giustificata dall’oggetto della cessione, costituito, oltre che da intere aziende o rami di azienda, da interi blocchi di beni, crediti rapporti giuridici, individuati non già singolarmente, ma per tipologia, sulla base di caratteristiche
comuni, oggettive o soggettive, motivo per cui la norma prevede la sostituzione della notifica individuale dell’atto di cessione con la pubblicazione di un avviso di essa sulla Gazzetta Ufficiale, cui possono aggiungersi forme integrative di pubblicità.
Si è, dunque, affermato che in tema di cessione in blocco dei crediti bancari, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione (Cass. N. 13289/2024).
Resta comunque devoluta al giudice di merito la valutazione dell’idoneità asseverativa, nei termini sopra indicati, del suddetto avviso, alla stregua di un accertamento di fatto spettante al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità in mancanza dei presupposti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 2023, n. 4277).
La giurisprudenza di legittimità ha peraltro -come detto- limitato l’onere probatorio della società cessionaria in blocco dei crediti bancari affermando la sufficienza dell’indicazione dell’oggetto della cessione individuato non già singolarmente, ma per tipologia, sulla base di caratteristiche comuni, oggettive o soggettive, motivo per cui la norma prevede la sostituzione della notifica individuale dell’atto di cessione con la pubblicazione di un avviso di essa sulla Gazzetta Ufficiale, cui possono aggiungersi forme integrative di pubblicità.
Si è anche affermato che in tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d.lgs n. 385 del 1993, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del citato d.lgs., dovendo il giudice procedere ad un
accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire un valore indiziario. Va sotto altro profilo sottolineato che ex art 111 cod. proc. civ., se il diritto nel corso del processo viene trasferito per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie.
In conclusione, la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta.
Orbene, nel caso di specie non risulta in alcun modo accertato dalla corte d’appello né se sia stata fornita una adeguata prova della stessa sussistenza del relativo contratto né se sia stata fornita adeguata prova dell’inclusione dello specifico credito nel ‘blocco’ dei rapporti ceduti.
In violazione dei principi sopra espressi la corte territoriale si è limitata ad affermare che l’avviso pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della cessione di crediti in blocco effettuata dalla BPPB con atto del 15.11.2018 (G.U. n. 140/2018) non esclude il debito oggetto di causa (pag. 3 sentenza impugnata).
4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1956 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
La ricorrente contesta la sentenza di secondo grado nella parte in cui si afferma che la sig.ra COGNOME non abbia assolto l’onere di dimostrare il peggioramento delle condizioni economiche del marito, condizione indispensabile per ottenere la liberazione dalla garanzia prevista dall’art. 1956 c.c.
Richiamando una pronuncia di questa Corte, la ricorrente evidenzia che tale dimostrazione avrebbe potuto essere validamente fornita anche attraverso presunzioni. Inoltre, sottolinea che l’art. 1956 c.c. impone al creditore garantito un preciso dovere di diligenza, attribuendogli l’onere di provare di aver agito nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.
Il motivo è fondato.
Occorre premettere che questa Corte ha già affermato, in più occasioni, il seguente principio, cui il Collegio intende dare continuità: il fideiussore che intenda invocare la liberazione dalla propria obbligazione di garanzia ai sensi dell’art. 1956 c.c. ha l’onere di provare la ricorrenza delle condizioni previste da tale norma (Cass., Sez. I, 22/05/2003, n. 8040; Cass., Sez. I, 17/11/2016, n. 23422; Cass., Sez. III, 25/07/2022, n. 23065).
In particolare, il fideiussore deve dimostrare che, successivamente alla prestazione della garanzia per obbligazioni future, il creditore abbia concesso nuovo credito al debitore principale senza la sua preventiva autorizzazione, nonostante fosse consapevole del deterioramento delle condizioni patrimoniali del debitore.
In tale contesto, la giurisprudenza ha chiarito che la banca, la quale continui ad erogare finanziamenti al debitore principale, confidando nella solvibilità del fideiussore, e ometta di informare quest’ultimo circa l’aggravamento del rischio, incorre in violazione degli obblighi di correttezza e buona fede contrattuale ( v. Cass., 17/7/2023, n. 20713 ).
Tale condotta determina, ex art. 1956 c.c., la liberazione del fideiussore, salvo che quest’ultimo abbia espressamente autorizzato l’operazione nonostante l’accresciuto rischio.
In particolare, è stato precisato che, anche nell’ambito di un rapporto continuativo, come quello di apertura di credito in conto corrente, se il creditore (nella specie, la banca) dispone di strumenti di autotutela per interrompere il rapporto e impedire
ulteriori atti dispositivi da parte del debitore, è tenuto a farne uso anche a tutela dell’interesse del fideiussore, a meno che quest’ultimo non manifesti espressamente la volontà di mantenere ferma la garanzia (Cass., Sez. I, 22/10/2010, n. 21730).
Tale obbligo trova fondamento nel principio di solidarietà ex art. 2 Cost., in base al quale incombe alle parti contrattuali un obbligo di leale cooperazione, essendo le medesime tenute ad adottare comportamenti idonei a tutelare anche l’interesse della controparte, a prescindere dalla previsione di specifici obblighi contrattuali.
Ne deriva che, nel contratto di fideiussione per obbligazioni future, l’onere del creditore di acquisire la preventiva autorizzazione del garante, qualora le condizioni patrimoniali del debitore peggiorino significativamente, è funzionale a consentire al fideiussore di sottrarsi ad un’obbligazione divenuta, senza sua colpa, maggiormente onerosa (Cass., Sez. VI-3, 23/03/2017, n. 7444).
Dalla violazione di tale regola di comportamento di buona fede discende pertanto non solo la liberazione del fideiussore, come previsto dall’art. 1956 cod. civ. ma anche, ove provato, un danno risarcibile, e tale rilievo costituisce un ulteriore elemento per considerare la rilevanza dell’obbligo cui è tenuto il creditore, che non si esaurisce al tempo del rilascio della fideiussione, ma permane per tutto il tempo della sua vigenza. In tema di interpretazione dell’art. 1956 cod. civ., va conseguentemente ribadito il principio in base al quale, al fine di valutare se il fideiussore si sia liberato dall’obbligazione di garanzia per un’obbligazione futura ex art. 1956 cod. civ., rileva che, in assenza di specifica autorizzazione del fideiussore, il creditore abbia concesso credito al debitore nella consapevolezza del mutamento delle condizioni patrimoniali di questo, tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito da parte del fideiussore, tenuto conto dell’andamento in generale del rapporto di affidamento tra creditore e debitore principale in relazione alle
conoscenze acquisite o acquisibili dal creditore e dal fideiussore prima e dopo la stipula del negozio fideiussorio, valutate sulla base della diligenza dell’accorto banchiere ( cfr. Cass., 31/7/2017, n. 18950; Cass., 1°/6/2017, n. 13873. E già Cass., 15/4/1992, n. 4571 ).
In conclusione, va ribadito l’obbligo del creditore di tutelare l’interesse del fideiussore alla conservazione della garanzia patrimoniale, e la concessione, senza autorizzazione del garante, di ulteriore credito in un contesto di deterioramento delle condizioni economiche del debitore comporta la liberazione di quest’ultimo dall’obbligazione assunta.
Nel caso di specie, è risultato nel giudizio di merito accertata la piena conoscenza da parte della banca del significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore RAGIONE_SOCIALE (cfr. sentenza impugnata, p. 4) rispetto al momento della concessione del primo finanziamento , essendo quest’ultimo passato da un’esposizione debitoria di circa € 11.000,00 su conto corrente a una situazione di ‘incaglio’ per € 50.000,00, aggravata da un’ulteriore passività di € 20.000,00 su altro conto corrente . Situazione debitoria sopravvenuta che non poteva essere ignorata dalla banca convenuta.
Alla fondatezza nei suindicati termini del 1° e 2° motivo, assorbito il 3° e il 4° , consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d ‘ Appello di Lecce, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza