Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15099 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15099 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10509/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec indicato dal difensore.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec indicato dal difensore.
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALEintimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 936/2023 depositata il 04/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME in qualità di garante di un contratto di finanziamento con cui era stato concesso alla ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, di proprietà del marito, un mutuo di € 180.000 ,00, propose opposizione ad un decreto ingiuntivo intimatole dal Tribunale di Firenze in favore della banca Monte Paschi di Siena per il pagamento della somma di € 30.059,79, interessi e spese. A sostegno dell’opposizione la COGNOME eccepì l’applicazione di interessi usurari derivanti dal contratto, complessivamente applicati nella misura del 9,945%, l’errata determinazione del TA EG, e la liberazione di essa garante ai sensi dell’art. 1956 c.c.
Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 1010 del 29/3/2019, rigettò l’opposizione, rilevando che, ai fini del tasso usura , dovessero essere computati il solo tasso corrispettivo e quello moratorio, singolarmente e non cumulativamente e con esclusione della penale, che non era stata applicata; che il TAEG era corretto e che non ricorreva alcuna violazione dell’art. 1956 c.c. in quanto la possibilità dell’accollo del mutuo , da parte di una società terza, senza preventivo assenso del garante, era stata specificamente prevista dal contratto di finanziamento, in cui era espressamente incorporata la fideiussione.
A seguito di appello della COGNOME che prospettò la violazione dell’art. 1956 c.c., la violazione dell’art. 644 c.p. e della l. 108/96 in relazione ai tassi applicati e l’errata valutazione del giudice per non aver
ammesso la pur richiesta CTU, si costituì in giudizio la RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito di Banca Monte dei Paschi di Siena.
L a Corte d’Appello di Firenze, pronunciando nei confronti dell’appellante e della cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 936 del 4/5/2023, ha rigettato il gravame, rilevando la mancanza dei requisiti per poter prospettare la liberazione del fideiussore ai sensi dell’art. 1956 c.c. non essendo stato provato né il peggioramento delle condizioni economiche del debitore principale né la conoscenza, da parte della banca, di tale preteso peggioramento; ad avviso della corte il previsto accollo del debito non determinava il sorgere di un nuovo debito -il che avrebbe integrato la condizione per ritenere applicabile l’art. 1956 c.c. – ma esclusivamente la modifica del soggetto debitore dell’originario rapporto; ha altresì escluso la necessità di una comunicazione da parte della banca al fideiussore della concessione di un nuovo finanziamento; ha infine rigettato il motivo di gravame relativo al computo degli interessi e quello relativo alla mancata ammissione di una CTU, ritenuta meramente esplorativa.
Avverso la sentenza la COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
Considerato che
Con il primo motivo violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.- la ricorrente lamenta che la corte del gravame non si é pronunciata su una eccezione sollevata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e de ll’interveniente RAGIONE_SOCIALE , per mancata prova dell’avvenuto acquisto, da parte della medesima, del credito oggetto del giudizio e del conseguente difetto di interesse al ricorso. L’eccezione sarebbe
stata proposta dall’appellante a seguito della costituzione in giudizio dell’interveniente e successivamente ribadita mentre la sentenza impugnata non darebbe affatto conto di aver scrutinato la detta eccezione e di averla disattesa.
La ricorrente si limita a riproporre una censura formulata nel grado di merito che la corte del gravame ha implicitamente disatteso riconoscendo l’intervenuta cessione del credito e quindi la legittimazione della RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della cessionaria del credito.
La ricorrente si limita a ribadire che detta cessione non sarebbe stata provata ma neppure dà conto di come il contraddittorio si sia articolato sulla questione e di come l’interveniente, replicando a detta eccezione negli atti difensivi del giudizio d’appello, abbia ampiamente dimostrato la titolarità del credito.
Il motivo è infondato.
Va al riguardo ribadito che non ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione, da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur non espressamente trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza ( v. Cass., 2, n. 25710 del 26/9/2024; Cass., 2, n. 20718 del 13/8/2018 ).
Con il secondo motivo di ricorso -art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 1 n. 4 c.p.c. – la ricorrente lamenta che la sentenza ha una motivazione del tutto
apparente nella parte in cui ha rigettato il motivo di gravame con il quale si intendeva evidenziare l’erroneo computo del TAEG .
Come è noto la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. si realizza solo quando la motivazione manchi del tutto, sia da un punto di vista formale sia da un punto di vista sostanziale. In questi casi il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del ‘minimo costituzionale’.
Il motivo è infondato in quanto il ‘minimo costituzionale’ è stato certamente rispettato dalla impugnata sentenza la quale ha motivato sulla infondatezza del motivo di appello con cui l’appellante aveva fatto valere la violazione dell’art. 644 c.p.
Si legge infatti a p. 15: ‘Calcolando il TAEG sulla base dei criteri sopra esposti, già dalla stessa perizia di parte prodotta emerge il mancato superamento del tasso soglia, visto che il tasso indicato dallo stesso consulente di parte come tasso del contratto è inferiore al tasso medio, per come correttamente calcolato.
In particolare non è possibile considerare tra gli oneri ai fini del calcolo del Taeg la penale per estinzione anticipata, trattandosi di un costo meramente eventuale che non va a remunerare la messa a disposizione del denario e che per di più nel caso in esame non ha trovato applicazione. Conseguentemente il giudice di prime cure ha giustamente affermato …omissis ‘ .
All’infondatezza dei motiv i consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro
3.600,00, di cui euro 3.400,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile