Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33778 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33778 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 20299/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore Prof. Avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, da ll’ Avvocato Prof. NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio d ell’Avvocato NOME COGNOME
-ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE (quale procuratrice di Intesa Sanpaolo s.p.a., incorporante, per fusione, Banca IMI s.p.a.), con sede in Milano, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale Avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Prof. NOME COGNOME con cui elettivamente domici lia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato Prof. NOME COGNOME.
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE (quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al contror icorso, dall’Avvocato Prof. NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO presso lo Studio RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE; FALLIMENTO SITAS SOCIETA’ INZIATIVE RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE
-intimate al quale sono stati successivamente abbinati quelli promossi da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Villorba (TV), al INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo Studio Legale GianniRAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE
-ricorrente -contro
RAGIONE_SOCIALE (quale procuratrice di Intesa Sanpaolo s.p.a., incorporante, per fusione, Banca IMI s.p.aRAGIONE_SOCIALE), con sede in Milano, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale Avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Prof. NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato Prof. NOME COGNOME.
–
contro
ricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE (quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al contror icorso, dall’Avvocato Prof. NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO presso lo Studio RAGIONE_SOCIALE
–
contro
ricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE; FALLIMENTO SITAS RAGIONE_SOCIALE‘ INZIATIVE RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE
–
intimate – da:
RAGIONE_SOCIALE CONCORDATO PREVENTIVO, con sede in Siena, alla INDIRIZZO in persona del presidente del consiglio di amministrazione Avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultima in Roma, alla INDIRIZZO sc. B.
-ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE (quale procuratrice di Intesa Sanpaolo s.p.a., incorporante, per fusione, Banca IMI s.p.aRAGIONE_SOCIALE), con sede in Milano, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale Avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Prof. NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato Prof. NOME COGNOME.
RAGIONE_SOCIALE (quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura
speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Prof. NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO presso lo Studio RAGIONE_SOCIALE
–
contro
ricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE; FALLIMENTO SITAS SOCIETA’ INZIATIVE RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; PROGETTO RAGIONE_SOCIALE
-intimate –
e da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Padova, alla INDIRIZZO in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE (quale procuratrice di Intesa Sanpaolo s.p.a., incorporante, per fusione, Banca IMI s.p.aRAGIONE_SOCIALE), con sede in Milano, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale Avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Prof. NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato Prof. NOME COGNOME.
–
contro
ricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE (quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al contror icorso, dall’Avvocato Prof. NOME
RAGIONE_SOCIALE, con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO presso lo Studio RAGIONE_SOCIALE
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE; FALLIMENTO SITAS SOCIETA’ INZIATIVE RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE
-intimate – avverso la sentenza, n. cron. 1219/2020, della CORTE DI APPELLO DI MILANO, depositata in data 20/05/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
28/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Oggetto della controversia è un contratto di mutuo, stipulato il 16 luglio 2009, tra Intesa Sanpaolo s.p.a. (poi conferente a Banca IMI s.p.a. il ramo d’azienda comprensivo del finanziamento) e Monte dei Paschi Capital Services s.p.a., quali mutuanti, e RAGIONE_SOCIALE, quale mutuataria, per l’importo complessivo di € 105.000.000,00. Tale finanziamento era finalizzato alla realizzazione di un complesso alberghiero in un’area sita nel comune di Teulada (Ca). Tra gli obblighi a carico della mutuataria, era previsto il mantenimento del parametro del loan to value (LTV) -vale a dire il rapporto tra l’ammontare complessivo del finanziamento erogato e non rimborsato ed il valore a libero mercato dell’area edificabile e del complesso immobiliare entro il 70%, con impegno periodico di verifica di tale parametro. A garanzia di tale obbligo, le socie di RAGIONE_SOCIALE, cioè RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avevano sottoscritto ciascuno una lettera di patronage , con la quale si erano obbligate irrevocabilmente, fino all’integrale rimborso del finanziamento: a ) a non cedere la propria partecipazione nella società, se non con il consenso delle
mutuanti e a determinate condizioni; b ) ad esercitare la propria influenza, affinché la beneficiaria disponesse di risorse economiche per mantenere i propri impegni finanziari. Successivamente, con sentenza del TAR Sardegna del 6 dicembre 2012, n. 91, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza del 9 gennaio 2014, n. 36, venivano annullate alcune autorizzazioni paesaggistiche funzionali all’opera edificatoria presentata da RAGIONE_SOCIALE a causa della omessa Valutazione di Impatto Ambientale, a cui faceva seguito la sospensione dei permessi di costruire, da parte del Comune di Teulada. Con missiva del 30 giugno 2014, le banche mutuanti comunicavano l’intenzione di ritenere risolto il contratto fin dal 2 aprile 2014 a causa dell’abbattimento del valore di LTV pattuito, aggiornato a seguito di perizia nel 3,887%, concedendo, su richiesta della mutuataria e delle socie, una moratoria dell’obbligo di rientro fino all’1 gennaio 2015. Con successiva missiva del 17 giugno 2015, le medesime banche dichiaravano di avvalersi di clausole risolutive espresse, denunciando il mancato pagamento delle somme eccedenti il LTV, la mancata cessione dei crediti Iva, lo scioglimento di RAGIONE_SOCIALE deliberato il 4 dicembre 2013, nonché lo stato di insolvenza della società.
1.1. Pertanto, con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ., poi mutato in rito ordinario, Banca IMI conveniva avanti al Tribunale di Milano RAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per ottenere l’accertamento/la declara toria di risoluzione del contratto di mutuo per inadempimento e la condanna di RAGIONE_SOCIALE al rimborso del saldo; mentre, nei confronti delle socie, chiedeva la declaratoria di loro inadempimento e conseguente condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio.
1.1.1. Aderiva alle domande, facendole proprie per quanto di ragione, anche RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE chiamata in causa ex art. 102 cod. proc. civ.
1.2. Le società convenute si costituivano chiedendo il rigetto delle avverse domande. Deducevano l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, poiché la intervenuta inedificabilità dei terreni oggetto dell’opera
finanziata avrebbe reso impossibile il contenimento del LTV entro il parametro pattuito del 70%.
1.3. Pacifiche le circostanze di fatto sopraesposte, l’adito tribunale, con sentenza dell’1 dicembre 2017, n. 12158: i ) rigettava l’eccezione di improcedibilità della domanda di risoluzione contrattuale sollevata da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; ii ) accertava l’avvenuta risoluzione del contratto di mutuo oggetto di causa in data 17 giugno 2015 e, per l’effetto, condannava la società da ultimo indicata a pagare, in favore di Banca Imi s.p.a., la somma di € 27.940.880,43, oltre interessi di mora conve nzionali dal 17 giugno 2015, e, in favore di MPS Capital Sevices Banca per le Imprese s.p.a., la somma di € 29.018.539,44, oltre interessi come appena indicato; iii ) respingeva le domande svolte nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con condanna accessoria alla rifusione delle spese giudiziali a carico di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nel rapporto con le banche, ed a carico di queste ultime, nel rapporto con le altre società convenute.
Avverso questa decisione proponeva gravame RAGIONE_SOCIALE chiedendo, in parziale riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento delle domande già svolte in primo grado nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, NOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
2.1. Autonomo appello contro la stessa sentenza era promosso pure da Banca IMI s.p.a., con motivi sostanzialmente comuni.
2.1.1. Si costituivano RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con altrettante comparse, resistendo alle impugnazioni e proponendo, a loro volta, con l’eccezione di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, gravami incidentali relativi alla individuazione dei rispettivi obblighi e responsabilità, come accertati nella sentenza di primo grado, anche in questo caso con difese in larga parte comuni.
2.2. Riuniti i due appelli, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la causa era interrotta, a seguito dell’intervenuta dichiarazione di fallimento di RAGIONE_SOCIALE
pronunciata dal Tribunale di Cagliari, e successivamente ritualmente riassunta ad istanza sia di RAGIONE_SOCIALE sia di Banca IMI s.p.a. Pertanto, ricostiruito il contraddittorio, la Corte di appello di Milano, con sentenza del 6 febbraio/20 maggio 2020, n. 1219, così decideva: «, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano n. 12158/2017 del 01.12.2017: i) In accoglimento degli appelli principali, condanna RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ciascuna in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione al capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE, al risarcimento dei danni nei confronti di Banca Imi s.p.a. e di MPS Capital Services Banca per le Imprese s.p.a., danni da liquidarsi in separato giudizio; ii) Respinge gli appelli incidentali; iii) Conferma nel resto, quanto ai capi 1-2-35, l’impugnata sentenza; iv) Dichiara tenuti RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e Ricerca Finanziaria s.p.a., ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, a restituire quanto versato a ciascuno da Banca Imi s.p.a. e da MPS Capital Services Banca per le Imprese s.p.a., in esecuzione della sentenza di primo grado; v) Condanna RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, NOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e Ricerca Finanziaria s.p.aRAGIONE_SOCIALE, ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore , in solido fra loro, a rifondere le spese del giudizio del primo grado a Banca Imi s.p.a. ed a MPS Capital Services Banca per le Imprese s.p.a., spese che liquida, per ciascuna delle appellanti, in € 15.500,00 per compensi, oltre € 843,00 per esborsi, il tutto oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, CNPA e Iva; vi) Condanna RAGIONE_SOCIALE in Fallimento, RAGIONE_SOCIALE, NOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore , in solido fra loro, a rifondere le spese del giudizio del secondo grado, spese che liquida in € 20.000,00 per compensi, oltre € 777,00 per esborsi, a favore di Banca Imi s.p.a. e in € 20.000,00 per compensi, oltre € 2.529,00 per esborsi, a favore di MPS Capital Services Banca per le Imprese s.p.a., il tutto oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, CNPA e Iva ».
2.1. Per quanto qui di interesse, quella corte: i ) innanzitutto, riconosciuta corretta la decisione sulla dichiarata risoluzione del mutuo per legittimo esercizio della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 19 del contratto (essenzialmente, a motivo della volontaria messa in liquidazione della società debitrice), con condanna di RAGIONE_SOCIALE a restituire alle mutuanti le somme documentate e mai contestate, riteneva errata, tuttavia, la motivazione del primo giudice dove aveva individuato nella sopraggiunta inedificabilità dei terreni una causa di estinzione, ex art. 1256 cod. civ., dell’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di rispettare il parametro LTV: circostanza, questa della sopraggiunta inedificabilità, che, a dire del tribunale, non poteva « che riverberarsi anche sull’impegno assunto dai soci, che si è pertanto anch’esso estinto. Non è possibile infatti, che sussista un impegno volto a consentire al debitore di adempiere ad un’obbligazione impossibile ». Invero, secondo la corte, -che, sul punto, condivideva la ricostruzione delle banche -« la prosecuzione dell’edificazione progettata era solo uno dei due criteri con cui era possibile mantenere fede all’obbligo di rispettare il parametro dell’indice LTV: il progetto immobiliare, una volta proseguito e/o portato a termine, avrebbe mantenuto alto il valore di mercato del compendio (numeratore) e, fermo il quantum da restituire (denominatore), ancora più alto, si sarebbe così mantenuto il rispetto del limite del 70% ». Essa evidenziava, dunque, l’esistenza di « un’ alternativa, per nulla impossibile, che avrebbe consentito comunque il rispetto del parametro del 70%, anche a fronte della perdita di valore degli immobili (numeratore): tale alternativa era costituita, per deduzione logica, da un proporzionale rimborso del finanziamento (denominatore) ». Pertanto, « dal momento che, mentre l’edificabilità del progetto immobiliare avrebbe in ipotesi potuto dipendere da fattori esterni alle parti obbligate (…), non così la restituzione del finanziamento ricevuto, la quale, per definizione, avendo per oggetto somme di denaro, è sempre possibile. Ciò detto per l’obbligazione della debitrice principale Sitas, la stessa conclusione va applicata all’obbligazione di patronage contratta dai soci, cioè, come puntualmente individuata in sentenza, ‘garantire alla Sitas le risorse finanziarie necessarie a mantenere il valore del LTV entro i limiti
contrattualmente stabiliti’, cosa che sarebbe stata tutto fuorché impossibile, finanziando, appunto, la società con i mezzi necessari, mentre non è stato dimostrato che ciò sia stato fatto »; ii ) condivideva, poi, la censura delle banche che avevano ritenuto errato il giudizio del tribunale per cui l’annullamento delle concessioni da parte delle Autorità amministrative rappresentava un evento eccezionale ed imprevedibile, causa di impossibilità sopravvenuta. Secondo la corte, invece, era corretto concludere nel senso che « non è verosimile che Sitas, una volta presentato intervento senza sottoporlo a valutazione ambientale, non si sia rappresentata il rischio che un possibile contenzioso sfociasse in una sentenza negativa. L’evento, quindi, era prevedibile e presumibilmente anche rimediabile, tenuto conto che, come si ammette nelle stesse difese delle medesime appellate, sarebbe stato possibile riattivare i titoli edilizi e/o ottenerne di nuovi (e forse lo sarebbe ancora, cfr. conclusionale Sansedoni pag. 39), ovvero anche parzialmente modificare il progetto iniziale, tenendo conto delle sentenze amministrative di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche. Ne deriva che, pur preso atto della forzata interruzione del progetto di edificazione del compendio immobiliare, in seguito a ll’intervenuto annullamento giudiziale dei titoli autorizzativi, non è possibile giungere sic et simpliciter alla definizione di ‘inedificabilità dei terreni’, adottata dal primo Giudice, che è conclusione affatto diversa, non supportata da evidenze probatorie. Pertanto, la censura appare anche sotto questo aspetto meritevole di accoglimento, vieppiù tenendo con to che l’impossibilità incolpevole, se tale possa essere qualificata, avrebbe riguardato la vicenda edificativa (cioè il rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e soci e le Autorità amministrative) e non il rimborso del finanziamento, atteso che le banche non erano creditrici della prestazione di costruire. L’obbligo di Sitas nei confronti delle banche era, infatti, soltanto quello di restituire il denaro finanziatole, obbligo che mai, nel sinallagma contrattuale, fu condizionato all’ottenimento delle autorizzazioni pubbliche, che anzi Sitas si impegnò ad ottenere, rispettare e mantenere (artt. 18.1a, 18.2a, 18.2d), pena la revoca del finanziamento (artt. 19.12a, 19.13, 19.14). Una diversa interpretazione porterebbe alla conseguenza che l’inedificabilità sopravvenuta, incolpevole o
meno che fosse, rendendo impossibile il completamento del progetto di RAGIONE_SOCIALE, comporterebbe l’estinzione del debito pecuniario della medesima nei confronti delle banche, addossando a queste, in ultima analisi, il rischio d’impresa di Sitas. È evidente che così non può essere. In conclusione, la risoluzione del contratto di mutuo e la condanna di RAGIONE_SOCIALE, dichiarate in primo grado, devono quindi essere confermate -sulla base non solo degli specifici inadempimenti contemplati nelle clausole risolutive, di cui le banche si sono avvalse ed elencate analiticamente e condivisibilmente al cap. 2 della sentenza impugnata (pp.10-12), ma anche di quanto sin qui argomentato sull’inadempimento al rispetto del valore LTV nei limiti pattuiti e respinto l’appello incidenta le dalla stessa Sitas proposto. Ma, in conseguenza di quanto precede e in accoglimento degli appelli principali riuniti, anche i soci vanno ritenuti responsabili del loro inadempimento agli obblighi garantiti e condannati a risarcire il danno procurato »; iii ) riconfermava la natura ‘ forte ‘ delle lettere di patronage rilasciate da ciascuna socia, essendosi queste « ‘impegnat e irrevocabilmente’, in funzione e sino alla restituzione del finanziamento, ad alcuni facere ben individuati: non cedere a terzi le proprie partecipazioni societarie (lett. a: cioè a mantenere il controllo gestionale e patrimoniale della mutuataria) e consentire a Sitas l’adempimento dei propri impegni finanziari (lett. b: appunto, finanziandola opportunamente). Neppure lascia spazio ad equivoci la precisazione finale, contenuta nelle medesime lettere, circa il fatto che ‘gli impegni assunti ai sensi della presente da parte di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE saranno proporzionali alla rispettiva quota di partecipazione al capitale sociale del Beneficiario e senza vincolo di solidarietà’. A fronte di ciò, le difese delle società appellanti incidentali si appuntano sul periodo che le impegnava a ‘esercitare la propria influenza affinché il Beneficiario disponga all’occorrenza di sufficienti risorse economiche’, assumendo che la parola ‘influenza’ individuerebbe un impegno generico, senza obbligo di ricapitalizzazione della società. L’argomento non è convincente, perché collide co n il senso dell’intera struttura negoziale, tesa ad assicurare con precisi comportamenti l’adempimento della debitrice mutuataria: in altri termini, non
si comprende assolutamente come avrebbe potuto una ‘influenza generica’ essere fornita in maniera ‘proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione al capitale sociale del Beneficiario e senza vincolo di solidarietà’¸ se non avesse avuto un preciso co ntenuto patrimoniale, per nulla generico ed indeterminato. Neppure risultano fondate le doglianze delle parti appellanti incidentali, in relazione alla omessa considerazione, nella motivazione della decisione impugnata, dell’istituto della ‘presupposizione’, cioè di una situazione di fatto, considerata imprescindibile dalle parti, la cui mancanza avrebbe provocato la caducazione del contratto, identificata nella realizzazione del progetto immobiliare di Sitas. Infatti, non può certo ritenersi che tale situazione fosse comune ad entrambi i contraenti (cfr. Cass. n. 5390/06), né indipendente dalla loro attività e volontà, come sopra già esaminato, né presupposta per certa da entrambi, tanto è vero che in contratto si prevedevano le conseguenze del suo mancato avveramento. In conclusione, gli appelli incidentali delle società controllanti vanno respinti »; iv ) riformava, infine, la sentenza impugnata anche sul tema della responsabilità e delle conseguenze riconducibili al pacifico inadempimento di Ricerca Finanziaria s.p.a. all’obbligo di non cedere le quote senza l’assenso delle Banche. Secondo la corte, infatti, « la riforma della pronuncia di primo grado, nel punto in cui ha dichiarato estinto per impossibilità sopravvenuta della prestazione l’obbligo assunto dalle società patrocinanti sub b) delle rispettive lettere di patronage, comporta, di conseguenza, anche seguendo la stessa motivazione, la responsabilità specifica di Risorse Finanziarie anche per l’inadempimento dell’obbligo contratto sub a). Obbligo che, peraltro, rispondeva alla medesima finalità di garantire il mantenimento dello status quo nella gestione (anche, ma non solo) patrimoniale della società, talché appare errato anche individuare un rapporto di accessorietà dell’impegno sub a), rispetto a quello sub b), in ogni caso non evincibile dal tenore letterale delle lettere di patronage».
Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 29 maggio 2020, hanno promosso autonomi ricorsi: i ) RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi, cui hanno resistito, con distinti controricorsi, Intesa
Sanpaolo s.p.a. (incorporante per fusione Banca IMI s.p.a.), tramite la propria procuratrice speciale RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE (cessionaria in blocco di crediti di MPS Capital Service Banca per le Imprese s.p.a.), rappresentata da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, mentre sono rimaste intimate tutte le altre destinatarie della notificazione del ricorso suddetto; ii ) Ricerca Finanziaria s.p.a., prospettando tre motivi, cui hanno resistito, con distinti controricorsi, Intesa Sanpaolo s.p.a., tramite la propria procuratrice speciale RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, mentre sono rimaste intimate tutte le altre destinatarie della sua notificazione; iii ) RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, formulando otto motivi, cui hanno resistito, con distinti controricorsi, Intesa Sanpaolo s.p.a., tramite la propria procuratrice speciale RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, mentre sono rimaste intimate tutte le altre destinatarie della sua notificazione; iv ) RAGIONE_SOCIALE affidandosi a sette motivi, cui hanno resistito, con distinti controricorsi, Intesa Sanpaolo s.p.a., tramite la propria procuratrice speciale RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, mentre sono rimaste intimate tutte le altre destinatarie della sua notificazione.
3.1. Sono state depositate memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DCEISIONE
Pregiudizialmente, i quattro separati ricorsi di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo e RAGIONE_SOCIALE devono essere riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., tutti concernendo l’impugnazione della medesima sentenza. Fin da ora, peraltro, va rimarcato che, come ancora ribadito da Cass. n. 5375 del 2024 (con richiamo ivi a Cass. n. 7829 del 2023, Cass. n. 394 del 2021 e Cass. n. 15582 del 2020), per giurisprudenza consolidata, e qui condivisa, di questa Corte ( cfr ., tra le altre, Cass. n. 33809 del 2019; Cass. n. 28259 del 2019; Cass. n. 5695 del 2015), « il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere
proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia, quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta ed ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi ».
1.1. Inoltre, per intuitive finalità di maggior chiarezza e specificità di questa esposizione, si ritiene opportuno procedere al separato esame di ciascuno dei ricorsi predetti, il primo dei quali (notificato il 24 luglio 2020) deve essere individuato in quello promosso da RAGIONE_SOCIALE, convertendosi quelli di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo e RAGIONE_SOCIALE (tutti tempestivi perché notificati, rispettivamente, il 27 ed il 28 luglio 2020, nel rispetto, quindi, del termine predetto) in ricorsi incidentali.
Il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE
I formulati motivi del suddetto ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione delle norme sull’interpretazione del contratto ed in particolare degli artt. 1362 (intenzione dei contraenti), 1363 (interpretazione complessiva delle clausole), 1364 (espressioni generali), 1366 (interpretazione secondo buona fede), 1370 (interpretazione contro l’autore della clausola) e 1371, (nonché 1333 e 1381) cod. civ. e dell’art. 1936 cod. civ. (nozione di fideiussione) ». Si censurano l’applicazione delle regole di ermeneutica fatta dalla corte distrettuale nella sentenza impugnata e la erronea interpretazione e qualificazione del Contratto e della Lettera di impegno : in particolare, l’errata ricostruzione degli effetti e della portata dell’art. 17 del Contratto e della lett. b ) della Lettera di impegno e la ricostruzione, rinvenibile nella medesima sentenza, in violazione dell’art. 1363 (e dell’art. 1362) cod. civ., di un preteso (ma non contrattualizzato)
obbligo di rimborsi parziali del finanziamento per adempiere all’art. 17 Contratto , richiamato nella predetta Lettera di impegno , così attribuendo a quest’ultima gli effetti di una fideiussione, in violazione dell’art. 1936 cod. civ.;
II) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, n. 2, 1346 e 1418, comma 2, cod. civ. ». Si contesta la sentenza impugnata perché, una volta ricostruita come patronage ‘ forte ‘ la Lettera di impegno , ha respinto la eccezione di nullità della stessa, ex artt. 1346 e 1418 comma 2, cod. proc. civ., per indeterminatezza della prestazione richiesta alle socie patronnantes , quale emergente, ex art. 1362 cod. civ., dalla Lettera di impegno medesima;
III) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1256 cod. civ. ». Si deduce che, qualora la lettera di patronage si debba qualificare ‘ forte ‘ -e al contempo si dovesse ritenere che l’impegno esigibile dal patronnant superi il vaglio di validità di cui agli artt. 1346 e 1418 cod. civ. -allora sarebbe giocoforza concludere che il corrispondente capo della decisione è erroneo per violazione degli artt. 1218 e 1256 cod. civ., essendosi la corte di appello -nel negare la ricorrenza di un factum principis -immotivatamente discostata dalla giurisprudenza di legittimità sul punto;
IV) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1937 e 1938 cod. civ. », atteso che la volontà di prestare fideiussione deve essere espressa, mentre, nella specie, ciò non risulta in alcun modo, ex art. 1362 cod. civ., dalla Lettera di impegno, e perché l’impegno de lle patronnantes , ricostruito dalla sentenza -di erogare tutto il denaro necessario, ex post , a restituire alle Banche quanto finanziato e non coperto dal valore del sedime e dell’edificato per effetto del deprezzamento dovuto alle decisioni dei Giudici amministrativi -renderebbe le patronnantes medesime responsabili per un debito futuro senza che ne sia stato indicato l” importo massimo ‘, come prescritto, a pena di nullità, dall’art. 1938 cod. civ. (applicabile, quale principio generale, anche alle lettere di patronage ).
2. Il primo di tali motivi si rivela complessivamente inammissibile, risolvendosi, sostanzialmente, in un sindacato sull’esito dell’interpretazione del Contratto e della Lettera di impegno effettuato dalla corte distrettuale.
2.1. In particolare, laddove, nuovamente criticando la qualificazione della lettera di patronage come ‘ forte ‘, su cui entrambi i giudici del merito hanno concordato, la doglianza si limita a ‘ ribadire ‘ la difesa già spesa ed esaminata in entrambi i gradi precedenti, assumendo, ancora una volta, che la qualificazione operata in sede di merito violi « l’art. 1381 cod. civ., perché il tenore letterale delle parole di cui sub b) nella Lettera , cui si deve guardare ex art. 1362, co. 1, cod. civ., consta di una formulazione linguistica talmente generica -in cui l’affermato impegno è indicato come quello di ‘esercitare la propria influenza … affinché disponga all’occorrenza di sufficienti risorse economiche al fine di consentire … l’adempiment o alle obbligazioni di cui alla clausola 17’ da non poter fondare una responsabilità contrattuale ( ex art. 1333 cod. civ. o ex art. 1381 cod. civ.) di RAGIONE_SOCIALE quale mittente di una lettera di patronage forte’ » ( cfr . pag. 9 del ricorso), essa non si confronta in alcun modo con le puntuali e contrarie argomentazioni della corte territoriale ( cfr . pag. 13-14 della sentenza impugnata), sicché difetta di specificità, atteso che, come del tutto condivisibilmente chiarito da Cass. n. 21563 del 2022 ( cfr . pag. 8 e ss. della motivazione), da Cass. n. 35782 del 2023 ( cfr . pag. 41 e ss. della motivazione), da Cass. n. 25495 del 2024 ( cfr . pag. 7-8 della motivazione) e da Cass. n. 26871 del 2024 ( cfr . pag. 11 e ss. della motivazione), « l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, non solo “di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione” , ma anche “di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 28 ottobre 2020, n. 23745, Rv. 659448-01), confrontandosi sempre con l’effettivo “decisum” che sorregge la sentenza impugnata. Difatti, il motivo di impugnazione “è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea,
con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo”, sicché, in riferimento al ricorso per Cassazione, “tale nullità, risolvendosi n ella proposizione di un ‘non motivo’, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 4), cod. proc. civ.” (così Cass. Sez. 3, sent. 11 gennaio 2005, n. 359, Rv. 579564- 01; in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01, nonché, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 20 marzo 2017, n. 7074, non massimata sul punto; conforme anche Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01) ». In altri termini, la doglianza della RAGIONE_SOCIALE si rivela priva di una specifica censura giuridica e logica alla motivazione della sentenza impugnata, nella parte qui di corrispondente interesse, perché, piuttosto che esplicitare, in maniera puntuale, le ragioni per cui essa sarebbe errata (confrontandosi concretamente, dunque, con le sue argomentazioni in diritto e confutandole), sostanzialmente si limita a richiamare le stesse argomentazioni e le medesime deduzioni articolate negli atti difesivi dei gradi di merito già scrutinate e ritenute infondate dalla corte di appello. Sotto questo punto di vista, quindi, il presente motivo appare una mera ripetizione delle difese che, ove questa Corte giungesse all’esame dello stesso, dovrebbero ritenersi già (peraltro correttamente) respinte.
2.1.1. Ciò non senza rimarcare che la sentenza impugnata non affronta le specifiche questioni di una (asserita) ‘ indeterminatezza linguistica ‘ della lettera di patronage rilevante ex artt. 1381-1362 cod. civ. e della predisposizione unilaterale del Contratto , e la ricorrente nemmeno indica in quale atto del giudizio precedente aveva posto tali temi. Orbene, per
giurisprudenza pacifica di questa Corte ( cfr. ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 25909 del 2021, Cass. nn. 5131 e 9434 del 2023; Cass. nn. 2607, 5038 e 6127 del 2024), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio ( cfr . Cass. nn. 32804 e 2038 del 2019; Cass. nn. 20694 e 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere -nella specie rimasto assolutamente inadempiuto -di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado ( cfr . Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000).
2.2. Per il resto, la censura mostra di non considerare che, come ancora recentemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 26383, 18079, 13621, 10786 e 2607 del 2024; Cass. nn. 30878, 13408, 13005 e 7978 del 2023), il sindacato di legittimità sull’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (essendo, a questo scopo, imprescindibile la specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate, puntualizzandosi – al di là della indicazione degli articoli di legge in materia – in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sarebbe discostato) e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla
decisione in sé (occorrendo, altresì, riportare, nell’osservanza del principio dell’autosufficienza, il testo dell’atto nella parte in questione). Inoltre, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, cfr., e plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 7963 del 2018; Cass. n. 9461 del 2021; Cass. nn. 30878, 13408 e 7978 del 2023; Cass. nn. 2607, 10786, 13621 e 18079 del 2024).
2.2.1. In altri termini, il sindacato suddetto non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà privata operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati ( cfr., ex aliis , Cass., SU, n. 2061 del 2021; Cass. n. 2465 del 2015; Cass. n. 10891 del 2016).
2.2.2. La censura, poi, neppure può essere formulata mediante l’astratto riferimento a dette regole, essendo imprescindibile, come si è già anticipato, la specificazione dei canoni in concreto violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia, eventualmente, discostato dagli stessi, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella decisione impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni ( cfr. Cass. n. 13408 del 2023; Cass. n. 7978 del 2023; Cass., SU, n. 2061 del 2021).
2.2.3. Nel quadro di detti principi, risulta chiaro che il motivo si risolve nel sostenere una diversa lettura delle clausole contrattuali invocate contrapponendola a quella preferita (e certamente non implausibile) dalla corte di appello. La ricorrente, peraltro, non ha prospettato una obiettiva ed
inaccettabile contrarietà, a quello comune, del senso attribuito dalla corte territoriale ai testi ed ai comportamenti negoziali interpretati, o della macroscopica irrazionalità o intima contraddittorietà dell’interpretazione complessiva dei documenti citati, ma si è limitata ad indicare gli aspetti della ritenuta non condivisibilità della ‘ lettura interpretativa ‘ criticata, insistendo nell’invocare come corretta la propria interpretazione dei testi suddetti. È indubbio, quindi, che, così operando, la stessa intende affidare a codesta Corte il compito (inammissibile) di revisione del ragionamento decisorio, inteso come opinione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione.
2.3. A tanto va solo aggiunto che il giudizio legittimità non può essere trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 19423 e 25495 del 2024).
Il secondo motivo di ricorso si rivela infondato.
3.1. Invero, l’impegno assunto dalle socie di RAGIONE_SOCIALE era -tra gli altri -quello di dotare quest’ultima delle risorse finanziarie necessarie affinché la stessa potesse perseverare a garantire il rispetto del parametro loan to value attraverso una riduzione del debito verso le banche (posto che quel rispetto non poteva più essere garantito dalla prosecuzione dei lavori).
3.1.1. Si trattava, dunque, di un impegno che non aveva alcunché di indeterminato, come condivisibilmente opinato dalla corte d’appello, la quale, lungi dal ricorrere, sul punto, ad affermazioni apodittiche, ha valutato ( cfr . pag. 13-15 della sentenza impugnata, il cui contenuto è stato già ampiamente riportato nel § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, da intendersi qui riprodotto per intuibili ragioni di sintesi) , invece, correttamente nell’intero assetto dato alla sua motivazione gli esatti contorni dell’impegno a ssunto -e disatteso -dalle socie di RAGIONE_SOCIALE
Il terzo motivo di ricorso è parimenti insuscettibile di accoglimento.
4.1. Invero, ove pure non volesse ritenersi che, in realtà, al di là del richiamo formale al vizio di violazione di legge contenuto nel titolo, la doglianza intende sostanzialmente negare, considerandola non congrua, la lettura fornita dalla corte di merito in relazione agli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa ritenuti rilevanti in relazione alla ricostruzione della portata degli eventi relativi all’addotto factum principis ed alla condotta della debitrice (così trovandosi al cospetto, dunque, di un ‘inammissibile censura di merito o comunque diretta a far valere un vizio motivazionale carente, però, dei presupposti oggi richiesti per il suo ingresso in sede di legittimità, vale a dire l’omesso esame di un fatto decisivo discusso tra le parti), si rivela, in ogni caso, affatto condivisibile l’assunto della corte distrettuale secondo cui un determinato evento, per poter rendere impossibile la prestazione ed estinguerla ex art. 1256 cod. civ., deve essere assoluto, imprevisto ed imprevedibile ( cfr. sostanzialmente, in tal senso, Cass. n. 20152 del 2022; Cass. n. 14915 del 2018). Un fatto, cioè, il cui verificarsi esula del tutto dalla condotta cosciente e volontaria di un soggetto sensato, non ricollegabile in alcun modo ad una sua azione od omissione. Un evento imponderabile, dunque, in quanto non probabile secondo un criterio di normalità.
4.2. Tanto, tuttavia, non si rinviene nella specie, proprio tenuto conto di quanto specificamente argomentato, sul punto, dalla corte di appello ( cfr . pag. 11-13 della sentenza impugnata, il cui contenuto è stato già ampiamente riportato nel § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, da intendersi qui riprodotto) .
4.2.1. Pertanto, può qui richiamarsi, onde darvi convinta continuità, la esaustiva motivazione di Cass. n. 29057 del 2022: « Ai sensi degli artt. 1218 e 1256 cod. civ., il debitore è responsabile per l’inadempimento dell’obbligazione fino al limite estremo della possibilità della prestazione, presumendosi, fino a prova contraria, che l’impossibilità sopravvenuta, temporanea o definitiva, della prestazione stessa gli sia imputabile per colpa. L’impossibilità sopravvenuta che libera dall’obbligazione (se defin itiva) o che esonera da responsabilità per il ritardo (se temporanea), dev’essere obiettiva,
assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata, e deve consistere non in una mera difficoltà ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, a nulla rilevando comportamenti di soggetti terzi ris petto al rapporto (…), a meno che, coordinando fra loro le suddette componenti oggettive e soggettive che regolano la responsabilità per inadempimento, non sia offerta la prova che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione sia derivata da una causa avente natura esterna e carattere imprevedibile e imprevenibile secondo la diligenza media e, quindi, della non imputabilità, anche remota, del fatto che ha impedito l’esecuzione della prestazione dovuta ».
4.2.2. Si tratta, invero, di princìpi di diritto enunciati in maniera oramai consolidata da questa Corte, anche in relazione a controversie nelle quali la impossibilità ad adempiere era dedotta come asseritamente derivante da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, quali sequestri et similia ( cfr ., puntualmente, Cass. n. 20908 del 2018; Cass. n. 13142 del 2017; Cass. n. 6594 del 2012) o da sopravvenuti provvedimenti (ordini o divieti) dell’autorità amministrativa (cd. factum principis ).
4.2.3. Peraltro, proprio con riferimento a quest’ultima ipotesi, di maggior rilievo nell’odierna vicenda, basta ricordare Cass. n. 14915 del 2018, in cui si legge che, «, nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare la predetta impossibilità con riferimento ad un ordine o divieto dell’autorità amministrativa (factum principis) sopravvenuto, e che fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto della assunzione della obbligazione, ovvero rispetto al quale non abbia, sempre nei limiti segnati dal criterio della ordinaria diligenza, sperimentato tutte le possibilità che gli si 6 offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità (v. ex aliis Cass. 10/06/2016, n. 11914; 28/11/1998, n. 12093). Il contraente ha l’onere di controllare la propria attitudine all’adempimento delle obbligazioni assunte: ne consegue che egli è senz’altro in colpa ove contragga, senza avere la consapevolezza, in base alla comune diligenza, di poter mantenere gli impegni assunti e può invocare l’esonero da
responsabilità solo per quei fatti che non erano superabili o non erano affatto prevedibili (Cass. 04/04/1979, n. 1950; 07/01/1970, n. 44)». Nel caso di specie, la corte distrettuale ha spiegato, affatto condivisibilmente, che «« non è verosimile che Sitas, una volta presentato intervento senza sottoporlo a valutazione ambientale, non si sia rappresentata il rischio che un possibile contenzioso sfociasse in una sentenza negativa. L’evento, quindi, era prevedibile e presumibilmente anche rimediabile, tenuto conto che, come si ammette nelle stesse difese delle medesime appellate, sarebbe stato possibile riattivare i titoli edilizi e/o ottenerne di nuovi (e forse lo sarebbe ancora, cfr. conclusionale COGNOME pag. 39), ovvero anche parzialmente modificare il progetto iniziale, tenendo conto delle sentenze amministrative di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche. Ne deriva che, pur preso atto della forzata interruzione del progetto di edificazione del compendio immobiliare, in seguito all’intervenuto an nullamento giudiziale dei titoli autorizzativi, non è possibile giungere sic et simpliciter alla definizione di ‘inedificabilità dei terreni’, adottata dal primo Giudice, che è conclusione affatto diversa, non supportata da evidenze probatorie » (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata). In altri termini, la corte milanese ha considerato imputabile alla RAGIONE_SOCIALE il factum principis , atteso che quest’ultima aveva posto in essere le condizioni che hanno determinato il provvedimento amministrativo ostativo. Né rileva la circostanza che detto provvedimento era poi stato impugnato giudizialmente, perché tanto certamente non ne avrebbe escluso la sua prevedibilità.
4.2.4. Nessun addebito, quindi, può muoversi alla sentenza impugnata, la quale ha negato la ricorrenza di un’impossibilità imprevedibile ed imprevenibile, considerando la condotta di RAGIONE_SOCIALE non esente da colpa per la già descritta mancata dimostrazione della non imputabilità remota del fatto impeditivo dell’adempimento della propria prestazione.
4.3. Esigenze di completezza, infine, impongono di rimarcare che, circa la odierna deduzione per cui il factum principis avrebbe dovuto comunque essere riconosciuto almeno per le socie di RAGIONE_SOCIALE ( cfr . pag. 21.22 del ricorso in esame), nella sentenza oggi impugnata si legge soltanto che
« l’impossibilità incolpevole, se tale possa essere qualificata, avrebbe riguardato la vicenda edificativa (cioè il rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e soci e le Autorità amministrative) e non il rimborso del finanziamento, atteso che le banche non erano creditrici della prestazione di costruire » ( cfr . pag. 12). La ricorrente, invece (anche volendosi prescindere dal fatto che, anche per le socie di RAGIONE_SOCIALE , l’evento non fu chiaramente sconosciuto, né imprevedibile, né irrimediabile), ancora una volta, non indica quando e come, specificamente, avrebbe proposto il relativo tema innanzi ai giudici di merito, sicché troverebbero applicazione anche qui i principi giurisprudenziali già richiamati nel precedente § 2.1.1. di questa motivazione.
Il quarto motivo di ricorso è anch’esso infondato.
5.1. Invero, la corte territoriale non ha effettuato la parificazione lamentata dalla ricorrente, atteso che per il giudice d’appello l’unica obbligata a rispettare il parametro loan to value era ed è sempre rimasta RAGIONE_SOCIALE Le sue socie, invece, erano obbligate solo a fornire a quest’ultima, ove necessario, la provvista per provvedervi. Il che è chiaramente tutt’altro.
5.2. A tanto deve aggiungersi che il risarcimento del danno per cui la corte territoriale ha pronunciato la condanna generica in favore delle banche ed in danno delle socie di RAGIONE_SOCIALE è oggettivamente altro rispetto alla prestazione contenuta nella lettera di garanzia, da ciò conseguendone che, anche sotto questo profilo, nessuna equiparazione alla fideiussione (dove il garante risponde della medesima prestazione del debitore) può ritenersi avvenuta. L ‘elemento dell’accessorietà, tipico della fideiussi one, da intendersi come la stretta connessione tra l’adempimento del debitore e l’obbligazione del fideiussore, non è riscontrabile, dunque, nel patronage , sicché, l’obbligo assunto dal patrocinante non può che giudicarsi autonomo rispetto alla solvibilità del patrocinato.
5.2.1. In altri termini , l’obbligazione nel patronage consiste nell’agevolare l’erogazione di un finanziamento in favore del patrocinato. Il tutto, mediante una ‘ rassicurazione ‘ che viene diffusa in modo tendenzialmente epistolare verso il creditore sul buon esito dell’operazione , certamente non assumendo,
nei confronti del creditore, un’obbligazione come quella propria del patrocinato.
5.3. Da ultimo, va considerato che la nullità ex art. 1938 cod. civ., come è noto, riguarda soltanto le obbligazioni future, non quelle assunte contestualmente al contratto a cui accedono, come avvenuto nel caso di specie, dove, peraltro, l’impegno di garanzia fu preso con riferimento a parametri di calcolo predeterminati su una precisa norma del contratto di finanziamento che mai nessuno ha posto in discussione. Dunque non vi era alcunché di indeterminato.
Il ricorso, da riqualificarsi come incidentale, di RAGIONE_SOCIALE
I formulati motivi del suddetto ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1371 c.c. e 1324 c.c. Difetto di motivazione su una questione essenziale della controversia e illogicità manifesta ». Si deducono la mancanza di motivazione su una questione essenziale della controversia e la sua illogicità manifesta nell’interpretare l’impegno assunto dall’esponente e da lle altre patronnant es di RAGIONE_SOCIALE di ‘ esercitare la propria influenza affinché il Beneficiario (Sitas, ndr) disponga all’occorrenza di sufficienti risorse economiche al fine di consentire a quest’ultimo in ogni momento l’adempimento alle obbligazioni di cui alla clausola 17 del Contratto di Finanziamento ‘;
II) « Violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. degli artt. 1362 e ss. c.c. e 1324 c.c. e dei principi di diritto in tema di presupposizione e mancato esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. ». Si censura la sentenza impugnata per violazione dei principi di diritto in tema di presupposizione, per non aver riconosciuto rilevanza all’interruzione dell’attività di costruzione del complesso alberghiero quale presupposto di operatività del covenant load to value nonché per mancato esame di un fatto decisivo per il giudizio non avendo la corte distrettuale minimamente preso in considerazione le pattuizioni contenute nel
Contratto di Finanziamento ed aventi ad oggetto la costruzione del complesso immobiliare;
III) « Nullità della sentenza impugnata per mancanza e contraddittorietà della motivazione e violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. », nel capo in cui ha riformato la sentenza di primo grado affermando la responsabilità dell’esponente per violazione dell’impegno di non cedere la propria partecipazione previsto alla lettera a ) della lettera di patronage .
2. Rileva, innanzitutto, il Collegio che sia il primo che il secondo di tali motivi cumulano vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per Cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure ( cfr., e plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 26383 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022). In altri termini, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione ( cfr . Cass. nn. 26383 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018). È sicuramente vero, peraltro, che, « In tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c., può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi,
singolarmente numerati » ( cfr ., in termini, Cass. n. 39169 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018). Tanto, però, non si rinviene nei motivi di ricorso in esame, i quali, per come concretamente argomentati, non consentono di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli invocati vizi, rispettivamente, motivazionali e di violazione di legge, in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare quella teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse.
2.1. Fermo quanto precede, il primo di tali motivi, nella misura in cui contesta l’esito interpretativo raggiunto dalla corte di appello circa il significato del contenuto della lettera di patronage sottoscritta dalla odierna ricorrente quale socia di RAGIONE_SOCIALE, si rivela inammissibile per gli stessi principi e le medesime considerazioni di carattere generale già esposte con riferimento al primo motivo del ricorso di NOME RAGIONE_SOCIALE
2.1.1. Nel quadro di detti principi, risulta chiaro che il motivo si risolve nel sostenere una diversa lettura del contenuto della lettera di patronage predetta e degli impegni da essi derivati per Ricerca Finanziaria s.p.a. contrapponendola a quella preferita (e certamente non implausibile) dalla corte di appello. La ricorrente, peraltro, non ha prospettato una obiettiva ed inaccettabile contrarietà, a quello comune, del senso attribuito dalla corte territoriale ai testi ed ai comportamenti negoziali interpretati, o della macroscopica irrazionalità o intima contraddittorietà dell’interpretazione complessiva dei documenti citati , insistendo nell’invocare come corretta la propria interpretazione dei testi suddetti. È indubbio, quindi, che, così operando, la stessa intende affidare a codesta Corte il compito (inammissibile) di revisione del ragionamento decisorio, inteso come opinione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione.
2.1.2. La semplice lettura della sentenza impugnata, peraltro, consente agevolmente di escludere qualsivoglia difetto di sua motivazione in ordine a questo tema.
2.2. Con riferimento, invece, al secondo motivo, il preteso omesso esame di fatto decisivo non è adeguatamente sviluppato, né, soprattutto, rispetta le modalità di prospettazione di tale vizio sanciti fin da Cass., SU, n. 8053 del 2014).
2.3. Neppure sussiste, poi, la lamentata violazione di legge in merito all’istituto della cd. presupposizione.
2.3.1. Giova premettere, quanto al l’appena menzionato istituto, che , ribadito anche a Sezioni Unite da questa Corte ( cfr . Cass. SU. n. 9909 del 2018, con ampi riferimenti giurisprudenziali. Si vedano anche, in senso sostanzialmente conforme, le successive Cass. n. 40279 del 2021 e Cass, n. 17615 del 2020, nonché le precedenti Cass. n. 22580 del 2014; Cass. n. 20620 del 2016 e Cass. n. 5112 del 2018), si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali come presupposto condizionante il negozio (cd. condizione non sviluppata o inespressa), richiedendosi pertanto a tal fine: a ) che la presupposizione sia comune a tutti i contraenti; b ) che l’evento supposto sia stato assunto come certo nella rappresentazione delle parti (e in ciò la presupposizione differisce dalla condizione); c ) che si tratti di un presupposto obiettivo, consistente cioè in una situazione di fatto il cui venir meno o il cui verificarsi sia del tutto indipendente dall’attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all’oggetto di una specifica obbligazione.
2.3.2. Pertanto, la presupposizione è configurabile quando dal contenuto del contratto risulti che le parti abbiano inteso concluderlo soltanto subordinatamente all’esistenza di una data situazione di fatto che assurga a presupposto comune e determinante della volontà negoziale, la mancanza del quale comporta la caducazione del contratto stesso, ancorché a tale situazione, comune ad entrambi ì contraenti, non si sia fatto espresso riferimento; o, in altri termini, si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto comune ad entrambi i contraenti ed avente carattere obiettivo, essendo il suo verificarsi indipendente dalla loro volontà e attività,
sia stata elevata dai contraenti stessi a presupposto comune in modo da assurgere a fondamento – pur in mancanza di un espresso riferimento formale o testuale – dell’esistenza ed efficacia del contratto.
2.3.3. L’accertamento in merito alla ricorrenza della presupposizione, inoltre, esaurendosi sul piano propriamente interpretativo del contratto, costituisce una valutazione di fatto, riservata, come tale, al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici o giuridici ( cfr . Cass. n. 40279 del 2021; Cass. n. 20245 del 2009).
2.3.4. Tanto premesso, mancano, nella complessiva vicenda di cui oggi si discute, i descritti requisiti (che naturalmente dovrebbero essere tutti contemporaneamente presenti) dell’istituto in esame . Non ricorrono, infatti: i ) l’estraneità della sopravvenienza al contenuto obbligatorio del contratto (la mancanza – o sopravvenuta mancanza – delle autorizzazioni fu certamente parte delle pattuizioni contrattuali); ii ) l’estraneità della sopravvenienza alla responsabilità delle parti (sulla verificazione della circostanza presupposta), posto che RAGIONE_SOCIALE (e non solo essa), come spiega la sentenza impugnata, fu (o avrebbe ragionevolmente dovuto essere) fin dall’inizio ampiamente consapevole della possibilità che l’intero proget to fosse soggetto alla VIA e del possibile rischio di non provvedere al riguardo; iii) l’inconfigurabilità della circostanza presupposta come un obbligo assunto da una delle parti e la impossibilità delle medesime di incidere sulla esistenza o inesistenza del presupposto stesso. In proposito, basta rimarcare che RAGIONE_SOCIALE si era obbligata ad ottenere (e poi mantenere) tutte le autorizzazioni necessarie a costruire, dunque compreso la VIA; iv ) l’essenzialità del presupposto, inteso come situazione di fatto o di diritto avente valore determinante ai fini del permanere del vincolo contrattuale o di una sua specifica clausola. Nella specie, la costruzione del compendio non era certamente per le Banche una situazione determinante; tanto ciò è vero che le medesime si erano, appunto, cautelate per recuperare il loro credito anche per il caso in cui ciò non fosse accaduto.
2.3.5. La decisione della corte distrettuale, pertanto, è immune da vizi logici e giuridici e la motivazione dalla stessa espressa in merito
all’interpretazione del Contratto e della Lettera di impegno -come si è già detto in precedenza – è conforme ai principi enunciati ed alle regole codicistiche di ermeneutica contrattuale, così come l’accertamento in fatto in ordine alla non sussistenza, sotto alcuno dei profili appena ricordati come indispensabili nella giurisprudenza di questa Corte, degli estremi per la configurabilità della presupposizione.
Il terzo motivo del ricorso in esame è parimenti infondato.
3.1. Esso, invero, mostra di non tenere in alcun conto che, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. nn. 26383, 19423, 16118, 13621, 9807 e 6127 del 2024, l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata il 20 maggio 2020, ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità su lla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è
quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
3.1.1. In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ( cfr . Cass. nn. 26383, 19423 e 5375 del 2024; Cass. n. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022). Un simile vizio – da apprezzarsi, peraltro, non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. nn. 19423 e 5375 del 2024; Cass. n. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022) – è, nella specie, insussistente. La corte territoriale, infatti, ha illustrato ( cfr., amplius , pag. 15 della sentenza impugnata) gli assunti posti a base dell’adottata soluzione circa il ritenuto inadempimento specificamente ascritto a RAGIONE_SOCIALE Si tratta, quindi, di motivazione che esplicita le ragioni della decisione su questo punto, rendendone agevolmente individuabile l’ iter logico seguito, così dovendosi considerare soddisfatto l’onere minimo motivazionale di cui si è detto; né rileva, qui, come si è già anticipato, l’esattezza, o non, di tali assunti.
Il ricorso, da riqualificarsi come incidentale, di RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo.
I formulati motivi del suddetto ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1333 c.c., 1322 c.c., 1323 c.c. nonché 1937 c.c., 1882 c.c. 1883 c.c. e 1218 c.c. ». Si contesta alla corte di appello di avere qualificato la lettera di patronage rilasciata da RAGIONE_SOCIALE e dalle altre socie di RAGIONE_SOCIALE come ‘ forte ‘ invece che ‘ debole ‘. Si assume che la sentenza è errata in quanto afferma che tutte le lettere di patronage , qualora contengano impegni giuridici, siano ‘ forti ‘ e costituiscano ‘ un’ assicurazione di solvibilità ‘ del
patrocinato in violazione degli artt. 1333, 1322 e 1323 cod. civ. Il contenuto della lettera di patronage , invece, è liberamente determinabile;
II) « Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1366 nonché 1370 c.c. 1371 c.c. e 1218 c.c. ». Si deduce che la corte territoriale, affermando che le società patronnantes si sono obbligate a ‘ consentire a Sitas l’adempimento dei propri impegni finanziari ‘, si è limitata a fornire un’interpretazione del contratto ‘ alla luce di evidenti criteri ermeneutici ‘, senza tuttavia indicarli né, tanto meno, applicarli sia in relazione alla Lettera di patronage sia i n relazione all’art. 17 del Contratto ;
III) « Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti », per avere la corte distrettuale totalmente omesso di esaminare alcuni fatti (attività svolte da COGNOME in esecuzione dell’obbligo di esercitare la propria influenza) che, qualora fossero stati presi in considerazione, avrebbero condotto con certezza a ritenere che l’odierna ricorrente ha adempiuto all’obbligo assunto con la lettera di patronage al fine di consentire a RAGIONE_SOCIALE la prosecuzion e dell’attività e fare quanto possibile per continuare e portare a termine la realizzazione del progetto compiendo tutti gli atti necessari al ripristino di titoli ovvero alla concessione di nuovi titoli abilitativi comprese le azioni avverso la magistratura amministrativa. La decisione impugnata, quindi, è errata laddove non si è fatto alcun riferimento, neanche minimo, a tali condotte di Sansedoni e non è stato considerato che la condotta dalla stessa posta in essere rileva ad escludere o, in subordine, attenuare rispetto alle altre patronnantes , la denegata responsabilità risarcitoria per inadempimento agli obblighi derivanti dalla lettera di patronage ;
IV) « Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. », perché la corte milanese non si è pronunciata sulle difese riproposte da Sansedoni, anche in via di appello incidentale, riguardanti la validità e l’efficacia della Lettera di patronage dopo aver accolto l’appello proposto da Banca Imi e da MPS ed aver rigettato il gravame incidentale di Sansedoni;
V) « Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1938, 1325 e 1346 c.c. nonché dell’art. 132, n. 4, c.p.c. ». Si assume che la sentenza impugnata è errata in quanto, dopo aver qualificato la lettera di patronage come ‘ forte ‘, non ha dichiarato la nullità della stessa per mancata indicazione dell’importo massimo garantito né, eventualmente, per indeterminatezza dell’oggetto;
VI) « Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1256, 1285 e 1288 c.c. », per avere la corte territoriale ritenuto che l’obbligazione di mantenere il parametro loan to value (LTV) fosse un’obbligazione qualificabile come alternativa e che ‘ la prosecuzione dell’edificazione progettata era solo uno dei due criteri con cui era possibile mantenere fede all’obbligo di rispettare il parametro dell’indice LTV ‘ essendo possibile, nel caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione di costruire il complesso immobiliare, di procedere, appunto in via alternativa, a ‘ un proporzionale rimborso del finanziamento ‘. La sentenza impugnata ha erroneamente applicato gli artt. 1285 e 1288 cod. civ. (previsti per le obbligazioni alternative) all’obbligazione semplice: infatti, il debitore non poteva liberarsi eseguendo una delle due prestazioni dedotte in obbligazione, ai sensi dell’art. 1286 cod. civ., ma si era obbligato solo a mantenere il parametro loan to value entro i limiti convenuti attraverso la realizzazione del progetto, con conseguente valorizzazione dell’immobile rispetto all’ammontare del debito. Ne consegue che, a seguito della revoca dei titoli amministrativi, l’obbligazione di mantenere il parametro LTV si è esti nta per impossibilità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1256 cod. civ.;
VII) « Ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n. 5, c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti », per avere la corte distrettuale erroneamente ritenuto che la revoca delle concessioni amministrative non fosse configurabile quale fatto imprevedibile in quanto RAGIONE_SOCIALE non aveva sottoposto il progetto alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Nell’esprimere tale valutazione, la stessa ha totalmente omesso di considerare che, nel caso di specie, non era necessario sottoporre il progetto alla V.I.A. (come peraltro affermato nella sentenza del
TAR Sardegna). Tale fatto, ove fosse stato preso in considerazione, l’avrebbe condotta a ritenere che l’obbligo di mantenere il parametro LTV era estinto per impossibilità sopravvenuta;
VIII) « Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 1256 c.c. ». Si assume che la sentenza impugnata è errata nella parte in cui ha ritenuto che la revoca delle concessioni amministrative non ha determinato l’estinzione dell’obbligo di Sitas di mantenere il parametro LTV poiché ‘ le banche non erano creditrici della prestazione di costruire ‘. Il mutuo richiesto da RAGIONE_SOCIALE non era un semplice finanziamento bensì un mutuo di scopo che avrebbe dovuto essere utilizzato, per l’appunto, al fine di costruire il complesso immobiliare. Inoltre, si contesta alla corte di appello di avere affermato che ‘ l’inedificabilità sopravvenuta, incolpevole o meno che fosse, rendendo impossibile il completamento del progetto di Sitas, comporterebbe l’estinzione del debito pecuniario della medesima nei confronti delle banche ‘, così non distinguendo tra obbligo al rimborso del finanziamento ed obbligo di mantenere il parametro LTV.
Il primo di tali motivi è inammissibile.
2.1. Invero, pure volendosi sottacere che la censura sembra investire le singole parole utilizzate dalla corte d’appello, piuttosto che la sostanza delle sue argomentazioni, assume rilievo affatto dirimente il fatto che la ricorrente omette totalmente di spiegare i motivi per cui la contestata affermazione della medesima corte e le norme indicate in rubrica sarebbero state violate.
2.1.1. A ciò deve aggiungersi che la sentenza impugnata non ha fondato l’accertamento/qualificazione della natura ‘ forte ‘ dell’impegno, già ritenuta dal tribunale, su quel breve inciso contenuto nella parte descrittiva generale delle caratteristiche che le lettere di patronage forti possono presentare e su cui ora la ricorrente appunta la propria censura, ovvero le parole ‘ assumono un’assicurazione di solvibilità del patrocinato ‘. Nella specie, la corte d’appello ha inquadrato gli impegni del patronnant nell’ambito dello schema di cui all’art. 1333 cod. civ. sulla scorta dell’insegnamento di legittimità ivi richiamato.
2.2. Non sussiste, poi, la lamentata violazione dell’art. 1882 cod. civ., atteso che la corte territoriale non ha applicato quella norma al caso di specie, peraltro mai richiamata espressamente, sicché, come condivisibilmente osservato dalla difesa di RAGIONE_SOCIALE, certamente non potrebbe averla ‘ violata ‘ o ‘ falsamente applicata ‘. Con l’espressione ‘ assicurazione di solvibilità ‘, il giudice di merito non ha inteso riferirsi al contratto tipico oggi richiamato dalla ricorrente -che, peraltro, è applicabile soltanto quando l’assicuratore si impegna a risarcire un ‘ danno … prodotto da un sinistro ‘ oppure a ‘ pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana ‘ ( cfr . l’art. 1882 cod. civ.), fattispecie qui estranee ma, molto più semplicemente, ha voluto rimarcare uno dei primari obiettivi delle lettere di patronage : rassicurare, confortare il finanziatore che il debitore sarebbe stato mantenuto in condizioni di solvibilità per adempiere agli obblighi assunti (anche, come nel caso di specie, tramite la corresponsione della provvista necessaria).
2.3. Anche la pretesa violazione dell’art. 1937 cod. civ è insussistente, mai avendo la corte di merito inquadrato o assimilato la lettera di patronage alla fideiussione, avendo puntualizzato, al contrario, che la ‘ funzione delle dichiarazioni contenute in tali lettere non si sovrappone propriamente a quella delle fidejussioni, atte a garantire l’adempimento altrui, assumendosene in proprio l’obbligo ‘, così espressamente escludendo, quindi, la natura di fideiussione dell’impegno assunto da lle NOME .
2.4. Dalla sentenza impugnata, infine, nemmeno emerge che la corte suddetta abbia affermato che il contenuto delle lettere di patronage non era liberamente determinabile.
2.4.1. Essa, invero, dopo aver esaminato il contento degli impegni previsti nelle lettere sottoscritte dalle patronnantes -che hanno ad oggetto, fra l’altro, al punto b) , ‘ esercitare la propria influenza affinché il Beneficiario disponga all’occorrenza di sufficienti risorse economiche, al fine di consentire a quest’ultimo in ogni momento l’adempimento alle obbligazioni di cui alla clausola 17 (Impegni Finanziari) del Contratto di Finanziamento ‘ -ed averli considerati ‘ forti ‘ alla stregua della richiamata giurisprudenza di legittimità,
ha ribadito tale natura e, stante il loro ritenuto inadempimento, ha condannato (anche) la odierna ricorrente al risarcimento danno da determinarsi in separato giudizio.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché, sostanzialmente, censura l’esito interpretativo cui è giunta la corte di appello quanto al contenuto ed al concreto oggetto delle lettere di patronage di cui si discute.
3.1. È sufficiente, quindi, il richiamo alle considerazioni di carattere generale già esposte nel primo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE e nel primo motivo di quello di RAGIONE_SOCIALE
3.1.1. La sentenza impugnata, peraltro, mai accenna al tema della predisposizione unilaterale o congiunta dei documenti (né fa menzione dei canoni interpretativi che tale circostanza determinerebbe di applicare) quale questione da cui far discendere un determinato assetto delle responsabilità piuttosto che un altro e la ricorrente – come già NOME RAGIONE_SOCIALE nel primo motivo del suo ricorso – nemmeno indica, al fine di scongiurare la declaratoria di inammissibilità della censura per sua novità in parte qua , in quale atto del giudizio precedente aveva posto tale tema.
Il terzo motivo del ricorso è inammissibile.
4.1. Giova premettere che, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nel testo novellato già precedentemente richiamato, non costituiscono, ‘ fatti ‘, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ivi descritto, tra l’altro, una moltitudine di fatti e circostanze, o il vario insieme dei materiali di causa ( cfr . Cass. n. 21439 del 2015). Inoltre, il ‘ fatto ‘ il cui esame sia stato omesso deve avere carattere ‘ decisivo ‘, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Tale decisività, in quanto correlata all’interesse all’impugnazione, si addice innanzitutto a quel fatto che, se scrutinato, avrebbe condotto il giudice ad una decisione favorevole al ricorrente, rimasto soccombente nel giudizio di merito. Poiché l’attributo si riferisce al ‘ fatto ‘ in sé, la ‘ decisività ‘ asserisce, inoltre, al nesso di causalità tra la circostanza non esaminata e la decisione: essa deve apparire, cioè, tale che, se presa in considerazione, avrebbe portato con certezza il giudice del merito ad una diversa ricostruzione della fattispecie
(non bastando, invece, la prognosi che il fatto non esaminato avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione diversa: si vedano già Cass. n. 22979 del 2004; Cass. n. 3668 del 2013; la prognosi in termini di ‘ certezza ‘ della decisione diversa è richiesta, ad esempio, da Cass., SU, n. 3670 del 2015).
4.1.1. Tanto premesso, la censura in esame è inammissibile perché la ricorrente non spiega la rilevanza, in termini di loro effettiva decisività, delle circostanze di cui lamenta il preteso omesso esame con riguardo al presente giudizio, che ha ad oggetto l’inadempimento dell’impegno (anche) della odierna ricorrente, quale socia di RAGIONE_SOCIALE, a far sì che quest’ultima rispettasse i parametri di cui alla clausola 17 del Contratto . A tanto deve soltanto aggiungersi che: i ) i fatti e/o i documenti di cui oggi la ricorrente lamenta l’omesso esame, lungi dall’essere, di per sé, ‘ decisivi ‘, nei sensi in precedenza ricordati, al più potrebbero rappresentare elementi indiziari da porre a fondamento di un ragionamento presuntivo volto a giungere a conclusioni magari diverse da quelle esposte dalla corte territoriale, così procedendosi, però, a valutazioni che, impingendo nel merito, sono inammissibili nel giudizio di legittimità; ii ) le circostanze dedotte da COGNOME Siena, di avere espresso il proprio voto in assemblea su proposte volte a fornire alcune risorse a RAGIONE_SOCIALE o di avere versato parte delle relative somme per consentire il funzionamento della società in liquidazione – rimaste peraltro indimostrate – appaiono irrilevanti ai fini di causa e, in particolare, ai fini della prova dell’adempimento degli obblighi di cu i ai punti a) e b) delle lettere di patronage , mai essendo stato allegato, ancor prima che provato, dalle patronnantes (tra cui l’odierna ricorrente) di avere in qualsiasi modo fornito a RAGIONE_SOCIALE le risorse necessarie per il rispetto dell’indice loan to value di cui all’art. 17 del Contratto di Finanziamento. Da ciò la conclusione che i fatti di cui oggi è lamentato l’omesso esame, ove pure fossero stati dimostrati, certamente non potrebbero escludere o attenuare la responsabilità anche della menzionata ricorrente nei confronti delle banche.
Il quarto motivo di ricorso è infondato.
5.1. Invero, pure volendosene sottacere la genericità ed il richiamo all’art. 1938 cod. civ. che, nella specie, non ha alcun rilievo (attenendo esso soltanto alle obbligazioni future, non a quelle assunte contestualmente al contratto cui accedono, come avvenuto , invece, nell’odierna vicenda, dove, peraltro, l’impegno di garanzia fu preso con riferimento a parametri di calcolo predeterminati su una precisa norma del contratto di finanziamento mai posta in discussione dalle parti), è sufficiente rimarcare che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti, come in questo caso (posto che l’inte ra impostazione logico-giuridica della sentenza -tutta incentrata nel ritenere la lettera di patronage scevra da qualsivoglia vizio -ha comportato l’impossibilità di censurarla per il profilo lamentato dalla ricorrente), il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione ( cfr . Cass. n. 4024 del 2024; Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 1798 del 2024; Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020).
5.1.1. Il giudice, infatti, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. Ne consegue che: i ) il vizio di omessa pronuncia -configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto -non ricorre laddove, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto ( cfr . Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12652 del 2020); ii ) la reiezione implicita di una tesi difensiva o di
una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronuncia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ( cfr . Cass. n. 4024 del 2024; Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12131 del 2023; Cass. n. 24953 del 2020).
Il quinto motivo di ricorso è infondato per le medesime ragioni già ampiamente esposte con riferimento al secondo ed al quarto motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE
6.1. L ‘impegno de lle socie di RAGIONE_SOCIALE era -tra gli altri -quello di dotare quest’ultima delle risorse finanziarie necessarie affinché la stessa potesse perseverare a garantire il rispetto del parametro loan to value attraverso una riduzione del debito verso le banche (visto che quel rispetto non poteva essere garantito dalla prosecuzione dei lavori). Un impegno che, dunque, non aveva alcunché di indeterminato, come condivisibilmente opinato dalla corte d’appello, che ha valutato correttamente nell’in tero assetto dato alla sua motivazione gli esatti contorni dell’impegno assunto e disatteso -dalle socie di RAGIONE_SOCIALE
6.2. A tanto deve aggiungersi che, come si è già accennato scrutinandosi il motivo precedente, la nullità ex art. 1938 cod. civ., come è noto, riguarda soltanto le obbligazioni future, non quelle assunte contestualmente al contratto a cui accedono, come avvenuto nel caso di specie, dove peraltro l’impegno di garanzia fu preso con riferimento a parametri di calcolo predeterminati su una precisa norma del Contratto di finanziamento che mai nessuno ha posto in discussione.
7.Il sesto motivo di ricorso è infondato.
7.1. Giova ricordare, innanzitutto, che nelle obbligazioni cd. alternative si è al cospetto di un unico rapporto obbligatorio il cui contenuto (cioè la prestazione) presenta due (art. 1285 cod. civ.) o più (art. 1291 cod. civ.) oggetti: vi sono, dunque, due prestazioni (o più di due) che, però, non devono
essere eseguite entrambe, ma l’una al posto dell’altra ( duae res, vel plures, sunt in obligatione; una autem in soluzione ). Da questo punto di vista, esse si distinguono dalle obbligazioni ad oggetto cumulativo, dove l’interesse del creditore è soddisfatto quando sono eseguite tutte le prestazioni che sono oggetto dell’obbligazione.
7.1.1. Essendo stabilito che vi sono due prestazioni da eseguire, è necessario scegliere quale di queste dovrà esserlo e tale scelta, denominata, ” concentrazione “, spetta, di regola, al debitore, ove non attribuita al creditore o ad un terzo (art. 1286, comma 1, cod. civ.). Effettuata la scelta, magari anche con l’esecuzione diretta di una prestazione, l’obbligazione da complessa diviene semplice, sicché, ove la prestazione scelta divenga impossibile per causa non imputabile al debitore, l’obbligazione si e stingue ed il creditore non potrà più pretendere l’adempimento dell’altra prestazione. Diversamente, se la prestazione è divenuta impossibile prima della concentrazione , giusta l’art. 1288 cod. civ., l’obbligazione alternativa torna semplice, sicché dovrà eseguirsi la prestazione rimasta.
7.2. Diversa dalla obbligazione alternativa è l’obbligazione facoltativa, chiamata, più propriamente, con facoltà alternativa.
7.2.1. In questa vi è una sola prestazione da eseguire, ma il debitore può liberarsi eseguendone un’altra già individuata in precedenza con il creditore ( una res est in obligatione; duae autem in facultate solutionis ). Non c’è, quindi, alternatività in quanto la prestazione è unica, ma il debitore può liberarsi con un’altra prestazione. In questo caso, proprio perché l’obbligazione facoltativa ha un solo contenuto, basta che l’adempimento della prestazione principale divenga impossibile per causa non imputabile al debitore perché l’obbligazione si estingua. In altri termini, proprio perché una res est in obligatione , è irrilevante che sia rimasta possibile l’altra che era in facoltà del debitore.
7.3. Fermo quanto precede, nella specie, appare innegabile che il contenuto della obbligazione di RAGIONE_SOCIALE era, specificamente (art. 17 del Contratto ), quello di mantenere il valore loan to value entro i limiti convenzionalmente stabiliti. La corte di appello ha ritenuto che tale
obbligazione potesse essere adempiuta in due modi: o proseguendo e completando le opere di edificazione (così da mantenere inalterato il rapporto tra esse e l’ammontare complessivo del finanziamento erogato e non rimborsato), oppure, ove fermatasi l’edificazione (come concretamente accaduto e, peraltro, per causa che la medesima corte ha ritenuto imputabile alla RAGIONE_SOCIALE), rimborsando proporzionalmente il finanziamento già ricevuto.
7.3.1. Pertanto, delle due l’una: o si era al cospetto di obbligazione alternativa, sicché l’assenza di qualsivoglia dimostrazione circa l’avvenuta concentrazione , da parte della debitrice ed in epoca anteriore alla sopravvenuta impossibilità (imputata, come si è già detto, alla RAGIONE_SOCIALE) dell’obbligazione da eseguire, avrebbe imposto comunque l’adempimento dell’altra. Se, invece, volesse ricondursi l’obbligazione suddetta a quella con facoltà alternativa, l’esito non cambierebbe perché, come si già rip etutamente precisato, l’impossibilità dell’unica prestazione era da imputarsi alla debitrice che, pertanto, non poteva considerare estinta la propria obbligazione, con conseguente responsabilità anche dei suoi soci per effetto e nei limiti della loro lettera di patronage .
7.4. Ragioni di completezza suggeriscono di aggiungere che, come si è già spiegato scrutinando il terzo motivo di ricorso della RAGIONE_SOCIALE, un determinato evento, per poter rendere impossibile la prestazione ed estinguerla ex art. 1256 cod. civ., deve essere assoluto, imprevisto ed imprevedibile. Deve trattasi, cioè, di un fatto il cui verificarsi esula del tutto dalla condotta cosciente e volontaria di un soggetto sensato, non ricollegabile in alcun modo ad una sua azione od omissione. Un evento imponderabile, dunque, in quanto non probabile secondo un criterio di normalità. Tanto, però, non si rinviene nella fattispecie in esame, proprio tenuto conto di quanto specificamente argomentato, sul punto, dalla corte di appello.
8. Il settimo motivo di ricorso è inammissibile per le stesse ragioni, di carattere generale, già esposte con riferimento al terzo e che, per intuibili ragioni di sintesi, devono intendersi qui richiamate. Ciò non senza rimarcare,
peraltro, che, in realtà, la corte distrettuale ha espressamente valutato anche l’intera questione del procedimento am ministrativo descritto nella doglianza.
L ‘ottavo motivo di ricorso, infine, si rivela insuscettibile di accoglimento per le medesime ragioni che hanno giustificato l’analogo esito del terzo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE di contenuto affatto simile.
9.1. Anche in questo caso, quindi, pur non volendo ritenere che, in realtà, al di là del richiamo formale al vizio di violazione di legge contenuto nel titolo, la doglianza intende sostanzialmente negare, considerandola non congrua, la lettura fornita dalla corte di merito in relazione agli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa ritenuti rilevanti in relazione alla ricostruzione della portata degli eventi relativi all’addotto factum principis ed alla condotta della debitrice (così trovandosi al cospetto, dunque, di una censura di merito o comunque diretta a far valere un vizio motivazionale carente dei presupposti oggi richiesti per il suo ingresso in sede di legittimità, vale a dire l’omesso esame di un fatto decisivo discusso tra le parti), resta affatto dirimente il condivisibile assunto della corte distrettuale circa l’impossibilità di considerare l’impedimento amministrativo descritto nel motivo come un evento effettivamente munito delle caratteristiche necessarie a renderlo idoneo a far considerare estinta, ex art. 1256 cod. civ., la prestazione di RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso, da riqualificarsi come incidentale, di RAGIONE_SOCIALE
I formulati motivi del suddetto ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 1362 e ss. c.c. (criteri di interpretazione del contratto e, in particolare, degli artt. 1362, 1363, 1366, 1369, 1370 e 1371 c.c.) in relazione al Contratto di finanziamento (doc. 15) », contestandosi la sentenza impugnata nella parte in cui ha osservato ( cfr . p. 11) che « la prosecuzione dell’edificazione progettata era solo uno dei due criteri con cui era possibile mantenere fede all’obbligo di rispettare il parametro dell’indic e LTV: il progetto immobiliare, una volta proseguito e/o portato a termine avrebbe mantenuto alto il valore di mercato del compendio (numeratore) e, fermo il
quantum da restituire (denominatore), ancora più alto, si sarebbe così mantenuto il rispetto del limite del 70%. Ma vi era un’alternativa, per nulla impossibile, che avrebbe consentito comunque il rispetto del parametro del 70%, anche a fronte della perdita di valore degli immobili (numeratore): tale alternativa era costituita, per deduzione logica, da un proporzionale rimborso del finanziamento (denominatore) »;
II) « Omesso esame circa un fatto decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., sulla realizzabilità dell’opera ». Si ascrive alla corte distrettuale di non aver considerato la circostanza che la realizzabilità dell’opera era fatto condizionante l’esigibilità dei covenant di cui all’art. 17 del contratto di finanziamento, di tal che la sopravvenuta irrealizzabilità avrebbe determinato l’inesigibilità della prestazione di RAGIONE_SOCIALE in rapporto al rispetto del parametro del loan to value di cui al precitato art. 17 del contratto e, con essa, l’inesigibilità anche della prestazione gravante su lle patronnant es;
III) « Violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 1362 e ss. c.c. (criteri di interpretazione del contratto e, in particolare, degli artt. 1362, 1363, 1366, 1369, 1370, 1371 e 1937 c.c.) in relazione alla Lettera di impegno (doc. 1) ». Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha opinato ( cfr. pag. 11) che « la prosecuzione dell’edificazione progettata era solo uno dei due criteri con cui era possibile mantenere fede all’obbligo di rispettare il parametro dell’ind ice LTV: il progetto immobiliare, una volta proseguito e/o portato a termine avrebbe mantenuto alto il valore di mercato del compendio (numeratore) e, fermo il quantum da restituire (denominatore), ancora più alto, si sarebbe così mantenuto il rispetto del limite del 70%. Ma vi era un’alternativa, per nulla impossibile, che avrebbe consentito comunque il rispetto del parametro del 70%, anche a fronte della perdita di valore degli immobili (numeratore): tale alternativa era costituita, per deduzione logica, da un proporzionale rimborso del finanziamento (denominatore). Ciò detto per l’obbligazione della debitrice principale, Sitas, la stessa conclusione va applicata all’obbligazione di patronage contratta dai soci, cioè, come puntualmente individuata in sentenza, ‘garantire alla Sitas le risorse finanziarie necessarie a mantenere il
valore del LTV entro i limiti contrattualmente stabiliti, cosa che sarebbe stata tutto fuorché impossibile, finanziando, appunto, la società con i mezzi necessari, mentre non è stato dimostrato che ciò sia stato fatto »;
IV) « Omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., sull’avvenuto adempimento da parte di PT dell’obbligo di cui alla lettera di impegno ». La ricorrente contesta alla corte territoriale di avere omesso l’esame del fatto, ritenuto decisivo, di avere la prima regolarmente adempiuto all’obbligo discendente dalla Lettera di impegno;
V) « Nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione agli artt. 112 e 132 c.p.c. ». Si censura la sentenza impugnata per non avere accolto l’eccezione di nullità della Lettera di impegno, per violazione dell’art. 1938 cod. civ. Si assume che, sul punto, non è stata articolata una motivazione soddisfacente i requisiti imposti dall’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., sicché, violando tale ultima disposizione, la corte di appello ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione suddetta in contrasto con l’art. 112 cod. proc. civ.;
VI) « Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. dell’art. 1938 e degli artt. 1325, 1346 e 1418 c.c. », atteso che la sentenza impugnata ha omesso di fare applicazione della necessaria predeterminazione di un limite all’impegno prestato dal sottoscrittore di una lettera di patronage , con conseguente nullità di quest’ultima;
VII) « Violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 1218 e 1256 c.c. », contestandosi alla corte territoriale di avere considerato erronea la sentenza di primo grado ‘ nella parte in cui l’annullamento delle concessioni da parte delle Autorità amministrative è stato ritenuto evento tale da configurare causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile , ex art. 1256 c.c . e, per l’effetto, estinguere l’obbligazione di Sitas (di rispettare il covenant di cui all’art. 17 del Contratto di finanziamentodoc. 15) nonché l’obbligazione de l patronnant di cui alla lettera di impegno (doc. 1) ‘.
Il primo di essi è complessivamente inammissibile, risolvendosi, sostanzialmente, in un sindacato sull’esito dell’interpretazione del Contratto
effettuato dalla corte distrettuale. Pertanto, valgono, in proposito, gli stessi principi generali già esposti con riferimento al l’analogo primo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE
2.1. La c orte d’appello ha rimarcato la differenza dei piani tra la « vicenda edificativa (cioè il rapporto tra Sitas e soci e le Autorità amministrative) » ed il « rimborso del finanziamento, atteso che le banche non erano creditrici della prestazione di costruire ». Ha evidenziato, al riguardo, che « l’obbligo di Sitas nei confronti delle banche era, infatti, soltanto quello di restituire il denaro finanziatole, obbligo che mai, nel sinallagma contrattuale, fu condizionato all’ottenimento delle autorizzazioni pubbliche , che anzi Sitas si impegnò ad ottenere, rispettare e mantenere (artt. 18.1a, 18.2a, 18.2d), pena la revoca del finanziamento (artt. 19.12a, 19.13, 19.14). Una diversa interpreta zione porterebbe alla conseguenza che l’inedificabilità sopravvenuta, incolpevole o meno che fosse, rendendo impossibile il completamento del progetto di Sitas, comporterebbe l’estinzione del debito pecuniario della medesima nei confronti delle banche, addossando a queste, in ultima analisi, il rischio d’impresa di RAGIONE_SOCIALE. È evidente che così non può essere ». La doglianza della ricorrente, invece, tende, sostanzialmente, ma inammissibilmente, ad avvalorare, nel merito, la soluzione interpretativa contraria.
Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile, non solo per quanto si è detto con riferimento circa l’insindacabilit à dell’esito interpretativo del Contratto raggiunto dalla corte distrettuale, ma anche perché non è vero che quest’ultima non ha considerato la inesigibilit à della prestazione, avendola addirittura ascritta alla responsabilità della debitrice/mutuataria RAGIONE_SOCIALE
3.1. A tanto deve aggiungersi, peraltro, che la ricorrente neppure evidenzia un fatto materiale il cui esame sarebbe stato asseritamente omesso, ma si lamenta, in realtà, di una relazione giuridica tra irrealizzabilità edificatoria ed obbligo di rispetto dei covenants .
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per la medesima ragione del primo (quello riferito al preteso significato della pattuizione contrattuale,
questo all’invocato significato della lettera di patronage ). In entrambi i casi, infatti, viene inammissibilmente censurato l’esito dell’interpretazione di atti privati compiuto dalla corte di merito.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile per le stesse argomentazioni di carattere generale, quanto alla tipologia di vizio anche qui invocato, già ampiamente esposte in relazione al terzo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo. Esse, pertanto, devono intendersi qui richiamate per intuibili esigenze di sintesi.
Il quinto motivo di ricorso è infondato per le medesime ragioni già spiegate in relazione al l’analogo quarto motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, da considerarsi, dunque, qui richiamate.
Il sesto motivo di ricorso è infondato alla stregua di quanto già detto in relazione al l’analogo quinto motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, da intendersi, così, qui ribadito.
Il settimo motivo di ricorso, infine, è infondato per le stesse ragioni già esposte in relazione all’ analogo ottavo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, da intendersi, perciò, qui richiamate.
Conclusioni e regime delle spese.
Riepilogando, quindi:
i ) il ricorso (n.r.g. 20299 del 2020) di RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute da ciascuna controricorrente ivi costituitasi, altresì dandosi atto -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte della menzionata società, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il suo ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento »;
ii ) il ricorso di Ricerca Finanziaria s.p.aRAGIONE_SOCIALE, abbinato ab origine a quello n.r.g. 20299/2020 di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute ciascuna controricorrente ivi costituitasi, altresì dandosi atto, stante il tenore della pronuncia adottata su detto ricorso, che sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte di Ricerca Finanziaria s.p.a., di un ulteriore importo a titolo dì contributo unificato, pari a quello previsto per detto ricorso, salva la verifica, spettante all’amministrazione giudiziaria, della debenza in concreto del contributo medesimo per le stesse ragioni già precedentemente esposte;
iii ) il ricorso di RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, abbinato ab origine a quello n.r.g. 20299/2020 di RAGIONE_SOCIALE, deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute ciascuna controricorrente ivi costituitasi, altresì dandosi atto, stante il tenore della pronuncia adottata su detto ricorso, che sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, di un ulteriore importo a titolo dì contributo unificato, pari a quello previsto per detto ricorso, salva la verifica, spettante all’amministrazione giudiziaria, della debenza in concreto del contributo medesimo per le stesse ragioni già precedentemente esposte;
iv ) il ricorso di RAGIONE_SOCIALE, abbinato ab origine a quello n.r.g. 20299/2020 di RAGIONE_SOCIALE, deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute ciascuna controricorrente ivi costituitasi, altresì dandosi atto, stante il tenore della pronuncia adottata su detto ricorso, che sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di un ulteriore importo a titolo dì contributo unificato, pari a quello previsto per detto ricorso, salva la verifica, spettante all’amministrazione giudiziaria, della debenza in concreto del contributo medesimo per le stesse ragioni già precedentemente esposte.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, disposta la riunione, ex art. 335 cod. proc. civ., dei quattro ricorsi separatamente proposti contro la medesima sentenza della Corte di appello di Milano n. 1219/2020 da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo e RAGIONE_SOCIALE: a ) rigetta il ricorso (n.r.g. 20299 del 2020) di RAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalle costituitesi controricorrenti, liquidate, per ciascuna di esse, in co mplessivi € 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; b ) rigetta il ricorso ( ab origine abbinato a quello di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE di Ricerca e RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitesi controricorrenti, liquidate, per ciascuna di esse, in complessivi € 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; c ) rigetta il ricorso (pure abbinato a quello di RAGIONE_SOCIALE di Sansedoni Siena s.p.a. in concordato preventivo e la condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitesi controricorrenti, liquidate, per ciascuna di esse, in complessivi € 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; d ) rigetta il ricorso ( anch’esso abbinato a quello di RAGIONE_SOCIALE) di RAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitesi controricorrenti, liquidate, per ciascuna di esse, in complessivi € 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte, rispettivamente, di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo e RAGIONE_SOCIALE, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per i loro corrispondenti ricorsi a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile