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Legittimazione pubblico ministero e fallimento S.r.l.

La Corte di Cassazione conferma la sentenza di fallimento di una S.r.l., chiarendo i presupposti della legittimazione del pubblico ministero a presentare l’istanza. L’ordinanza stabilisce che è sufficiente che il P.M. abbia appreso la notizia dello stato di insolvenza (notitia decoctionis) nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, come nel corso di indagini penali. Inoltre, ribadisce che una società commerciale è sempre soggetta a fallimento, indipendentemente dall’effettivo svolgimento di un’attività, e che lo stato di insolvenza consiste nell’incapacità di adempiere regolarmente alle obbligazioni con mezzi normali.

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Legittimazione Pubblico Ministero: quando può chiedere il fallimento?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto fallimentare: i presupposti che fondano la legittimazione del pubblico ministero a richiedere la dichiarazione di fallimento di una società. La decisione chiarisce che tale potere sussiste ogni volta che la notizia dello stato di insolvenza viene appresa nell’ambito delle competenze istituzionali, anche se non sfocia in un’azione penale diretta. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata (S.r.l.) impugnava la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la dichiarazione del suo fallimento, emessa dal Tribunale su istanza del Pubblico Ministero. La società lamentava diversi vizi, sia procedurali che di merito. In particolare, contestava la legittimità dell’azione del P.M., sostenendo che la notizia dello stato di insolvenza fosse stata appresa in modo irrituale, ovvero nel corso di indagini penali relative a un’altra società fallita anni prima, senza che vi fosse una connessione funzionale e diretta.

Inoltre, la società ricorrente sosteneva di non essere “fallibile”, poiché di fatto non svolgeva alcuna attività commerciale, limitandosi a gestire la locazione di un unico immobile di proprietà. Infine, contestava la sussistenza stessa dello stato di insolvenza, affermando che la Corte di merito non avesse valutato correttamente la capacità del suo patrimonio di far fronte ai debiti.

La Legittimazione del Pubblico Ministero e la “Notitia Decoctionis”

Il punto centrale della controversia riguarda la legittimazione del pubblico ministero. La Cassazione ha respinto le argomentazioni della società, fornendo un’interpretazione consolidata e chiara dell’art. 7 della Legge Fallimentare. La Corte ha ribadito che il P.M. può presentare istanza di fallimento in tutti i casi in cui abbia appreso la notitia decoctionis (cioè la notizia dello stato di insolvenza) nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali.

Questo include:

* Nel corso di un procedimento penale: non è necessaria l’iscrizione di una notizia di reato a carico del fallendo, né che il procedimento penale abbia un esito sfavorevole per gli indagati.
* Al di fuori di un procedimento penale: anche la trasmissione di atti iscritti a “modello 45” (atti non costituenti reato) può essere una fonte legittima di informazione.

L’unico limite, sottolinea la Corte, è che al P.M. è vietato aprire un fascicolo ex abrupto al solo fine di ricercare l’insolvenza di un imprenditore. La conoscenza deve avvenire nell’ambito di una competenza propria, civile, penale o disciplinare. Nel caso di specie, l’aver appreso lo stato di crisi della società durante approfondimenti patrimoniali scaturiti da un’altra indagine penale è stato ritenuto un modo pienamente legittimo.

Fallibilità della Società e Accertamento dell’Insolvenza

La Cassazione ha smontato anche gli altri motivi di ricorso. In primo luogo, ha confermato il principio secondo cui le società costituite in una delle forme previste dal codice civile (come le S.r.l.) acquistano la qualità di imprenditore commerciale e sono quindi assoggettabili a fallimento sin dalla loro costituzione. È irrilevante che esse non esercitino, o non esercitino più, un’attività d’impresa effettiva.

In secondo luogo, riguardo allo stato di insolvenza, i giudici hanno chiarito che l’accertamento non si basa sul mero confronto matematico tra attivo e passivo patrimoniale. L’insolvenza, per una società non in liquidazione, è desumibile principalmente dalla sua incapacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni con mezzi normali di pagamento. Ciò significa valutare la concreta attitudine del patrimonio (denaro liquido o beni di pronta liquidazione) a far fronte tempestivamente alle scadenze, e non la sua astratta capienza in un’ottica liquidatoria.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha rigettato il ricorso in toto, ritenendo infondati o inammissibili tutti i motivi sollevati. Sulla legittimazione del pubblico ministero, ha stabilito che l’azione era pienamente giustificata, poiché la conoscenza dello stato di insolvenza era derivata da attività istituzionali. Per quanto riguarda la fallibilità, ha applicato il consolidato orientamento giurisprudenziale sulla natura commerciale intrinseca delle società di capitali. Infine, ha confermato la corretta valutazione dello stato di insolvenza da parte dei giudici di merito, che avevano evidenziato l’incapacità strutturale della società di far fronte a un debito ingente (oltre 1,5 milioni di euro) con mezzi normali, essendo costretta a ricorrere costantemente a finanziamenti dei soci e non avendo altre fonti di reddito.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida principi fondamentali del diritto fallimentare. Insegna che il potere del Pubblico Ministero di chiedere il fallimento è ampio, purché ancorato all’esercizio delle sue funzioni, agendo come presidio di legalità a tutela del mercato. Inoltre, ricorda agli amministratori che la forma giuridica societaria comporta l’assoggettamento alla procedura fallimentare a prescindere dall’operatività, e che la valutazione dell’insolvenza è un’analisi dinamica della capacità finanziaria, non un mero calcolo contabile.

Quando il Pubblico Ministero può richiedere il fallimento di un’impresa?
Il Pubblico Ministero può richiedere il fallimento quando apprende la notizia dello stato di insolvenza di un’impresa (la cosiddetta notitia decoctionis) nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali. Questo può avvenire, ad esempio, nel corso di un procedimento penale, anche se non riguarda direttamente l’imprenditore insolvente, o tramite la trasmissione di atti da parte di altri uffici giudiziari.

Una società che non svolge alcuna attività commerciale può essere dichiarata fallita?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, le società costituite in una delle forme previste dal codice civile (come S.p.A. o S.r.l.) sono assoggettabili a fallimento dal momento della loro costituzione, indipendentemente dall’effettivo esercizio di un’attività commerciale. La sola forma giuridica è sufficiente a qualificarle come imprenditori commerciali ai fini della fallibilità.

Come viene accertato lo stato di insolvenza per dichiarare un fallimento?
Lo stato di insolvenza non si basa solo su un patrimonio netto negativo, ma sulla dimostrata incapacità dell’impresa di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni con mezzi di pagamento normali. La valutazione si concentra sulla capacità finanziaria e sulla liquidità disponibile per far fronte alle scadenze, piuttosto che sul valore teorico degli asset in caso di liquidazione totale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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