Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7711 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7711 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20885/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, conferitaria del ramo d’azienda RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Curatore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 260/2020 depositata il 13/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE, premesso di aver stipulato, in data 18 marzo 2003, con RAGIONE_SOCIALE una polizza fideiussoria con cui era stato garantito il pagamento di un debito relativo a un finanziamento di euro 1.500.000,00 nei confronti della Banca del Fucino S.p.A. e un contratto di capitalizzazione (polizza collettiva) per l’importo di euro 517.922,01 con la società RAGIONE_SOCIALE, costituito in pegno a favore di RAGIONE_SOCIALE a garanzia della polizza fideiussoria, conveniva dinanzi al Tribunale di Teramo la Banca del Fucino e la RAGIONE_SOCIALE perché fossero condannate a restituire al Commissario liquidatore, rispettivamente, la somma di euro 100.000,00 e quella di euro 517.922,00.
Il Tribunale di Teramo, con sentenza n. 378/2014, accogliendo la domanda attorea, condannava la Banca del Fucino al pagamento della somma di euro 100.000,00 e la RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 517.922,01, perché sia la vendita dei titoli da parte della Banca del Fucino sia l’incameramento da parte delle RAGIONE_SOCIALE di quanto riscosso dalle RAGIONE_SOCIALE erano da considerare nulli ai sensi dell’art. 168 l. fall.
La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza n. 260/2020, resa pubblica in data 13/02/2020, investita dell’impugnazione da RAGIONE_SOCIALE, ha accolto l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE per non avere l’appellante RAGIONE_SOCIALE dimostrato né allegato la propria
legittimazione ad impugnare la sentenza del Tribunale pronunciata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, quindi, di un soggetto giuridico diverso; pertanto, ha dichiarato inammissibile l’appello , non essendosi l’appellante fatta carico, stante il rilievo avversario, di comprovare il proprio status e di allegare il titolo in base al quale era subentrata in sostituzione di RAGIONE_SOCIALE, parte del precedente giudizio.
La RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulano cinque motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e in concordato preventivo.
La trattazione del ricorso è stata fissata, già rinviata a nuovo ruolo con l’ordinanza interlocutoria n. 12247/2022, resa pubblica in data 14 aprile 2022, è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ., dopo aver acquisito il fascicolo d’ufficio di merito. come disposto con la ordinanza interlocutoria.
Il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME, in vista della adunanza del 24 marzo 2022, aveva depositato conclusioni scritte con cui aveva chiesto l’accoglimento del ricorso.
La controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, l’omesso esame della memoria di replica del 14 giugno 2019, la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e degli artt. 352 e 190 cod.proc.civ. nonché la nullità della sentenza e del procedimento ex artt. 156, 159 e 161 cod.proc.civ.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che non avesse replicato, neppure in comparsa conclusionale, al rilievo avversario, non avendo letto per intero l’atto di appello e la procura
ad litem in cui si specificava che aveva agito quale conferitaria del ramo d’azienda denominato RAGIONE_SOCIALE
Ciò avrebbe dovuto essere considerato sufficiente a soddisfare l’onere di allegazione preteso dalla Corte d’appello, trattandosi di persone giuridiche soggette a pubblicità legale, ai sensi del dl.ls. n. 209//2005.
Aggiunge la ricorrente che l’eccezione era stata sollevata con la comparsa di risposta in appello dalla controparte; perciò, l’unico scritto difensivo utile in cui avrebbe potuto replicare alla suddetta eccezione erano le memorie conclusionali, compresa la memoria di replica, nella quale aveva dedotto che la fusione era avvenuta tramite autorizzazione RAGIONE_SOCIALE (prot. NUMERO_DOCUMENTO che aveva autorizzato il conferimento della totalità delle RAGIONE_SOCIALE assicurative in RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in Ina RAGIONE_SOCIALE che in pari data aveva assunto la denominazione di RAGIONE_SOCIALE) e secondo la procedura che regola la fusione e la scissione delle società di assicurazioni e che il relativo provvedimento era stato pubblicato sul bollettino dell’RAGIONE_SOCIALE, pubblicamente consultabile.
2) Con il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 125, 182 e 350 cod.proc.civ. e della mancata concessione del termine previsto dall’art. 182, 2° comma, cod.proc.civ.
La tesi prospettata è che la Corte d’appello, anche a prescindere dalla memoria di replica, avrebbe dovuto esercitare il potere ufficioso di cui all’art. 182, 2° comma, cod.proc.civ., per cui se avesse ritenuto insufficiente l’autorizzazione RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto invitarla a integrare, entro un certo termine, la documentazione e solo in seguito, cioè scaduto infruttuosamente il termine, avrebbe potuto dichiarare inammissibile l’appello.
3) Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 75 cod.proc.civ. e 201, 191 e 198 del d.lgs. 209/2005, degli artt. 21, 23, 3 e 31 del regolamento RAGIONE_SOCIALE n.
14/08 e dell’art. 2504 bis cod.civ. in materia di fusione di imprese di assicurazione.
La Corte avrebbe deciso sulla questione come se si trattasse si successione di persone fisiche o di persone giuridiche prima della riforma societaria -non a caso ha richiamato Cass. 24050/20129 che si riferisce alla morte della persona fisica – mentre avrebbe dovuto trattarla come fusione di società di cui all’art. 2504 bis cod.civ. e specificamente come fusione di società di assicurazione, di cui all’art. 201 d.lgs. n. 209/2005.
4) Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., per falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. e dell’art. 115, 2° comma, cod.proc.civ. nonché la violazione degli artt. 201, 191 e 201 del d.lgs. n. 209/2005 e degli artt. 32 della l. n. 69/09 e 54, comma 4 bis , del d.lgs. n. 85/2005; essendo una persona giuridica soggetta a pubblicità legale, avrebbe dovuto considerarsi fatto notorio, ex art. 115 cod.proc.civ., la sostituzione dei soggetti assicurativi, in forza della presunzione di conoscenza derivante dalla pubblicazione dell’autorizzazione RAGIONE_SOCIALE alla fusione di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, sul bollettino e sul sito del RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, la enunciazione nell’atto di appello di agire quale conferitaria del ramo d’azienda assicurativo RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto ritenersi sufficiente a ritenere provata la sua legittimazione processuale, essendo tenuta a fornire l’indicazione della fonte del potere di rappresentanza legale, ma a non a dare la prova positiva della sua legittimazione processuale.
La ricorrente ribadisce che il procedimento di conferimento di ramo d’azienda era stato eseguito secondo le norme del Regolamento RAGIONE_SOCIALE n. 14/08, atto normativo integrativo di norma primaria, stante la riserva di legge di cui all’art. 201 del d.lgs. n.
291/05, e si era completato con l’autorizzazione rilasciata dall’RAGIONE_SOCIALE anch’essa dotata di efficacia normativa, pubblicata in Gazzetta ufficiale e sul sito del RAGIONE_SOCIALE.
5) Con il quinto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 168 l. fall. e dell’art. 1851 cod.civ.
Invoca una decisione di merito, ex art. 384, 2° comma, cod.proc.civ., al fine di compensare la perdita di un grado di giudizio, dato il rischio che la somma versata venga distribuita tra i creditori.
Aggiunge che il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato la nullità ex art. 68 l. fall. dell’incameramento della somma di euro 571.922,01 riscossi da RAGIONE_SOCIALE, mentre -sostiene la ricorrente -avrebbe dovuto dichiarare la nullità/inefficacia del contratto di costituzione in pegno della polizza assicurativa, disporre la restituzione dell’importo in favore della RAGIONE_SOCIALE, onde ricostituire il pegno, in ogni caso, il contratto avrebbe dovuto essere qualificato come pegno irregolare sottratto alla par condicio creditorum .
6) Il quarto motivo è fondato.
Va premesso che la società risultante dalla fusione, con altre, della società originariamente convenuta in giudizio che sia come in questo caso anche conferitaria di un ramo d’azienda, in astratto è legittimata a proporre appello in luogo della società incorporata, parte del giudizio di primo grado, e cedente del ramo d’azienda, non solo per effetto della intervenuta fusione, ma anche per effetto della cessione; in altri termini, ha una duplice legittimazione (Cass.22/03/2010, n.6845): quella di successore a titolo universale, che le deriva dalla fusione, e quella di successore a titolo particolare, che le deriva dalla cessione di ramo d’azienda.
La società RAGIONE_SOCIALE, qualificandosi come cessionaria del ramo d’azienda, denominato RAGIONE_SOCIALE, in base al principio secondo il quale il successore a titolo particolare nel diritto
contro
verso è legittimato ad impugnare la sentenza resa nei confronti del proprio dante causa (cfr. Cass., 17/3/2009, n. 6444) allegando il titolo che gli consentiva di sostituire quest’ultimo, specificando l’indicazione di tale titolo nell’intestazione dell’impugnazione, trattandosi di un titolo di natura pubblica (di contenuto quindi accertabile), rimasto del tutto o non idoneamente contestato, ha dimostrato la propria legittimazione ad agire nella veste di cessionaria di ramo d’azienda.
Trova, infatti, applicazione quanto statuito da Cass 11/04/2017, n. 9250 (e successiva giurisprudenza conforme; tra le decisioni massimate cfr. Cass. 15/05/2020, n. 8975), che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto insussistente il dedotto difetto di legittimazione della cessionaria del ramo di azienda a impugnare la sentenza resa nei confronti della sua dante causa, rilevando che la contestazione dell’avvenuta successione a titolo particolare nella posizione sostanziale controversa era apoditticamente fondata sul mero rilievo dell’omessa produzione dell’atto di cessione del ramo di azienda.
6.1) Il che rende superfluo accertare anche se e come (ritualmente o irritualmente, come contesta la controricorrente: p. legittimata
4 del controricorso) avesse dimostrato di essere (anche) quale successore universale per effetto della fusione.
6.2) L’accoglimento del quarto motivo determina l’assorbimento dei primi tre.
Non si ravvisa la sussistenza delle condizioni per una pronuncia ai sensi dell’art. 384 cod.proc.civ., sollecitata da parte ricorrente con il quinto motivo che quindi non può essere accolto; infatti “ai fini dell’applicabilità dell’art. 384 cod.proc.civ., comma 1, nel testo novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 66, alla stregua del quale la Corte di Cassazione (quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto) decide la causa nel merito, quando non siano necessari ulteriori accertamenti di
fatto, non è sufficiente che gli elementi fattuali occorrenti per ricostruire la vicenda in questione siano stati acquisiti al processo nei gradi precedenti, dovendo l’indagine diretta a stabilire la (eventuale) non necessità di ulteriori accertamenti di fatto essere compiuta unicamente sul provvedimento impugnato, nel senso che da questo deve emergere la sufficienza degli accertamenti effettuati per poter decidere la causa nel merito” (cfr. Cass. 16/03/1996 n. 2238 e successiva giurisprudenza).
La memoria di parte controricorrente non assolve alla funzione che dovrebbe esserle propria, quella cioè di illustrare e chiarire i motivi dell’impugnazione, ovvero di confutare le tesi avversarie (Cass., Sez. Unite, 03/11/2020, n. 24379), essendosi parte ricorrente limitata ad operare un rinvio al controricorso.
Per le ragioni esposte, va accolto il quarto motivo di ricorso, vanno dichiarati assorbiti i primi tre e va dichiarato inammissibile il quinto; l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di L’Aquila, che in diversa composizione procederà a nuovo esame e provvederà anche alla RAGIONE_SOCIALE delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara assorbiti i primi tre, dichiara inammissibile il quinto. C assa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’ A ppello di L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 06/02/2024 dalla Terza