Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2533 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2533 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/02/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 6456/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME domiciliazione telematica legale
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2269/2021 depositata il 3/9/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE ricorrono, sulla base di sei motivi, corredati da memoria, per la cassazione della sentenza n. 2269/2021 della Corte di appello di Venezia, esponendo, per quanto ancora qui di utilità, che:
-la società COGNOME e gli altri deducenti, quali garanti, avevano opposto un decreto ingiuntivo del Tribunale di Treviso ottenuto da RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE e successivamente RAGIONE_SOCIALE, per il pagamento di crediti relativi a forniture di capi di abbigliamento e materiale pubblicitario, oggetto anche di ricognizione di debito concernente, altresì, debiti per canoni a titolo di affitto di azienda;
-il Tribunale aveva rigettato l’opposizione, con pronuncia confermata dalla Corte di appello, secondo la quale:
-la società Palmada difettava di legittimazione all’impugnazione , perché fallita nel corso del giudizio di primo grado e non costituitasi dopo la riassunzione da parte dei soli garanti con notifica all’originaria opposta nonché alla Curatela del sopravvenuto fallimento, la quale aveva appunto scelto di non costituirsi, tenuto conto dell’inopponibilità all’amministrazione concorsuale di un decreto ingiuntivo non definitivo e dell’improcedibilità delle domande di RAGIONE_SOCIALE avverso la fallita dichiarata dal Tribunale;
-l’eccezione d’incompetenza territoriale sollevata dagli opponenti in primo grado era stata oggetto di motivo di appello solo limitatamente alla prima ragione decisoria del Tribunale, afferente al forum destinatae solutionis , e non alla seconda, concernente l’art. 6 delle fideiussioni, espressamente approvato dai
garanti, con cui era stata prevista la competenza esclusiva del Tribunale di Treviso per ogni controversia relativa alle garanzie;
-quanto all’eccezione d’incompetenza funzionale, a mente degli artt. 413 e 447-bis, cod. proc. civ., la stessa era stata sollevata in prime cure da Benetton e il Tribunale ne aveva rilevato la tardività, per deposito della comparsa di costituzione e risposta oltre i termini di cui all’art. 167, cod. proc. civ. e mancato rilievo officioso entro la prima udienza di cui all’art. 183, cod. proc. civ.: il motivo di appello svolto sul punto dagli originari opponenti non si era confrontato in alcun modo con tale dinamica processuale e con l’attinente motivazione;
-era infondato anche il motivo di appello concernente il rilievo del giudice di prime cure in ordine alla sussistenza della clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni, che secondo gli appellanti era stata sollevata tardivamente dall’opposta: si trattava infatti della qualificazione giuridica delle garanzie, spettante al giudice, e del resto coerente con quella degli stessi appellanti che, comunque, nulla avevano detto sul merito della portata limitativa della clausola stessa;
-quanto ai pretesi vizi del consenso delle garanzie, l’appello non aveva spiegato quali sarebbero state le prove a supporto, restando del tutto generico;
-quanto inoltre alle eccezioni di cui agli artt. 1956 e 1957 cod. civ., le stesse non erano tardive, come invece erroneamente ritenuto dal Tribunale, ma l’appello anche sul punto non aveva spiegato quali sarebbero state le prove a supporto;
-peraltro, l’originaria citazione in opposizione a decreto ingiuntivo aveva invocato la nullità della clausola limitativa di opporre eccezioni, prevista dai contratti autonomi di garanzia, senza però che sul punto vi fosse stato poi appello anche solo per omessa pronuncia, posto che la decisione di primo grado non aveva affrontato il profilo;
-il pagamento ingiunto era risultato relativo alla vendita, sottratte, correttamente, le somme oggetto di pagamenti rateali;
-quanto alla pretesa correlata all’affermato abuso di dipendenza economica, l’appello non aveva addotto argomenti specifici, limitandosi a richiamare la perizia di parte ma senza fornire elementi che potessero farne apprezzare l’utilità ai fini della decisione, con conseguente inammissibilità per aspecificità;
-non poteva poi essere accolta l’istanza di ammissione delle prove orali e consulenza tecnica d’u fficio, disattese in prime cure le capitolazioni perché valutative o generiche o irrilevanti o in violazione dei limiti di cui agli artt. 2721, 2723, cod. civ., in quanto non vi era stata specifica censura su tali pronunce e comunque sul diniego di ulteriore attività istruttoria;
resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Rilevato altresì che:
con il primo motivo si prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 100, 103 cod. proc. civ., 125 disp. att. cod. proc. civ. e 43 legge fall., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare, in particolare, che:
-a séguito della riassunzione il processo era proseguito, non iniziato ex novo , sicché le parti precedentemente costituite erano rimaste tali senza bisogno di ulteriore attività;
-proprio la mancata costituzione della Curatela aveva attestato il suo disinteresse, tale da giustificare la legittimazione processuale straordinaria del soggetto fallito;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1945, 2697 cod. civ., 20, 32, 112, 115, 342, 413, 447bis e 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare, in particolare, che l’eccezione d’incompetenza territoriale era stata sollevata dai garanti anche con riferimento alla posizione dell’obbligata principale, cui non erano opponibili le clausole delle fideiussioni,
fermo rimanendo, nel merito, quanto al forum destinatae solutionis , che l’opposta non aveva mai contestato che il pagamento avvenisse in Foggia o presso la propria rappresentanza di Bari, e, quanto all’incompetenza funzionale fondata sulla circostanza che l’azienda affittata era ubicata in Foggia, che la relativa eccezione andava correlata alla domanda dell’opposta, basata, a mente della complessiva ricognizione di debito, anche sull’inadempimento delle obbligazioni di pagamento dei canoni di quell’affitto;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 167, 183, 342, 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., 1462 e 1945, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato omettendo di pronunciarsi, in particolare, sulle eccezioni e sulla domanda riconvenzionale della s.r.l. Palmada fatte proprie dai garanti, limitandosi a osservare che la questione riguardava solo la qualificazione giuridica dei contratti da parte del giudice di primo grado;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., 1427, 1434, 1438, 1462, 1956, 1957 e 2697, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato, quanto ai dedotti vizi del consenso, mancando di considerare che i garanti avevano articolato istanze istruttorie a supporto dell’affermazione di abuso di dipendenza economica e di posizione dominante, erroneamente disattese dal Tribunale, nonché, quanto all’eccepita estinzione delle fideiussioni, dal momento che la scadenza delle obbligazioni era pacifica, per cui avrebbe dovuto essere il creditore a dimostrare di aver coltivato le idonee istanze;
con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 cod. proc. civ., 1191 e 2697 cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato omettendo di considerare che la richiesta monitoria era esorbitante, anche tenuto conto dei principî
afferenti all’imputazione dei pagamenti, raffrontando il riconoscimento di debito risultato con piano di rientro e gli adempimenti parziali emersi;
con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, cod. proc. civ., e 2697 cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che i deducenti si erano doluti del rigetto delle proprie istanze istruttorie e anche a mezzo della perizia depositata avevano supportato la domanda correlata all’allegato abuso di dipendenza economica e posizione dominante, producendo pure il sopravvento avviso di avvio dell’istruttoria notificato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ai sensi dell’art. 9, legge n. 192 /1998, e dell’art. 13, legge n. 287 /1990;
Considerato che
ritiene il Collegio che il giudizio debba rinviarsi alla pubblica udienza;
in particolare, il primo motivo di ricorso presenta implicazioni nomofilattiche;
dopo l’interruzione processuale conseguente al fallimento di una parte, infatti, è possibile che la riassunzione avvenga nel senso di voler proseguire il processo nei confronti del fallito in proprio, optando per la tutela post-fallimentare delle ragioni spese, al fine di ottenere un titolo inopponibile alla massa, ma da far valere contro il fallito tornato in bonis (Cass., 5/1/1976 n. 1);
nella fattispecie qui in esame, invece, la riassunzione è avvenuta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, cui è stato notificato, in uno al difensore della RAGIONE_SOCIALE, l’atto d’impulso dei garanti; secondo un diffuso indirizzo di questa Suprema Corte (v. ad esempio Cass., 23/11/2023 n. 32634) la legittimazione processuale di un soggetto dichiarato fallito, per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, può eccezionalmente riconoscersi, quale legittimazione di carattere suppletivo rispetto a quella del curatore,
soltanto nel caso di totale disinteresse o inerzia degli organi preposti al fallimento, e non anche quando detti organi si siano concretamente attivati o abbiano ritenuto non conveniente intraprendere o proseguire la controversia, sicché, in questa prospettiva, ferma la possibilità di svolgere attività processuale nella forma dell’intervento circoscritto alle questioni dalle quali può derivare un’imputazione di bancarotta e nei limiti dell’intervento adesivo dipendente -e salva la speciale capacità riconosciuta, a determinate condizioni, nel rapporto tributario al contribuente fallito con riguardo all’impugnazione dell’atto impositivo (Cass., Sez. Un., 28/04/2023 n. 11287) -il soggetto fallito non ha, ex art. 43, secondo comma, legge fall., la legittimazione a impugnare la sentenza in autonomia dalla Curatela, non essendo in tal caso ravvisabile disinteresse degli organi fallimentari;
tuttavia, in altra chiave di lettura, contiguamente integrativa della generale nomofilachia sopra richiamata, potrebbe per converso ritenersi che, a fronte della mancata costituzione della Curatela fallimentare, all’esito della riassunzione avvenuta in prime cure nei richiamati termini, e in assenza quindi di un giudicato interno ostativo sul punto, il fallito possa comunque esercitare il diritto d’impugnazione nell’ottica specifica di precludere ogni possibilità che, in sede post-fallimentare, una volta in ipotesi sia tornato in bonis , possano accamparsi nei suoi confronti residue pretese;
su tali questioni è dunque opportuno sollecitare il più ampio contraddittorio, anche con l’intervento della Procura Generale , rinviando alla pubblica udienza.
P.Q.M.
rinvia alla pubblica udienza.
Così deciso in Roma, il 17/12/2024.