Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18240 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18240 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31896/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAGLIARI n. 209/2020 depositata il 31/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- La controversia oggetto di ricorso è stata introdotta ex art.702 bis c.p.c. nel 2017 dalla società RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto la condanna della società RAGIONE_SOCIALE e del, NOME COGNOME, rappresentante legale di quest’ultima, al pagamento della somma di 25.000,00 euro in ragione di un assegno da quest’ultimo emesso a fronte di un prestito (come si legge nel ricorso stesso che riporta per esteso l’atto introduttivo) del legale rappresentante della società ricorrente, NOME COGNOME, in favore del legale rappresentante della società convenuta NOME COGNOME.
2.- La sentenza con cui il Tribunale di Lanusei ha accolto la domanda nei confronti dalla società convenuta e l’ha respinta nei confronti del sig. NOME COGNOME personalmente per carenza di legittimazione passiva (come da questi eccepito), è stata impugnata dalla società RAGIONE_SOCIALE che ha censurato la decisione di esclusione della legittimazione passiva come «abnorme», poiché essa stessa aveva specificato nel corso della prima udienza che la consegna dell’assegno costituiva la restituzione di un prestito «personale» effettuato dal rappresentante della società attrice al proprio fratello e «utilizzato per i suoi scopi societari».
-La Corte d’Appello di Cagliari, con la sentenza resa il 31.3.2020, ha respinto l’impugnazione e confermato la sentenza di primo grado, rilevando che la titolarità della posizione soggettiva attiva o passiva è un elemento costitutivo della domanda che spetta all’attore allegare e provare e al giudice sempre accertare, e che nella specie – secondo le stesse prospettazioni di parte attrice
era stato allegato un rapporto negoziale intercorso tra i fratelli NOME COGNOME e NOME COGNOME nelle rispettive qualità di legali rappresentanti delle due società (come rilevato dal giudice di primo grado); sicché la modifica della iniziale prospettazione con una completamente contrastante con quanto dedotto nell’atto introduttivo e, quindi, nuova, era inammissibile e, comunque, rimasta priva di riscontro probatorio: l’assegno, invero, nella parte riservata all’emittente recava il timbro della società RAGIONE_SOCIALE e la firma del suo legale rappresentante, né la diffida prodotta dall’attrice era conferente concernendo crediti non della società ma del sig. NOME COGNOME personalmente verso il fratello.
4.- Avverso detta sentenza ha presentato ricorso la società RAGIONE_SOCIALE che ha formulato 6 motivi di cassazione. Controparte è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- I primi quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente perché attengono alle medesime ragioni di censura.
1.1Il primo motivo di ricorso denuncia l’illegittimità della decisione per violazione delle norme di cui agli artt. 100, 112, 702 bis e ss. c.p.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 4 c.p.c., per avere la Corte d’Appello erroneamente dichiarato il difetto di legittimazione passiva di NOME COGNOME ritenendo erroneamente che dal ricorso introduttivo non emergesse la legittimazione passiva del medesimo e che quanto precisato nel verbale di prima udienza costituisse nuova allegazione contrastante con quanto scritto nel ricorso introduttivo, poiché se è vero che il rilascio dell’assegno con il timbro della società valeva certamente ad impegnare quest’ultima «non è altrettanto vero che la spendita del nome della società andava ad escludere la responsabilità personale del signor NOME
RAGIONE_SOCIALE»; e che ciò non sarebbe stato possibile provarlo perché il giudice non aveva ammesso i mezzi di prova dedotti.
1.2Il secondo motivo di ricorso denuncia l’illegittimità della decisione per violazione delle norme di cui agli artt.132, c. 2 n. 4 c.p.c., art. 118 disp.att. c.p.c., e artt. 111 c.6 Cost. ex art. 360 co.1 n. 4 c.p.c. in relazione alla apparenza e/o carenza assoluta di motivazione della Corte d’Appello in ordine al difetto di legittimazione passiva del sig. COGNOME, in quanto la Corte d’Appello ha omesso di esaminare quanto scritto nel ricorso introduttivo, rispetto al quale quanto verbalizzato in prima udienza nulla aggiungeva e nulla contraddiceva a proposito della pretesa della società attrice nei confronti del predetto personalmente
1.3- Il terzo motivo di ricorso censura la decisione per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. per avere la Corte d’appello escluso la legittimazione passiva di NOME COGNOME sulla base di motivazioni apparenti o perplesse.
1.4Il quarto motivo censura l’illegittimità della decisione per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. per avere la Corte d’appello precluso alla parte la possibilità di assolvere l’onere probatorio su di lei gravante sulla base di motivazioni apparenti o perplesse, cosi determinando una sostanziale omissione dell’esame del fatto decisivo e controverso costituito dalla titolarità del rapporto dal lato passivo di NOME COGNOME.
2.- I primi due motivi, che presentano evidenti ragioni di connessione e che possono essere esaminati, perciò, congiuntamente, sono inammissibili – prima ancora che infondati stante la già richiamata formulazione esplicita dell’atto introduttivo – alla luce della giurisprudenza di questa Corte per cui la rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, sicché non è deducibile la violazione dell’art.
112 cod. proc. civ., quale errore procedurale rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, « quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto, dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, attenendo, in tal caso, il dedotto errore al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte » (Cass. civ., Sez. II, 27/01/2016, n. 1545; Cass. civ., Sez. lavoro, 29/09/2021, n. 26454; Cass. civ., Sez. III, 18/04/2006, n. 8953; Cass. civ., Sez. lavoro, 21/02/2006, n. 3702 e, più di recente, Cass. Sez. 3 n. 27181-23, e prima ancora Cass. Sez. 2 n. 1545-16, Cass. Sez. 3 n. 17451-06). Ed in effetti, in questo caso, con il primo e il secondo motivo predetti, il ricorrente intende censurare l’interpretazione che il giudice ha fatto della domanda e, quindi, le conclusioni cui la Corte di merito è pervenuta a proposito della sussistenza della legittimazione passiva del sig. COGNOME, con argomenti che, però, esulano dai limiti del sindacato di legittimità della motivazione invocato con il tipico vizio dedotto, che, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SS.UU. n. 8053/2014), limita la rilevanza del vizio di motivazione alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge, il che accade solo quando esso sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, che la motivazione « manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum» (Cass. n. 20112 del 2009, richiamata dalle citate Sezioni Unite). La violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 comma 2n. 4 c.p.c. tanto più dell’art. 111 comma 6 Cost. -è stata, dunque,
denunciata in riferimento a profili che esulano dall’ambito di applicazione della norma.
3.- Ugualmente inammissibili sono il terzo e il quarto motivo di ricorso, anch’essi connessi con cui il ricorrente invoca – a proposito delle stesse conclusioni di merito circa la legittimazione passiva di NOME COGNOME – il vizio di legittimità di cui all’art. 360 c.p.c., n.5.
E ciò non solo ex art.348 ter. 5 comma c.p.c. ( ratione temporis applicabile alla fattispecie) poiché la decisione impugnata conferma sul punto di fatto oggetto del ricorso, la sentenza di primo grado, ma anche perché il vizio di legittimità denunciato introduce nell’ordinamento un vizio specifico, che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia), mentre resta estraneo al compito assegnato alla Corte di Cassazione « una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti, la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito » (v. S.U. cit). Ed, invero, per quanto illustra la stessa ricorrente, il motivo non attiene all’omesso esame di una circostanza discussa e decisiva, bensì contiene una doglianza che riguarda il convincimento del giudice di merito circa la scrutinata irrilevanza delle prove orali richieste e l’esito dell’esame delle risultanze probatorie documentali, delle quali la ricorrente pretende in effetti una rilettura preclusa -come detto- in sede di legittimità, secondo il consolidato principio secondo il quale tanto l’accertamento dei fatti quanto l’apprezzamento ad esso funzionale delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in
sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 16499/2009 Cass. n. 13485/2014).
4.- Quanto precede vale anche per il quinto motivo di ricorso con cui la ricorrente deduce violazione dell’art. 360 comma 1 n.4 c.p.c. «per nullità del procedimento in relazione all’art. 702 bis c.p.c.» in quanto la Corte d’Appello avrebbe omesso di dar luogo previa conversione del rito – all’interrogatorio formale e alla prova per testi per poi affermare che la medesima non ha provato i fatti posti a fondamento della domanda: motivo inammissibile poiché non censura l’assenza della motivazione nel suo minimo costituzionale ed anche perché non si confronta con la ratio decidendi che attiene, non alla mancata prova di quei fatti, bensì alla tardiva introduzione degli stessi, con un mutamento inammissibile della causa petendi originariamente introdotta in causa rispetto alla quale sola il giudice di merito ha rilevato, in via pregiudiziale, la carenza di legittimazione passiva del preteso debitore persona fisica.
5.- Infine inammissibile è anche il sesto motivo di ricorso che attiene alla violazione dell’art. 92 c.p.c . in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c. per non avere il giudice di merito, essendovi i giusti motivi, compensato le spese di causa dei due gradi di giudizio anziché condannare la ricorrente al pagamento delle stesse, censura che evidentemente attiene ancora una volta al merito della decisione sul punto e non all’omessa considerazione di fatti decisivi controversi e discussi, e che, comunque, per come formulato, viola evidentemente il principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c. che richiede, per ogni motivo la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto, l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la
cassazione della pronunzia (tra le altre Cass. n.17224 del 18/08/2020).
V’è da aggiungere che per la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione. (Sez. 6 – 3, n. 11329 del 26/04/2019; Sez. U, n. 14989 del 15/07/2005).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dichiara che nessuna statuizione deve essere assunta con riguardo alle spese di questo giudizio essendo NOME COGNOME rimasto intimato. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis.
Così deciso in Roma, il 26/06/2024.