Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28516 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28516 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 619/24 proposto da:
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-) RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
– controricorrente –
nonché
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 20 settembre 2023 n. 1862;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30 settembre 2025 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Nel 2020 la società RAGIONE_SOCIALE convenne dinanzi al Tribunale di Treviso la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE, esponendo che:
Oggetto: addizionale provinciale all’accisa sulla fornitura di energia elettrica – domanda di rimborso cessione del credito della fornitrice pagamento alla cessionaria -legittimato passivo – individuazione – fattispecie.
N.R.G.: 619/24
Camera di consiglio del 30 settembre 2025
-) aveva concluso con la RAGIONE_SOCIALE un contratto di somministrazione di energia elettrica;
-) per i consumi effettuati negli anni 2010 e 2011 la RAGIONE_SOCIALE le aveva addebitato il complessivo importo di euro 54.537,60 a titolo di addizionale provinciale all ‘ accisa sui consumi di energia elettrica, così come previsto dall ‘ art. 6 del d.l. 29.11.1988 n. 511, nel testo applicabile ratione temporis ;
-) il pagamento di tale imposta era avvenuta in favore della RAGIONE_SOCIALE, indicata dalla RAGIONE_SOCIALE come cessionaria del credito;
-) la suddetta imposta tuttavia non era dovuta per tale biennio, in quanto:
l ‘ art. 1 della Direttiva n. 2008/118/CE, consentì agli Stati membri di applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette solo se aventi finalità specifiche;
la direttiva doveva essere recepita entro il 1° gennaio 2010; lo stato italiano, invece, la recepì solo col d. lgs. 6 maggio 2011 n. 68;
l ‘ art. 18, comma quinto, del suddetto d. lgs. 68/2011 stabilì che, a far data dal 1° gennaio 2012, ‘ l ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica è soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato ‘ ;
di conseguenza, la suddetta ‘addizionale provinciale’ non fu dovuta, per contrarietà al diritto comunitario della norma che l ‘ imponeva, nel periodo compreso tra l ‘ entrata in vigore della Direttiva 2008/118 (1° gennaio 2010) e l ‘ entrata in vigore del d. lgs. 68/2011 (1° gennaio 2012). Concluse, pertanto, chiedendo la condanna di COGNOME quale accipiens effettivo ovvero, in subordine, RAGIONE_SOCIALE quale accipiens materiale, a restituire a RAGIONE_SOCIALE il corrispondente importo di Euro 54.537,60 oltre IVA ‘.
Le società convenute si costituirono, negando la fondatezza della domanda ed eccependo, in subordine, la prescrizione parziale del credito.
Con sentenza 7.1.2022 n. 18 il Tribunale di Treviso negò la legitimatio ad causam della RAGIONE_SOCIALE ed accolse la domanda nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per la minor somma di euro 38.630,80.
La sentenza fu appellata dalla RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza 20.9.2023 n. 1862 la Corte d ‘ appello di Venezia accolse il gravame solo nella parte concernente la misura degli interessi moratori dovuti dalla RAGIONE_SOCIALE, confermando nel resto la sentenza di primo grado. La Corte d ‘ appello ritenne che:
-) legittimata passiva rispetto alla domanda di restituzione era la NOME, poiché la cessione di crediti pro soluto pattuita tra la cedente NOME e la cessionaria NOME ‘ non aveva ad oggetto le accise che venivano poi versate dal fornitore di energie all ‘Amministrazione’ (p. 13);
-) l ‘ addizionale provinciale sull ‘ accisa per i consumi di energia elettrica non era dovuta per gli anni 2010 e 2011, perché la norma che la istituiva contrastava con l ‘ art. 1 della Direttiva 2008/118;
-) in particolare, la disciplina dell ‘ addizionale provinciale non chiariva ‘ le specifiche finalità che l ‘ addizionale dovrebbe soddisfare ‘ , mentre l ‘ art. 1 della Direttiva consentiva l ‘ imposizione di addizionali solo per soddisfare ‘specifiche esigenze’;
-) la suddetta Direttiva era ‘ immediatamente precettiva (self executing)’ , alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia e di quella di legittimità.
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per Cassazione dalla RAGIONE_SOCIALE con ricorso fondato su cinque motivi.
La VIS e la RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
La RAGIONE_SOCIALE e la VIS hanno depositato memoria.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all ‘ art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo la sentenza d ‘ appello è impugnata nella parte in cui ha escluso che debitrice dell ‘ obbligo restitutorio fosse la RAGIONE_SOCIALE.
Nella illustrazione del motivo si sostiene che:
-) le norme contenute nel testo unico sulle accise (ed in particolare l ‘ art. 53 d. lgs. 26 ottobre 1995, n. 504), valorizzate dalla Corte d ‘ appello per affermare la legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, sono in realtà inconferenti nel caso in esame; quelle norme infatti disciplinano il modo in cui il fornitore ha diritto di rivalersi sull ‘ utente per l ‘ imposta pagata all ‘ erario in eccesso (l ‘ addizionale, infatti, è versata dal fornitore all ‘erario ‘in acconto’ calcolato sui consumi precedenti e salvo conguaglio con cadenza annuale), ma non impedisce al fornitore di cedere i propri crediti a terzi, nel qual caso deve trovare applicazione la disciplina sulla cessione dei crediti;
-) esclusa dunque la rilevanza del Testo Unico sulle accise di cui al d. lgs. 504/95, la Corte d ‘ appello avrebbe dovuto esaminare la domanda alla luce RAGIONE_SOCIALE regole del codice civile; e poiché era stata ‘ ampiamente provata’ sia la cessione del credito da NOME ad NOME, sia il pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE, era quest ‘ ultima la debitrice rispetto alla pretesa della VIS.
1.1. Il motivo è fondato.
L ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica era un ‘ imposta così congegnata:
-) il fornitore di energia la riscuoteva mensilmente dall ‘ utente in misura presunta , pari ad un dodicesimo dei consumi dell ‘ anno precedente;
-) il fornitore doveva versare l ‘ imposta all ‘ Amministrazione, salvo conguaglio annuale;
-) le somme versate in più del dovuto ‘ sono detratte dai successivi versamenti di acconto ‘;
-) il fornitore ‘ ha diritto di rivalsa sui consumatori finali ‘ (art. 56, comma primo, d. lgs. 504/95, nel testo applicabile tra il 2007 ed il 2012). Dunque, il soggetto passivo dell ‘ imposta era il fornitore di energia elettrica, non l ‘ utente finale.
Questo principio è stato confermato dalle SS.UU. di questa Corte, le quali, proprio con riferimento all ‘ addizionale provinciale di cui qui si discorre,
hanno distinto, quanto alle azioni di rimborso dell ‘ imposta indebitamente pagata, due ipotesi.
Se il rimborso è chiesto dal fornitore di energia elettrica, legittimata passivamente è l ‘ amministrazione (nella specie, l ‘ RAGIONE_SOCIALE) secondo le regole dell ‘ ordinamento di settore.
Se il rimborso è chiesto dall ‘ utente, a questi compete unicamente ‘ l ‘ azione civilistica nei confronti del cedente ‘ (Cass. Sez. 5, 02/08/2024, n. 21883; si badi che, nel lessico del legislatore di settore, ‘cedente’ è colui che cede l ‘ energia elettrica gravata dall ‘ accisa).
1.2. La domanda di rimborso avanzata dall ‘ utente è, dunque, soggetta alle regole del codice civile, non dell ‘ ordinamento tributario.
Ebbene, in punto di fatto la Corte d ‘ appello ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE cedette pro soluto i crediti vantati nei confronti degli utenti alla RAGIONE_SOCIALE (p. 13 della sentenza d ‘ appello). Lo ha fatto a buon diritto, a fronte RAGIONE_SOCIALE fatture pagate dalla VIS, nelle quali si legge: ‘ il pagamento per essere liberatorio deve essere effettuato esclusivamente al predetto FACTOR nella sua qualità di cessionario del credito ‘ .
Dall ‘ accertamento in facto dell ‘ esistenza d ‘ una cessione del credito di RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE discende che quest ‘ ultima e solo quest’ultima doveva essere ritenuta la creditrice dell ‘ utente.
Sicché, una volta ritenuto che il credito ceduto era inesistente o, meglio, fondato su ‘ titolo ‘ nullo (la norma anticomunitaria ), l ‘ inevitabile conseguenza era che la domanda di ripetizione andava rivolta al cessionario unico accipiens, non al cedente, perché il pagamento, eseguito soltanto nelle mani di quest’ultimo, fu sine causa e l ‘ indebito oggettivo.
1.3. Anche nella giurisprudenza di questa Corte sul problema della legittimazione passiva nel giudizio di indebito possono darsi per fermi i seguenti punti:
l ‘ azione di ripetizione non spetta, quando il pagamento sia qualificabile come adempimento del terzo consapevole di adempiere una (presunta) obbligazione altrui, ex art. 1180 c.c. (nel qual caso spetta
unicamente l ‘ azione di ingiustificato arricchimento: Cass. Sez. U., 29/04/2009, n. 9946; Cass. Sez. 3, 17/06/2025, n. 16213);
la regola generale in tema di legittimazione passiva rispetto all ‘ azione di indebito è quella per cui soggetto passivo dell ‘ obbligazione è esclusivamente l ‘ accipiens .
E, se è vero che talune oscillazioni si registrano circa l ‘ individuazione del soggetto passivo dell ‘ azione di indebito nel caso di rapporti trilateri (ad es., la delegatio solvendi ), tale problema non si pone nel presente giudizio: infatti per effetto della cessione del credito non si costituisce alcun rapporto trilatero , ma si modifica il soggetto attivo dell ‘ obbligazione .
Inoltre, a seguire la tesi della Corte d ‘ appello, si perverrebbe ai seguenti paradossi:
-) il factor ha riscosso un credito inesistente arricchendosi;
-) il fornitore di energia elettrica già ha pagato due volte il medesimo debito (ha versato l ‘ imposta all ‘ erario e, poi, è condannato a restituirla all ‘ utente) e non ha la possibilità di recuperarla nei confronti del cessionario: se infatti invocasse la nullità del negozio di cessione per mancanza dell ‘ oggetto, sarebbe tenuto a restituire quanto ricevuto dal factor a fronte della cessione onerosa (e dunque il valore del credito ceduto, al netto dell ‘ aggio dovuto al factor ) e pagherebbe addirittura tre volte.
I restanti motivi di ricorso proposti dalla RAGIONE_SOCIALE, i quali attengono tutti al merito dell ‘ obbligazione restitutoria, restano assorbiti.
La RAGIONE_SOCIALE col proprio controricorso ha chiesto l ‘ accoglimento dei motivi dal secondo al quinto del ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE.
In parte qua la richiesta della RAGIONE_SOCIALE va qualificata come ricorso incidentale adesivo.
Tale ricorso tuttavia è inammissibile per carenza di interesse ex art. 100 c.p.c..
La VIS infatti formulò nei confronti di NOME e NOME due domande avvinte dal c.d. cumulo alternativo soggettivo : l ‘ accertamento del debito di uno dei due convenuti escludeva l ‘ obbligazione dell ‘ altro, e viceversa.
Camera di consiglio del 30 settembre 2025
Il giudice di primo grado accolse la domanda nei confronti di NOME, il che comportò per necessità una statuizione di rigetto della domanda proposta nei confronti di NOME, in virtù del noto principio inclusio unius, exclusio alterius .
A fronte dell ‘ impugnazione di NOME, pertanto, sarebbe stato onere della VIS proporre un appello incidentale condizionato avverso la statuizione di rigetto della domanda proposta contro la RAGIONE_SOCIALE, senza limitarsi alla riproposizione ex art. 346 c.p.c. RAGIONE_SOCIALE conclusioni formulate in primo grado. Questi princìpi sono stati stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte nel caso di domande avvinte da un cumulo alternativo soggettivo (Cass. Sez. U., 04/12/2024, n. 31136).
Nel caso di specie, tuttavia, in grado di appello la VIS non formulò alcun appello incidentale condizionato. Di conseguenza, si è formato il giudicato interno sulla insussistenza del debito in capo alla RAGIONE_SOCIALE: e quest ‘ ultima non ha interesse ad impugnare una sentenza per essa favorevole.
La ritenuta fondatezza del primo motivo del ricorso principale non impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata. Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti, è possibile decidere la causa nel merito, rigettando la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, come residuata – a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di rigetto nei confronti della cessionaria – nei confronti della sola cedente del credito per fornitura, di tale cedente difettando la legittimazione passiva.
Le oscillazioni giurisprudenziali registrate in subiecta materia , così come la circostanza che siano dovute intervenire le Sezioni Unite di questa Corte per dirimere i contrasti circa la sorte dell ‘ impugnazione nel caso di cumulo alternativo soggettivo, costituiscono motivi gravi ed eccezionali per compensare fra l’originaria attrice in ripetizione (RAGIONE_SOCIALE) e la cedente del credito per fornitura (RAGIONE_SOCIALE) le spese dell ‘ intero giudizio e fra tutte le parti quelle del presente giudizio di legittimità.
(-) accoglie il primo motivo del ricorso principale;
(-) dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale;
(-) dichiara inammissibile il ricorso incidentale adesivo proposto da RAGIONE_SOCIALE;
(-) cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE;
(-) compensa integralmente tra tutte le parti le spese del presente giudizio di legittimità e, tra la ricorrente RAGIONE_SOCIALE e la controricorrente RAGIONE_SOCIALE, altresì quelle dei due gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 30 settembre 2025.
Il Presidente
(NOME COGNOME)