Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18487 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18487 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
R.G.N. 24333/20
C.C. 27/05/2025
Appalto -Vizi dell’opera Risarcimento danni
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 24333/2020) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO scala INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: GNG CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: GNG CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: GNG CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: GNG CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 1088/2019, pubblicata il 13 maggio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
-Esperito procedimento di accertamento tecnico preventivo ante causam , con atto di citazione notificato il 19 maggio 2006, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Bari (Sezione distaccata di Rutigliano), COGNOME NOMECOGNOME chiedendo che il convenuto, nella sua qualità di appaltatore, fosse condannato al risarcimento dei danni per i vizi esistenti sull’opera appaltata (completamento di una villa ad uso abitativo di proprietà dell’attore committente) nella misura di euro 14.717,08, oltre rivalutazione monetaria e interessi.
Si costituiva in giudizio COGNOME NOMECOGNOME il quale contestava la domanda avversaria, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva sostanziale.
Subentravano in causa gli eredi del convenuto nelle more deceduto, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 3903/2014, depositata il 26 agosto 2014, accoglieva la domanda di risarcimento danni per i difetti comparsi nell’immobile oggetto
dell’appalto e, per l’effetto, condannava i convenuti, in solido, al pagamento, in favore dell’attore, della somma di euro 15.317,08, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo.
-Con atto di citazione notificato il 17 ottobre 2014, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando che erroneamente non era stata rilevata la carenza di legittimazione passiva sostanziale del dante causa degli appellanti COGNOME NOME.
Si costituiva in giudizio COGNOME Nicola, il quale instava per il rigetto dell’appello e per la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Bari, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’impugnazione e, per l’effetto, in totale riforma della pronuncia impugnata, rigettava la domanda risarcitoria proposta, in ragione del difetto di titolarità del rapporto contrattuale di appalto dedotto in giudizio in capo a COGNOME NOME, quale titolare dell’omonima ditta individuale.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il committente aveva invocato, a fondamento della titolarità del rapporto dal lato passivo in capo all’appaltatore evocato in causa, essenzialmente i seguenti riscontri probatori: la copia fotostatica di sette assegni bancari rilasciati dall’attore direttamente in favore di COGNOME NOME nonché una fattura rilasciata dalla ditta individuale del Gangai al Taiano e la deposizione testimoniale resa da NOME COGNOME secondo cui i lavori erano stati commissionati dal
COGNOME direttamente al COGNOME in proprio ed erano stati eseguiti dallo stesso con la sua ditta individuale; b ) che, inoltre, dalla documentazione esibita dal Comune di Noicattaro, su ordine del giudice, emergeva che la comunicazione di inizio lavori, a firma di COGNOME NOME e COGNOME NOME, era ascrivibile all’impresa edile RAGIONE_SOCIALE, e così con riferimento alla comunicazione di ultimazione dei lavori e all’attestazione di avvenuta prosciugatura dei muri e della salubrità degli ambienti, documento, quest’ultimo, protocollato dal Comune l’8 ottobre 2001, recante la sottoscrizione del proprietario dell’immobile e committente dei lavori COGNOME NOME nonché di COGNOME NOME e COGNOME NOME; c ) che COGNOME COGNOME in sede di assunzione della prova testimoniale, aveva affermato, contrariamente a quanto risultava dal documento innanzi richiamato, che i lavori erano stati assunti ed eseguiti dalla ditta individuale COGNOME NOME, sicché la sua deposizione era inattendibile e comunque non decisiva, in quanto contrastante con detto documento; d ) che i documenti posti dal Tribunale a fondamento del rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva erano stati tardivamente prodotti dal COGNOME con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 3, c.p.c. e, pertanto, dovevano considerarsi inutilizzabili ai fini decisori; e ) che, infatti, parte convenuta nel primo grado di giudizio aveva immediatamente eccepito il difetto di legittimazione passiva, sul presupposto che titolare del rapporto contrattuale fosse, non già la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, bensì la RAGIONE_SOCIALE, sicché la prova circa la titolarità del rapporto controverso, in capo alla ditta individuale, incombeva su parte attrice, la quale, fin dalla prima
memoria di cui all’art. 183, sesto comma, c.p.c., avrebbe dovuto fornire la relativa prova, allegando, già in quel momento, gli assegni e la ricevuta di pagamento, non potendo, a tal fine, avvalersi del terzo termine di cui al citato art. 183, deputato alle sole indicazioni di prova contraria, ossia alla controprova rispetto alle richieste probatorie ed al deposito di documenti compiuto nel precedente termine; f ) che la dimostrazione della sussistenza della legittimazione passiva in capo alla ditta individuale mirava a provare i fatti costitutivi del fondamento del diritto, non già la prova contraria di quei fatti, e -in ogni caso -la prova contraria doveva essere prodotta nel termine successivo rispetto a quello in cui era stata proposta la prova che si intendeva contrastare; g ) che, dunque, avendo parte convenuta eccepito, sin dalla comparsa di costituzione e risposta, il proprio difetto di legittimazione passiva, era senz’altro tardiva la produzione dei documenti costituenti prova contraria, come allegati nella memoria ex art. 183, sesto comma, n. 3, c.p.c., con l’effetto che i documenti posti dal giudice di prime cure a fondamento del rigetto dell’eccezione erano inutilizzabili, perché depositati tardivamente; h ) che, a conferma della legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, deponevano i documenti prodotti dal Comune di Noicattaro, da cui risultava testualmente che l’esecuzione delle opere era stata affidata a tale società, essendo ancora più decisiva la comunicazione di conclusione dei lavori, dove figurava come impresa esecutrice proprio la RAGIONE_SOCIALE in quanto sottoscritta dallo stesso COGNOME; i ) che ne derivava la fondatezza dell’eccezione relativa al difetto di
legittimazione passiva in senso sostanziale, come sollevata dagli appellanti sin dalla costituzione nel giudizio di prime cure.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, COGNOME NOMECOGNOME
Hanno resistito, con controricorso, gli intimati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
-Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito pronunciato sull’appello proposto oltre i limiti dei motivi dedotti, riformando la sentenza del Tribunale in una parte ormai coperta dal giudicato.
Osserva l’istante che, con l’atto d’appello, il convenuto non avrebbe impugnato la parte di sentenza che aveva accertato la conclusione del contratto di appalto tra COGNOME Nicola e l’impresa individuale COGNOME come comprovato dalla scrittura privata di accettazione del preventivo predisposto, sottoscritta da parte del committente e firmata da COGNOME nonché dal direttore dei lavori COGNOME NOME.
Sicché la sentenza impugnata avrebbe accertato il difetto di legittimazione passiva della parte evocata come appaltatrice, benché l’appellante non avesse censurato la pronuncia di prime cure nella parte in cui aveva accertato la conclusione del contratto di appalto tra il Taiano e il Gangai, ma avesse censurato solo la parte in cui aveva accertato che l’esecuzione dei
lavori era avvenuta a cura dell’impresa individuale, anziché a cura della RAGIONE_SOCIALE
2. -Con il secondo (subordinato) motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., l’ error in procedendo , con la violazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la Corte territoriale reputato ammissibile l’appello, nonostante la natura generica dei motivi svolti, poiché le relative doglianze avrebbero avuto esclusiva attinenza alla fase esecutiva del contratto, ma non avrebbero investito la fase genetica, relativa al momento della stipulazione.
Per l’effetto, obietta l’istante che gli appellanti non avrebbero contestato la ratio decidendi fatta propria dal Tribunale circa l’instaurazione del rapporto d’appalto tra il Taiano e il Gangai, come da scrittura privata sottoscritta dal committente e dall’impresa individuale.
2.1. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
E ciò perché la contestazione della legittimazione passiva sostanziale reiterata con i motivi di gravame imponeva alla Corte d’appello adita di rivalutare tutto il materiale probatorio acquisito nel giudizio di primo grado.
Non era, dunque, necessario che l’appellante impugnasse ogni singola argomentazione utilizzata dal Tribunale per giungere alla conclusione che l’appalto fosse stato concluso dalla ditta individuale COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Non si tratta, infatti, di autonome rationes decidendi , bensì di elementi probatori che hanno supportato la decisione in ordine alla ritenuta legittimazione passiva della ditta individuale.
D’altronde, non appare pertinente l’effettuata discriminazione tra fase genetica e fase esecutiva dell’appalto, posto che dall’individuazione dell’esecutore delle opere è stato desunto quale fosse la parte a cui il conferimento dell’appalto era stato demandato.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 183 c.p.c., per avere la Corte distrettuale reputato che i documenti prodotti con la terza memoria di cui all’art. 183, sesto comma, c.p.c. vigente ratione temporis -i sette assegni e la relativa fattura rilasciata da COGNOME NOME -fossero tardivi, poiché, a fronte dell’immediata proposizione dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva a cura del convenuto, già con la prima memoria ex art. 183 c.p.c. il committente avrebbe dovuto produrre tali documenti.
Deduce l’istante che, solo con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c., il convenuto avrebbe affermato per la prima volta che l’esecuzione dei lavori relativi all’immobile sarebbe avvenuta a cura della RAGIONE_SOCIALE chiedendo, in proposito, che fosse acquisita, a comprova, dall’ente comunale la dichiarazione di inizio lavori e di fine lavori e presso il committente e la società RAGIONE_SOCIALE la documentazione contabile e, in particolare, le fatture rispettivamente ricevute ed emesse, in relazione alle opere di completamento della villa, sicché, con la terza memoria di cui all’art. 183 c.p.c., la difesa
dell’attore, ribadendo la titolarità del rapporto contrattuale in capo a COGNOME, quale titolare dell’omonima impresa individuale, avrebbe replicato con la produzione della fattura emessa personalmente dall’imprenditore individuale e degli assegni bancari a firma del COGNOME, rilasciati in favore di COGNOME.
In questa prospettiva, tali documenti avrebbero avuto la valenza di controprova, atta a replicare verso le richieste istruttorie avanzate dalla controparte nella seconda memoria.
3.1. -Il motivo è infondato.
Questo perché l’onere (e l’interesse) dell’attore a dimostrare che il rapporto di appalto fosse stato intrattenuto direttamente con l’impresa individuale COGNOME NOME è insorto già per effetto della proposizione dell’eccezione ( recte mera difesa) di carenza di legittimazione passiva sostanziale sollevata dal convenuto con la comparsa di costituzione.
All’esito di tale difesa sarebbe stato onere dell’appaltante fornire la prova (positiva) dell’effettiva instaurazione del rapporto con il soggetto evocato in causa, a prescindere dall’individuazione -a cura del convenuto -del diverso soggetto con cui l’appalto sarebbe stato stipulato.
Ne consegue che, dovendo la ‘prova contraria’ identificarsi nella semplice ‘controprova’ rispetto alle richieste probatorie ed al deposito di documenti compiuto nel secondo termine ex art. 183, sesto comma, c.p.c. vigente ratione temporis , già entro lo scadere di tale secondo termine la parte interessata avrebbe avuto l’onere di richiedere prova contraria in relazione ai fatti allegati dalla controparte e fissati nel thema decidendum (Cass.
Sez. 2, Sentenza n. 26574 del 09/11/2017; Sez. 3, Sentenza n. 12119 del 17/05/2013; nello stesso senso Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19511 del 10/07/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 1072 del 14/01/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 37519 del 30/11/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 27273 del 07/10/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 24127 del 30/10/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 22192 del 14/10/2020; Sez. 6-1, Ordinanza n. 11180 del 11/06/2020).
Ora, la prova testimoniale contraria è sia la prova contraria diretta o ‘controprova’, che consiste nell’indicare i testimoni chiamati a deporre in senso opposto sugli stessi fatti articolati dall’avversario a prova diretta, sia la prova contraria indiretta su fatti nuovi, dai quali si possa argomentare l’insussistenza ovvero l’inefficacia originaria o successiva dei fatti dedotti ex adverso (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10583 del 23/04/2025; Sez. 3, Sentenza n. 1163 del 04/02/1994; Sez. 3, Sentenza n. 422 del 28/01/1978; Sez. 2, Sentenza n. 630 del 11/03/1970; Sez. 1, Sentenza n. 1051 del 18/05/1967; Sez. 1, Sentenza n. 510 del 09/03/1964).
Senonché la legittimazione passiva della ditta individuale evocata in causa costituiva oggetto di prova diretta.
Tanto in relazione al rilievo secondo cui la titolarità passiva della situazione soggettiva dedotta in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, così che grava sull’attore l’onere di allegarne e provarne i fatti costitutivi, salvo che il convenuto li riconosca o svolga difese incompatibili con la loro negazione, ovvero li contesti oltre il momento di maturazione delle preclusioni assertive o di merito (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 3765 del 12/02/2021; Sez. 3,
Sentenza n. 16904 del 27/06/2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 30545 del 20/12/2017; Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016).
4. -Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte del gravame reputato che nel giudizio d’appello l’onere della prova della legittimazione passiva dell’appaltatore ricadesse sull’agente, mentre, per effetto della proposizione del gravame, la posizione delle parti si sarebbe invertita rispetto al giudizio di primo grado.
Sicché sarebbe spettato all’appellante dimostrare il difetto di legittimazione passiva della ditta individuale COGNOME Giambattista.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
E tanto perché la doglianza muove da una premessa erronea, ossia dal rilievo secondo cui il difetto di legittimazione passiva sarebbe stato dichiarato dalla sentenza impugnata in applicazione del principio di distribuzione dell’onere della prova nel caso di carenza di prova.
Per converso, chiarito che la valutazione di detta distribuzione dell’onere probatorio non muta in ragione del grado di giudizio in cui la questione si pone, in ogni caso, la Corte d’appello ha positivamente accertato il difetto di detta legittimazione passiva sostanziale.
Segnatamente la Corte barese ha sostenuto che, a conferma della legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, deponevano i documenti prodotti dal Comune di Noicattaro, da cui risultava testualmente che l’esecuzione delle opere era stata
affidata a tale società, essendo ancora più decisiva la comunicazione di conclusione dei lavori, dove figurava come impresa esecutrice proprio la RAGIONE_SOCIALE in quanto sottoscritta dallo stesso COGNOME.
Ora, il principio dell’onere della prova (regola residuale di giudizio in conseguenza della quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi) non implica anche che la dimostrazione del buon fondamento del diritto vantato dipenda unicamente dalle prove prodotte dal soggetto gravato dal relativo onere, e non possa, altresì, desumersi da quelle espletate, o comunque acquisite, ad istanza ed iniziativa della controparte. Vige, difatti, nel nostro ordinamento processuale, in uno con il principio dispositivo, quello di acquisizione probatoria, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute (e qual che sia la parte ad iniziativa della quale sono state raggiunte), concorrono, tutte ed indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice, senza che la relativa provenienza possa condizionare tale convinci mento in un senso o nell’altro, e senza che possa, conseguentemente, escludersi la utilizzabilità di un prova fornita da una parte per trarne argomenti favorevoli alla controparte (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 23286 del 28/08/2024; Sez. 3, Sentenza n. 9863 del 13/04/2023; Sez. 1, Sentenza n. 4126 del 21/03/2003; Sez. 3, Sentenza n. 16092 del 15/11/2002; Sez. 3, Sentenza n. 11911 del 07/08/2002; Sez. 2, Sentenza n. 12649 del 25/09/2000; Sez. L, Sentenza n. 8195 del 16/06/2000; Sez.
L, Sentenza n. 4133 del 04/04/2000; Sez. 3, Sentenza n. 5980 del 16/06/1998; Sez. 3, Sentenza n. 4077 del 03/05/1996; Sez. 2, Sentenza n. 7201 del 24/06/1995; Sez. L, Sentenza n. 4118 del 03/04/1992).
Pertanto, in presenza di un fatto positivamente accertato (la legittimazione passiva della società), non avrebbe potuto essere applicata la regola residuale sulla distribuzione dell’onere probatorio, rilevante nella sola ipotesi di fatti rimasti ignoti sulla base delle emergenze probatorie.
5. -Con il quinto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 342 e 345, primo comma, c.p.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte d’appello deciso il gravame in spregio ai confini dell’effetto devolutivo dell’appello, stante che l’unico motivo di gravame interposto sarebbe consistito nella confutazione della legittimazione passiva della ditta individuale COGNOME NOME.
Ad avviso dell’istante, all’esito, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto esaminare tutto il materiale probatorio acquisito al giudizio di primo grado in merito alla sussistenza o meno di tale legittimazione e, comunque, avrebbe dovuto dare conto del fatto di avere esaminato tale materiale, se non addirittura motivare la propria preferenza per alcune prove rispetto ad altre.
Per converso, la sentenza impugnata si sarebbe limitata ad esaminare solo le censure mosse dall’appellante sull’attendibilità della testimonianza di NOME COGNOME e sulla tardività della produzione documentale effettuata dall’attore con la terza memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c., obnubilando tutto il
resto e, in specie, la scrittura privata di cui al preventivo lavori, quale documento generativo del rapporto tra gli odierni contraddittori, e le testimonianze escusse.
5.1. -Il mezzo di critica è inammissibile.
Come già precisato, il giudice d’appello è addivenuto alla conclusione sul difetto di legittimazione passiva sostanziale dell’impresa individuale COGNOME NOME sulla scorta dell’utilizzazione delle risultanze probatorie rappresentate dalla comunicazione di inizio e di fine lavori inviata al Comune, quest’ultima sottoscritta anche dal committente, da cui emergeva che la ditta incaricata dell’appalto fosse la RAGIONE_SOCIALE
Da ciò è stato tratto il convincimento circa l’inattendibilità del teste COGNOME COGNOME che aveva curato le pratiche volte alla presentazione delle predette comunicazioni.
E si è sostenuto altresì che la documentazione prodotta dall’attore con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 3, c.p.c. era tardiva.
Ebbene, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni
singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19011 del 31/07/2017; Sez. 1, Sentenza n. 16056 del 02/08/2016; Sez. L, Sentenza n. 17097 del 21/07/2010; Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006; nello stesso senso, tra le più recenti, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 10344 del 19/04/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 9507 del 11/04/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 9398 del 10/04/2025; Sez. 1, Ordinanza n. 7356 del 19/03/2025).
Del resto, in tema di ricorso per cassazione, esula dal vizio di legittimità ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. qualsiasi contestazione volta a criticare il ‘convincimento’ che il giudice di merito si è formato, ex art. 116, primo e secondo comma, c.p.c., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019; Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014; Sez. 65, Ordinanza n. 91 del 07/01/2014).
Tanto più che il mancato riferimento al preventivo sottoscritto non è dirimente, posto che non è dato comprendere se la firma di COGNOME NOME sia stata apposta in proprio o quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
6. -Con il sesto motivo il ricorrente assume, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345, terzo comma, c.p.c., per avere la Corte di seconde cure mancato di utilizzare i documenti tardivamente prodotti nel giudizio di primo grado nel giudizio di gravame, in quanto documenti indispensabili ai fini della decisione.
Essi sarebbero stati, infatti, idonei ad eliminare ogni incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata.
6.1. -Il motivo è infondato.
E tanto perché, nella fattispecie, era applicabile la modifica, in senso restrittivo rispetto alla produzione documentale in appello, dell’art. 345, terzo comma, c.p.c., operata dal d.l. n. 83/2012, che appunto trova applicazione, mancando una disciplina transitoria e dovendosi ricorrere al principio tempus regit actum , allorché -come nella specie -la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della l. n. 134/2012, di conv. del d.l. n. 83 cit., ossia dal giorno 11 settembre 2012 (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21606 del 28/07/2021; Sez. 3, Sentenza n. 26522 del 09/11/2017; Sez. 2, Sentenza n. 6590 del 14/03/2017).
Ebbene la sentenza di prime cure è stata depositata il 26 agosto 2014.
Per l’effetto, vigeva il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello, senza che assumesse rilevanza la ‘indispensabilità’ degli stessi, ferma per la parte la possibilità di
dimostrare di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
7. -Il settimo motivo di ricorso investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte dell’impugnazione del tutto obliterato il fatto che agli atti vi fosse il documento generativo del rapporto tra i contraddittori e, dunque, l’unico documento davvero rilevante per la decisione della causa, da cui sarebbe stato percepibile che la ditta individuale COGNOME RAGIONE_SOCIALE era stata incaricata di effettuare gli interventi sull’immobile di proprietà Taiano.
D’altronde, la stessa ditta aveva cercato di sopperire agli inconvenienti manifestatisi, come attestato dai testi COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Né sarebbe stato dimostrato che i pagamenti fossero avvenuti in favore della RAGIONE_SOCIALE in mancanza di alcuna fattura emessa dalla società e prodotta in giudizio, nonostante apposito ordine di acquisizione.
7.1. -La doglianza è inammissibile.
Ora, il giudice d’appello ha attribuito rilevanza preminente alla comunicazione di inizio e fine lavori, inviata al Comune di Noicattaro, con la sottoscrizione del committente, da cui era dato ricavare che la ditta incaricata dell’appalto fosse la RAGIONE_SOCIALE
Nei termini anzidetti la censura mira, in realtà, ad ottenere una rivalutazione dei fatti di causa, rivalutazione preclusa in sede di legittimità (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n.
34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
8. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.300,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda