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Legittimazione liquidatore concordato: i limiti d’azione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la legittimazione del liquidatore nel concordato preventivo è limitata agli atti di liquidazione. Non può agire per un risarcimento danni derivante da un’occupazione abusiva iniziata prima dell’omologa del concordato, poiché tale diritto appartiene all’imprenditore. Il caso riguardava una società in concordato che, tramite il suo liquidatore, aveva citato in giudizio due società per l’occupazione illegittima di un immobile. La Corte ha cassato la sentenza d’appello, che aveva condannato le società occupanti, per difetto di legittimazione processuale del liquidatore.

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Legittimazione liquidatore concordato: i confini tracciati dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha delineato con precisione i confini della legittimazione del liquidatore nel concordato preventivo con cessione dei beni. La decisione chiarisce che il suo potere di agire in giudizio è strettamente funzionale alla liquidazione e non si estende a tutte le pretese creditorie della società, specialmente quelle sorte prima della procedura. Questo principio è fondamentale per capire chi, tra il debitore e gli organi della procedura, ha il diritto di avviare determinate azioni legali.

I Fatti di Causa

Una società in concordato preventivo, attraverso il suo liquidatore giudiziale, ha convenuto in giudizio altre due società. L’accusa era quella di occupazione sine titulo (senza titolo) di un immobile destinato a centro benessere, facente parte del patrimonio della società in procedura. L’occupazione era iniziata il 1° giugno 2013, mentre l’omologa del concordato era avvenuta il 16 luglio 2013. Il liquidatore chiedeva il rilascio dell’immobile e il risarcimento dei danni per il mancato godimento del bene.

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la domanda. La Corte d’Appello, invece, aveva ribaltato la decisione, condannando le due società occupanti in solido al rilascio dell’immobile e al pagamento di un risarcimento di oltre 90.000 euro. Secondo i giudici d’appello, la società in concordato era titolare del diritto di godimento del bene e l’occupazione da parte delle altre società era illegittima. Le società condannate hanno quindi proposto ricorso per cassazione.

La questione sulla legittimazione del liquidatore concordatario

Il motivo principale del ricorso, accolto dalla Suprema Corte, riguardava il difetto di legittimazione processuale del liquidatore concordatario. Le società ricorrenti sostenevano che, essendo l’occupazione abusiva iniziata prima dell’omologa del concordato, il relativo credito risarcitorio era di pertinenza dell’imprenditore e non degli organi della procedura. Di conseguenza, il liquidatore non avrebbe avuto il potere di agire in giudizio per ottenerne il pagamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Cassazione ha ritenuto fondato questo motivo, assorbendo tutti gli altri. La Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento secondo cui nella procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, il debitore non perde la titolarità dei beni e dei crediti, ma solo i poteri di gestione finalizzati alla liquidazione. Questi poteri vengono trasferiti agli organi della procedura.

Il ruolo del liquidatore giudiziale è assimilabile a quello di un mandatario dei creditori. Il suo mandato è strettamente limitato ai rapporti obbligatori sorti nel corso e in funzione delle operazioni di liquidazione. La sua legittimazione processuale, pertanto, non si estende al di là di questo perimetro “liquidatorio-distributivo”.

La Corte ha chiarito che il liquidatore non ha una legittimazione generale ad agire o resistere in giudizio per l’accertamento di crediti o il pagamento di debiti, anche se questi possono influire sul riparto finale. Tali azioni spettano al debitore cedente. Il liquidatore può, al massimo, spiegare un intervento nel giudizio, ma non può esserne il protagonista principale.

Nel caso specifico, il credito risarcitorio era sorto a causa di un’occupazione iniziata prima dell’omologa del concordato. Di conseguenza, non era un credito sorto “in funzione della liquidazione”. La legittimazione ad agire per il suo recupero spettava alla società debitrice e non al liquidatore.

Le Conclusioni

Sulla base di queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha concluso che il liquidatore giudiziale era privo della necessaria legittimazione processuale per promuovere l’azione risarcitoria. Trattandosi di un presupposto processuale che può essere rilevato d’ufficio in ogni stato e grado del processo, la Corte ha cassato la sentenza d’appello senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, terzo comma, c.p.c., dichiarando che il giudizio non poteva essere proseguito. Le spese legali sono state integralmente compensate tra le parti.

Questa pronuncia ribadisce un principio cruciale: nel concordato preventivo, l’imprenditore conserva la titolarità e la legittimazione per le azioni a tutela del patrimonio non direttamente connesse alle operazioni di liquidazione gestite dagli organi della procedura. Una distinzione fondamentale per tutti gli operatori del diritto che si confrontano con le procedure concorsuali.

Il liquidatore giudiziale in un concordato preventivo può agire per qualsiasi credito della società?
No. La sentenza chiarisce che la legittimazione processuale del liquidatore è limitata ai rapporti obbligatori sorti nel corso e in funzione delle operazioni di liquidazione. Per i crediti sorti prima dell’omologa del concordato e non strettamente legati alla liquidazione, la legittimazione ad agire rimane in capo al debitore.

Qual è la differenza tra i poteri del liquidatore e quelli del debitore in concordato con cessione dei beni?
Il debitore conserva la proprietà dei beni e la titolarità dei crediti. Perde però i poteri di amministrazione e disposizione del patrimonio ceduto, che vengono trasferiti al liquidatore. Il liquidatore agisce come un mandatario dei creditori, con poteri finalizzati esclusivamente alla vendita dei beni e alla distribuzione del ricavato.

Cosa significa che la Corte ha cassato la sentenza senza rinvio per difetto di legittimazione?
Significa che la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello in modo definitivo, senza bisogno di un nuovo giudizio di merito. Questo avviene quando viene riscontrato un vizio insanabile, come la mancanza di un presupposto processuale (in questo caso, la legittimazione ad agire), che impedisce la prosecuzione stessa della causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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